Storie di Sant'Agostino

Benozzo Gozzoli

Storie di Sant'Agostino

S. Agostino - S. Gimignano (SI) [IT]


Scheda di approfondimento

Abbandonata Firenze, a causa dell’epidemia di peste che colpì il capoluogo nel 1463, Benozzo Gozzoli si diresse a San Gimignano, con la speranza di sfuggire al terribile contagio, secondo una credenza di allora che riteneva i luoghi posizionati in collina più sicuri. Il pittore aveva già realizzato quello che la critica ritiene uno dei suoi lavori più prestigiosi, l’intera decorazione della cappella nel Palazzo Medici di via Larga (oggi via Cavour) a Firenze, voluta da Piero de’ Medici e affidata a Benozzo nel 1459. Questo incarico evidenzia come Gozzoli fosse già un artista affermato; tuttavia l’impresa, per la sua natura strettamente privata, non manifestò pienamente le sue doti ai contemporanei. Per questo motivo il primo grande lavoro ad ottenere notorietà all'epoca fu il ciclo di affreschi realizzati, con l’aiuto di alcuni collaboratori, nella chiesa di Sant’Agostino a San Gimignano. La chiesa, ad una sola navata con copertura a capriate lignee, si conclude con una cappella quadrangolare affiancata da due cappelle minori, anch'esse a pianta quadrata; fu costruita per volere dei padri agostiniani negli anni tra il 1280 e il 1298, dopo che papa Alessandro IV nel 1256 aveva ufficialmente riconosciuto l'Ordine degli Eremitani di Sant’Agostino. Benozzo ricevette l’incarico di affrescare per questa chiesa alcuni episodi tratti dalla vita del Santo da Fra’ Domenico Strambi, un dotto monaco agostiniano del convento, il quale aveva ottenuto il patronato della cappella maggiore dalla famiglia Dietiguardi. Strambi ne dettò quasi sicuramente il complesso programma iconografico anche in vista del difficile momento in cui versava in questo periodo il convento; si era infatti persa la genuina osservanza dell'Ordine ai precetti dettati dalla Regola ai tempi della sua costituzione. Questo ciclo di affreschi segnò l'inizio, per la comunità religiosa, di una lunga fase di trasformazione che avrebbe portato il Convento di San Gimignano ad aderire dal 1481 alla regola dell’Osservanza promossa dagli agostiniani di San Salvatore in Lecceto presso Siena, un centro di spiritualità di grande fama e promotore dal 1387 della riforma Osservante. Oltre alle indicazione dello Strambi, per la rappresentazione delle storie è possibile che Benozzo si sia ispirato anche al ciclo di analogo soggetto affrescato da Ottaviano Nelli nella chiesa di Sant’Agostino a Gubbio, di cui probabilmente era venuto a conoscenza durante il suo precedente soggiorno in Umbria. Questo concorderebbe con la testimonianza del Vasari che nella vita del nostro pittore ricorda di possedere una serie completa di disegni relativi alle storie agostiniane realizzate proprio da Benozzo. Era infatti consuetudine degli artisti esercitarsi nell’arte del disegno anche copiando ciò che osservavano fuori; questi modelli venivano poi rielaborati e diventavano una sorta di esempio da mostrare al committente e allo stesso tempo una guida per il pittore stesso durante le fasi di lavoro, benché in corso d’opera si potessero apportare modifiche. Il pittore si trovò a dover decorare una superficie architettonica preesistente e di chiara impostazione gotica, ma con un espediente che ricorre spesso nelle sue opere fu in grado di uniformare gli spazi alla pittura attraverso finte decorazioni scultoree a motivi classicheggianti, spartendo le scene con cornici marcapiano e impostando l’intera decorazione su un basamento a finti riquadri marmorei di chiaro gusto rinascimentale - coerente dunque al linguaggio degli affreschi - ottenendo così una completa unità tra l’architettura della cappella e il relativo ornamento pittorico. Il ciclo presenta in totale sedici scene della vita di sant’Agostino. Per la loro interpretazione Benozzo si avvalse sicuramente del supporto di padre Strambi, personaggio di altissima levatura intellettuale e spirituale che aveva soggiornato a Parigi tra il 1450 e il 1457 conseguendo il titolo di dottore in teologia alla Sorbona; egli doveva dunque essere un esperto conoscitore della letteratura agostiniana, dal libro di Possidio - discepolo e amico di Agostino, che compose la biografia in base ai ricordi personali e alle fonti scritte esistenti nella biblioteca d'Ippona - alle Confessioni, l’opera più celebre del Santo, composta tra il 397 e il 401. Alcuni episodi sono invece tratti dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, mentre altre storie riferite alla vita del Santo sono una chiara citazione della Lettera apocrifa di Cirillo di Gerusalemme. L’ordine di lettura degli affreschi prende avvio dalla parete sinistra in basso e prosegue sullo stesso registro verso destra. Santa Monica ha un ruolo sostanziale in questa decorazione essendo la madre di Agostino e, soprattutto, colei che si era preoccupata della sua formazione spirituale; inoltre il culto della Santa, proprio negli anni di realizzazione di queste pitture, aveva ricevuto una nuova forza in seguito alla traslazione delle sue reliquie, che dal 1455 furono trasferite da Ostia e collocate in una magnifica cappella della chiesa di Sant’Agostino a Roma. Tutti gli episodi sono facilmente individuabili grazie alle iscrizioni latine che corrono sotto ciascun riquadro e che lo commentano in maniera esaustiva. Nel brano con Il viaggio di Agostino da Roma per Milano, probabilmente l’ultimo ad essere stato dipinto, compaiono in un tabella sorretta da due angeli il nome del committente ed il suo titolo (noto con l’appellativo "Dottor Parisino" avendo studiato alla Sorbona) e la memoria di aver fatto eseguire a sue spese questa opera da Benozzo nell’anno 1465. Completano il ciclo gli Evangelisti raffigurati con i loro consueti attributi ed inseriti entro le quattro vele impostate dalle costolonature della gotica volta a crociera; il sottarco della cappella ospita entro dodici medaglioni gli Apostoli, mentre nella chiave dell’arco è raffigurato il Cristo benedicente. I pilastri sono affrescati, sia sul lato interno che su quello prospiciente la navata, con figure di santi inseriti entro le decorate nicchie di gusto rinascimentale. Fra essi compaiono oltre a Monica anche i santi Fina e Bartolo, popolari in questa città, san Nicola di Bari e san Sebastiano, considerati fra i protettori del luogo, e lo stesso san Gimignano, raffigurato secondo la tradizionale iconografia, mentre sorregge il plastico della città turrita. Questo ciclo divenne uno dei capolavori dell’iconografia narrativa agostiniana, l’unico presente in Toscana. Deve la sua eccellenza non solo alla capacità inventiva di Benozzo Gozzoli, basata sull’idea di varietas dettata dai precetti di Leon Battista Alberti, ma anche e principalmente alla capacità del pittore di illustrare spazi urbani realmente esistenti, ispirati ai luoghi fiorentini e romani noti all’epoca. Testi estratti dal sito web www.museobenozzogozzoli.it

 

Titolo Storie di Sant'Agostino
Sottotitolo
Artista Benozzo Gozzoli
Note artista Benozzo Gozzoli
Datazione
Committente fr. Domenico Strambi
Tipologia
E' un insieme?
Opera di riferimento
Tema Vita di S. Agostino