Introduzione
Letterato, godette per il suo sapere di grande autorità; la signoria di Firenze gli affidò importanti incarichi, e per due volte chiese invano al papa la sua nomina a vescovo di Firenze. Del convento di S. Spirito, ove visse, fece un ritrovo di dotti: amico di Petrarca, fu uno degli iniziatori dell'umanesimo fiorentino. Restano di lui il commento a due canzoni politiche e ai tre sonetti di Petrarca contro la curia avignonese, e lettere politico-morali.
Ottenuto il grado di maestro di teologia a Parigi e dopo aver viaggiato in Francia e in Italia, tornò verso il 1379 a Firenze. Godette per il suo sapere di grande autorità, sicché la Signoria lo inviò ambasciatore presso il duca di Angiò, nel 1382, e per due volte, nel 1385 e nel 1390, pregò Bonifacio IX di crearlo vescovo di Firenze. Il papa non esaudì quel desiderio, perché il frate non godeva la sua simpatia per le invettive che aveva lanciate contro i corrotti costumi della corte avignonese e perché sosteneva i diritti delle chiese nazionali. Era certo un frate singolare, che usava, anche nelle dispute teologiche, citare "i belli e buoni detti" dei filosofi e dei poeti pagani; dei quali fu invero conoscitore profondo. La sua cella, nel convento di S. Spirito, diventò un luogo di ritrovo di molti che volevano istruirsi, ed egli, con eloquenza magnifica, diffondeva l'amore alle lettere classiche e trattava questioni ardue e peregrine con prontezza mirabile. Fu, per questa sua opera, uno degl'iniziatori del movimento umanistico a Firenze. Restano, del M., il commento a due canzoni del Petrarca (Italia mia; O aspettata in ciel...) e ai tre sonetti del medesimo contro la Curia avignonese e parecchie lettere di argomento politico-morale.


