Fr. Rainaldo da Forlí OESA
Ordine degli Eremitani di Sant'Agostino
- Roma, Tuesday, July 29, 2014 10:34 PM
- ·Segreteria
- ·Personaggi
Introduzione
Citato in documenti del 1250
Titolo santità | |
Titolo ecclesiastico | Fr. |
Nome | Rainaldo |
Nome religioso | |
Cognome | |
Patronimico | |
Toponimo | da Forlí |
Nome proprio | Rainaldus |
Cognome proprio | |
Nome religioso proprio | |
Patronimico proprio | |
Toponimo proprio | |
Altri nomi | |
Qualifica | |
Tipologia | |
Sesso | Maschio |
Chierico | Sì |
Stato ecclesiastico | |
Uffici ecclesiastici | |
Religioso/a | Sì |
Stato religioso | Religioso di voti solenni |
Uffici religiosi | Priore della comunità |
Sigla istituto | OESA |
Ordine | Ordine degli Eremitani di Sant'Agostino |
Circoscrizione | |
Ordine di provenienza | Congregazione dei Giamboniti |
Periodo | |
Data di nascita | |
Luogo di nascita | |
Nazione di nascita | |
Luogo di provenienza | Forlí |
Nazione di provenienza | |
Data di morte | |
Luogo di morte | |
Nazione di morte | |
Luogo deposizione | |
Luogo deposizione attuale |
Nel Processo veniamo a sapere che i Giamboniti, attorno al 1240, avevano un eremo a Forli. Non dicono però né l’ubicazione né il nome dell’eremo. Dati però che ci vengono svelati dal cosiddetto Libro Biscia, che raccoglie i documenti del monastero benedettino di S. Mercuriale. L’eremo si chiamava S. Agnese, come quello di Mantova, ed era in località Campostrina, nel territorio della parrocchia di S. Antonio di Rivaldino:
5 gennaio 1249: Frater Rozerius procurator loci fratrum sive heremi de Campostrino de Ordine fratris Zamboni (Libro Biscia, f. XLIr).
30 aprile 1250: Frater Rainaldus prior loci sive heremi fratrum de Campostrina de Ordine fratris Johannis Boni (Libro Biscia, f. XLIv).
30 aprile 1252: Frater Ognabene procurator fratrum loci Sanctae Agnetis fratrum de Campostrina de Ordine fratris Zamboni (Libro Biscia, f. XLIv).
Sotto il lungo episcopato del vescovo Rodolfo (1270-1316), gli Agostiniani costruirono la loro chiesa (demolita nel 1802) nell’attuale Piazza Dante, già chiamata Piazza S. Agostino. Una pergamena che non porta data, ma che va collocata dopo il 1301 e prima della morte del Vescovo Rodolfo, indirizzata al priore ed ai frati di S. Agostino di Forlì, benché il testo non sia chiarissimo, sembra dire che a Forlì vi fossero quattro congregazioni di eremiti agostiniani, in quattro luoghi diversi, dedicati a quattro santi diversi: S. Agostino, S. Barnaba, S. Agnese e S. Margherita (1). Che fossero presenti i Brettinesi lo troviamo nel Torelli, il quale cita una Bolla del 1247 in cui si concedono 40 giorni di indulgenza a coloro che avessero aiutato i frati brettinesi di Forlì nella costruzione della loro chiesa (2). Sull’ubicazione e sul nome del loro eremo non ho trovato alcuna indicazione.
Riguardo ai Toscani, credo non si possa escludere che avessero un eremo a Forlì, dato che erano certamente anche a Faenza e a Bologna. Forse a conferma dì questa ipotesi, possiamo considerare una pergamena dell’Archivio di Stato di Siena, redatta a Forlì nel 1249, che parla di un eremo di Labeto e del suo priore fra Domenico (3). Questo eremo apparteneva certamente agli Eremiti di Toscana perché, nel Capitolo dei Toscani celebrato nel 1251 a S. Salvatore di Cascina, vicino a Pisa, vi è nominato appunto l’eremo di Labeto con il suo priore, fra Domenico. Perché questo atto fu redatto a Forlì? Nonostante tutte le ricerche fatte, questo documento rimane tristemente muto, perché nel forlivese non è rimasto nessun toponimo che possa far luce su quel luogo, nemmeno nel Libro Biscia, che pure è una miniera di toponimi. La cosa non è comunque nuova: basti pensare che l’eremo di Poncelia, nella diocesi di Forlimpopoli, citato nel Processo, è completamente sconosciuto agli storici locali.
II quarto gruppo di Eremiti, sempre che l’ipotesi interpretativa della succitata pergamena sia esatta, potrebbe essere quello dei Guglielmiti. Si ha notizia infatti di una chiesa di Forlì dedicata a S. Guglielmo.
Con la Grande Unione del 1256, gli eremiti agostiniani -dicono gli storici- si riunirono in un unico convento, che già esisteva fuori Porta Schiavonia, in fundo Padulli.
L’eremo giambonita di S. Agnese non venne subito abbandonato, ma fu ceduto nel 1275 ai Servi di Maria.
Gli Agostiniani non entrarono subito in città perché probabilmente non c’era posto per loro. Non è da escludere che abbiano incontrato l’ostilità del Vescovo o del clero, se è vero che anche i Francescani nel 1250 per questi motivi dovettero ricorrere al Papa.
Oggi su quell’eremo di S. Agnese, andato distrutto dalla piena del fiume, sorge la chiesa di S. Maria di Schiavonia, chiesa che esisteva già prima del mille, ma riedificata completamente tra il 1837 e il 1844.
Non sappiamo in quale anno gli Agostiniani siano entrati in città, ma sappiamo che la chiesa era in costruzione nel 1301. Infatti il 15 marzo di quell’anno Leonardo, vescovo di Cesena, concedeva indulgenze a chi contribuiva al completamento della nuova fabbrica.
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