La notizia più antica della presenza agostiniana in loco si ricava da una sentenza del 25 settembre 1301 emanata dal giudice della Marca Pietro da Cerreto che assolve Gentile da Fermo, podestà di Amandola accusato dai religiosi di aver fatto violenza «in plano metime iuxta ianuam Amandulae» sottraendo un tal Paoluccio, oblato, che era fuggito «et quern fratres dicti loci Amandulae ceperant». Questo è un forte indizio per ritenere che la fondazione del romitorio agostiniano alle falde del colle «Marrubbione» e/o «Marabbione», una delle tre elevazioni della stessa collina sulla quale si formò tra il 1248-1249 il comune con la fusione dei tre castelli Leone, Marabbione e Agello, risalga alla seconda metà del XIII secolo, tra il 1256 e il 1300. Nella Relazione del 1650 si dice solo che tale struttura era molto antica e doveva preesistere alla data del 17 gennaio 1355, che è riconosciuto dalla tradizione biografica l’anno di nascita del beato Antonio Migliorati, fatto oggetto di pubblica venerazione già nel 1460 e beatificato nel 1759, ivi venerato. Inaccettabile la proposta di datazione del van Luijk che propone il 1320. Non fu chiuso nel 1652 perché ad esso si aggregò la comunità di Montefortino. Nel 1793 vi dimoravano cinque religiosi. In origine gli Agostiniani possedevano una modesta cella romitario, esterno alle mura, più simile a un ospitium che a un convento, stando alla testimonianza del Palmieri (1654), giacché la ristrutturazione con le implicazioni socio-economiche e culturali (sia artistiche sia urbanistiche), coincise con il priorato del beato Antonio Migliorati (1422-1450). L’edificazione risale al XIV secolo ma la tipologia originaria oggi non è più rintracciabile a causa delle trasformazioni subite nel corso dei secoli. Rimangono della costruzione quattrocentesca il campanile cuspidato con base quadrilatera, aperto in alto da bifore ogivali e decorato con archetti in cotto, di Antorno Lombardo (1464), simile a quelli di Civitanova Alta e Ripatransone, e il portale principale dello scultore veneziano di origine riminese Marino di Marco Cedrino (1468), commissionato dalla locale confraternita dei Calzolai e splendido esempio di gotico fiorito adriatico. L’arco a tutto sesto - che poggia su colonnine tortili e pilastrini in travertino terminanti con capitelli e fogliami - è sormontato dal timpano, residuo in pietra arenaria di una porta anteriore, il quale è decorato in modo originale da due figure zoomorfe simili a leoni sulla base contrapposte alla rappresentazione dell’Eterno sulla cuspide e da svettanti foglie d’acanto ai lati. Il campanile, oltre all’abside, al tiburio ottagonale e al prospetto occidentale scandito da lesene e lisci costoloni con l’ingresso originario, costituisce una delle parti più antiche che sono sopravvissute ai vari interventi di ristrutturazione a partire da quella, radicale, del 1758-1782 curata da Pietro Maggi di Lugano fino a quelle tardo-ottocentesche del 1853 e del 1896, legate alle esigenze di culto del beato, ivi sepolto, e a quelle che, grazie all’apporto di padre Concetti (1893-1941), hanno attraversato tutto il Novecento chiusosi con la trasformazione di un’ala del chiostro in cappella del beato Antonio. Del chiostro originario rimane un braccio, trasformato in corridoio, con le lunette affrescate che illustrano gli episodi biografici del beato Antonio Migliorati ascrivibili agli inizi del secolo XVII.
La chiesa è a nave unica conclusa, nella zona presbiteriale, rialzata, da abside semicircolare all’interno e quadrata all’esterno. L’aula è coperta da volta a botte lunettata e il presbiterio da cupola su pennacchi. Le pareti sono movimentate da paraste, leggermente aggettanti, che dividono l’aula in due campate, sostituite nella zona sottostante la cupola da colonne, con capitelli corinzi, che reggono la trabeazione su cui s’impostano i pennacchi. La facciata principale, nell’attuale configurazione settecentesca, è tripartita da lesene disposte su due ordini: il superiore contiene nella parte centrale una finestra semicircolare affiancata da due nicchie che si ripetono nel piano inferiore, ai lati del portale principale. La facciata è conclusa da frontone mistilineo. Mario di Amandola fu Provinciale delle Marche dal 1445 al 1451. Attualmente è aperto. Si segnalano gli affreschi dell’area absidale realizzati dal tolentinate Francesco Ferranti e dal camerte Orazio Orazi e la Vesperbild di Pietro Teutonico del secolo XV.
Tiziana Marozzi


