L’ipotesi più accreditata sull’origine del monastero di S. Caterina d’Alessandria pone alla fine del duecento la presenza di un convento di donne sorto attorno alla cella di S. Michele nella parrocchia di S. Paolo di Urbino e sotto la Regola di Sant’Agostino. Il vescovo Egidio (1285-1309) compose per le monache ivi radunate le costituzioni, rivedute e approvate in seguito dal vescovo Alessandro Guidi (1317-1342). Ma la prima data certa che attesta ufficialmente l’esistenza del monastero è la Bolla emanata dal Capitolo Lateranense del 6 marzo 1346. Secondo il testo di tale Bolla, il 6 marzo 1346 il Capitolo di S. Giovanni in Laterano da’ facoltà a Donna Anastasia del nobile Raniero del Peglio di erigere chiesa e monastero sotto il titolo di S. Caterina e S. Barbara, nella casa e terreno siti nella quadra di Portanova che la Nobildonna aveva donato allo stesso Capitolo. La giurisdizione Lateranense comportava indulgenze, favori ed esenzioni considerevoli, compreso il titolo di Abbadessa per la superiora. Si tratta, presumibilmente, non di una fondazione ma di una sostanziale ristrutturazione e dedicazione dell’edificio che già esisteva. Il numero delle religiose – nel tempo – crebbe talmente che alla fine del cinquecento il fabbricato apparve insufficiente a contenerle; il 10 maggio 1604 le monache comprarono il palazzo Thiene dal conte Alessandro. Intanto, per volere del duca Guidobaldo II, su preghiera delle monache, venne chiuso il vicolo che dalla piazza dello Spirito Santo passava tra i monasteri di S. Caterina e San Benedetto e terminando presso quest’ultima chiesa, vicolo sul quale davano i dormitori, la cucina ed altri ambienti di S. Caterina. La chiesa di S. Caterina, annunciata da un bel portale in pietra con timpano spezzato recante al centro la figura della santa titolare, fu riabbellita nei primi decenni del settecento e consacrata il 23 ottobre 1729 dal Mons. Tommaso M. Marelli. L’altare è sovrastato da un bassorilievo in stucco dorato, raffigurante il martirio della santa di Alessandria, opera di Federico Brandani. Il periodo che va dal 1810 al 1814 è registrato fra i più funesti e disastrosi per la storia della Chiesa e degli ordini religiosi. Il 15 maggio 1810, per ordine del governo francese napoleonico, venne pubblicato il decreto di soppressione di tutte le comunità religiose maschili e femminili. Passata la bufera napoleonica, il 4 maggio 1814 il sommo Pontefice Pio VII ordinò che tutte le religiose tornassero ad occupare i loro monasteri. Sotto il vescovo Alessandro Angeloni – durato ben 35 anni - fu soppresso per decreto pontificio da Pio IX il monastero delle convertite di S. Maria della Bella e le monache agostiniane ivi residenti furono riunite a quelle di S. Caterina il 1° dicembre 1847. Le comunità vissero tranquille per solo 45 anni quando il 3 gennaio 1861 un decreto del governatore Lorenzo Valerio ordinò la requisizione dei monasteri e l’inventario di tutti i beni. L’attigua casa agostiniana di San Benedetto subì l’espulsione dal monastero, le monache vennero accolte dalla madre Celeste Piccini, abbadessa di S. Caterina, la quale mise a loro disposizione la parte sud del monastero. Anche il monastero di S. Caterina fu requisito dal governo che ne prese possesso il 10 aprile 1861, lasciando però alle religiose la possibilità di abitarlo. Tuttavia non potevano nè vestire l’abito nè accogliere giovani vocazioni. Ma le postulanti entrarono ugualmente con la scusa di essere inservienti, eroicamente disposte ad attendere per lunghissimi anni la realizzazione del loro desiderio di consacrazione. Il 29 dicembre 1901, per l’interessamento di Nicola Frabbrizi, si iniziarono le pratiche per l’acquisto del fabbricato che fu riscattato il 13 giugno 1902 per 14.000 lire. Intanto per l’interessamento del vescovo Mons. Vampa, le religiose di San Benedetto furono ufficialmente incorporate alla comunità di S. Caterina e il 4 ottobre 1902 anche le Clarisse Urbaniste di S. Lucia, essendo ridotte a poche unità. Attualmente la Comunità monastica è composta di 16 membri ed è l’unica rimasta in Urbino, fra le tante che c’erano, di regola agostiniana sopravvissuta alle soppressioni e alle vicissitudine del tempo.
Scheda di approfondimento
Insediamento
Complesso conventuale
Edificio di culto
Dipendenza


