Il complesso, degli Agostiniani Scalzi, ubicato nella zona di Castelletto, affaccia sull'invaso progettato dall'architetto Antonio Maria Ricca il cui accesso, particolarmente impervio, è descritto anche da Federico Alizeri (Guida illustrativa per la città di Genova, 1846-'47, p. 522): «assorge al monte di guisa ripida, che ad afferrarvi è affannoso il, tragitto; ciò nondimeno ne vale il pregio, e negletta che fosse, non andrei senza colpa».
Il nucleo edilizio della «Madonnetta» è composto dal braccio disposto in modo irregolare rispetto all'impianto del santuario e alla successiva addizione settecentesca, ottenuto impiegando un paio di case e terreni donati nel 1595 agli Agostiniani Scalzi dalle famiglie Moneglia e Parodi-Sassino: la prima dimora è stata utilizzata per ottenere una serie di sei celle, al primo piano, e, al piano terra, per il refettorio affiancato da alcuni locali di servizio; nella seconda, chiamata «loggia», hanno trovato posto il coro e l'oratorio. Lavori provvisori parzialmente rivisti più tardi in muratura, verso il 1609 circa, di cui oggi rappresentano sicura prova le tracce dell'oartorio e del refettorio affrescato; interventi che documentano il ruolo satellite e di servizio che il complesso della «Madonnetta», sorto con funzioni di Noviziato, ha ricoperto per lungo tempo rispetto alla fabbrica di San Nicola. La «Madonnetta» non registra interventi significativi per l'intero e lungo periodo, compreso tra il 1597 e il 1680, che impegna gli Agostiniani nel progressivo perfezionamento del vicino convento dedicato al santo di Tolentino. Solo nel 1689, si decide di costruire una nuova cappella tra le rovine della vicina chiesa di San Giacomo, ingrandita poi già nel 1690, sino all'inizio dei lavori per il Santuario nel 1695, a inglobare la cappella stessa, forse su progetto di Giacomo Viano, cui attribuire il corpo absidale, e di Antonio Maria Ricca, responsabile del corpo della chiesa. Altri interventi interessano il coro, la sacrestia, le cappelle laterali e lo scurolo tra il 1698 e il 1699; il campanile, eretto tra il 1697 e il 1701; la volta, il cornicione e i capitelli, nel 1704. Tra il 1726 e il 1729, Bartolomeo Storace progetta e coordina la costruzione del nuovo corpo conventuale, terminato parechi anni più tardi, tra il 1749 e il 1764. Lo stesso Storace, tra il 1731 e il 1733, realizza il sagrato in pietre bianche e nere.
Nella sua visita, l'Alizeri (Guida illustrativa cit., p. 523) scrive che «non saran molte le cose d'arte ch'io vi prometto nel visitarlo, ma ve n'ha alcune di fioritissime». La piazzetta su cui la chiesa affaccia è decorata con un bassorilievo della Pietà, «di pronto scalpello», eseguito da Domenico Parodi. Il vano della chiesa, a forma di ottagono irregolare, presenta un interessante disegno pavimentale e sei cappelle laterali; una coppia di rampe, anch'esse ai lati, lo collegano all'area del presbiterio. Tra le opere di maggior pregio, sugli altari disposti lungo i fianchi, vi sono: Gesù e i Santi Giacomo e Giovanni di Gio Battista Paggi (1620 circa), l'Annunciazione di Sebastiano Galeotti (1738) e l'ancona col Crocifisso di Raffaele Badaracco. Sull'altare maggiore è posto un grande Crocifisso ligneo settecentesco. Ancora, l'organo, del 1735, è di Lorenzo Roccatagliata. Una scala, al centro del presbiterio, conduce allo scurolo affrescato nella volta da Bartolomeo Guidobono (1707) che «fa bel complemento ai variati marmi che incrostano per ogni parte il gentil sotterraneo»; sull'altare, una Madonna del Cinquecento riconducibile all'ambito dei Gagini, mentre nell'attigua cappella è conservato il gruppo ligneo della Pietà di Anton Maria Maragliano (1733).
Andrea Leonardi


