Il convento è situato sulla collina di Castello, il più antico nucleo urbano della città di Genova, strategicamente proiettato sul mare e sulla piccola valle di Rivotorbido, l'odierna via Madre di Dio, non lontano dall'area di Ponticello, occupata da Palazzo Ducale, e dalla collina di Carignano, collegata tramite l'ardito ponte costruito tra il primo e il secondo decennio del Settecento. Sul lato lungo della piazza di Sarzano, rimasta sostanzialmente inalterata, affacciano il monastero e una porzione dell'abside della chiesa di Sant'Agostino.
La tradizione fissa l'insediamento degli Eremitani Calzati della Regola di Sant'Agostino al 1256, in simbolica coincidenza con la riforma della regola perfezionata da Alessandro IV. La chiesa a tre navate, in origine dedicata a Santa Tecla, è iniziata nel 1260 e ultimata nel 1270; Sant'Agostino si è ben presto identificata con le corporazioni operaie e artigiane: i tessitori, i tintori, i filatori di seta, sli spadai, i bottai, i coltellieri e tanti altri hanno innalzato qui le loro cappelle. La facciata a quattro spioventi, con le caratteristiche fasce bianche e nere, è stata realizzata nel 1289, il portale ogivale strombato è invece del 1390. Il nome del probabile costruttore, il Magister de Antelamo Pietro Bono, è riportato su una formella funeraria incassata nel campanile innalzato verso il 1282, quasi certamente la data cui riferire anche l'attiguo chiostro triangolare del convento stretto tra l'area della piazza e il vano della chiesa. Più tardo il chiostro quadrato, edificato sull'area dell'orto-giardino nella prima metà del Seicento, dunque molto tempo dopo la data abitualmente fissata dalle fonti al 1555. Il monastero è stato danneggiato diverse volte: devastante l'incendio del 1670, tanto da rendere necessaria la sua completa ricostruzione tra Sei e Settecento, così come i bombardamenti della seconda guerra mondiale, definitivamente sanati solo negli anni Sessanta del Novecento con la progettazione del nuovo polo museale affidata a Franco Albini e Franca Helg che ha segnato in modo continuativo il destino del complesso, già avviato alla funzione espositiva alla fine dell'Ottocento.
L'elemento più significativo è senza dubbio rappresentato dalla qualità degli spazi che compongono il complesso agostiniano di Sarzano, arricchiti negli anni con le raccolte dei materiali archeologici e scultorei del Comune di Genova. Suggestivo il binomio chiesa-chiostro triangolare, rielaborato da Alfredo D'Andrade, pur nei limiti dei principi dell'epoca, tra il 1881 e il1883: la chiesa, ricondotta alla primitiva forma duecentesca, ha subito in seguito alle soppressioni napoleoniche la spogliazione di tutti gli altari, delle opere d'arte, delle lapidi e addirittura del pavimento. Sopravvivono quali uniche prove di un prezioso passato gli inserti di maiolica policroma in corrispondenza delle bifore, delle trifore e della copertura a cuspide del campanile, nonché la lunetta affrescata del portale d'ingresso con un Sant'Agostino di G.B. Merano; proprio a proposito dello sfortunato destino che ha toccato l'edificio, Federico Alizeri scrive di un tempio «venerando all'aspetto, e sdegnoso per severa e maestosa bellezza» segnato «dell'ingrato abbandono e della squallidezza» (Guida illustrativa per la città di Genova, 1846-'47, p. 48). Il chiostro, vero e proprio unicum nel panorama dell'edilizia conventuale genovese, è sostenuto da colonne a rocchi alterni di pietra nera e di marmo con capitelli cubici, in stretta analogia con l'interno della chiesa a riprova di tempi piuttosto ravvicinati nella loro edificazione. Verso la piazza, la sacrestia settecentesca e un vano voltato. Ancora, a Sud, il chiostro quadrato, in origine dotato al pianterreno di un loggiato, percorso da colonne di marmo con archi a pieno centro, sovrastato da un secondo livello di arcate chiuse in un momento più tardo.
Andrea Leonardi


