Introduzione
Immerso nel verde di un gran bosco di lecci da cui deriva il suo nome, l’Eremo di Lecceto sorge a circa 10 chilometri dalla città di Siena. Nell’iscrizione che sovrasta il portone di ingresso esso è descritto come “Ilicetum vetus, sanctitatis illicium”, un “antico covo” o “attrattiva di santità”, e questo è proprio l'effetto che ancora oggi suscita in quanti lo raggiungono. Un "antico covo di santi", noto nella storia del territorio e dell'Ordine per le tante figure di santi che lo hanno abitato e frequentato.
I primi documenti ufficiali che parlano dell’Eremo risalgono ai primi anni del 1200, in cui appare come sito di vita eremitica - uno dei numerosi allora esistenti nelle foreste senesi e nel territorio della Toscana -, e i cui membri vivevano principalmente nelle vicine grotte scavate nella roccia. Verso il 1220 i gruppi eremitici cominciarono a riunirsi insieme, dando origine a un progressivo movimento di aggregazione e di sintonizzazione spirituale. Tale «unione» non rispondeva a un’esigenza strutturale, bensì ad ordinare e incanalare una forte carica spirituale e carismatica e una sorprendente unità di ideali. Quando nel 1243 il Papa Innocenzo IV volle riunire in un unico corpo il vario fenomeno eremitico della Toscana diede ad esso, accogliendo l’esplicita richiesta di diversi eremiti, la Regola Agostiniana, dando vita così al primo grosso nucleo dell’Ordine Agostiniano che successivamente, nel 1256, verrà ufficialmente costituito. In un grande quadro che si conserva tuttora nell'Eremo - risalente al XVII secolo e restaurato nei primi anni del 1980 - è dipinto l' «albero genealogico» della santità fiorita a Lecceto: vi appaiono 39 nomi di monaci che nel corso dei secoli sono stati venerati come beati. Infatti, l’antico «motto» di Lecceto che ancora oggi si vede scritto un po’ dappertutto è: «Ilicetus Vetus Sanctitatis Illicium», cioè Lecceto antica attrazione – o seduzione - di santità. Nel XIV secolo venne effettuato l'ampliamento generale di tutto il convento, che all’epoca era costituito solo dalla piccola chiesa a capanna, dal chiostro e da alcuni locali che servivano per i momenti comuni dei frati (refettorio, cucina, ecc.). Nello stesso periodo venne arricchito il portico della Chiesa con affreschi murali - attribuiti da alcuni esperti a Paolo di Maestro Neri, discepolo dell'Ambrogio Lorenzetti, e da altri al «Pittore principale del chiostro» -, affreschi oggi ormai quasi del tutto invisibili a causa delle intemperie cui sono stati esposti e di problemi di restauro. Dal 1404 al 1408 viene costruita, come difesa, l’imponente Torre quadrangolare sotto il priorato di Filippo degli Agazzari, su disegno e realizzazione di un monaco di Lecceto, Cristoforo Landucci, valente architetto. Alla prima metà del XV secolo si fa risalire la realizzazione degli affreschi nel chiostro interno, detto dei Beati, i più grandiosi dipinti murali all'aperto di tutta la Toscana se non d'Italia. Sono opere di più artisti che si rifacevano a scuole e a moduli diversi, guidati però dal un responsabile dell’intero schema degli affreschi e che viene oggi chiamato «Pittore principale del chiostro». Nella parete est sono rappresentate - tra l'altro - le origini eremitiche del convento e il passaggio alla vita monastica cenobitica, mentre nella parete sud erano rappresentate 14 scene della vita di S. Agostino, ora quasi interamente scomparse. Nei primi anni del secolo XVI, viene costruito un secondo chiostro. La soppressione napoleonica determinò l'interruzione della vita del monastero. Per Lecceto comincia un periodo di estremo degrado e di abbandono completo. Nel 1816 fu venduto dal governo del dipartimento dell’Ombrone al seminario arcivescovile di Siena, il quale lo utilizzò come casa di vacanze per i suoi alunni fino al 1936. Abbandonato completamente per otto anni e poco custodito per oltre un secolo, il vecchio monastero rimase di nuovo solo dall’anno 1952, esposto alle intemperie e alla mercé di non pochi predatori, che scardinarono porte e cancelli, infransero i vetri delle finestre, demolirono i mobili e asportarono quadri e perfino una campana del campanile. Ma i muri maestri del vistoso complesso - tanto più vistoso quanto più solitario - resistettero alle intemperie, al lungo abbandono e alle depredazioni; quella resistenza mosse le autorità religiose di Siena a procurare la conservazione di uno storico centro di vita spirituale, che ormai era suo, e mosse anche le autorità civili a non permettere la rovina di un monumento nazionale. Mentre si pensava alla sua destinazione, una circostanza favorevole tolse via tutte le incertezze su questo punto. Nel 1970 il superiore generale degli Agostiniani e la Federazione dei Monasteri delle monache agostiniane d’Italia pensavano seriamente alle sorti del Monastero femminile senese di Santa Maria degli Angeli, il quale, pur avendo avuto un glorioso passato, non poteva guardare con molte speranze al futuro a causa del locale, ormai vecchio e fatiscente, e soprattutto a causa della mancanza di nuove vocazioni. La comunità infatti era composta da dieci monache, di cui la più giovane aveva 60 anni. Fu allora che nacque l’idea di un trasferimento a Lecceto. In tal modo l’antico monastero, che per la sua fama di santità era entrato nella leggenda, avrebbe continuato ad essere un centro influente di spiritualità agostiniana e la comunità monastica avrebbe potuto diventare un richiamo per le persone desiderose di silenzio e di preghiera. L’arcivescovo di Siena, il domenicano Mons. Mario I. Castellano e il padre generale degli Agostiniani, Agostino Trapé, s’impegnarono a superare le difficoltà, che non erano poche: il restauro dell’edificio, l’assistenza spirituale delle monache, il loro mantenimento e - non ultima - la stipulazione del contratto. Dopo due anni, il 31 dicembre 1972, le monache ebbero la gioia di vedere compiuto il programmato trasferimento: per il solitario e antico monastero cominciava un’epoca nuova della sua lunga storia. Oggi la comunità monastica agostiniana è composta da 33 monache: giovani vocazioni hanno bussato alla porta dell’Eremo, per trovare qui la radicale risposta al disegno voluto per ciascuna di loro dall’Amore di Dio.