Convento S. Spirito
Firenze (FI) Italia
Ordine di Sant'Agostino
- Roma, Wednesday, July 16, 2014 12:04 AM
- ·Segreteria
- ·Insediamenti
Introduzione
Nel 1250 Spinello Accolti e Omodeo di Guido, vendettero al frate Aldobrandino, agostiniano e priore del convento di S. Matteo a Lepore in Arcetri, una casa, della terra e delle vigne; la proprietà si trovava nella zona dell’attuale quartiere di S. Spirito. Gli Agostiniani divennero subito, con il loro oratorio e la piazza antistante, un importante punto di riferimento, non solo religioso, ma anche culturale, per la popolazione. Ma la chiesa non era ancora costruita. Solo nel 1269 furono effettuati i primi pagamenti per l’edificazione. Già nel 1292 vennero ampliati il complesso conventuale (diverso da quello attuale) e la piazza.
Il complesso di S. Spirito, fin dai suoi inizi (il 28 agosto 1397, festa di S. Agostino, fu decisa la edificazione di una chiesa per i frati eremitani di S. Agostino; un lavoro durato diversi anni perché in effetti si iniziò a costruire nel 1434), si inserisce in un rapporto diretto con Firenze, le sue vicende, la sua storia e cultura. L’Ordine Agostiniano, giuridicamente nasce nel 1256 e in Toscana aveva una grande forza ed entusiasmo nel diffondere il patrimonio spirituale di S. Agostino. E gli Agostiniani di S. Spirito in circa trent’anni riescono a portare la loro fondazione all’avanguardia nell’Ordine e a proporsi alla realtà politica e letteraria del tempo. Santo Spirito ha contatti con Petrarca e Boccaccio, ma anche all’interno del convento ci sono figure di grande rilievo, come Dionigi da Borgo San Sepolcro (che il 14 aprile 2012 gli ha dedicato la biblioteca Comunale), che per primo conobbe il Petrarca, primo padre dell’Umanesimo, e insegnò all’Università di Parigi e amico di Roberto re di Napoli. Il re volle Dionigi a Napoli, dove conobbe anche il giovane Boccaccio, il quale lo chiamerà sempre: “il reverendo mio padre e signore maestro Dionigi”. Tra il Petrarca e Dionigi, non si trattò solamente di una relazione superficiale e di conoscenza esterna, ma l’agostiniano ebbe una forte influenza sullo spirito del poeta attraverso S. Agostino, di cui gli aveva regalato le Confessioni.
Il Petrarca ha anche contatti con l’agostiniano Luigi Marsili, uomo dottissimo, di profilo “umanistico”. Il Marsili raccolse l’eredità spirituale del Petrarca, amerà la sua cultura e venererà la sua persona; nelle sue lettere lo chiamerà infatti “lo mio signore”.
L’opera degli agostiniani, ed in particolare del Marsili, si inserisce in un contesto civile e in una convinzione interiore che vuole varcare un tecnicismo scolastico delle tradizionali scuole ecclesiastiche e religiose per aprirsi a nuove ma antiche sorgenti, ad un nuovo tipo di insegnamento e di scuola che porti la cultura nel mondo laico e civile.
Fonte: Elena Capretti, Guida della Basilica di Santo Spirito, Basilica di Santo Spirito 2012
L’Ordine Agostiniano si insedia a Firenze nel Convento suburbano di San Matteo a Lepore in Arcetri, già prima del 1250, portando quindi in città tutto il bagaglio spirituale e monastico di S. Agostino, che nell’esperienza della prima comunità cristiana dell’essere un cuor solo e un’anima sola protesi verso Dio, trova le fondamenta per offrire ai suoi seguaci una spiritualità fondata sulla comunione e la ricerca di Dio. Con uno stile guidato dalla ricerca della bellezza e dell’armonia.
E questo complesso brunelleschiano esprime proprio queste caratteristiche, che riportano con essenzialità al desiderio di vivere in un “Santo Spirito” che è un’isola di armonia, di bellezza e di silenzio.
Filippo Brunelleschi consegnò il progetto della Chiesa di S. Spirito nel 1434. Grazie a committenti di livello intellettuale particolarmente alto e disponibili a nuove proposte culturali, il Brunelleschi poté sviluppare la ricerca che aveva intrapreso da anni. Ben presto però dovette arrendersi alla volontà popolare che non gli permise di orientare la chiesa in maniera opposta a quella odierna, cioè con la facciata e la piazza aperte sul fiume.
Nonostante questo ostacolo iniziale e nonostante le varianti esecutive messe in opera dai suoi successori, l’artista progettò un ambiente che ancora colpisce per l’atmosfera, ricca di suggestione e di fascino, e per l’originalità e la chiarezza della struttura compositiva.
L’esterno della chiesa, intonacato, è costituito da una facciata disadorna (fig. 1) (di modulo settecentesco nel suo aspetto attuale), con tre porte ed un grande occhio centrale, e da pareti rettilinee interrotte da finestre ad arco (fig. 2). Questa facciata sarebbe dovuta essere (secondo il progetto di Brunelleschi), con quattro ingressi corrispondenti a quattro nicchie a vista.
Denominazione | S. Spirito |
Denominazione alla fondazione | |
Varianti | |
Tipologia | Convento |
Categoria | |
Condizioni | |
Stato possesso | |
Monastero femminile | No |
Sito web | http://www.basilicasantospirito.it |
Collocazione | |
Indirizzo | |
Cap e Città | Firenze (FI) |
Diocesi | |
Nazione | Italia |
Coordinate GPS |
Datazione erezione | |
Fondazione agostiniana | Sì |
Ordine di fondazione | Ordine degli Eremitani di Sant'Agostino |
Circoscrizione di fondazione | |
Altro ente di fondazione | |
Datazione fondazione agostiniana | |
Datazione chiusura | |
Motivo chiusura |
Attuale presenza agostiniana | Sì |
Ordine | Ordine di Sant'Agostino |
Circoscrizione | |
Altro ente presente |
Nome riferimento | |
Indirizzo | |
Cap e Città | (FI) |
Nazione | |
Telefono | |
Fax | |
Cellulare | |
Sito web | http://www.basilicasantospirito.it |
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Denominazione | |
Denominazione alla fondazione | |
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Tipologia |
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Titolo |
La pianta della Chiesa
Apparentemente la pianta della chiesa ha un tradizionale schema a croce latina (fig. 3 – pianta della Chiesa) a tre navate divise da colonne con capitelli corinzi e archi a tutto sesto (fig. 4); ma procedendo attraverso la navata centrale, percorrendo quelle laterali fino al transetto e al capocroce, si nota il variare continuo dei punti di vista e l’armonica fusione dell’insieme. La selva delle trentun colonne forma, insieme ai pilastri della cupola, un porticato continuo che attraversa il transetto fino al capocroce parallelamente alle pareti; queste ultime, come gonfiate verso l’esterno, sono mosse da nicchie circolari aperte da sottili finestre e divise tra loro da semicolonne in corrispondenza a quelle del peribolo; l’altezza degli archi frontali di ciascuna nicchia è uguale a quella degli archi del colonnato: in questo alternarsi di superfici concave e convesse, la luce piena, diffusa nella navata centrale, trapassa dolcemente attenuandosi in quelle laterali e poi nelle nicchie, dalle cui finestre proviene una luminosità più contenuta. La pianta della chiesa, nata dalla fusione di uno schema centrale con uno basilicale, è una sorta di scacchiera il cui modulo corrisponde a ciascuna campata laterale (fig. 5 – campata laterale), cioè a un cerchio inscritto in un quadrato con un lato di 11 braccia fiorentine (1 braccio = 58,6 cm). Lo studioso d’arte Argan, afferma che per scoprire questo gioco di molteplicità e di uniformità e i suoi suggestivi effetti ottici, il visitatore deve vivere in prima persona la spazialità di Santo Spirito, avanzando progressivamente all’interno di essa e agendo come attore e non spettatore.
Il Brunelleschi muore nel 1446 e i responsabili della costruzione che gli succedettero, in particolare Antonio Manetti e Salvi d’Andrea, pur con l’intenzione di rispettare il grande predecessore, ne rivoluzionarono il progetto. Secondo quanto si deduce dalle fonti e dai disegni antichi di altri artisti, le maggiori manomissioni al progetto del Brunelleschi, riguardano il perimetro esterno, la facciata e la cupola. I quaranta emicicli delle nicchie laterali, non erano previste rettilinee, ma dovevano essere visibili all’esterno.
Un itinerario attraverso il patrimonio artistico di Santo Spirito
Per un visitatore attento, percorrere un itinerario all’interno del complesso agostiniano di S. Spirito, è un’affascinante occasione per avvicinare suggestive testimonianze dell’arte fiorentina, attraverso cinque secoli di storia, godendo contemporaneamente del loro perfetto inserimento in una struttura architettonica, come poche, equilibrata e armoniosa.
Entrando in chiesa, si può osservare la facciata interna (1483-1487), progettata da Salvi d’Andrea (fig. 6 – facciata interna).
In alto al centro si trova un grande oculo con l’incorniciatura in pietra serena e, all’interno, una vetrata circolare rappresentante la Discesa dello Spirito Santo(fig. 7 – vetrata circolare), il cui disegno è attribuibile, per motivi stilistici, a Pietro Vannucci, detto il Perugino (1445/50-1524).
Si può iniziare la visita delle cappelle, partendo dalla navata destra procedendo in senso antiorario.
1. Cappella Torriggiani – La pala dipinta per questa cappella da Pierfrancesco di Jacopo Foschi (1502-1567) fra il 1544 e il 1546, raffigura la Disputa dell’Immacolata Concezione (fig. 8), alla presenza di San Girolamo, Sant’Agostino, Sant’Anselmo e San Bernardo: ai piedi dei santi giace il cadavere di Adamo sopra la zappa e la foglia di fico, simboli della condizione dell’uomo dopo il peccato originale. Alle estremità della predella (fig. 9-11), sono rappresentati i committenti, Luca Torriggiani e la moglie Alessandra Minerbetti, le cui famiglie sono ricordate dagli stemmi scolpiti ai lati dell’altare. La composizione del Foschi riflette il dibattito teologico e culturale, fin da XV secolo molto acceso, tra i sostenitori e gli oppositori della teoria che vuole Maria “sine macula originali concepta”: infatti il privilegio mariano fu proclamato dogma di fede solo nel 1854. L’artista, attraverso forme allungate e semplificate, colori astratti e spazialità appiattita, accentua il carattere mistico e atemporale del quadro.
2. Cappella Del Riccio;Baldi – Il gruppo marmoreo (12) è una copia della Pietà in San Pietro in Vaticano scolpita da Michelangelo nel 1499. La versione di Santo Spirito è stata realizzata da Giovanni Lippi, detto Nanni di Baccio Bigio (ca. 1510-1568), intorno al 1545. Il committente della copia michelangiolesca, scolpita da Lippi, fu Luigi del Riccio. La decorazione parietale in marmo della cappella del Riccio (in alto troviamo il bassorilievo con Cristo e la Veronica), è stata realizzata nel 1832 da Emilio Santarelli su progetto di Federico Fantozzi (fig. 13).
3. Cappella Della Vecchia; Alessandrini – Troviamo qui la statua(Fig. 14) in legno policromo e dorato con San Nicola da Tolentino, il primo santo canonizzato nell’Ordine di S. Agostino, e a cui è dedicata la cappella. È affiancata da due Angeli dipinti su tavola, all’interno della struttura architettonica settecentesca (1706). Il Vasari ci informa che l’immagine del santo agostiniano, canonizzato nel 1446 da papa Eugenio IV, è stata compiuta da Giovanni d’Alessio d’Antonio, detto Nanni Unghero (1490 ca. – 1546), sulla base di un modello in terracotta realizzato da Jacopo Sansovino (1486-1570). Nel 1516-1517 Francesco di Cristofano, detto il Franciabigio (1484-1525) dipinse gli Angeli che si trovano ai lati della statua recanti oggetti allusivi al santo: il giglio e il globo quello di sinistra (fig. 15), un libro con un verso dell’Alleluia recitato per la festa di San Nicola, quello di destra (fig. 16).
4. Cappella Cambi;Settimanni - La pala, rappresentante La cacciata dei mercanti dal tempio (fig. 17), è in basso datata e firmata: è stata realizzata nel 1572 da Jan van der Straet, detto Giovanni Stradano (1523-1605), per la cappella Cambi passata in seguito (1759) di proprietà di Francesco Settimanni e in quella occasione completamente rinnovata. Fin dalla fine del XVI secolo il dipinto è stato apprezzato dalla storiografia artistica, specie per la puntuale descrizione degli oggetti sulla tavola rovesciata e per i gesti concitati dei mercanti.
5. Cappella Cambi di Napoleone –L’incoronazione della Vergine alla presenza di Sant’Agostino e di Santa Monica (fig. 18), è fra le migliori pale d’altare di Alessandro Gherardini (1655-1726), uno dei maggiori rappresentanti del tardo barocco in Toscana.
6. Cappella Petrini – Il martirio di Santo Stefano (fig. 19), di Domenico Cresti, detto il Passignano (1559-1638). In questa pala, ai toni caldi e pastosi, si associa l’eloquenza grave e contenuta dei gesti e la chiarezza compositiva di matrice fiorentina (evidente nella parte alta), tipiche del Passignano.
7.Cappella Della Palla; Buonomini di San Martino – In questa cappella precedentemente era presente una tavola rappresentante Tobiolo e i tre Arcangeli, dipinta nella seconda metà del Quattrocento da Neri di Bicci. Fu rimossa per fare posto al rilievo in marmo e stucco (fig. 20) di Giovanni Baratta, rappresentante Tobiolo e l’angelo (1670-1747).
Guardando l’altare, sulla destra troviamo la statua lignea della Madonna della Cintola o della Consolazione (fig. 21) dalla ricca veste con fitte pieghe, svolazzi ed eleganti motivi decorativi dipinti, opera del secondo decennio del Cinquecento, attribuita allo spagnolo Alonso Berruguete (1488 ca. – 1561). Riprendendo la visita delle cappelle, ci spostiamo nel braccio destro del transetto.
8. Cappella Capponi da San Frediano – Sull’altare coperto da un paliotto con un San Francesco (fig. 22) della fine del Quattrocento, è posta una Crocifissione tra Maria e San Giovanni (fig. 23), citata dalle guide ottocentesche come opera di Francesco Curradi (1570-1661). Il dipinto, secondo quanto testimonia un cartiglio sul retro, è stato collocato in questa sede il 7 aprile del 1783.
9. Cappella Capponi d’Altopascio – Questa Trasfigurazione 1545) è opera di Pierfrancesco di Jacopo Foschi in Santo Spirito (fig. 24); l’artista in quest’opera esclude ogni divagazione narrativa e descrittiva in una composizione rigorosamente ascetica e irreale: un invito a meditare su un mistero di fede.
10. Cappella Velluti – Questa cappella ospita la bella immagine della Madonna del Soccorso (fig. 25), opera del cosiddetto “Maestro della Natività Johnson”, databile tra il 1475 e il 1485. Questo soggetto ha trovato particolare accoglienza in contesti agostiniani, legandosi al tema dell’Immacolata Concezione. Attraverso formule popolari, il quadro raffigura la Vergine, di dimensioni maggiori rispetto agli altri personaggi, mentre libera dalle insidie del diavolo un bambino accompagnato dalla madre.
11. Cappella De’ Rossi – L’altare con la decorazione architettonica e le raffigurazioni, in chiaroscuro ritagliate su legno, di Santa Monica (fig. 26) e di Sant’Agostino (fig. 27); è opera (1601) di Bernardo Buontalenti (1531-1608), che decorò anche la cappella precedente. Il Buontalenti fu pittore, scultore, architetto, scenografo e si rese famoso per congegni semoventi e trovate spettacolari, come i fuochi d’artificio. Al centro della struttura, è visibile, attraverso un vetro, il Crocifisso ligneo (fig. 28) della Confraternita de’ Bianchi, un movimento religioso popolare diffuso alla fine del XIV secolo in Italia settentrionale e centrale.
Come ricorda la lapide a sinistra dell’altare, la scultura trecentesca fu collocata nel 1398 dai rappresentanti della confraternita, affiliata al convento, nella cappella De’ Rossi della vecchia chiesa, finché l’opera scampata dall’incendio del 1471 insieme al polittico (che si potrà vedere in una cappella successiva) di Maso di Bianco, non fu trasferita nel nuovo edificio.
12. Cappella Nerli – Fra i dipinti più importanti conservati in Santo Spirito, troviamo questa opera di Filippino Lippi (1457 ca. – 1504) raffigurante la Madonna con il Bambino e San Giovannino fra San Martino Vescovo, Santa Caterina d’Alessandria (patrona degli studi dell’Ordine Agostiniano) e i due committenti (fig. 29), Tanai Nerli e la moglie Nanna, i cui stemmi sono tenuti dagli angioletti ai lati degli archi centrali. La datazione della pala, collocabile tra il 1494 e il 1498, anno della morte di Tanai, è giustificata da considerazioni di carattere iconografico: infatti il quadro ricorda un episodio della vita del Nerli, il quale, il 5 novembre 1494, fu inviato dal governo fiorentino insieme ad altri quattro ambasciatori a trattare la pace con Carlo VIII di Francia, che stava invadendo l’Italia. Sullo sfondo della composizione, a destra, è accuratamente rappresentata una strada cittadina con in primo piano l’antico Palazzo Nerli in Borgo San Jacopo e fuori della porta Tanai che, tornato dalla missione con l’abito da viaggio degli ambasciatori e accompagnato da un cavallo riccamente bardato e da una servo armato, saluta la moglie ed il figlio. Tanai arrivò in città l’11 novembre 1494, festa di San Martino, vescovo di Tours e patrono di Francia, rappresentato a sinistra; mentre l’accordo fra Carlo VIII e la Repubblica fiorentina fu firmato, nello stesso anno, il 25 novembre, giorno dedicato a Santa Caterina d’Alessandria, raffigurata sulla destra.
Troviamo anche il piccolo Giovanni Battista, patrono di Firenze.
Nel dipinto la santa accompagna la moglie del Nerli, Nanna figlia di Neri di Gino Capponi, sepolto in Santo Spirito nella cappella seguente, e zia del famoso Piero di Gino Capponi, uno dei maggiori artefici della pace.
13. Cappella Nasi – In questa cappella troviamo la secentesca copia (fig. 30), realizzata fra il 1655 e il 1656 da Felice Ficherelli detto il Riposo (1605-1660), della Visione di San Bernardo del Perugino (che si trova a Monaco); lo stesso Ficherelli dipinse anche i laterali con San Francesco e Sant’Antonio (fig. 31).
14. Cappella Capponi – Ai lati dello Sposalizio della Vergine (fig. 32) di Giovan Camillo Sagrestani (1660-1731), si trovano a sinistra, il ritratto del Cardinale Aloisio Capponi († 1659) (fig. 33) e a destra, il Sarcofago di Neri di Gino Capponi (fig. 34) attribuito alla bottega di Bernardo di Matteo Cambarelli detto il Rossellino (1409 ca. 1464). La tomba è posta in un’intercapedine fra la parete interna della cappella e un’altra parete (visibile attraverso la finestra ad arco) che, essendo anch’essa curva, costituisce una porzione del perimetro originariamente previsto per la chiesa: tale parete fu edificata per prima, sotto il diretto controllo del Brunelleschi.
15. Cappella Capponi – Questa cappella, fondata all’inizio del Cinqueceto da Gino di Neri Capponi, nel 1731 fu decorata a stucco con medaglioni a rilievo raffiguranti Vincenzo Maria Capponi (fig. 35) e Maria Francesca Salviati (fig. 36), mentre sull’altare fu posto il San Nicola di Bari che resuscita tre fanciulli di Gaetano Gabbiani (prima metà del XVIII secolo), nipote ed allievo del più noto Anton Domenico. Il dipinto, unica opera pubblica documentata dal pittore, non è oggi visibile essendo coperto da una moderna immagine di Santa Rita da Cascia (fig. 37).
16. Abside – Cappella Biliotti – Questa cappella è ancora dotata della decorazione quattrocentesca costituita dalla pala con la Madonna con il Bambino fra San Matteo e San Girolamo (fig. 38) e dal paliotto con la Discesa dello Spirito Santo (fig. 39) e ai lati Cristo, la Madonna, Sant’Antonio da Padova e Maddalena che accompagnano i committenti, membri della famiglia Biliotti come ricordano gli stemmi su entrambe le tavole e sotto la finestra della cappella. Il quadro, di cui si può ammirare la cornice originale, è opera di un artista gravitante nella bottega di Lorenzo di Credi (1460 ca. – 1537). L’autore interpreta con vivacità le composizioni di Lorenzo, rivelando un gusto descrittivo raffinatissimo. Il paliotto, invece, anch’esso della fine del XV secolo, è una rappresentazione di livello inferiore, ma di un efficace sapore popolare.
17. Cappella Vettori – Nel 1480 i Vettori collocarono nella nuova cappella il polittico di Maso di Banco (fig. 40) (1341 – 1346), dove si trova attualmente, trasferendolo dall’altare che dalla metà del XIV possedevano nella vecchia chiesa. L’opera è l’unica tavola dipinta sopravvissuta dall’antico complesso e rappresentata a mezza figura, cioè secondo uno schema diffuso a Firenze nel primo Trecento, la Madonna con il Bambino (fig. 41) tra Santa Maria Maddalena (fig. 42), San’Andrea (fig. 43), San Giuliano (fig. 44) e Santa Caterina d’Alessandria (fig. 45), alla quale era dedicata la cappella; nella cuspide un Crocifisso (fig. 46), con sopra un pellicano allusivo alla redenzione, ha ai lati i simboli della passione (la lancia, la spugna, il vasetto e la colonna). Maso, seguace e collaboratore di Giotto, realizzò il polittico poco dopo gli affreschi di Santa Croce. L’opera di Santo Spirito denota l’influenza dell’arte senese: il formato alto e stretto dei pannelli, la brillantezza dei colori sul fondo oro, fra cui spicca il rosso, e la naturalezza delle pose dei personaggi, comunicanti fra loro e con lo spettatore, richiamo di artisti senesi come Simone Martini e i Lorenzetti.
18. Cappella Ridolfi – Questa tela dell’Adorazione dei Magi (fig. 47) è stata commissionata dai Ridolfi ad Aurelio Lomi (1556-1622) ed è databile dopo il 1608. In questo quadro, accanto all’impostazione scenografica e magniloquente e a certi sfoggi aulici riscontrabili nella scena principale realizzata su tela (ruderi in primo piano), si notano nella predella lignea toni fiabeschi e colloquiali, espressi con naturalezza e spontaneità e influenzati dallo spirito della controriforma. Rappresentano la Natività (fig. 48), il Profeta Isaia e la Presentazione al Tempio di Gesù (fig. 49).
19. Cappella Pitti – Questa pala, posta al di sopra del paliotto quattrocentesco, rappresenta i Diecimila Martiri di Ararat (fig. 50) ed è firmata e datata (1574) da Alessandro Allori (1535-1607), allievo e intimo amico del Bronzino. L’artista mette in posa i muscolosi corpi nudi e insieme ne studia dal vero l’anatomia, usa la luce per rendere vere le epidermidi, le foglie del bosco, le corazze dei soldati e le perle sugli schinieri dell’imperatore, dimostrando un’influenza sia della pittura fiamminga che veneta (nel paesaggio e nei rossi accesi). La predella della pala è da attribuirsi ad un collaboratore dell’Allori e aveva al centro una Pietà che è stata rubata nel 1954. Nel pannello a sinistra è rappresentato Palazzo Pitti (fig. 51) secondo la versione brunelleschiana, cioè senza le successive ali laterali. La decorazione quattrocentesca della cappella era costituita solo dal paliotto, tuttora presente, databile intorno al 1480 e rappresentante San Luca Evangelista (fig. 52) in ricordo del fondatore (6 ottobre 1458), Luca di Bonaccorso Pitti, uno degli Operai nominati per la decorazione della chiesa. Il dipinto è opera generalmente riconosciuta a Neri di Bicci (1419-1492).
20. Cappella Cini; Da Bagnano – Decorata in maniera incompleta dai Frescobaldi, la cappella fu acquistata nel 1536 dalla famiglia Cini e dotata dell’attuale pala d’altare rappresentante Cristo e l’Adultera (fig. 53), opera, firmata e datata (1577) sul gradino inferiore a destra, di Alessandro Allori come il quadro della cappella precedente. Le piacevoli immagini della predella con le figure dei committenti (figg. 54-55) sono assegnabili alla bottega. Tra le due immagini troviamo una crocifissione. Il resto dell’arredo della cappella è costituito dalla vetrata della fine del quattrocento con la Madonna con il Bambino (fig. 56) e dal paliotto con San Girolamo nel deserto (fig. 57), di un livello qualitativo piuttosto alto, databile all’inizio del secolo successivo.
21. Cappella Bardi di Vernio – Questa tela con la Beata Chiara da Montefalco comunicata da Gesù (fig. 58), è di Jacopo Vignali (1592-1664) ed è databile al 1629. Vi troviamo una scena carica di emotività tesa ad esaltare il misticismo della santa agostiniana, riconoscibile dagli attributi tenuti dai due angioletti in primo piano, un cuore ed una bilancia con sopra tre pietre rotonde.
22. Cappella Frescobaldi – I patroni di questa cappella, destinata alla sepoltura delle donne della famiglia, erano i discendenti di quello Stoldo Frescobaldi che, proprietario della cappella maggiore della vecchia chiesa, nel 1428 era stato eletto provveditore per l’edificazione della nuova. È visibile ancora in loco, all’interno di un’incorniciatura ottocentesca, il dipinto che fin dall’inizio ha decorato l’altare, l’Annunciazione (fig. 59) commissionata entro il 1498 a Pietro del Donzello (1452-1509), unica opera documentata dell’artista. Quest’opera, toccata da influssi leonardeschi, è particolarmente concentrata sull’intelaiatura prospettica: il fantasioso scorciarsi in profondità dei riquadri abilmente giocati sul pavimento e l’alzato architettonico, che combina citazioni classiche e suggerimenti derivati da Giuliano da Sangallo (che in quei tempi costruiva la sagrestia della chiesa), evoca lo scenario di uno spettacolo teatrale in una luminosità limpida e chiara.
23. Cappella Frescobaldi – Questa cappella, sempre costruita dai Frescobaldi, era destinata alla sepoltura degli uomini di famiglia. Sull’altare si trova una Natività (fig. 60) che di recente è stata attribuita sia a Giuliano Bugiardini (1476-1555) che a Pietro del Donzello. Il braccio sinistro del transetto è particolarmente significativo dell’assetto originario della chiesa, anche perché conserva, in buona parte integra, la decorazione quattrocentesca.
24. Cappella Ubertini – Sia nella pala con la Madonna in trono fra due angeli, San Bartolomeo e San Giovanni Evangelista Cristo fra San Girolamo e San Giovanni Gualberto nella predella) (fig. 61), come pure nel paliotto (fig. 62), ricorre l’immagine di San Bartolomeo, protettore di Bartolomeo Ubertini che nel 1488 fondò la cappella. Entrambe le opere, inoltre, presentano gli stemmi della famiglia. Questa pala, insieme alle altre che troviamo nelle cappelle 26, 28, 29 e 30, fa parte di un nutrito gruppo di opere riferibili ad una ben definita personalità artistica, dagli studi moderni identificata sotto il nome convenzionale di “Maestro di Santo Spirito”.
25. Cappella Bini; Capponi – Questa tela che rappresenta Santa Monica che consegna la Regola alle monache agostiniane (fig. 63), è stata dipinta, secondo la critica recente, da Francesco Botticini (1446-1498) ed è stata commissionata dalle monache agostiniane dopo il loro arrivo a Firenze e fu collocata, dopo l’incendio del 1471, nella vecchia chiesa in attesa di poterla trasferire nella nuova. Dal punto di vista stilistico, nella pala si notano, insieme ad echi dell’arte fiamminga nella notevole caratterizzazione realistica dei voti delle monache agostiniane, quei riferimenti al Verrocchio e al Pollaiolo che sono ricorrenti in opere del Botticini, a cui il quadro è stato attribuito con diverse riserve, e sono databili tra il 1465 e il 1470.
26. Cappella Corbinelli – Questa tela raffigurante la Madonna in trono fra due angeli, San Tommaso e Sant’Agostino (fig. 64) è datata al 1482 ed è unanimemente assegnata dalla critica a Cosimo Rosselli (1439-1507), mentre il paliotto con L’incredulità di San Tommaso (fig. 65) è attribuibile alla bottega di Bernardo di Stefano Rosselli; entrambe le opere ricordano il fondatore della cappella (fine XV secolo), Tommaso Corbinelli.
27. Cappella Corbinelli – Il 13 dicembre 1485 i Corbinelli ricevettero il permesso di conservare l’altare del Sacramento che già possedevano nella vecchia chiesa. Così, su incarico della famiglia, Andrea Sansovino, realizzò, presumibilmente entro il 1494, l’altare in marmo (fig. 66) che costituirà un importante punto di riferimento per il classicismo fiorentino del primo Cinquecento. Al centro dell’opera, secondo una struttura che ricorda gli antichi archi trionfali romani, si aprono tre nicchie che contengono, rispettivamente, al centro il tabernacolo a edicola con un Cristo risorto a rilievo (fig. 67) e ai lati San Matteo (fig. 68) e San Giacomo (fig. 69).
Al di sopra delle statue sono due tondi raffiguranti l’Annunciazione (figg. 70-71), mentre nella predella sono rappresentate la Decollazione di San Matteo (fig. 72), l’Ultima Cena (fig. 73) e San Giacomo e Ermogene (fig. 74). Nel timpano, in una lunetta troviamo l’Incoronazione della Vergine e all’esterno si trovano, ai lati, due Angeli porta candelabri (75) e in cima Cristo Bambino (fig. 76).
In basso, nel paliotto, è rappresentato un Cristo in Pietà fra la Madonna e San Giovanni (fig. 77).
La balaustra è del 1642 (fig. 78).
28. Cappella Corbinelli – Matteo Corbinelli, alla fine del Quattrocento, fondò e dotò la cappella avendone osseduta già una nella vecchia chiesa: entrambe furono dedicate alla Maddalena, la cui immagine ricorre nel paliotto e nella Santissima Trinità fra la Maddalena e Santa Caterina d’Alessandria (fig. 79), opere da attribuirsi a Donnino e Agnolo di Domenico del Mazziere.
Il paliotto (fig. 80) e, soprattutto la pala, evidenziano un notevole aggiornamento sulla pittura fiorentina contemporanea. Sono infatti evidenti suggestioni da Jacopo del Sellaio, Domenico Ghirlandaio, Filippino Lippi e dalla pittura fiamminga.
29. Cappella Corbinelli – Bartolomeo Corbinelli intitolò questa cappella al suo santo omonimo, raffigurato nella pala (fig. 81) e al centro del paliotto (fig. 82): i due dipinti sono attribuiti, il primo, a Bernardo di Stefano Rosselli e, la seconda, alla bottega di Donnino e Agnolo di Domenico del Mazziere. Il quadro rappresenta la Madonna in trono fra due angeli, San Bartolomeo, San Nicola di Bari e due committenti.
30. Cappella Segni – Questa cappella è stata fondata e datata il 18 dicembre 1495 da Bernardo di Stefano Segni, ed è costituita dalla vetrata con lo stemma della famiglia, dalla pala d’altare di Raffaellino de’ Carli, detto Raffaellino del Garbo (1466 ca-1524), con la Madonna in trono fra San Giovanni Evangelista, San Lorenzo, Santo Stefano e San Bernardo (fig. 83), e dal paliotto con San Lorenzo elemosiniere (fig. 84), recentemente attribuito alla bottega di Donnino e Agnolo di Domenico del Mazziere. La pala, datata 1505, è l’unica rimasta in loco delle quattro realizzate da Raffaellino per Santo Spirito fra il 1501 e il 1505. All’interno di uno schema ormai tradizionale, l’artista esprime al meglio la sua straordinaria sapienza tecnica, sia nel disegno che nel colore, volta ad esprimere ideali di grazia sapientemente controllata e non immune da un certo tono accademico.
31. Cappella Antinori – Questa cappella è stata fondata alla fine del Quattrocento da Matteo di Gregorio di Bernardo Antinori ed è decorata, oltre che dalla vetrata di fine XV-inizio XVI secolo che raffigura L’incredulità di San Tommaso (fig. 85), dalla pala d’altare costituita dalla cornice e dalla predella originarie ma unite a una tavola dipinta con l’Andata al Calvario (fig. 86) proveniente dal monastero della Crocetta. Questo dipinto è da datarsi agli inizi del XVI secolo ed è assegnabile ad Antonio del Ceraiolo.
32. Cappella Cavalcanti – Come testimonia una lapide sotto la mensa, la cappella, fondata il 17 ottobre 1562 da Giovan Battista di Tommaso Cavalcanti, nello stesso anno fu decorata in pietre dure e marmi policromi con l’inserimento a destra del Busto di Tommaso Cavalcanti (fig. 87), opera citata dal Vasari, di Giovanni Angelo di Michele detto Montorsoli (1507-1563); al medesimo scultore, si assegna, per affinità stilistiche, anche il Busto di Giovan Battista Cavalcanti (+ 1581) (fig. 88) posto a sinistra. Sempre nel 1562 furono inoltre collocati la vetrata, a grottesche con al centro la colomba dello Spirito Santo (fig. 89), e il Noli me tangere del Bronzino (1503-1572), trasferito con le soppressioni napoleoniche (1812) al Louvre. La pala attualmente visibile raffigura una Madonna in trono tra San Giovanni Gualberto, San Bartolomeo, Sant’Antonio, San Biagio Vescovo (fig. 90) in passato è stata attribuita ad Antonio del Ceraiolo.
33. Cappella Dei – Questa pala (fig. 91) raffigura la Madonna con il Bambino fra i Santi Pietro, Giorgio, Paolo, Caterina d’Alessandria, Bernardo, Agostino e Jacopo. L'opera è una copia del XVII secolo di Francesco Petrucci dall'originale di Rosso Fiorentino del 1522, conservata nella Galleria Palatina in palazzo Pitti.
34. Cappella Segni – La Madonna con il Bambino e Sant’Anna fra i Santi Tommaso d’Aquino, Pietro Martire, Domenico, Vincenzo Ferreri, Maria Maddalena, Caterina d’Alessandria (fig. 92).Quest’opera è ricordata dal Vasari come un’opera nata dalla collaborazione fra Ridolfo del Ghirlandaio (1483-1561) e Michele Tosini, detto Michele di Ridolfo del Ghirlandaio (1503-1577).
35. Cappella Antinori – Quest’opera rappresenta L’elemosina di San Tommaso da Villanova (fig. 93), del senese Rutilio Manetti (1571-1639).
36. Cappella Frescobaldi – Pala che raffigura San Giovanni da San Fecondo (fig. 94), eremita agostiniano, che salva una giovane caduta nel pozzo, ed è stata realizzata nel 1691, anno della canonizzazione del santo, dal senese Giuseppe Nicola Nasini (1657-1736).
37. Cappella Del Riccio – Questa cappella, dal 1485 era di proprietà delle mantellate di Santa Monica e intorno al 1570 passò a Guglielmo del Riccio. Nel 1579 vi fu collocata, insieme alla nuova decorazione, la copia del Cristo Portacroce (fig. 95) di Michelangelo (in Santa Maria Sopra Minerva a Roma), realizzata da Taddeo Landini (1550 ca. – 1596), allievo del Giambologna.
I Del Riccio, con quest’opera, intesero rendere omaggio al Buonarroti, morto pochi anni prima (1564).
38. Cappella Bettoni; Covoni – In questa cappella si conserva la terza delle opere di Pierfrancesco di Jacopo Foschi, presenti in Santo Spirito: si tratta della Resurrezione (fig. 96) realizzata nel 1537. Sono stati notati in questo dipinto citazioni di Michelangelo: la figura urlante a destra, derivata dalla Testa virile detta “Il dannato” rappresentata in un disegno del Buonarroti agli Uffizi, e i motivi a maschera delle armature ripresi dalle analoghe decorazioni nelle cornici della Sagrestia Nuova (1534), lasciata incompiuta dallo stesso Michelangelo in viaggio per Roma.
39. Altare Maggiore
Lasciando il giro delle cappelle, si può osservare l’altare maggiore (fig. 97), realizzato da Giovan Battista Caccini (1559/62-1613) con l’aiuto, fra gli altri, di Gherardo Silvani e di Agostino Bugiardini detto Ubaldini. Per realizzare quest’opera, fu tolto il Crocifisso di Michelangelo (vedi pag. 77). Lo spazio all’incrocio dei bracci della crociera era stato concesso da Ferdinando I a Giovanni Battista Michelozzi (1590) per farvi edificare un nuovo altare del Sacramento, già nella cappella Corbinelli. Il Michelozzi incaricò il Caccini, abile restauratore, scultore e architetto.
Creò una struttura magniloquente, ma rigorosamente geometrica, composta da marmi policromi, pietre dure e bronzo. In una sintesi ben calibrata fra scultura e architettura con vivaci soluzioni pittoriche, una balaustra ottagonale (su cui poggiano quattro angeli, vari candelabri alternativamente in marmo e in bronzo, e sul retro un Crocifisso ligneo (fig. 98), affiancato da statue marmoree rappresentanti la Madonna (fig. 99) e San Giovanni Evangelista (fig. 100), circonda l’altare sormontato dal prezioso ciborio (fig. 101) per l’Eucarestia e posto al centro del baldacchino con una cupola a traforo e San Pietro (fig. 102), San Giovanni Battista (fig. 103), San Giovanni Evangelista (fig. 104) e Sant’Agostino (fig. 105) sulla sommità delle colonne. Si nota ricorrente in tutto il complesso e sui pilastri angolari fra la navata e il transetto della chiesa, lo stemma dei Michelozzi. Ai piedi dei gradini del coro, una lapide ricorda che nel 1609 Cosimo II concesse ai padri agostiniani di porre le loro sepolture in questo luogo: ai lati dell’iscrizione si trova lo stemma di Santo Spirito(fig. 106); mentre al di là del coro, sulla parete dell’absise, fra le due finestre in alto, si vedono due grandi scudi, il primo con la croce del popolo il secondo con l’emblema di Firenze.
Organo, Vestibolo e Sacrestia - Al di sopra dell’ingresso al vestibolo si trova un pregevole organo eseguito nel 1824 (fig. 107).
Da qui si può accedere al vestibolo edificato dal Cronaca con la preziosissima volta a botte (fig. 108), e poi alla Sacrestia di Giuliano da Sangallo oltrepassando una porta con sopra una lunetta del tardo Seicento, molto oscurata, raffigurante Sant’Agostino che lava i piedi ad un povero (fig. 109). Si tratta di un’incantevole opera del primo decennio del XVII secolo di Ulisse Giocchi (o Ciocchi) da Monte San Savino, detto il Gobbo. Accurata e singolare è la veduta marina dello sfondo con espliciti richiami alle stampe e ai dipinti nordici. Nella Sacrestia (fig. 110), sull’altare di fronte all’ingresso, si trova la terza opera di Alessandro Allori che raffigura San Fiacre che risana gli infermi (fig. 111), commissionata nel 1596 da Cristina di Lorena, moglie di Ferdinando I de’ Medici. A sinistra dell’entrata si trova un Crocifisso ligneo (fig. 112) attribuito di recente alla scuola dei Sangallo e un tempo ritenuto una copia del Crocifisso di Michelangelo.
All'interno della Sacrestia si conserva il Crocifisso di Michelangelo (1492-1493).
Sopra la porta, prima di uscire, si può vedere una lunetta dipinta, dove è raffigurato il noto episodio di Sant’Agostino e il fanciullo (fig. 113). Contro un ampio fondale marino, il Santo incontra un angelo dalle forme infantili, intento a versare con una conchiglia le immense acque del mare in una buca scavata nella sabbia: la vanità di questa fatica irragionevole mostra ad Agostino quanto altrettanto vano e presuntuoso sia, da parte sua, lo sforzo di speculare sulla natura trinitaria di Dio con gli argomenti della ragione, anziché accettarla per via di fede. Il santo veste la semplice tonaca nera dell’Ordine agostiniano, ma ai suoi piedi con una corona raccoglie le sue insegne, il riccio vescovile e la palma del martirio. L’autore di questa pittura era noto fin dal tempo del Baldinucci come Ulisse Ciocchi da Monte San Savino, detto il Gobbo.
Il Crocifisso di Michelangelo
Nel 1962 Magrit Lisner, in occasione del censimento dei crocifissi toscani effettuato su base stilistica, storica e tipologica, riscontrando alcune novità formali in un crocifisso ligneo custodito sulla parete del Refettorio del Convento di Santo Spirito, ne sollecitò il restauro. L’alta qualità dell’opera emersa al di sotto di una rozza ridipintura, indusse la studiosa tedesca ad identificare in questa scultura il crocifisso di Michelangelo - come scrivevano i suoi biografi, il Condivi e il Vasari - per Niccolò Bichiellini, priore di Santo Spirito, nel cui ospedale annesso il giovane Michelangelo aveva libero accesso per studiare anatomia.
Il crocifisso fu esposto come opera giovanile di Michelangelo nel 1964 prima a Roma al Palazzo delle Esposizioni e quindi a Firenze a Casa Buonarroti. Nel Dicembre dell’anno 2000 il crocifisso ritorna in Santo Spirito. L’originaria collocazione - sopra il mezzo tondo dell’altare maggiore, come ricordava il Vasari - non risultava più, a seguito delle modificazioni strutturali operate ai primi del seicento, adatta ad un’opera di dimensioni piuttosto ridotte.
Viene scelta, come nuova collocazione, la Sacrestia di Santo Spirito. Si ritiene che Michelangelo abbia scolpito il crocifisso tra la primavera del 1493 e l’autunno del 1494 all’età di diciotto anni. Il Cristo, messo sopra l’arco che soprastava l’altare maggiore rappresentava il centro e il culmine del culto e per capire l’opera del giovane Michelangelo è indispensabile tener conto di questa sua posizione originaria. Secondo il Vasari, Michelangelo avrebbe fatto la figura “a compiacenza del priore” il quale gli diede “comodità di stanze”. L’aspetto dell’opera doveva essere stato certamente influenzato dalla sua localizzazione. La chiave dell’arco del coro quattrocentesco, già per ragioni statiche, non permetteva che lì si collocasse una figura troppo pesante, le stesse dimensioni del coro impedivano che essa fosse di proporzioni monumentali. Perciò l’altezza del Cristo viene definita dal Condivi “poco meno chel naturale”. Il crocifisso è la prima opera eseguita da Michelangelo per una chiesa e, probabilmente, la sua prima figura di dimensioni notevoli che sia giunta sino a noi. Nonostante la giovane età, questo Cristo è stato concepito con una logica sorprendente: visto frontalmente la posizione del corpo appare condizionata dall’inchiodatura dei piedi. Il sinistro è collocato sul suppedaneo in asse con la croce. Il destro, posto obliquamente sul sinistro, determina il piegarsi del ginocchio in modo che la gamba si sovrappone leggermente all’altra. Da qui nasce la torsione, lo spostamento dei glutei e delle anche e la lieve deviazione dei muscoli dello stomaco. Solo nel petto e nelle spalle questo movimento si placa e si torna ad avvertire il rapporto del Cristo con la croce. La posizione delle gambe snellisce la parte inferiore e lo sguardo corre, quasi senza volerlo, al volto quieto di Gesù. Sebbene sapesse che la vista frontale del Cristo era di gran lunga la più importante, Michelangelo concepì la scultura nella sua totalità. Inoltre, nonostante fosse ben consapevole del fatto che il crocifisso sarebbe stato collocato in un punto molto elevato, egli si dedicò con la massima cura alla modellatura considerando ogni dettaglio richiesto dalla posizione della figura. Per Michelangelo – anche a diciotto anni – il materiale non era certo un ostacolo per realizzare una scultura come lui la immaginava, anche se di legno. E’ proprio il senso della superficie viva che stupisce nel Cristo di Santo Spirito: il corpo modellato che sembra vero da quanto è naturale e perfetto, appunto, come diceva il Vasari “…quella carnosità e morbidezza…”
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