Lo Zacconi (1555-1627), priore di Sant’Agostino di Pesaro oltre che noto cultore e scrittore di musica, nelle Relationi repertoriali del Convento di S. Agostino di Pesaro con quello anco di Valmagnente (1610) afferma che il monastero fu fondato nell’anno 1282. Già presenti nel 1238 sul territorio limitrofo con la fondazione di Valmanente, i Brettinesi trovarono la spinta decisiva a fondare il convento pesarese nella Bolla emanata da Innocenzo IV nel 1247, la quale concedeva quaranta giorni d’indulgenza a tutti coloro che li avessero aiutati a costruire il nuovo complesso conventuale presso le mura della città. Cicconi concorda con il Lopez ammettendo che la fondazione, prima del 1247 extraurbana, divenne urbana solo nel 1282 con l’insediamento presso la chiesa romanica di San Lorenzo, situata tra l’antica porta Ravegnana - il cui arco scavalcava l’odierno corso tra via Zanucchi e via Barignani - e l’abbazia di San Cassiano, con annessi i locali definiti dal Fabbri «loco di Ospedale». Dalla Relazione del 1650 risulta che la rendita fondiaria del convento era piuttosto elevata per il possesso di ben 149 ettari di terreno. La facciata, nell’attuale configurazione settecentesca con le ampie volute e il fascione orizzontale, si caratterizza per il portale ogivale (1398-1413) ascrivibile, al pari di quello di San Domenico, a uno scultore architetto veneto-dalmata, inquadrato in una cuspide spezzata fiancheggiata dai due pilieri con doppia edicola a baldacchino con le statue dei santi, cui sono sovrapposte altre due di diversa mano sopra i piani retti laterali della cuspide. Anche qui, come in San Domenico, i due leoni stilofori, che hanno funzione esclusivamente decorativa, riguardano l'ingresso nel tempio. L’innovazione creativa è, secondo Zampetti, nella reiterazione dei leoni che riappaiono al di sopra delle edicole, appoggiati a mensole destinate a reggere a loro volta altre piccole edicole, in un’ascesa continua verso l’alto. L’ignoto artefice, che conosceva la tradizione veneziana del gotico fiorito, appare solo interessato a riempire le parti decorative, trasferendo nel contesto tardogotico elementi ancora romanici, come appunto avviene con i leoni, che nei secoli precedenti erano stati utilizzati per la loro funzione portante e che ora rimangono quali elementi del cotto decorativi.
La chiesa, a nave unica con addossati tre altari per ogni lato, fu ristrutturata nel 1761, come documenta l’epigrafe sul portale, su disegno degli architetti Pistocchi di Faenza e Polinari di Pesaro, e la stessa configurazione dell’interno. Da un’antica immagine si evince che la sacrestia in origine era voltata. Il campanile, del secolo XV, privo dell’originaria cuspide, si caratterizza per la decorazione a fogliami in cotto posta alla base della cella campanaria. Adiacente alla chiesa, sull’area oggi occupata dal piazzale e da un edificio pubblico, si estendeva l’ampio convento seicentesco già fatiscente, caratterizzato, secondo la Relazione del 1650, da due chiostri di cui il primo è incompleto nella parte superiore e con minaccia di crollo in altra parte; mentre il secondo ospita, sotto, i vari servizi (la cantina, il refettorio, la cucina etc.) e il noviziato, cui sono riservate quattro stanze e, al di sopra, tre dormitori «uno de quali con cinque camere non perfettionate per habitarvi, tiene un libraria stabilita et ornata da molti libri»; negli altri lati sono cinque appartamenti di più stanze e quindici altre camere semplici. Il convento fu demolito nel 1910. La costruzione attuale risale al 1935. Nel 1539 fu creato convento generalizio. Ha ospitato un Capitolo provinciale nel 1888. Ha avuto un Superiore generale e dodici Provinciali: Pietro Giacomo da Pesaro dal 1492 al 1496, Paolo da Pesaro nel 1587, Mariano Mancini nel 1593, Felice Zeriacci nel 1632, Antonio Foschi nel 1693, Agostino Nicola Olivieri nel 1699, Girolamo Paolini nel 1730. Fu soppresso nel 1652. Fu adattato a caserma nel 1810. Riaperto dopo la soppressione del 1861, nel 1873 ospita solo tre religiosi. Attualmente è aperto e affidato agli Agostiniani Scalzi.
Si segnala il bel coro intarsiato in noce a due ordini di stalli del secolo XV-XVI, realizzato in occasione del matrimonio di Costanzo Sforza con Camilla d’Aragona (1475), e l’organo del veneziano Gaetano Callido, costruito nel 1776, ubicato in cantoria sopra la porta d’ingresso. Si segnalano, inoltre, San Nicola da Tolentino del Pomarancio, Santa Rita di Cascia del Cantarini, San Tommaso da Villanova di Cesare Pronti pittore agostiniano, Sacra Famiglia di Pandolfi, l’Annunciazione di Palma il Giovane. Ai lati dell’altare maggiore sono state aperte due cappelle, di cui quella di sinistra conserva una Crocifissione del Brandani (1522-1575) commissionata agli inizi del Cinquecento da Pier Simone Bonanimi, maggiordomo di Francesco Maria II Della Rovere.
Tiziana Marozzi