La fondazione dell’insediamento matelicese è, al pari di numerosi altri, di incerta collocazione cronologica. Pastori lo dice già esistente nel 1264, in base a un documento citato anche da Razzanti e riguardante un pagamento per le vesti dei frati; Acquacotta propone invece un diverso terminus ante quem, datando la fondazione a prima del 1269, anno in cui il camerlengo comunale annota il pagamento a tale Attone Accursi per comperare gli indumenti per i frati di Sant’Agostino. Ma queste date sembrano per lo più frutto di tradizione: in realtà l’insediamento di Matelica, in base a quanto sopravvive della sua fase più antica, apparterrebbe alla seconda fase insediativa agostiniana, quella relativa al quarto decennio del Trecento.
La chiesa offre come elemento architettonico di maggior interesse il trecentesco portale a tutto sesto, strombato su colonnine, appartenente alla fase costruttiva tardomedievale del complesso (circa metà del XIV secolo). Il portale matelicese presenta notevoli similitudini con quello superstite della scomparsa Sant’Agostino di Camerino e con quello del Sant’Agostino di Fabriano. Il campanile è cuspidato, come da tradizione costruttiva dell’Ordine, anche se la parte terminale sembra appartenere alla fabbrica settecentesca. Il chiostro cinquecentesco, le cui tracce sono ancora in parte visibili, doveva avere sei archi impostati su mensole. L’interno è invece ascrivibile alle fasi sette-ottocentesche: lo spazio è contraddistinto da alti pilastri quadrangolari, compositi, paraste scanalate e capitelli pseudo-ionici sormontati da un’articolata trabeazione classicheggiante che fascia tutto il perimetro interno con andamento spezzato. Decisamente ricca è la decorazione dell’interno, realizzata con stucchi.
Nel 1661, la chiesa fu riconsacrata inseguito alcompleto rifacimento del suo interno. Il convento fu ampliato nel 1740: tale datazione è ipotizzabile in base a una delibera comunale di quell’anno, contenente la richiesta da parte degli Agostiniani di demolire due caseggiati addossati alle mura castellane, molto probabilmente per l’esigenza di ampliare l’edificio ecclesiastico. Acquacotta (1838) afferma che la chiesa «fu riformata negli ultimi tempi, ed abbellita con stucchi». Nell’Ottocento fu demolito il chiostro cinquecentesco, che costituiva l’elemento di raccordo tra la fase originaria medievale e le imponenti modificazioni sette-ottocentesche. Attualmente il convento è stato adibito alla funzione di mercato coperto. Tra le opere d’arte presenti nella chiesa sono da segnalare alcuni resti di affreschi trecenteschi nell’area absidale, venuti alla luce nel 2001 in occasione di restauri. Inoltre, degne di nota sono due tele di Ercole Ramazzani: un Noli me tangere (1578), e una Madonna con Bambino e santi (1588); una terza tela, raffigurante San Nicola da Tolentino che intercede per le anime del Purgatorio, è stata in passato riferita allo stesso Ramazzani, ma l’attribuzione suscita tuttora pareri controversi. Infine, nell’altare del braccio sinistro del transetto si trova una tela raffigurante l’Estasi di san Francesco attribuita a Francesco Mancini (1694-1758).
Paolo Cruciani


