Il Monastero della S. Croce di Figline Valdarno fu eretto il 25 Ottobre 1542. All’inizio era costituito da una chiesetta e dalle case ad essa adiacenti, che con qualche modifica si rese idoneo alla vita claustrale. Le prime religiose vi si collocarono il 2 Novembre dello stesso anno e la regola monastica alla quale si ispirarono fu quella agostiniana, alla cui conoscenza e pratica furono avviate da alcune consorelle provenienti dal monastero fiorentino di Candeli. A queste prime religiose ne seguirono altre ancora e ben presto il loro numero crebbe. Nei suoi 500 anni di storia, non poche sono state le difficoltà a cui le monache sono dovute andare incontro: malattie, morte e per non parlare poi delle minacce del mondo esterno, prima fra tutte la bufera leopoldina (Leopoldo Pietro, Granduca di Toscana). Assecondando le novità giansenistiche, molti monasteri e compagnie religiose furono soppresse. Anche il monastero di S. Croce ebbe molto da soffrire, le monache tennero duro e non permisero che il loro cenobio fosse trasformato in conservatorio con scuola pubblica e convitto per ragazze, rinunziando alla clausura. Dopo questa grande prova non passò molto tempo che il monastero ancora una volta fosse oggetto di persecuzione sotto l’ondata dispotica rivoluzionaria di Napoleone I. Le monache furono strappate dal loro monastero e dovettero vagare impaurite ed incerte in un mondo che non conoscevano in cerca di qualche luogo che potesse accoglierle. Le probande ritornarono alla loro abitazione, le professe si stabilirono in una casa colonica nella parrocchia di S. Pietro a Terreno, dove condussero una vita religiosa come era loro possibile. Con la disfatta di Napoleone «in Russia» il granduca di Toscana risalito al trono nel mese di aprile 1814 restituì il convento alle monache agostiniane ed il 15 ottobre dello stesso anno vi fecero ritorno. Trascorsi 50 anni in mezzo a stenti e povertà ecco un'altra bufera. Con l’unificazione dell'Italia e con la legge del 7 Luglio 1866, legge spiccatamente anticlericale, si imponeva ancora una volta la chiusura dei monasteri e l’incameramento dei beni ecclesiastici. Il monastero e la chiesa divennero proprietà dello stato e le monache furono cacciate via, ma il Conte Umberto Serristori offrì loro per una cifra irrisoria tutto lo stabile del vecchio ospedale Serristori che nel frattempo si era trasferito nella villa di S. Cerbone. La nuova dimora ben presto si dimostrò inadatta alla vita claustrale. In tali angustie le monache ripensavano spesso all’antico monastero di S. Croce con l’orto fertile spazioso. Finalmente per l’intervento di Mons. Camille, vescovo di Fiesole e di Mons. Barlacchi, proposto di Figline, furono avviate le trattative con le autorità comunali per il riacquisto dei locali monastici di S. Croce. Il 4 aprile 1895 il monastero tornò in possesso delle monache, che vi fecero ritorno il 24 Ottobre dello stesso anno. Numerosi lavori sono stati seguiti negli anni successivi per rendere l’ ambiente sempre più accogliente alle nuove esigenze di vita, sotto la direzione attenta e premurosa delle abbadesse e con l’aiuto della generosità della popolazione Figlinese.