A Macerata gli Agostiniani sono documentati con i tre insediamenti degli Eremitani presso la chiesa urbana di Sant’Agostino (1245), della Congregazione lombarda presso la chiesa extraurbana di Santa Maria della Fonte (1469) e, infine, con quello più tardivo degli Scalzi presso l’ex complesso di San Giuseppe (1469).
L’architetto militare Giuseppe Mattei (morto nel 1653), prima di partire perla corte di Ferdinando III, imperatore di Germania, donò la propria casa, situata in via Santa Chiara (l’attuale corso Garibaldi), agli Scalzi di Sant’Agostino che l’occuparono nel 1664. Nel 1694 vi dimoravano sette padri e cinque conversi. Nel 1762 fu iniziata la costruzione del nuovo convento, portata a termine tre anni dopo. L’altare maggiore della chiesa, dedicata a san Giuseppe in onore dell’illustre benefattore, fu ricostruito e abbellito nel 1714 dal canonico Antonio Norsini, che è ricordato in una lapide posta nella chiesa inferiore della cattedrale. Lo storico Amico Ricci ricorda i bellissimi dipinti del maceratese Giovanni Ferraguti (secolo XVII) e dell’anconetano Pier Simone Fanelli (1620-1703). Paci aggiunge che vi dipinsero anche Giantommaso Buonaccorsi, pittore maceratese, il quale decorò le cappelle della Madonna e del Crocifisso; il fermano Ubaldo Ricci (secolo XVIII), discepolo del Romanelli, il quale dipinse un San Carlo e una Santa Cecilia e due quadri con due episodi della vita di san Giuseppe, l’ascolano Tommaso Nardini (1658-1718), il quale dipinse la pala dell’altare maggiore; l’Agostiniano Onorato di San Cristoforo, il quale dipinse le cappelle dei Santi Agostiniani e di San Nicola. La pala di San Nicola fu portata nel 1811 a Milano e di qui nel 1817 a Vimercate da dove scomparve. Nella prima soppressione napoleonica, i religiosi furono costretti a lasciare il convento e a trasferirsi in quello degli Agostiniani della Congregazione lombarda presso Santa Maria della Fonte. Nella loro sede passarono i Minori conventuali. I religiosi, ritornati nella residenza originaria, furono nuovamente espulsi nella seconda soppressione, e la loro casa fu adibita a caserma dei Finanzieri. Ristabilito nel 1815 il Governo pontificio e non tornando più i padri a Macerata, la loro residenza fu ceduta da Pio VII al vescovo Vincenzo Strambi, il quale lo donò al conte Compagnoni per compensarlo della spontanea restituzione del convento dei Cappuccini al borgo San Giovanni Battista, acquistato al tempo della soppressione. Il convento fu allora ridotto ad abitazione della nobile famiglia Compagnoni, pur conservando nell’interno, l'antica struttura fino al 1966 quando fu completamente demolito per far posto a un’altra civile abitazione.
Tiziana Marozzi