La storia della comunità monastica e del monastero nasce con Giovanna di Damiano, sorella di Chiara, che dopo la nascita della sorellina nel 1268 si ritira con altre giovani di Montefalco in una piccola casa chiamata reclusorio, fatta costruire dal padre stesso. La piccola Chiara, attirata fin da piccola a pregare e a immedesimarsi nella contemplazione di Gesù e della sua Via Crucis, a sei anni volle entrare nel reclusorio della sorella Giovanna e subito s’impegnò in lunghe preghiere, in penitenze e nei servizi comuni. Il papà Damiano, divenuta insufficiente la piccola casa che le ospitava, iniziò a costruirne una di più grande in un luogo indicato dalla stessa Giovanna, dov’è l’attuale monastero. Chiara era una giovane molto bella, vivace, vera, capace di grande concentrazione, ma anche sempre attenta ai bisogni delle Sorelle, specialmente delle ammalate, che altre sorelle non avevano il coraggio di assistere; sempre pronta anche al lavoro, agli umili servizi e obbediente a Giovanna, eletta rettrice della comunità. Nel 1290, in obbedienza alle direttive della Chiesa, la comunità dovette scegliere una Regola. Chiese e ottenne dal vescovo di Spoleto, Gerardo, la Regola di S. Agostino, che da allora divenne la guida spirituale comunitaria della vita quotidiana, della preghiera comune, del lavoro, della correzione fraterna, dello spirito di povertà, castità e obbedienza, dell’interiorità e, in tutto e soprattutto, della carità fraterna delle sorelle. Alla fine del 1291 morì Giovanna e Chiara, nonostante le sue preghiere e lacrime, venne eletta badessa. Fu subito e sempre madre e maestra delle sorelle, occupandosi con ogni diligenza dei loro bisogni e problemi, senza badare a se stessa. Fu durante una lunga crisi, nel 1294, che Cristo le apparve portando la croce, pellegrino stanco e sofferente. «Ho cercato in tutto il mondo un luogo forte – le disse – per piantare questa croce: qui e non altrove l’ho trovato». Da quel momento rimase per sempre con acutissimi dolori e sentì nel suo cuore, sensibilmente e per sempre, la Croce. Benché illetterata, Chiara diventò centro di forti e decisive esperienze spirituali, ma anche bibliche e teologiche, di moltissime persone di ogni estrazione sociale e culturale, compresi teologi, santi e grandi peccatori. Fu solo Chiara che intuì chiaramente e smascherò l’errore mortale del francescano Bentivenga da Gubbio, capo della setta detta del libero spirito. Essa era anche tutta per i poveri, per i bisognosi nel corpo e nell’anima, per i perseguitati, per i giovani sbandati, e perdonò sempre e tutto a non poche persone che la calunniarono per interesse o per invidia. Si adoperò, sia con la preghiera che con interventi vari, per la pace spesso violata. Morì verso le nove del 17 agosto 1308, lietamente. Le monache decisero di conservarne il corpo, e ricordando il ritornello di Chiara «Jo ajo Jesu Cristo mio crucifisso entro lo core mio», aprirono il cuore e vi scoprirono, nella carne, i «segni» della Passione di Gesù, che nei giorni successivi vennero esaminati da esperti civili e religiosi e ritenuti unanimemente miracolosi, come riconobbe anche la Chiesa in successive ricognizioni. «Esistono in S.Chiara della Croce alcune caratteristiche personali che, nella sua vita terrena e nei secoli seguenti, ne allargarono non solo la fama, ma soprattutto l’influsso spirituale e portentoso, facendone una santa gigante e una grande maestra di vita religiosa e cristiana» (Card. Ugo Poletti). Dopo la morte di Chiara e sino ad oggi, la storia della comunità è storia di una presenza che custodisce e diffonde la conoscenza e il culto di questa grande e luminosa figura di monaca agostiniana. In Montefalco, detta «Ringhiera dell’Umbria» per la sua impareggiabile posizione, salgono i pellegrini al seicentesco santuario a lei dedicato, dove si conserva incorrotto il suo corpo, il cuore e i segni della Passione in esso rinvenuti. Dal santuario si snoda come un pellegrinaggio all’interno del monastero: dall’antica cappella di S.Croce, dove morì Chiara, prezioso gioiello d’arte affrescato nel 1333, al giardinetto dove cresce un albero piantato da Chiara stessa e con le cui bacche si confezionano i preziosi rosari, fino al piccolo chiostro dove si conservano preziose memorie di Chiara e della comunità. Anche l’accoglienza di Chiara e delle Sorelle in antico, continua ancor oggi ed è presente nella sua comunità, che in un’ampia casa accanto al monastero, può ospitare gruppi e famiglie per la preghiera e la riflessione. Chi oggi incontra Chiara fa una singolare esperienza di fede, di carità e di consolazione, come coloro che la conobbero e testimoniarono.
Scheda di approfondimento
Insediamento
Complesso conventuale
Edificio di culto
Dipendenza


