Un «frater Simon de Montesecuro, prior olim Cerreti» è attestato nel 1358 per essere stato punito per non aver fatto osservare «quadrigesimam s. Martini», ma non è corretto desumerne con certezza la conventualità. Anche il Torelli, il quale oltre a ricordare la titolazione della chiesa a sant’Antonio Abate e che il convento è nominato nei registri del 1551, dichiara di non conoscere «da chi poi fosse stato fondato, in che tempo, e se più sussiste, non ritroviamo alcun autore che ne parli». Doveva essere anteriore al 1510 se il 24 maggio di quell’anno vi fu assegnato come priore frate Domenico di Sant’Angelo perché vi aveva vissuto. Nel 1547 si costringe Adeodato da San Ginesio a rendere ragione della sua amministrazione. Nel 1551 vi fu assegnato direttamente dal Padre generale, che stabilì che non poteva essere rimosso se non con il consenso di tutto il Capitolo provinciale e per causa urgente, Pietro d’Ancona, già priore del convento anconetano (1539-1542) dal quale fu rimosso con l’accusa di aver causato dissidi nel monastero di Santa Chiara affidato ai Francescani. Dalla Relazione del 1650 emerge che il convento era abitato dagli Agostiniani, che vi s’insediarono dopo aver vinto una lite con un prete, sin dall'anno 1545 ed era dotato di «sette stanze, 4 de quali sono per i padri e l’altre servono per cucina, refettorio e dispensa con un corridore sotto le stanze delli padri, cantina e stalla [...]. La chiesa è sotto il titolo di S. Antonio, il circuito del convento con horto e muraglie canne 20 à dieci piedi per canna». All’epoca vi abitavano due sacerdoti e un converso. Il convento fu soppresso nel 1652. 
La chiesa, urbana, è stata trasformata in sala parrocchiale. Rimangono solo i muri perimetrali. Il convento è stato trasformato in casa parrocchiale. 

Tiziana Marozzi