Monastero S. Rita
Cascia (PG) Italia
Ordine di Sant'Agostino (Monastero femminile)
- Roma, Tuesday, July 15, 2014 8:13 PM
- ·Segreteria
- ·Insediamenti
Introduzione
Ai tempi di Santa Rita, il Monastero era dedicato a Santa Maria Maddalena. La parte antica risale alla fine del 1200. Fu ampliato nella prima metà del 1700 con le generose offerte di Giovanni V, re del Portogallo, guarito di cancro all’occhio per intercessione della santa. L’ultimo ampliamento è avvenuto negli ultimi decenni con la costruzione del Santuario. Il Monastero di clausura è il luogo storico dove Santa Rita visse 40 anni come monaca agostiniana e dove morì, nel 1457, all’età di 76 anni. Il Monastero oggi è un luogo vivo più che mai, dove la comunità monastica agostiniana, composta da circa 40 suore, esprime la propria vita di preghiera e di consacrazione a Dio, anche attraverso un costante e quotidiano servizio al prossimo.
Per quanto riguarda il monastero agostiniano di S. Maria Maddalena di Cascia, si hanno notizie certe solo a partire dal basso Medioevo. Con la grande unione del 1256 lo stesso Capitolo pose il monastero sotto la diretta giurisdizione del nuovo Ordine Eremitano di S. Agostino. Nel primo decennio del ‘400, in questo monastero fece il suo ingresso straordinario Rita Lotti di Roccaporena, dove visse per quarant’anni fino alla sua morte, avvenuta il 22 maggio 1447. Già sul finire del secolo XV, con le offerte devolute dai devoti in onore della beata Rita, iniziarono i grandi lavori di ammodernamento del plesso religioso. Intanto la fama di Rita aveva varcato i confini della Valnerina e poi quelli dell’Umbria, tanto che nella prima metà del Cinquecento la chiesa di S. Maria Maddalena, così chiamata fin dalla sua nascita, assunse gradualmente il nuovo e definitivo titolo di «chiesa della Beata Rita». La prima documentazione che si conosce circa la nuova denominazione risale al 7 novembre 1516. L’iniziativa di intraprendere questa fase di lavori di ampliamento e consolidamento del monastero, nei primi decenni del ‘500, fu presa dalla benemerita abbadessa Gentilesca di Cola Savini da Logna di Cascia, la quale non solo gestì questa fase di lavori, ma diede un notevole impulso alla devozione verso la Beata, con il conseguente afflusso di beni. Il monastero, nonostante gli ampliamenti che man mano si effettuarono nei secoli, non divenne mai abbastanza ampio da ospitare un numero maggiore di venticinque unità, anche se le possibilità economiche di questa istituzione potevano permettere altre monacazioni. Nel 1628 Urbano VIII (1623 -1643) beatificò Rita da Cascia. Il Settecento si aprì con il terribile terremoto del 14 gennaio 1703, che distrusse totalmente Cascia e danneggiò gravemente tutta la Valnerina e parte dell’Umbria. Il sisma fece crollare, tra l’altro, quasi per intero la chiesa della B. Rita e del monastero «non rimase sana una stanza». Le monache furono costrette a rifugiarsi in baracche di legno fatte frettolosamente costruire nel loro orto. Della chiesa rimase intatta solo la cappella-oratorio dove si custodiva il corpo della Beata. Il 5 luglio 1729 il pontefice Benedetto XIII (1724 – 1730) emise la bolla di unione dell’antico monastero agostiniano di S. Lucia di Cascia a quello della B. Rita. Il 7 agosto le ventiquattro monache del monastero della B. Rita accolsero nel loro monastero le dieci coriste, cinque converse e due educande del soppresso monastero di S. Lucia. Il primo problema da risolvere dopo questa unione fu il reperire lo spazio all’interno del monastero per le nuove venute, ormai inadeguato per ospitare una comunità così numerosa. La comunità monastica pensò di utilizzare i cospicui lasciti fatti tra il 1723 e il 1750. Con l’occupazione francese, le monache il 15 giugno 1810, furono espulse dal loro monastero e solo il 10 aprile 1815 dodici professe poterono rientrare nel plesso religioso, essendo però non più poste sotto l’autorità del priore generale dell’Ordine, ma sotto l’ordinario diocesano di Spoleto. Il 22 giugno 1906 l’abbadessa Maria Giuseppina Gattarelli accolse con poco entusiasmo una giovane proveniente dalla città di Genova, Maria Fasce. Questa giovane, una volta monaca (il 12 agosto 1920), venne eletta abbadessa del monastero di S. Rita e riconfermata in tale carica per ben nove trienni fino alla sua morte, avvenuta, in concetto di santità, il 18 gennaio 1947. Sotto l’abbadessa Maria Teresa Fasce, tra 1937 e il 1947, venne innalzato il nuovo tempio a S. Rita, che era stata santificata da Leone XIII (1878 -1903) il 24 maggio 1900. La beata Fasce diede un nuovo impulso in chiave moderna alla devozione a s. Rita, soprattutto con l’edizione del Bollettino Dalle Api alle Rose, il quale tutt’oggi stampato in cinque lingue, porta il messaggio ritiano in ogni parte del mondo. La madre Maria Teresa fasce è stata beatificata da Giovanni Paolo II (1978 – 2005), il 12 ottobre 1997.
Denominazione | S. Rita |
Denominazione alla fondazione | |
Varianti | |
Tipologia | Monastero |
Categoria | |
Condizioni | |
Stato possesso | |
Monastero femminile | Sì |
Sito web | http://www.santaritadacascia.org |
infobasilica@santaritadacascia.org |
Collocazione | |
Indirizzo | |
Cap e Città | 06043 Cascia (PG) |
Diocesi | |
Nazione | Italia |
Coordinate GPS |
Datazione erezione | |
Fondazione agostiniana | No |
Ordine di fondazione | Ordine degli Eremitani di Sant'Agostino |
Circoscrizione di fondazione | |
Altro ente di fondazione | |
Datazione fondazione agostiniana | |
Datazione chiusura | |
Motivo chiusura |
Attuale presenza agostiniana | Sì |
Ordine | Ordine di Sant'Agostino |
Circoscrizione | |
Altro ente presente |
Nome riferimento | Monastero S. Rita |
Indirizzo | |
Cap e Città | 06043 Cascia (PG) |
Nazione | |
Telefono | |
Fax | |
Cellulare | |
Sito web | http://www.santaritadacascia.org |
infobasilica@santaritadacascia.org |
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Miguel Angel Orcasitas (a cura di), Passato e presente dell'Ordine di S. Agostino. La sfida con la storia - 750° Anniversario della Grande Unione dell'Ordine: 1256-2006, Eurofilm Audiovisivi, Torino 2006, CD Rom PC+DVD Video.
Denominazione | |
Denominazione alla fondazione | |
Varianti | |
Tipologia |
Ai tempi di Santa Rita, il Monastero era dedicato a Santa Maria Maddalena. La parte antica risale alla fine del 1200. Fu ampliato nella prima metà del 1700 con le generose offerte di Giovanni V, re del Portogallo, guarito di cancro all’occhio per intercessione della santa. L’ultimo ampliamento è avvenuto negli ultimi decenni con la costruzione del Santuario.
Il Monastero di clausura è il luogo storico dove Santa Rita visse 40 anni come monaca agostiniana e dove morì, nel 1457, all’età di 76 anni. Il Monastero oggi è un luogo vivo più che mai, dove la comunità monastica agostiniana, composta da circa 40 suore, esprime la propria vita di preghiera e di consacrazione a Dio, anche attraverso un costante e quotidiano servizio al prossimo.
IL POZZO, LEAPI E LAVITE
Superate le due porte di entrata, salendo, ti trovi vicino al pozzo, dove Santa Rita attingeva l’acqua per l’orto, la cucina, le pulizie.
Dalla parte opposta del pozzo, sul muro, a fianco della porta e del finestrone del refettorio, puoi notare qua e là dei piccoli fori; dentro ci abitano le api murarie. Nel 1628 Urbano VIII fece portare a Roma una di queste api per poterla osservare. Ogni anno vengono viste nel periodo primaverile mentre lavorano, entrano ed escono da questi fori nel muro.
La vite rigogliosa che qui puoi ammirare produce ogni anno uva bianca. È diventata il simbolo dell’obbedienza di Santa Rita e della sua fecondità spirituale.
IL CORO ANTICO
Entrando dalla porta destra, sotto la vite, accedi al Coro antico, dove Santa Rita fece la vestizione come monaca agostiniana. Qui lei pregava di giorno e di notte insieme alla sua comunità, meditando nel cuore ciò che si dice con la voce, come prescrive la Regola di Sant’Agostino.
Il Coro antico è anche il luogo legato all’entrata di Rita, ormai rimasta vedova, in monastero. Solo dopo molti ostacoli, la donna riuscì ad essere accettata come monaca dalla Badessa di allora.
Il Coro è abbellito dagli affreschi che vedi in alto (risalgono al 1595). Sulle pareti, sono appese le “sette tele”: sette dipinti, tutti con la stessa cornice, che un ignoto pittore locale di formazione manierista realizzò subito dopo la beatificazione di Rita da parte del Papa Urbano VIII, nel 1628.
Rappresentano sette tappe della vita di Rita: “Il prodigio delle api”; “L’apparizione dei santi Giovanni Battista, Nicola da Tolentino, Agostino”; “Il ritrovamento nel coro”; “La vestizione religiosa”; “Il ricevimento della stigmata”; “La sparizione della stigmata”; “La ricomparsa della stigmata”.
Il grande quadro al centro, dietro l’altare, raffigura la santa in piedi mentre riceve la stigmata; è di autore ignoto del 1700.
Salendo le scale all’esterno, appena entri nella parte superiore del monastero, hai davanti una bella immagine di Santa Rita, dipinta a olio su tegola da San Consadori nel 1980. Ai lati,due tele di pittore ignoto della prima metà del 1600: “la beata Rita libera la indemoniata”, “la beata Rita soccorre i naufraghi”.
Percorri poi lo stretto corridoio delle celle monastiche; dal numero delle porte si comprende che nel 1400 le monache erano 10-12. Continuando, ti troverai fuori, davanti all’edificio dell’Alveare di Santa Rita, la casa d’accoglienza che ospita bambine e bambine in difficoltà.
L'ORATORIO DEL CROCIFISSO
Attraverso la scalinata si arriva nell'oratorio del crocifisso, dove la tradizione afferma che Santa Rita ricevette la stigmata sulla fronte. Al tempo di Napoleone, tra il 1810 ed il 1815, purtroppo, fu adibito a focolare. L'affresco è difficilmente databile perché è stato molto rovinato dall'umidità. La statua in marmo di A. Biggi è del 1957. Questo luogo e questa immagine, ricordano il fatto centrale della vita e della spiritualità ritiana.
È il 1432. Un giorno, mentre è assorta in preghiera, forse memore della predicazione sulla passione di Cristo fatta da fra Giacomo della Marca nel 1425 presso la chiesa di Santa Maria e, ancor più, formata alla spiritualità agostiniana incentrata sull’amore verso l’umanità di Cristo (che trova la sua più alta espressione nella passione), chiede al Signore di renderla partecipe alle sue sofferenze. Non sappiamo cos’è accaduto in quel momento, una luce, un lampo, una spina staccatasi dal Crocifisso le si conficca nella fronte e nell’anima.
ANELLO NUZIALE E ROSARIO
Riscendendo nell’antico monastero, puoi vedere l’interno della cella che al tempo di Santa Rita veniva usata per la correzione di eventuali mancanze gravi contro il Vangelo e la Regola di Sant’Agostino.
Dentro questa cella, ci sono l'anello nuziale e la corona del rosario di Rita, molto simile per numero di grani a quelle che vediamo dipinte nelle mani della santa nell’iconografia più antica. Questa corona sottolinea un altro elemento importante della spiritualità ritiana, il suo amore filiale verso la Madre di Dio e l’imitazione delle sue virtù.
URNA DORATA
L’urna dorata, in stile barocco, che si nota in fondo alla cella dove si trova l’anello nuziale, fu donata dai nobili Malaspina di Ascoli Piceno; contenne il corpo di Santa Rita dal 1745 al 1930 ed è stata trasportata qui dall’antica chiesa del monastero; la corona e l’abito monastico, che si vedono all’interno dell’urna, nel passato erano sul corpo della santa.
L’ambiente accanto alla cella dove si trova l’anello nuziale è la povera e angusta cella di Santa Rita, con dentro il sarcofago in legno che ha contenuto il corpo della santa alla suamorte, custodendolo fino al 1745.
CELLA DI SANTA RITA
Accanto alla cella dell’anello nuziale, si trova la povera e angusta cella di Santa Rita, con dentro il sarcofago in legno, detto “cassa solenne”, che ha contenuto il corpo della santa nel 1457 ca., custodendolo fino al 1745.
In questa cella la santa riposava, dedicando spesso parte della notte alla preghiera e alla contemplazione della Passione di Gesù. I documenti più antichi, come gli ex voto esaminati uno per uno nel processo di beatificazione del 1626, ci permettono di affermare che Ritaprendeva molto sul serio l’invito evangelico alla vigilanza: portava il cilicio giorno e notte, digiunava frequentemente a pane e acqua, donandosi tutta al Signore. Negli ultimi anni, molto malata e non potendo più camminare, rimaneva quasi sempre in questa cella, illuminata solo da una piccola finestra, in alto a sinistra.
La CASSA SOLENNE risale agli anni 1457-1462. Secondo alcune testimonianze processuali del 1626, molto attendibili, è stata realizzata (con ogni probabilità, commissionata) da Mastro Cecco Barbari da Cascia che, storpio alle mani, viene guarito visitando il corpo della santa. Questo sarcofago ha contenuto il corpo di Rita dal 1457-62 al 1745. Al suo interno, è riposta la “cassa umile”, la prima bara di Rita. Per saperne di più, leggi anche i primi miracoli di Santa Rita.
I dipinti a tempera su legno sono attribuiti a Paolo da Visso. Al centro del sarcofago sta il Cristo in piedi dentro il sepolcro con la corona di spine sulla testa e le ferite al costato e alle mani ben visibili. È raffigurato nel momento della Pasqua, del passaggio dalla morte alla vita. Questo Gesù umiliato e glorificato è il centro della spiritualità della nostra santa.
La cassa solenne rappresenta il primo documento rilevante su Santa Rita: questa è la più antica raffigurazione della santa che, verosimilmente, ci offre i suoi tratti somatici. Il sarcofago, inoltre, rivela la storicità della stigmata, offrendo una valida testimonianza delculto nato a pochi anni dalla morte della Santa.
Sulla tavola frontale, divisa in tre scomparti, si vedono Santa Maria Maddalena, Cristo eSanta Rita, vestita da monaca agostiniana, che irradia dal capo raggi di luce; ha sulla fronte la piaga, nella mano destra una grande spina e in quella sinistra una piccola corona del rosario. Il viso, espressivo e gioioso, ispira intelligenza e forza.
Sul coperchio spiovente c’è Rita distesa serenamente sul letto di morte e, accanto alla testa, si legge un epitaffio (una lode che esalta le virtù della santa).
Traduzione dell’epitaffio solenne del 1457:
O beata, quanto ci hai illuminato
con la tua costanza e virtù davanti alla Croce
dove hai ricevuto da Cristo Re grandi sofferenze,
dopo aver abbandonato la triste vita mondana (di Roccaporena)
per andare a gioire (per osannare)
delle tue infermità morali
e sconosciute ferite della tua anima
davanti a quelle ben più atroci di Cristo!
Che merito così grande ti sei guadagnata!
Quale grande fede, superiore a quella di ogni altra donna,
ti è stata concessa !
Tanto che tu hai ricevuto da Cristo una delle sue spine,
non come ricompensa terrena
perché non hai mai pensato di aver altro tesoro
superiore a Cristo al quale ti sei interamente donata;
tuttavia non ti parve abbastanza
per considerarti ben purificata,
tanto che l’hai portata sulla tua fronte per quindici anni
prima di salire in cielo. 1457.
All’interno del coperchio, è dipinta l’anima della Santa portata in cielo da due angeli. Secondo i giudici del 1626, la cassa era molto rovinata. Solo col restauro del 1925 è stato possibile leggere correttamente l’epitaffio e distinguere chiaramente le immagini.
Sulla parete di fondo, dopo il 1920, è stata collocata la tela di C. G. Bertelli. La tela raffigura Santa Rita morente, assistita dall’angelo custode, che le indica Gesù e Maria; sul lato destro del quadro, ci sono San Nicola da Tolentino, Sant’Agostino e San Giovanni Battista.
Sopra l’altare, nei cassetti, sono conservate alcune reliquie: la tonaca di Santa Rita, il velo, le fasce usate per tergere la piaga sulla fronte, un cuscino. Furono poste qui e sigillate nel 1745.
Il soffitto e la porta, dipinti da Giuseppe Congionti, come l’altare in legno, sono stati fatti nel 1745, trasformando la cella in una cappella. In quell’anno fu posta qui la cassa solenne.
Nell’ambiente che circonda la cella di Santa Rita, puoi ammirare quattro tele di un pittore ignoto della prima metà del ‘600. Partendo da vicino la porta: La beata Rita riceve in inverno da una cugina una rosa e due fichi, L’omaggio della folla al corpo della beata Rita mentre un angelo suona le campane, Il Papa Urbano VIII approva il culto della beata Rita, Un agostiniano unge con olio i malati vicino alla tomba della beata Rita.
IL ROSETO
Uscendo dalla porta vicino alla cella di Santa Rita, trovi il roseto di Santa Rita, creato in ricordo del miracolo della rosa e dei fichi.
Alla fine dei suoi giorni, malata e costretta a letto, Rita chiede a una sua cugina venuta in vista da Roccaporena di portarle due fichi e una rosa dall’orto della casa paterna. Ma siamo in inverno e la cugina l’asseconda, pensandola nel delirio della malattia. Tornata a casa, la giovane parente trova in mezzo alla neve dell’orto una rosa e due fichi e, stupefatta, subito torna a Cascia per portarli a Rita.
La rosa è il simbolo ritiano per eccellenza: come la rosa, Rita ha saputo fiorire nonostante le spine che la vita le ha riservato, donando il buon profumo di Cristo e sciogliendo il gelido inverno di tanti cuori. I due fichi, invece, probabilmente rappresentano i suoi figli e la consapevolezza che, malgrado tutto, si sono salvati.
Il fiore simbolo di Santa Rita caratterizza anche il nome della rivista del monastero Dalle Api alle Rose e la tradizionale benedizione delle rose, che avviene ogni anno dopo la Messa Pontificale del 22 maggio, festa della Santa, sul sagrato della Basilica.
Il roseto che vedi oggi in Monastero è stato piantato nel XIX secolo. L’orto del miracolo si trova a Roccaporena, la città natale di Rita, a circa 5 km da Cascia. Lì troverai anche: la casa in cui Rita abitò con il marito e i figli, trasformata in cappella nel 1629; la chiesa di San Montano, dove celebrò le nozze e dove furono sepolti i suoi familiari; lo Scoglio dove Rita andava a pregare; il Santuario del 1948, che conserva un manto di pelle della santa.
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«Grandi pellegrinaggi! Sacerdoti e fedeli tutti i giorni! Qui è sempre festa». Parlava così, laBeata Madre Teresa Fasce, già nel 1926, durante la costruzione del “nuovo tempio”, ovvero l’attuale Basilica di Santa Rita a Cascia.
Costruita con le offerte dei benefattori, anche le più piccole, la Basilica di Santa Rita è un progetto che la Beata Madre Fasce vuole fortemente allo scopo di accogliere i devoti nella città della Santa dei casi impossibili. Lei lo sa, quanto può essere amata questa Santa, e i pellegrini accorrono a milioni.
Se Cascia, oggi, è un cuore pulsante di spiritualità, la ragione sta nelle iniziative intraprese e realizzate dalla “Madre”. Santuario, Alveare, Casa del pellegrino (oggi: Hotel delle Rose) Seminario, Casa di Esercizi Spirituali, Ospedale, non sono altro che il frutto di un unico albero coltivato da Maria Teresa Fasce.
All’inizio degli anni Venti, durante il pontificato di Benedetto XV, Madre Fasce non esita a domandare aiuti economici allo stesso Papa, il quale accoglie con entusiasmo caritativo l’umile richiesta, inviando una generosa offerta.
Una cosa è certa, i problemi da superare sono tanti, troppi, sin dal principio.
Madre Fasce non dispone di capitali, né grandi né piccoli, eppure la sua impresa giungerà a termine. Là, per il momento, c’è solo una piccola chiesa dedicata a Santa Rita.
Ma come può Madre Fasce, dall’interno della clausura, contattare persone disposte a intraprendere una “rivoluzione” in terra casciana? Si avvale innanzitutto dell’amicizia di un uomo, l’agostiniano Padre Possidio Marabottini, rettore della chiesa; poi fa propaganda e utilizza i pochi strumenti di cui dispone.
Madre Maria Teresa si serve di un periodico: lo chiama Dalle Api alle Rose. La sua diffusione è in origine molto rudimentale, ma gli scopo prefissi vengono ugualmente raggiunti.
In quel tempo i pellegrinaggi a Cascia erano avvenimenti veri e propri. Dalle Api alle Rose capovolge la situazione, le visite all’urna di Santa Rita diventano più assidue e frequenti: i pellegrini, di conseguenza, iniziano a riempire i “bussolotti” delle offerte.
Le mura (della vecchia chiesetta) sono diventate strette e Madre Fasce ne parla con padre Marabottini: insieme discutono sulla prima tappa, l’ampliamento della chiesetta. Le offerte dei fedeli continuano ad arrivare grazie a Dalle Api alle Rose, sulle cui pagine, era stata lanciata l’idea di un nuovo Tempio.
Padre Martabottini decide così di incaricare l’architetto Armando Brasini di progettare il Tempio.
(È il 1931) il problema dei costi è sempre più grave, dopo quattro anni di oboli, i fedeli attendono l’avvio dei lavori, in più la cifra entrata nelle casse del Monastero è inferiore alle aspettative. Di qui la decisione di ridimensionare il progetto.
(Nonostante ciò) il tetto finanziario non è sufficiente a coprire le spese richieste dall’architetto e le monache chiedono di essere liberate dall’impegno.
La necessità più urgente è quella di costruire un nuovo altare che, temporaneamente, risolva il problema di rendere più accessibile ai pellegrini l’urna di Santa Rita, ormai centro di attenzione per tanti fedeli. L’altare è “pensato” dalla “Madre”, da padre Marabottini e da padre Agostino Ruelli; viene scolpito da Domenico Mastroianni che nel marmo di Siena staglia un bassorilievo in bronzo, raffigurante la carità della taumaturga.
L’impresa del Tempio, di un grande Tempio, sembrerebbe idea pazza per un piccolo e povero paese come quello di Cascia. ma ciò che è impossibile all’uomo è possibile a Dio. Madre Fasce è sicura di sé, perché è sicura della Provvidenza. Provvidenza che arriva in buona misura (non sufficiente però per i progetti Brasini, troppo costosi) grazie ai contributi dei devoti: la causa è giusta, Santa rita deve essere presentata degnamente al mondo perché sia conosciuta, pregata, glorificata.
(Le offerte non sono straordinarie ). Qualcuno le chiede come farà a edificare un Tempio con così poco e lei, cosciente di ciò che sta affrontando, afferma che con queste piccole cifre si costruirà il Santuario.
Non è lecito licenziare il tecnico ufficiale di Benito Mussolini (Brasini), potrebbero subentrare delle pericolose ritorsioni. Dire no al Duce non si può. Allora la Madre scrive a don Luigi Orione (beatificato da Giovanni Paolo II nel 1980)… e il beato le offre subito una risposta concreta: «Si metta nelle mani del Papa come uno straccio».
L’unica soluzione è trovare un personaggio di potere pari a quello del dittatore: il Papa è la persona giusta per il momento giusto… e, non dimentichiamolo, in Vaticano già si conosce la figura di Santa Rita.
Pio XI, nel 1934, offre il suo tecnico, l’ingegnere Monsignor Maria Spirito Chiapetta, presidente della Pontificia Commissione per l’arte sacra in Italia.
Il progetto originario di Mons. Spirito Chiapetta, viene in seguito modificato da G. Calori e G. Martinenghi. Il 20 giugno 1937 il cardinale Enrico Gasparri pone la prima pietra. Solo dieci anni dopo arriva la consacrazione a chiesa, è il 18 maggio 1947. L’erezione a Basilica ha luogo il 1° agosto del 1955, ad opera di Pio XII. La storia della costruzione della Basilica di Santa Rita è tratta dal libro di Cristina Siccardi, “Maria Teresa. Alla conquista di Cascia”, Gribaudo Editore, 1993.
ESTERNO
Incastonata sul colle Sant’Agostino, tutta ricoperta del bianco candido del marmo travertino di Tivoli, sta la Basilica Santa Rita. Sulla facciata in alto, sopra la croce sorretta da sei angeli, troneggia scolpito in lettere latine l’anno in cui vengono ultimati i lavori: A.D. MCMXLIII (1943).
Sull’architrave sopra la porta d’ingresso puoi leggere il saluto inciso in onore della santa:Salve Rita vas amoris, sponsa Christi dolorosa / tu de spinis Salvatoris pulchra nasceris ut rosa (Salve Rita, vaso d’amore, sposa di Cristo dolorosa / tu, dalle spine del Salvatore, bella nasci come una rosa).
Ad incorniciare il portale d’ingresso, dieci bassorilievi realizzati dalle abili mani di Eros Pellini, immortalano gli episodi significativi della vita di Rita: (guardando dall’alto a sinistra) Rita con le api; Rita insegna ai figli a pregare; morte del marito; ingresso al monastero; prova dell’obbedienza; Rita suora dona il pane ai poveri; Rita riceve la stigmata; il pellegrinaggio a Roma; le rose e i fichi in inverno; il transito.
Sulla sinistra della facciata, dietro il cancello in bronzo, puoi scorgere il portale dell’antica chiesa della Beata Rita (1577), dove nel passato era venerato il corpo della santa.
INTERNO
Lungo le pareti, ad altezza di uomo, in pannelli di marmo bianco, è la bellissima via crucis del Pellini.
Il grande pulpito in noce, ben visibile è dello scultore Emilio Monti, mentre al centro della basilica per terra sul pavimento è lo stemma di Pio XII in marmi policromi. Tutto l’insieme da un'impressione di vivacità; è una chiesa piena di luce di colori, ma con un alone di misticismo.
ZONA CENTRALE
La cupola con la colomba, simbolo dello Spirito Santo, e la gloria dei santi agostiniani è del fiorentino Luigi Montanarini.
La composizione è continua e va dalla lanterna, alle vele, ai piloni; copre una superficie di circa 300 metri quadrati ed è dipinta a vero fresco. Nelle vele in mezzo a gruppi di angeli dalle vesti variopinte, si notano Santa Rita, Sant'Agostino, Santa Chiara da Montefalco, San Nicola da Tolentino, il Beato Simone da Cascia, San Giovanni da Sahagùn, la Beata Giuliana da Cornillòn, San Tommaso da Villanova.
Sui piloni il Montanarini ha dipinto, sempre in stile neobizantino, con colori vivaci e figure allungate, il transito di Santa Rita, la canonizzazione, le opere ritiane, l'elevazione del Santuario a Basilica.
ABSIDE PRINCIPALE
Il presbiterio è stato rinnovato nel 1981 su disegno degli architetti R. Srimieri, F. Genco, M. Caproni. I gradini e il pavimento sono in marmo rosa aurora. Qui lo scultore Giacomo Manzùha realizzato un capolavoro, un vero inno dell'arte alla santità di Rita.
Il tabernacolo, a forma ovale con sopra spighe di grano e tralcio di vite e al centro una rosa, simboleggia la vita e la pace che è l'Eucarestia, in esso contenuta, il Cristo Signore.
I pannelli laterali sono rami di ulivo con colombe "vero simbolo della santa: la pace dello spirito", come dichiarato dallo stesso artista.
La mensa dell'altare, una lastra di cristallo, è appoggiata sui rami ritorti di una vite, fusi in un'unica colata di bronzo dorato a mercurio.
Lo splendido crocifisso, tutto sfigurato dalla sofferenza pende da una croce a forma di palme di ulivo per esprimere che è da lui che proviene la pace in tutte le sue dimensioni: verso l'alto, verso i fratelli, verso il creato.
Il ramoscello d'ulivo, dalle evidenti connotazioni bibliche, è appoggiato dal Manzù anche sull'ambone e sulla lampada eucaristica. Queste ammirevoli sculture in bronzo dorato celebrano molto bene la figura umile e semplice di Santa Rita, costruttrice di pace e di amore con il perdono e il dono di sé.
Gli affreschi dell'abside principale sono opera di Luigi Filocamo, che nel catino ha raffigurato all'aperto con cielo azzurro, l'Ultima Cena. La prospettiva dà al visitatore la sensazione di essere atteso e invitato al convito.
Nell'arco trionfale sono rappresentati il sacrificio di Isacco, con Abramo che brandisce il coltello, e la Pasqua ebraica, profezie veterotestamentarie dell’Eucarestia.
Nella fascia del matroneo, partendo da sinistra beati e santi agostiniani: Federico da Ratisbona (Germania + 1329) mentre riceve la comunione da un angelo, Giuliana da Cornillòn (Belgio + 1259) mentre attraversa le fiamme con un calice in mano per dimostrare la presenza reale di Cristo nell'Eucarestia, Grazia da Cattaro (Croazia + 1508), Tommaso da Villanova (Spagna + 1555) Nicola da Tolentino (Italia + 1305) Limbania da Cipro (secolo XII), Agostino (Algeria + 430) con ai piedi un'aquila simbolo di grandezza e di elevatezza di pensiero, Veronica da Binasco (Italia + 1497), Giovanni da Sahagùn (Spagna + 1479), Alfonso da Orozco (Spagna + 1591), Santa da Cori (Latina, Italia + 1392), Rita da Cascia (+ 1457), Simone Fidati da Cascia (Italia + 1348) mentre assolve il sacerdote del miracolo eucaristico avvenuto nel 1330, Maria Teresa Fasce da Torriglia (Genova, Italia + 1947). Le vetrate raffiguranti vari miracoli eucaristici sono di Armando Marrocco.
ABSIDE D'INGRESSO
L'affresco dell'adorazione della croce è del bresciano Silvio Consadori, che lo terminò nel 1956. Sotto di esso vi è una grande scritta in latino: "Si exaltatus fuero a terra omnia traham ad me ipsum”. Quando sarò innalzato da terra attirerò a me ogni creatura.
Tutti i personaggi in processione, quasi in una liturgia da venerdì santo, si recano a rendere omaggio alla croce, strumento della nostra salvezza. A sinistra della grande croce, per chi osserva, l'autoritratto dell'artista con manto verde e libro rosso in mano.
Nell'arco trionfale sono dipinti: la preghiera di Gesù nel Getsemani con gli apostoli addormentati e il ritorno delle donne dal Calvario; il dolore dei personaggi è riprodotto con grande realismo. Nella fascia del matroneo sono raffigurati dal Consadori episodi della vita di Gesù; partendo da sinistra: fuga in Egitto, a 12 anni nel tempio, battesimo al Giordano, flagellazione alla colonna, caduta sotto la croce alla presenza della madre. Molto pregevole qui è la precisione del disegno e la classicità delle forme.
Gli altari laterali di Santa Lucia e di San Giuseppe con il bambino Gesù, sono rispettivamente del Consadori e di Vincenzi Cesarino, che ha dipinto anche il Sant'Agostino della volta della sacrestia. Le vetrate sono di Armando Marrocco.
ABSIDE DELL'ASSUNTA
L'affresco del catino raffigura l'assunzione di Maria ed è stato realizzato dall'aretinoGisberto Ceracchini, poco dopo la proclamazione di tale dogma di fede da parte di Pio XII nel 1950. In alto è la vergine che ascende al cielo circondata da angeli in festa, che agitano dei gigli.
Gli apostoli intorno alla tomba vuota guardano Maria, che si eleva da terra, colmi di stupore. Ai lati la città di Cascia e lo scoglio di Roccaporena.
L'armonia e la vivacità dei colori, come il movimento dei personaggi, rendono l'opera molto bella, dando a chi guarda una sensazione di festa e di riposo. Nell'arco trionfale, la Vergine che riceve la comunione prima del transito e la Deposizione di Gesù dalla croce nelle braccia della madre.
Nella fascia del matroneo, tra gruppi di angeli, sono dipinti momenti della vita di Maria: nascita, annunciazione, visitazione, natività di Gesù, presentazione al tempio di Gesù. Lapala sull'altare raffigura la Madonna della Consolazione, seduta in trono con il bambino sulle ginocchia e ai lati Sant'Agostino e Santa Monica che ricevono la cintura, simbolo della famiglia agostiniana.
È opera delle ticinese Giuseppe Valerio Egger ed è datata 1947.
Il disegno delle vetrate di questa parte della Basilica, ricche di colore, è di Silvio Consadori; queste splendide vetrate raffigurano la vita della Madonna, dalla sua presentazione al tempio alla Pentecoste.
ABSIDE DI SANTA RITA
L'artista romano Ferruccio Ferrazzi immagina che sopra i tetti di Cascia si apra una grandiosa visione, contemplata da un pastore a guardia del gregge (a sinistra di chi osserva). Al centro della visione è il Cristo giudice, seduto in trono con alle spalle una croce luminosa; ai suoi piedi Santa Rita poggia dolcemente la testa sulle ginocchia del Salvatore.
Umile e fiduciosa, intercede grazia e misericordia per i suoi devoti. Tutto intorno, rotea una schiera di angeli in un bel gioco di luci e di colori. Sulla destra di chi osserva, lo scoglio di Roccaporena con Rita bambina tra le nubi, dono del cielo alla nostra terra.
Nell'arco trionfale sono raffigurati due episodi ritiani: Rita guarisce dalla stigmata sulla fronte, Rita pellegrina Roma per l'anno santo 1450 ai piedi del Papa Niccolò V. Nella fascia del matroneo sono le virtù teologali e cardinali.
A destra, addossati al muro, piccolo quadro della Madonna del Buon Consiglio (secolo XVIII) e la pergamena del decreto con cui Pio XII elevò la Chiesa a basilica il primo agosto 1955.
CAPPELLA DI SANTA RITA
Dietro la grande grata in ferro battuto si vede la cappella di Santa Rita, in stile neobizantino.
L'urna del 1930 contiene il corpo di Santa Rita, qui collocato il 18 maggio 1947. Sul basamento in marmo, Eros Pellini ha scolpito Santa Rita dispensatrice di grazie; lalampada votiva in bronzo, dono del comune di Cascia nel 1981, è opera del peruginoArtemio Giovagnoni. Sui quattro lati esterni dell'arca in cui è contenuta l'urna, sono rappresentate da quattro angeli le virtù cardinali: temperanza, fortezza, giustizia,prudenza (sono visibili da fuori la fortezza, Angelo con scudo e spada, e la temperanza, Angelo con brocca e calice). Sull'arco è leggibile il latino "Posuisti in capite eius coronam" (Ha il posto sul suo capo la corona).
La cappella, con i fregi, le colonne del matroneo, gli ex voto nelle nicchie, le lampade che pendono dagli archi, la luce soffusa che penetra dall'alto, da una sensazione di misticismo e di preziosità.
Lungo le pareti si ammirano sette pregevoli tele di Giovan Battista Galizzi da Bergamo. Partendo da sinistra: nascita di Santa Rita e le api, Rita e i figli davanti al crocifisso, ingresso al monastero, prova dell'obbedienza, stigmatizzazione, pellegrinaggio a Roma, transito di Santa Rita.
LA CHIESA DELLA BEATA RITA
Sulla sinistra, attraverso una porta stretta si trova l'ingresso alla chiesa della beata Rita; non sempre visitabile perché utilizzata per la preghiera delle claustrali. È chiamata così la chiesa in cui è stato venerato il corpo della Santa dal 1577 al 1947.
Venne gravemente danneggiata dal terremoto del 1703 tanto che il corpo di Santa Rita fu tenuto per quattro anni in una baracca di legno nell'orto del monastero. È stata demolita per far posto al nuovo santuario. Di questa chiesa della beata Rita rimangono il portale e alcuni altari. Il portale visibile all'esterno porta la scritta: Per pia devozione verso la beata Rita dell'ordine degli eremitani di Sant'Agostino eretta A.D. 1577.
L'interno, ristrutturato nel 1994 non sempre è visitabile. In fondo, la decorazione in marmo, che incornicia la grata ove riposava il corpo di Santa Rita, fu eseguita nel 1629 a spese del cardinale Fausto Poli. La tela con Santa Rita che riceve la stigmata è di Tito Troia (1889).
A destra, c'è l'addolorata con in braccio il Cristo morto, tela di Salvi Castellucci di Arezzo (1625). Nell'altare di sinistra sta la tela di Virgilio Nucci (1610 circa): il crocifisso è in legno e gli altri personaggi sono dipinti. Essi sono: Maria Maddalena, la madonna e Giovanni Evangelista da un lato e Rita, Caterina di Alessandria di Egitto e Agostino dall'altro. La bella tela della resurrezione di Cristo, posta in alto sopra il tabernacolo, è del pittoreBenedetto Nucci ed è datata 1588.
La vetrata sotto l'altare, come quelle a fianco del tabernacolo con l'Ascensione e la discesa dello Spirito Santo sono di Armando Marrocco (1994).
LA BASILICA INFERIORE
Nelle fondamenta della Basilica, fin dal 1947, viene ricavata una cripta poi completamente trasformata su progetto di R. Scrimieri, F. Genco, M. Caproni e inaugurata il 19 maggio 1988.
L’insieme è molto armonico; la semplicità favorisce il raccoglimento e la preghiera. In fondo al presbiterio, sta l’immagine del Sacro Cuore di Gesù, una bella tela di Luigi Filocamo.
Sotto l’altare puoi notare il paliotto (pannello decorativo) in marmo con l’Ultima Cena di E. Pellini, che ha scolpito anche le statue che ornano le pareti tutt’intorno. La croce astile (croce su un’asta) con Crocefisso, gli scranni (le sedute) per i celebranti, l’ambone (dove si leggono le letture durante la messa) l’altare, in marmi policromi, sono di Armando Marrocco.
Le sue pregevoli vetrate con i santi agostiniani umbri, alternati da paesaggi locali, danno all’insieme un tocco di colore e di luce.
Nel transetto destro il Marrocco con la consueta abilità, realizza la cappella del Miracolo Eucaristico e del Beato Simone Fidati, posti qui dall’arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Antonio Ambrosiano, il 19 maggio 1988. Sotto i pilastri, c’è l’accesso alla Sala degli ex-voto, visitabile su richiesta. Nel transetto sinistro, puoi ammirare la tela raffigurante Santa Maria Maddalena in pianto di Cesarino Vincenzi.
Qui si trova la tomba della Serva di Dio, la Beata Madre Teresa Fasce. Nata a Torriglia (in provincia di Genova) nel 1881 e morta a Cascia il 18 gennaio 1947, Madre Fasce dedica la sua vita a far conoscere Santa Rita, fondando la rivista Dalle Api alle Rose e attraverso opere concrete di carità cristiana come l’Alveare Santa Rita. Lo stesso Santuario è una sua ideazione. La sua festa è celebrata il 12 ottobre.
IL MIRACOLO EUCARISTICO
Il miracolo eucaristico è custodito dentro il tabernacolo di pietra e cristallo, con ai lati due pannelli in marmo che raffigurano le due parti di un libro aperto. Nell'anno 1330 a Siena un sacerdote chiamato a portare la santa comunione a un malato pose l'ostia nel breviario. A casa dell'infermo vide che l'ostia era diventata sangue. Andò a confessare l'accaduto al beato Simone, che portò la reliquia a Cascia.
Nel 1389 il Papa Bonifacio IX confermò l'autenticità del miracolo. Il frammento di carta pergamenaceo misura mm. 52 x 44. Guardando in controluce si nota che le macchie di sangue hanno formato il profilo di un volto umano.
Nel sarcofago di pietra, finemente sbozzato, sono collocati i resti del beato Simone Fidati. Nato a Cascia nel 1285 circa, da giovane abbandonò la vita agiata entrando nell'ordine di Sant'Agostino. Ordinato sacerdote, fu grande predicatore e guida spirituale; scrittore in latino e in italiano ci ha lasciato preziosi scritti di teologia e spiritualità. Morì a Roma il 2 febbraio 1348; la sua festa è celebrata il 16 febbraio.
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