I° CAPITOLO DI TOLENTINO - CLXXIII° DELLA CONGREGATIONE

 

I° CAPITOLO DI TOLENTINO

CLXXIII° DELLA CONGREGATIONE

[Pag. 478] Ad honore delle Sante Reliquie del gloriosissimo S. Nicola di Tolentino, et per incontrar il genio dell'Eminentissimo Cardinale Protettore, nel Monastero di Tolentino furno i Padri al Capitolo Generale convocati. Deputò il Pontefice a questo Capitolo Presidente lo stesso Cardinale con facoltà di soddelegare, che però in suo nome Papirio Silvestri Vescovo di Tolentino, et Macerata v'intravenne, et con esso il Presidente nostro Carlo d'Imola. Al General Vicariato, et la cura del deffinire restò a PP. Paolo Camillo di Lodi, Nicola d'Avigliana, Clemente di Viadana, et Giovanni Battista di Pavia appoggiata. Compirno il Deffinitorio il Vicario Generale Commi, et tre de passati Visitori, qualhor il primo d'essi tenne il posto supremo, et in sua vece altro Padre fu surrogato. In nuovi Visitatori eletti sortirno Francesco di Manegna, o Pontremoli, Agostino Maria di Savona, Angelo di Pontevico, et Bartolomeo di Carignano. Compagno Carlo d'Imola, e Procurator Generale Giovanni Battista di Pavia, che poi l'anno 1647, estinto, aprì la porta al P. Angelo Maria di Lodi per sottoentrar nella carica.

CLXXVIII° VICARIO GENERALE

CARLO DI CREMONA

[Pag. 479] Produsse la nobil fameglia Terrisenghi di Cremona l'anno 1595, questo più nobil parto della gloria, che preso l'habito sagro Agostiniano l'anno 1611, 24 Maggio nella patria sua, prese insieme con la spada de studij a trafigger l'otio, et con l'essercitio delle lettere a conculcare l'ingordigia del tempo. Nel conquisto delle scienze pose l'ali[Pag. 480] all'intelletto suo, tanta fu la velocità con che se ne rese padrone, indi posto sopra la cathedra lettorale, seppe con sì bel modo, e dolci maniere communicar a discepoli l'acquistato tesoro, ch'ogn'uno quantunque povero d'intellettuali talenti, dovitioso, et opulente nel saper ben presto divenne, non insegnando Carlo, che per produr a se stesso allori trionfali, et alla sua Congregatione virtuosi allievi. In ogni genere d'humana letteratura, gionse il Terrisenghi all'Erculee Colonne, onde o di poetica si discoresse, o di rettorica si ragionasse, o s'entrasse nell'historie, o di Politica si favellasse, o si portasser filosofiche difficoltadi in campo, era Carlo l'Oracolo, ch'ogni dubbio scioglieva, et ogni desiderio appagava; e molto più di sagre arti, et divine facoltadi trattandosi, che come cibi al suo gusto, et palato proportionati, così dottamente ne sminuzzava gl'arcani, che di divino latte allevato sembrava, et di celeste pane nodrito. Fu del pergamo, et della cathedra ugualmente amadore; ma ne religiosi ragionamenti, sagre lettioni, accademici discorsi, et panegiriche orationi lattine, et volgari toccò il sommo dell'eccellenza, perciò molte volte in simili fontioni adoprato, et con piena sodisfattione di chi l'udiva di mille lodi recinto. S'affaticò con la penna per arricchire co'suoi elaborati inchiostri le Biblioteche, sendosi dopo la morte sua fra suoi manuscritti alcune compositioni già per la stampa disposte ritrovato, et sono fra l'altre:

Quaestiones de Sanctissimo Eucharistiae Sacramento

Historiarum compendia Tomi quator.

A tanto sapere così amabili, anzi adorabili costumi congionse, ch'un aggregato sembrava delle più care doti potessero un cuore ivaghire. Non alloggiava entro il suo seno fasto, superbia, o ambitione; non dominava i suoi affetti avaritia, interesse, o cupidigia. Non trovava nel suo cuore l'odio, l'invidia, o la malignitade ricetto. Non porgeva alla fintione doppiezza, o simulatione nel suo petto ricovro, ma tutto modesto, et humile, tutto splendido, et generoso, tutto benigno, et affabile, tutto sincero, et ingenuo obligava ogn'uno a sviscerarli [Pag. 481] in ossequente tributo i proprij affetti, et venerar nel Terrisenghi l'Idea non meno dell'Humanità, che il Padre delle virtù. Chi non lo pratticò, o conobbe, mal può persuadersi, ch'in un solo quelle qualità tutte si raccogliessero, che per constituire, senz'hiperbole, non uno ma più terreni Numi eran sufficienti; e chi n'hebbe l'esperienza, per quanto in lode di sue egregie doti, sappi dire, mai arriverà alla centesima parte di quello, che per degnamente celebrarle, si potrebbe dire. L'interesse in particolare con sì forte, et eroico cuore sotto i piedi si pose, che anco quelle cose, fosser dinari o altro, che di ragione, et consuetudine erano a lui devolute, con magnanima mano a' più poveri, et bisognosi Monasteri distribuiva, come in un opulente spoglio di Bologna, con universal stupore di tutti, in tempo che la Congregatione reggeva, si vidde pratticare. Con sempre giocondo, et lieto sembiante, con sempre sovavi, et amene parole, con sempre affabili, et cortesi maniere, chi con lui discorreva felicitava, perciò in Patria venerato, da suoi religiosi adorato, et della Congregatione tutta generalmente amato, et riverito.

Fra gl'Accademici Animosi di Cremona cento volte animoso comparve per farsi con la spada della lingua l'adito alla gloria. Entrò nelle consulte del Sant'Officio preconizato fra migliori, per non dir il primo honorassero quel sagro consesso. Resse in Congregationi varij de più conspicui Monasteri Cremona, Ferrara, et Bologna; fu Visitatore, Deffinitore, Compagno, et poi nel Capitolo di Tolentino dell'anno 1646, dal pieno concorso de votanti hebbe l'honore del publico comando creato Vicario Generale. Brevi fur i giorni di così degno, et amabile Prelato, che l'anno non potè terminare colto dalla morte, ch'in mezzo del suo glorioso camino i passi gl'arrestò. Verso il fine di Quaresima dell'anno seguente da febre assalito s'andò al dolente passaggio disponendo, et havendo il Venerdì Santo la sagra communione ricevuto con un breve discorso all'Hostia sagratissima fece i cuori de gl'astanti tutti in vive lagrime stillare. Agonizante, ma di sensi intieri, [Pag. 482] pur giva le sagre parole, che da Sacerdoti si proferivano ripetendo; e talhora da charitativi Padri in lingua domestica confortato con latino idioma a conforti rispondeva. Leggevo io stesso sopra il moriente Prelato il Salmo nonagesimo, quando al versetto arrivato: Super aspidem, et Basiliscum ambulabis etc. con energia, et enfasi straordinaria tre volte lo pronontiò; indi a puoco da sensi abbandonato dolcemente al cielo passò. Era il Mercoledì dopo la Domenica di Resurrettione, 24 Aprile 1647, et celebratisi nel vegnente giorno i funerali, s'udì il P. N. Tasca Giesuita encomiezar dell'estinto suggetto le preminenze; rimasta per tal perdita la Congrgatione tutta addolorata, i suoi compatrioti piangenti, gl'amici afflitti, et ogni conoscente accorato.

Alle lugubri pareti del Tempio fra le immemorabili compositioni affisse li seguenti versi si lessero:

Quid iuvat humanis spem nostram impedere rebus

Tam cito, si functo corpore, vita perit.

En testis Carolus, qui animos comitate ligabat

Qui sapiens, prudens, dulcia iura dedit.

At minime perimit gestorum gloria, laudes

In vestro vivunt haec memoranda sinu.

Atratus notat hic paries, haec tristia templa

Vos miseros lugens signat ubique sonus

Maesta viro tanto hin (cedat ne) iusta refertis

Parva solo. Magni sat decus ista Iovis.

Pur il seguente elogio alludendo alle virtù, et meriti di Carlo il rammarico de suoi figli manifesta:

Ad R. P. Carolus Territenghus Cremonen.

Congr. Augustinianae Insubriae Obser.

Vicarius Generalis

Qui ad istius dignitatis apicem iam iam emeritae

Annuentibus Patribus evectus

[Pag. 483] Et sanguinis praestantia, et virtutum ornamentis

talem est honorem aucupatus.

Nam vivendi catadronum emetiens, morum facilitatem

Omnigenum scientiarum habitum, et vitae candorem

Pellucidissimam tanquam faciem praestulit

Ut Charites, Pallas, et Iupiter

Tripudiato Caelorum influxu tot animi dotes

Ipsi uni unice perpluisse viderentur.

Hic quam gentilitiae securitatis Turrim, Leonina praemunitam

Fortitudine ad quoslibet evertendos incursus.

Fundarat in terris;

Immatura praereptus laetho, meliori animae augmento

Nuper transposuit in Caelo,

Tutissimus ut corporis funus immortalitatis commutaretur in faenus

Abijt inter nos immanendo, reviviscendo inter supera

Obijt die 24 mensis Aprilis anno 1647.

Cui eiusdem instituti Patribus parentalia solventibus

Hoc alludit.

.*