Donato Calvi OESA
Milano MDCLXIX
I° CAPITOLO DI ROMA - CLXXII° DELLA CONGREGATIONE
I° CAPITOLO DI ROMA
CLXXII° DELLA CONGREGATIONE
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Era in questi tempi degnissimo Protettore dell'ordine tutto Agostiniano l'Eminentissimo Cardinale Giovanni Battista Pallotto, che bramoso veder una volta il corpo più conspicuo della Congregatione, procurò fosse in Roma nel Monastero di Santa Maria del Popolo il Capitolo Generale congregato, et ne vidde a misura de suoi desiderij gl'effetti. Entrò egli stesso con auttorità Apostolica Presidente, et di Compagno che era passò al Vicariato Generale il P. Carlo Commi di Pontevico Bresciano. Deffinitori uscirno li PP. Carlo d'Imola, Angelo Maria di Lodi, Carlo di Pomponesco, e Alfonso d'Avigliana; co' quali intravenne al deffinire il P. Nicola Dalmatio Provicario Generale assoluto, et i primi tre de passati Visitatori, qualhor in vece del quarto che mancò, fu surrogato Agostino Maria di Savona. Nuovo Procurator Generale restò in Roma il P. Carl'Antonio di Milano, et il primo de Deffinitori Carlo d'Imola hebbe il posto di Compagno. Visitatori poi furno Tomaso di Bergamo, Imerio di Cremona, Antonio di Tolentino, e Giovanni Battista di Torino. Fra l'altre cose qui deffinite l'una fu, non potessero assumersi al grado di Deffinitori Generali se non quelli fossero stati Lettori, decorati di sufficiente dottrina, et religiosi costumi; quali non solo nel deffinitorio, ma anco fuori havessero sempre a precedere i Visitatori, che non fossero in atto di visita, tenendo dopo Priori attuali il primo luogo.CLXXVII° VICARIO GENERALE
CARLO DI PONTEVICO
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Habbiam hor per le mani l'antico de Prelati viventi, che non tanto per la preminenza del posto, quanto per le rare sue qualità, et segnalate virtù la veneratione si concilia di tutta la Congregatione. Hebbe in Pontevico Diocesi di Brescia da Giovanni Paolo Commi, et Isabella Ottinelli i suoi natali alli 7 Giugno dell'anno 1602, col nome di Benedetto[Pag. 473] passati gl'anni più teneri, intento nelle scuole de Giesuiti di Cremona all'arrichire de pregiati arredi delle humane lettere il suo nobile intelletto, entrò l'anno 1617, 9 Aprile fra chiostri di S. Barnaba di Brescia, et lasciato il nome di Benedetto, prese quello di Carlo, sotto cui con si veloce passo corse l'arringo delle scienze, ch'in puoco tempo se ne trovò con ammiratione de Maestri, et invidia de condiscepoli perfettissimo possessore. Fur sproni pungenti al genio per se stesso religioso di Benedetto al scieglier fra l'altre l'Agostiniana Religione, l'udir di frequente evangelici dicitori della medesima, et in Pontevico, et altrove farsi con l'eloquenza, et dottrina aperta strada a gl'applausi, et fra questi il P. Berlendi da Bergamo detto il P. Protto, ch'ogni mattina nel salir in pergamo da Monsignor Gabrieli Abbate di Pontevico, con la benedittione la materia sopra cui doveva all'hora discorrere riceveva; et più nel Convento di Cremona il mirar numeroso collegio di Filosofi, et Teologi, che con continue dispute gl'affetti rapivano de Cittadini; aggionti gl'inviti d'un Zio dello stesso instituto, che così sovavemente haveva nel suo cuore le dispositioni introdotte della Religione, che con ogni agevolezza ne seguì l'ingresso della desiderata forma. Trasse l'anno del novitiato in Brescia sotto la disciplina del P. Agostino dal Prato Alboino, Padre di gran bontà, zelo et essemplarità; indi fatta l'anno seguente in mano del P. Giacomo di S. Gervaso, che pur vestito l'haveva la professione; passò sotto la direttione del P. Carlo Terrisenghi, di cui a basso diremo, nello studio di Cremona da cui sempre quasi dal capo di Giove uscirno le palladi armate per debellare l'ignoranza. Quanto qui s'approfittasse Carlo da gl'eventi seguiti la conseguenza se ne raccoglie, che creato Lettore d'anni 23, la forma apprese per farsi d'altri Lettori Colonello, mentre pria inviato a Pontremoli con dodeci Giovani religiosi, oltre quantità de secolari, et successivamente portato ne Monasteri di Ferrara, Brescia, Pontevico, Bologna, et Roma, con lettura continua d'anni deciotto, figliò al publico opulentissima messe di litterati, et virtuosi,[Pag. 474]
che poi al lettorato, et Priorato ascesi, accrebbero ne proprij honori le glorie del Maestro, et ne cimenti delle scienze, sempre più il nome di Carlo accreditorno. Fece in più Capitoli conoscere esser la catedra il vero steccato de suoi combattimenti, havendo in quelli d'Alessandria, Pavia, Cremona, Viadana, et nella Romana Dieta del 1641, con publiche dispute, il concetto confermato del suo estremo valore, et non ostante l'anno 1630, ancor giovine d'anni 28, le foste stato il grado Priorale conferito, pur le fu la conditione aggionta di dover la Lettera proseguire, non intendendo il publico con il vantaggio della gioventù, al merito di Carlo pregiudicare, o con le honorevolezze di questo, esser a letterarij avanzamenti di pregiudicio.Le dignità, et honori mai non mossero a Carlo alcun prurito, che anzi dal publico sevitio, alle dignità, et honori chiamato, costumò sensatamente dire, che se fosse stato nel suo primiero stato, anzi nell'infimo fra suoi religiosi riposto non haverebbe una minima alteratione d'animo sperimentato, tato haveva da gl'honori la mente lontana; et provando in questi que' travagli, che vanno con la superiorità di conserva, pur spesso s'udi replicare: Haver allo stato de privati una santa invidia, che pur ei stesso di buona voglia si sarebbe eletto, quando il debito servir al publico non l'havesse astretto al sostenerne i pesi. E ben potiam dire fosse fin dalle stelle alle dignità destinato, onde ancor giovinetto in Pontevico hebbe da un professore d'Astrologia certo pronostico, fosse da gl'astri alla Religione inchinato, che in essa gli promettevano honori, et dignità. Così dunque Carlo l'anno 1641, alla Dieta di Roma chiamato, gli fu così favorevole, et cortese l'affetto del Cardinal Protettore, che lo volle Priore del Popolo, onde non meno con l'osservanza, et buon governo ristorasse quell'insigne Monastero per molti capi scaduto, ma con la continuatione della Teologica Lettura manifestasse alla metropoli del Mondo, quali letterati, et qual carato la Congregatione di Lombardia nel suo grembo nodrisse. Entrò con tal occasione fra gl'essaminatori dell'insigne Collegio [Pag. 475] Francescano detto di S. Bonaventura, a tal carica dal Cardinale Pallotto, che pur del medesimo Collegio vive Protettore, eletto; indi l'anno seguente impedito da varie controversie vertenti fra le Patrie della Congregatione il Capitolo, et per Breve Pontificio eletto in Vicario Generale, Antonio Maria di Genova Procurator Generale, non potè Carlo sfuggire di non esser deputato Compagno, dopo havere con rissolute ripulse per mille ragioni, et per mille cause rifiutata la dignità suprema, ch'il Cadinal Protettore insisteva conferirli. Fatto Compagno, et reso fra puochi giorni il nuovo Vicario Generale per infirmità inhabile al publico governo, toccò a Carlo il soggettarsi alla commune cura, passando con patente di Commissario Generale alla visita de Monasteri, et sopra le proprie spalle il peso portando de publici, et privati bisogni, finchè estinto il Vicario Generale, rientro l'antecessore Dalmatio al governo della Congregatione, restato il Commi nel posto suo, ma con con continue doglianze del Cardinale, perché voluto non havesse l'offertali superiorità maggiore accettare.
L'anno 1644 fu in Roma il Capitolo Generale celebrato, ove il puplico applauso, et unanime consenso, senza una minima discrepanza de vocali sollevò Carlo al Vicariato Generale, nel qual impiego in principal scopo quattro cose si prefisse; l'una lo stabilir in Congregatione la tanto sospirata pace, et desiderata quiete; la seconda restituir alla medesima la pristina liberta, che per molte parti smarito haveva; la terza di Giovani provederla, che applicata a studij mantenessero con la virtù il publico splendore; et la quarta destramente promovere alla Prelatura i più qualificati soggetti, et più degni delle Patrie, onde sempre più robusta s'andasse nel credito fortificando. E se ne viddero adeguati alla retta intentione, et dispositione del Commi in breve tempo gl'effetti ritornata la Congregatione nel decorso posto delle sue glorie primiere, accresciuta di studij, restituita alla bramata pace, mantenuti i privilegi, etiamdio con notabili dispendij; proveduta di riguardevoli, [Pag. 476] et zelanti Prelati, et nelle sue antiche preminenze rassodata. Per la morte del sucessore Carlo di Cremona rientrò l'anno 1647, nella medesima carica di Vicario Generale, che poi anco per Breve d'Alessandro VII le fu l'anno 1657, et ultimamente quasi per acclamationem nel Capitolo di Vercelli 1668, con commune sodisfattione della Congregatione tutta nuovamente conferita, sempre mostrandosi del publico zelantissimo amante, che nulla risparmiò di fattiche, sudori, amici, et dinari per la sua indennità, et conservatione. Altri impieghi degnamente più volte manegiò Carlo di Priore de più degni Monasteri, Comissario Generale, Deffinitore, Presidente, et fuori della Congregatione, et nella sua Patria di Consultore del Sant'Officio, Essaminator Sinodale, et ultimamente inviato d'ordine del Prencipe Veneto, et Cardinal Ottoboni Vescovo di Brescia con due Canonici contro i Pelagini della Valle Camonica, molti de quali furno dal Sant'Officio per le loro eresie severamente castigati; qui tacendo delle consulte nelle quali vien continuamente chiamato; differenze, et litigi de principali Cavaglieri al suo arbitrio, et giudicio rimessi, et altre incombenze al suo sapere frequentemente appoggiate.
Decantano li due Monasteri di Brescia, et Pontevico la singolar munificenza di questo Prelato, provisto quegli con grosse spese, et singolar industria di Carlo di nobil argenterie di Calici, et maestoso lampadario, di Missale, e Manuale coperti d'argento, et vaghissimi reliquarij in forma piramidale, ornata la chiesa tutta non meno con ricco apparato di zendale doppio cremesi per le solennità, che con quantità di quadri di pittura di non puoco valore; fabricato l'altar Maggiore di pietre, che non tanto riesce per il dissegno, et varietà di pietre vago, et leggiadro, che ricco per il valore della medesima; accresciuto il Convento d'entrata per più di duecento scudi con l'acquisto di grossa possessione nel territorio di Pontevico; et compra d'un Ronco in vicinanza della Città con havervi fabricato riguardevole habitatione, et picciola Chiesa a gloria di S. Carlo; oltra le fabriche della Chiesa di S. Barnaba, et Sacristia a maggior [Pag. 477] prfettione ridotte, con haver i debiti vecchi della fabrica soddisfatti ascendenti a due milla, et più scudi, et li appartamenti nel medesimo Convento edificati. Così nel Convento di Pontevico ha con sua industria, et diligenza oprato, che ne gl'acquisti, et accrescimenti d'entrate notabilmente s'avanzasse, arricchita la Chiesa con corpo santo, che per la devotione di que' popoli, hebbe da Roma il nome di S. Fermo; abbellita la medesima, et suoi Altari con stucchi, et Icone; risarcito il chiostro in nobil forma, come di presente si gode, con l'annesso di commodissime, et ben proviste stanze, già inhabitabili; rifatta con grosse spese la cantina minacciante rovine, aggiustato con sedili di noce, salicato, quadri di pittura, et stucchi il Refettorio; edificate con bell'architettura le stelle; fondata a publico beneficio la conserva della neve, et le superiori forestarie addattate dipinte, ornate di quadri, et di arredi proviste. Attioni tutte, che celebrano in muti sì, ma perpetue voci la generosa pietà di Carlo, che cuore non hebbe se non per il bene della Congregatione, et vantaggi de suoi Monasteri.
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