IX° CAPITOLO DI VIADANA - CXXVII° DELLA CONGREGATIONE

 

IX° CAPITOLO DI VIADANA

CXXVII° DELLA CONGREGATIONE

[Pag. 341] Terminati i sospetti del contagio, et data a passi piena libertà si celebrò l'anno 1578, e nel mese d'Aprile il Capitolo Generale nel Monastero di Viadana. E perchè era passato a Dio il maggiore de Deffinitori del Capitolo di Casale, restò in Presidente intronizzato Giovanni Battista di Carignano, che era il secondo, et a voti concordi del Capitolo tutto s'acclamò in Vicario Generale il P. Pietro Nicola di Bergamo. In Deffinitori s'elessero li PP. Teodoro di Mantova, Benigno di Cremona, Clemente di Livorno, e Antonio di Crema, co' quali poi entrorno nel Deffinitorio il Vicario Generale Galliani e tre entrorno nel Deffinitorio il Vicario Generale Galliani e tre de passati Visitatori: Deodato, Marc'Antonio, e Filiberto, sendosi trovato Gabriele di Ferrara assente per infirmità. Continuò nel posto di Compagno Clemente di Cremona, come pur di Procurator Generale il Cremasco Paolo Camillo, et in Visitatori fur stabiliti Mauriio d'Ochieppo, Modesto di Cremona, Nicola di Montalengo, e Mauro di Crema.

CXXVIII° VICARIO GENERALE

PIETRO NICOLA DI BERGAMO

[Pag. 342] L'anno 1552 fu il primo della vita di pietro Nicola Mutio, nel secolo chiamato Giacomo, et figlio di Pietro, che ancor fanciullo a studij applicato delle buone lettere, et sopra il tutto da parenti nella scuola del timor di Dio addottrinato; per l'uno, e per l'altro studio tanto s'approffittò, che se per il primo fu stimato figlio dello stupore,[Pag. 343] per il secondo si manifestò ancor fanciullo nel servir a Dio consumato, in scopo prefiggendo delle sue puerili operationi la sola obbedienza de celesti precetti. L'anno 1537, quinto decimo dell'età sua, vestì nel Convento di S. Agostino, e per mano del P. Lattantio di Rumano, che fu poi Vicario Generale, l'habito sagro dell'osservanza di Lombardia, sotto cui si gran profitto fece nella via del Signore, che per imparar l'humiltà, la patienza, la modestia, e la pietà non hebbe bisogno di Maestro, potendo ei stesso di specchio a più perfetti servire. Ne studij delle scienze tanto n'apprese quanto li fu insegnato, onde n'avenne, che nelle dispute, et cimenti non più trovasse, chi osasse durarli a fronte, et fatto Lettore venti et più anni al moltiplicar a se stesso le glorie, et alla Congregatione i virtuosi attendesse, potendosi con ragione addimandare il Maestro di tutti, perché quanto a lui d'età minori la Congregatione Logici, Filosofi, o Teologi nodrisse, tutti dal fonte del gran sapere di Pietro Nicola, o immediatamente, o mediatamente havevano l'acque della dottrina bevuto, et d'esser suoi allievi fastosamente si pregiavano. Di ventitre anni salì sopra pergami a flagellar il peccato, nella qual professione di tal eminenza riuscì, che a qualunque sagro dicitore dell'età sua punto non invidiava. L'accolsero qual mostro d'eloquenza le principali Città di Lombardia, Bologna, Ferrara, Mantova, Brescia, Bergamo, Cremona, Modana, et Genova, in tutte lasciato havendo a caratteri indelebili il suo nome scolpito, et molte d'esse col chiamarlo in loro predicatore replicar pretendevano a se medesime quelle sodisfattioni, che dall'udir il grand'huomo ne riportavano. Rari eran Prencipi in Italia, che non ammirassero del Mutio i talenti, et con l'ammiratione non l'inchinassero; rari i Cardinali, che non tessessero co' loro favori, et gratie al merito, et virtù di Pietro Nicola gloriosi fregi. Puoco o niuno de Vescovi, che non amassero haver questo Padre in direttore de loro più ardui negotij; a tante prerogative alludendo forsi Achille Mutio, mentre nel suo Teatro di Bergamo parte quarta in lode di Pietro Nicola[Pag. 344] seriamente cantava:

Quo Petre Nicola Muti venerande Sacerdos,

Carmine te extollam,

semideisve parem?

Tu vox, tu calamus, sacrae tu splendor Heremi,

Tu patriam illustras, pulpita celsa colis.

Quanti te faciant aulae, Regumque, Ducumque

Scripta docent, cerae, munera magna, favor.

Hinc merito in cellis sophia iureque locandus

qui sophiam toto pectore, et ore tenes.

Sorella indivivisibile della dottrina spiccava in pietro Nicola si amabile l'affabilità, che mille volte felice quel Religioso si chiamava, che sotto il sereno Cielo del suo governo poteva gl'influssi di tanta benignità godere; qui la porta riscontrando aperta per entrar non solo al pieno possesso dell'intelligenza, ma per pascer le sodisfattioni dell'animo d'ogni più desiderata contentezza. Parlando di questo prelato Agostiniano Panizzoni nella lettera, che per dedicatione della logica d'Egidio Romano scrisse al Cardinale Montelparo diceva: Aderat ille comitatis, urbanitatis, mansuetudinis omnis speculum, seu ut verius dicam praeclariss. iubar R. P. Petrus Nicolaus Mutius, sub quo tanto Patre Bergomi vitam degere, Magni muneris loco semper duxi, ut ex eo tanquam e scientiarum, et pietatis fonte, et scientiarum, et pietatis indeficientes haurire rivos tandiu valeam, quandiu me hausisse non paeniteat, paeniteat autem nunquam. Et Giovanni Paolo di Ferrara, che fu poi Vicario Generale nel suo libretto intitolato: Phoenix in Lactantij Firmiani carmina de Phoenice Rapsodia; al nostro Mutio dedicandolo scriveva: Tu vero nostrae congregationis velut anima es, per te, restaurantur mores, et studia, per te verae immortalitatis nobis iter ostenditur. Unicus es quemadmodum est unica Phoenix. Della Congregatione conseguì i principali honori, che oltre le perpetue Prioranze da lui egregiamente sostenute, oltre la Segretaria, et Compagnato essercitate, oltre il Visitatorato, Deffinitorato, et Presidentato, ch'in tante occasioni, et tanti capitoli con tanta prudenza maneggiò; pur gionse tre volte al sommo [Pag. 345] del Generalato cioè gl'anni 1578, 1583, et 1596, con si nobil fregio il periodo terminando de suoi ben spesi giorni, per poi senza termine durare nella rimembranza della posterità. Fu zelantissimo dell'osservanza regolare, vigilantissimo nella regenza sì spirituale, come temporale de Monasteri, non altro mai che la riforma de costumi, l'osservanza delle regole, et la conservazione del religioso decoro meditando; onde anco stampò varij documenti concernenti lo stato della sua Congregatione, perché poi di ben in meglio potesse con sì fatto lume felicemente inoltrarsi. Ma fra l'eroiche attioni di Pietro Nicola consignar non si deve al silentio, l'haver alla Patria, alla religione, alla Chiesa l'insigne Monastero di S. Agostino di Bergamo conservato, che nella fabrica della nuova fortificatione l'anno 1561 cominciata, era destinato alla desolatione. Non v'era occhio in Bergamo, ch'alla consideratione dell'imminente rovina del nobil edificio asciutto si ritrovasse, e tanto maggiore il cordoglio riusciva, quanto era il precipitio sicuro, avvertiti i Cittadini dall'evento in quello de SS. Steffano, e Domenico de PP. Predicatori, et della stessa Catedrale di S. Alessandro seguito, che per la stessa cagione eran rimasti fin al suolo miseramente appianati. Fra tutti mischiavano con la bevanda il pianto i poveri PP. del Convento, quando Pietro Nicola all'hora Priore, fatto al Cielo ricorso, dopo il digiuno di tre giorni de suoi Frati in cinere, et cilicio, essequito, battendo di continuo con lagrime, et preci alle porte dell'Empireo, all'impresa di tentarne l'indennità corraggiosamente s'accinse. Parlò, pregò, negotiò pria con Gerolamo Martinengo uno dei deputati alla fortificatione, et Governatore della Piazza, indi con Sforza Pallavicino sopraintendente supremo; et quasi parlasse Dio per la sua bocca, trovò così ammollito il feroce et superbo cuore di qest'ultimo, che ne conseguì la desiderata richiesta; con straordinaria ammiratione di tutti hormai conosciuto il Pallavicino nelle risolutioni inflessibile et che nelle desolationi, et devastationi de maggiori edificij, specialmente sagri, pareva giubilasse. A Dio solo però devesi attribuire [Pag. 346] la grand'opra, che mosso dalle instaze del suo servo fece il miele dalla pietra scaturire, et l'oglio da un durissimo sasso.

Incontrò il nostro Mutio in Roma la benevolenza, et affetto del sommo Pontefice Clemente VIII, che seco in longhissimi, et famigliari discorsi lo tratteneva, et come lo conoscesse dell'osservanza regolare in estremo amante, a lui i mezzi, et fini della riforma Ecclesiastica partecipava, et ne riceveva per l'essecutione i sensati consegli. Trovavasi Pietro Nicola in Roma alla visita di quel Monastero l'ultima volta, che fu Vicario Generale l'anno 1596, quando da intensissima febre assalito ben presto conobbe esser egli al desiderato passaggio vicino. Ricorse al Sommo Pontefice per l'Apostolica benedittione, et n'ottenne fortunatamente la gratia. Stava in quest'infirmità sempre con gl'occhi ad un Crocifisso rivolti, et mentre i Frati con la speranza della sanità lusingar procuravano il suo genio, ei per l'opposto, quasi sdegnasse somiglianti conforti, ne rigettava le charitative, ma per l'anima puoco utili consolationi, spesso in idioma latino replicando: Non it a filij, sed nunc potius spiritus meus attenuabitur, dies mei breviabuntur, et solum mihi superest sepulcrum. Così con ridente bocca, lieto viso, et giocondo sembiante, de Santi Sagramenti provisto, la morte accolse, che alli 23 Agosto lo rapì alla terra per donarlo al Cielo, privando la Congregatione d'un amantissimo Padre, per darglielo, come si spera, Protettore in Paradiso. Fu il suo cadavere nella Chiesa del Popolo solennemente sepolto, havendovi sopra recitata la funeral oratione Giuseppe Castiglione Romano Dottore d'ambe le leggi, che poi impressa fu al medesimo Sommo Pontefice Clemente VIII., dedicata. Alla tomba tali parole furono intagliate: F. Petro Nicolao Mutio Bergomati August. Congreg. Obs. Lomb. Philosopho, Teologo, Concionatori insigni, disciplinae regularis instauratori, ter huius Coenobij Moderatori, ter Vicario Generali, in quo honore obijt Romae X. Kal. Septemb. MDXCVI annum agens LXXIV.

F. F. Parenti optimo posuerunt.

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