IX° CAPITOLO DI MILANO - XL° DELLA CONGREGATIONE

 

IX° CAPITOLO DI MILANO

XL° DELLA CONGREGATIONE

[Pag. 134] Già era passato della Congregatione l'anno cinquantesimo, quando nel Convento di Milano si celebrò il Capitolo Generale di quest'anno. Qui con pienezza de voti fu dato il governo supremo dell'osservanza nostra al B. P. Bartolomeo di Palazzolo, mentre quello del Capitolo stava in dispositione del P. Bartolomeo d'Inruea, che n'era Presidente. Fur intromessi nel Deffinitorio Benigno di Genova, Tadeo d'Invrea, Marcellino di Milano, et Angelo di Lovare con la solita aggionta del P. Vicario Generale passato Agostino, et de PP. Visitatori Pastore di Torino, Luchino di Milano, Salvatore di Brescia, et Giovanni Agostino di Bergamo. Nuovi Visitatori sortirno li PP. Tadeo d'Invrea, Benigno di Genova, Tadeo di Pinerolo, et Benvenuto di Brescia, et Compagno il P. Valentino di Pavia.

XLI° VICARIO GENERALE

BEATO BARTOLOMEO DI PALAZZOLO

[Pag. 135] Se di tanti, e tanti servi di Dio, et qualificati soggetti della Congregatione nostra havessimo quell'essatta notitia, che mercè le diligenze del P. Basilio Ripa habbiamo del B. P. Bartolomeo di Palazzolo, ne le glorie loro resterebbero sotto le ceneri del silentio sepolte, ne sembrerebbero queste fatiche mie per alcuna parte difettose.[Pag. 136] Ma come non tutti hebbero la sorte di trovar scrittori, che ne descrivessero le attioni, così non tutti ponno in questi fogli riscontrar ugualmente le lodi, né a proportione de loro meriti esser adeguatamente rammentati. Nacque dunque il nostro Bartolomeo in Palazzolo terra molto nobile ne confini del Bresciano, et Bergamasco l'anno del Signore 1426. E ben possiamo dire non nascesse che per servir a Dio, mentre a pena da gl'anni della puerità uscito, fu da Parenti d'habito chiericale vestito, et destinato al ministero de sagri Altari. A questo fine si mandò a Brescia, per ivi apprender le scienze ad un Ecclesiastico necessarie, et disposto nel tempo medesimo a servigi della Chiesa di S. Nazario, fece per l'uno, e per l'altro spiccar il genio mirabile de suoi virtuosi talenti, divenuto in puochi anni non mensegnalato per la dottrina, che norma de Religiosi per lo spirito et prontezza con cui a Dio, et al sagro tempio serviva. Ricevè dal Vescovo di Brescia gl'ordini minori, et indi i due sagri del Soddiaconato, et Diaconato, ma in ogni stato diè Bartolomeo a vedere non haver cuore che per la pietà, spirito che per la religione, anima che per la santità. In età di 21 anno lo condussero alcuni affari a Bergamo, ove per buona sua sorte udì predicante il B. P. Agostino di Crema il giorno a punto che la Chiesa rammemora la ressurettione del figlio della Vedova, Giovedì dopo la quarta Domenica di Quaresima, che fu all'hora lì 23 Marzo 1447. L'udir Agostino, et il sentir Dio al suo cuore favellante, abbattè nello stesso tempo , e quante volte ripeteva il Predicatore l'evangeliche parole:Adolescens tibi dico surge, tante voci le stimava del Cielo, che al suo interno favellassero, et lo richiamassero dal secolo alla Religione. Terminata la Predica portossi a piedi d'Agostino, di già delle qualità di Bartolomeo pienamente informato, né seppe dal suo cospetto staccarsi, se non ricevuto all'habito Agostiniano, et nel grembo riposto dell'osservanza di Lombardia. Fece in Bergamo il Novitiato, ma in modo che potè d'essemplare servire a più perfetti, et consumati religiosi, non v'essendo virtude[Pag. 137] che a guisa di luminoso raggio dal bel sole dell'anima sua non traspirasse. Terminato l'anno passò al Sacerdotio indi successivamente alle cariche, officij, et gradi della Congregatione, non però mai spintovi dall'ambitione, ma chiamatovi dall'obedienza, che dava il moto a tutte le sue operationi. Così lo troveremo Priore de più insigni Monasteri, Presidente, e tredici volte Visitatore, quattordici Diffinitore, et tre fiate Vicario Generale cioè gl'anni 1489, 1492,et 1498, sempre però in ogni tempo, luogo, e conditione per le più sante qualità amabile, et degno di perpetua imitatione.

Nel zelo del culto, et honor di Dio pari non hebbe al suo tempo in terra. Ogni suo pensiero, desiderio et opra al solo scopo servivano delle glorie del Creatore, onde prima de gl'altri fu sempre trovato genoflesso in choro, senza che mai officio, occupatione, o infirmità veruna (se però stata non fosse più che grave) glie lo potesse impedire, non tan puoco a divini officij assistendo di giorno tempo, ma etiandio di notte, cantando, et salmeggiando con tanta devotione, et ilarità, che ben vedevasi quanto fosse Bartolomeo delle celesti bellezze invaghito, mentre le celesti grandezze con tanta giocondità celebrava. Diceva accompagnar gl'Angeli i devoti canti de salmeggianti, ne meno fra le tenebre della notte, che fra splendori del giorno assister al choro que' spiriti benedetti. Quindi non ostante fosse talhora per le continue sue indispositioni così fiacco, che regger non si potesse in piedi, pur la natura per così dire violentando, coraggioso, et intrepido a divini officij compariva, senza tralasciar un neo di quelle sante cerimonie, con che si lodano le grandezze della divina Maestà. Alla presenza sua non bisognava alcuno, benche minimo sagro rito, si nelle genuflessioni, et inchini, come nelle commemorationi, apparati, luminari, canti, et suoni di campane trascurare, ch'ei subito con ogni celerità v'accorreva, personalmente impiegandosi per honor di Dio in quegl'essercitij, che sono proprij de Frati più giovani. Non isdegnava, benchè vecchio, infermo, et graduato suonar le campane, rincorando i fratelli con la voce, [Pag. 138] e con l'opra a somigliante fatica, et quantunque ben di sovente anhelante, pieno di sudori, et che a pena potesse raccoglier il fiato si mostrasse, non perciò dall'impresa si ritirava, sempre con lieto viso proseguendo l'opra, perché con lieto cuore a Dio serviva. Ogni giorno la Santa Messa celebrava, terminata la Conventuale; ma lo spirito con cui quel tremendo mistero maneggiava, era tale, che lo rapiva frequentemente fuori di se stesso, et trasportandolo con la mente alla contemplatione di que' conviti, che Dio prepara in Paradiso a fortunati eletti. Tale insomma era il zelo di questo sant'huomo in risguardo del culto di Dio, che anco dormendo non d'altro erano i suoi sogni, che de divini officij, onde fu favorito dal Cielo di quasi continuate visioni, sembrandoli assister in paradiso a musici concenti de spiriti beati, discorrer con l'intemerata Vergine Maria delle divine lodi accoppiar le sue voci col salmeggiar delle Angeliche gierarchie; com'ei medesimo a più confidenti narrava, non permettendo il Signore restassero ne cupi abissi del silentio nascoste quelle gratie, che a questo suo servo devoto benignamente compartiva. Ne solo dormendo fu Bartolomeo de celesti favori a parte, che anco vegliando, non una volta sola, ma molte, e molte si trovò in cella da gl'Angeli accompagnato, che seco recitando il divino officio, sempre più l'eccitavano alle divine lodi, et del Paradiso l'innamoravano.

Zelantissimo manifestossi ancora Bartolomeo per gl'interessi della sua Congregatione, quall'hor aflitta, et travagliata da troppo rigorosi ordini del P. Reverendissimo Generale Mariano, che contro la medesima haveva concitata l'auttorità dell'Aapostolica Sede, in procinto stava di pericolare. Ciò seguì gl'anni 1497, et 1498, sendo a punto Bartolomeo pria Visitatore, indi Vicario Generale per la terza volta; et a così deploranda per la misera Congregatione, che ancor si rammenta con lagrime e singhiozzi. Voleva il P. Generale totalmente abolire questo nome d'osservanza, et i decreti da lei fatti consegnar al fuoco, pretendendo, che tutti havessero a vivere nella stessa forma, [Pag. 139] con le medesime leggi governarsi. Il Sommo Pontefice Alessandro VI spalleggiava i desiderij del P. Generale havendone in conformità spedita una Bolla sotto li 8 Marzo 1497, et non ostante fosse poi questa Bolla dal medesimo Pontefice, meglio informato, rivocata sotto li 26 Genaro 1498, come dicessimo parlando del B. Luchino 1486. Non perciò erano le procelle cessate, ma seguitando le tempeste de travagli, et vessationi, trovavasi l'infelice Congregatione a mal partito ridotta. Quando la divina Pietà le diede in capo supremo Bartolomeo, perché le fosse scudo, che la diffendesse, et riducesse alla pristina, tanto sospirata libertade. Si portò personalmente a Roma pria come Visitatore Generale l'anno 1497, indi come Vicario Generale l'anno susseguente, et a chi gli dissuadeva si fatto camino per mali incontri, che gli venivano, pronosticati rispondeva: Non haver egli sangue nelle vene, se non per seminarlo in serviggio di Dio, et della Congregatione sua; et quando bene fosse sicuro d'haver ad incontrar la morte, non perciò trascurar doveva le parti di quel debito, che l'obligavano all'assistenza della sua travagliata Republica. Andò dunque, negotiò, trattò co' Ministri della Curia, con Vescovi, con Cardinali, con lo stesso Sommo Pontefice, e tanto bene seppe le ragioni portare della Congregatione, et ribattere l'opposte, che trionfante ristabilì il credito dell'osservanza, liberandola da quel periglioso naufragio, che gl'era minacciato; onde a suo favore ottenne il Breve sopramentovato delli 26 Genaro 1498, et ultimamente per sugello delle gloriose fatiche un altro diretto al P. Generale sotto li 14 Settembre dell'anno stesso con cui se li ricordava l'essecution totale del detto Breve, et ammonitione espressa di non più inquietare la Congregatione. Altre gratie conseguì Bartolomeo dalla benignità dell'Apostolica Sede; fra l'altre la confermatione per Bolla delle Indulgenze delle stationi di Roma concesse a Frati nostri da Sisto IV per la Quaresima distese a tutto l'anno, anco per gl'assenti 7 Decembre 1489, et quella perpetua Indulgenza d'anni sette, et altre tante quarantene a' Frati, che la sera intravengono all'oratione, [Pag. 140] che diciamo Asperges, estendendola anco a gl'assenti per giusta causa 7 Aprile 1490. Gratia, che quantunque da Paolo V nella general revocatione dell'Indulgenze a Regolari concesse compresa fosse, pur dal medesimo Pontefice la troviamo poi confermata 16 Novembre 1606.

Se della patienza di questo sant'huomo tratteremo, ben potremo paragonarlo a Martiri, et più toleranti Campioni di Christo, sendosi egli per questa parte, et per mille occasioni più che Martire dimostrato; che la dove il martirio di quelli in puochi giorni terminava, Bartolomeo in opposto fu Martire d'anni, et anni, se dir non vogliamo fosse la vita sua un continuato Martirio, una serie non mai interrotta di patimenti. A pena passati gl'anni della gioventù fu da si strana, et dolorosa infirmità di stomaco assalito, che pareva ad ogni momento dovesse essalar l'anima fra gemiti, et sospiri, et quantunque la Serenissima Duchessa di Milano Bianca Maria di cui il Padre era Consigliere, et Confessore, facesse per sua salute l'arte impiegare de più periti Medici di Milano, ove allhora Bartolomeo si ritrovava, ad ogni modo le diligenze tutte fruttatorie riuscirno, sempre più ostinandosi il male, et forza prendendo la dolorosa passione. Non chiudeva occhio fosse di notte, o di giorno il meschino, che l'acerbità della doglia incessantemente lo trafiggeva, ma benchè questa tormentosa, pur la toleranza in soffrir la superava la malvagità di quella, altro non ruminando fra gemiti Bartolomeo, che lodi a Dio, et continui ringratiamenti alla divina Maestà, perché come caro figlio in tal forma lo visitasse. Durò alcuni anni il crudel morbo, senza che mai rimedio humano allegerir lo potesse, quando finalmente cessate le diligenze de Medici terreni, si ritrovò fatto sano dal celeste, di cui è proprio mortificare, et ravvivare, mandare, e togliere le corporali infirmità. Dopo certo tempo Bartolomeo fu dall'obedienza portato al Priorato di Roma; ma quel Signore che l'haveva esposto in specchio di patienza alla Duchessa, Senatori, et Popoli di Milano, pur volle, che dalla Città di Roma sempre solita ad ammirar Martiri, fosse conosciuto per tale. [Pag. 141] Qui di nuovo assalito da suoi antichi, et più che mai insoffribili dolori, ogetto si rese di compassione a primi Prelati della corte, a quali ben era nota la Santità del buon Padre, servendo loro nello stesso tempo d'essemplare per sapere al suono de lamenti accordar i cantici delle divine lodi. Nulla giovorno le medicine per sollevarlo, onde Innocenzo VIII, allhor regante Pontefice intesa l'infermità strana di Bartolomeo, et l'indicibile sofferenza, con cui ne tolerava i colpi, mandò per curarlo il proprio Medico, con ordine espresso d'avvalersi d'ogni mezzo possibile, perché quel buon Padre fosse guarito, et restituito alla primiera salute. S'affaticò il Medico, ma senza frutto, indì al Papa ritornato, con tanti encomij celebrò la Santità del povero languente, la patienza in tolerar tormenti insoffribili, la giocondità con cui rendeva gratie al Cielo, et sopr'il tutto la pontual, et essata osservanza dell'Astinenze solite praticarsi ne tempi d'Avvento, come allhora era, non mai potendo restar persuaso al mangiar carne, ova, o latticnij, pronto più tosto a soffrire doglie maggiori, che trasgredir il santo conseglio dell'Avvento, che ne rimase il Pontefice edificato non solo ma ammirato, et dallo stupore rapito all'essaltar con nuove lodi le virtudi del servo di Dio. Puochi giorni passorno, che cadè lo stesso Papa, ma però leggiermente infermo, al quale persuadendo il Medico, et più intimi famigliari, al voler cibarsi all'uso de gl'infermi, mangiando carne, et latticinij, con volto di severità misto, et maestade rispose: Non m' havete voi rifererito quel sant'huomo Priore del Popolo, ancorchè oppresso da infermità dolorosissima non essersi mai piegato al romper l'Avvento? Non l'havete perciò lodato, celebrato, essaltato? E vorrete che Innocenzo per lieve morbo mangi carne, e disprezzi l'essempio havuto da quel Beato Padre? Così addottrinato il Pontefice apprese da Bartolomeo, come si serva l'Altissimo, anco fra morbi, ne mai possano le infirmitadi ritraer l'huomo dall'incominciata carriera del servigio di Dio.

In altra occasione il Pontefice Sisto anteccessore d'Innocenzo, non solo inviò i suoi Medici a visitar il sant'huomo, [Pag. 142] ma egli personalmente (favore de più segnalati possano gia mai riceversi vi si trasferì. Non aspettò però Bartolomeo, ch'il Papa al suo povero letto giongesse, ma intesane la venuta fattosi da Frati aiutare, et quasi di peso portar nel chiostro, qui genuflesso ricevè il Sommo Pontefice, che in vederlo si squalido, et attenuato sentendone estremo cordoglio paternamente l'abbraccio, amorosamente lo consolò, pietosamente lo compatì e domandandoli la sua santa benedittione procurò rincorarlo, acciò con patienza ogni dolor soffrisse per il suo Crocifisso Redentore. In tal guisa per molti anni esposto si vidde Bartolomeo in scopo di fierissimi tormenti, che sembrando talhor far tregua con l'affannato suo stomaco, indi a poco, più gagliardamente l'assalivano, non ad altro fine havendoli Dio mandato questo male, che per essercitare la patienza sua, proponerlo in essemplare di toleranza, et aprirli la porta a meriti maggiori.

Ne fu minore il martirio mentale del nostro Beato di quello fosse del corpo, qualhor in varie occasioni da malediche, et ingiuriose lingue trafitto, sprezzato, schernito, et vilipeso, ne ciò tacitamente, ma in faccia, et publicamente, pur qual mansueto agnellino col solo silentio ribatteva i colpi, et con lo scudo della sofferenza ne rintuzzava le percosse. Trovò talhora persona così temeraria, che contro lui vomitò le più attossicate, et pestilenti parole possano da diabolica bocca uscire, finalmente posto freno a quell'obbrobriosa corrente, il B. Padre incrocicchiate le braccia, et humilmente chinato il capo, non altro rispose, che queste due parole: Benedictus Deus. Così rintuzzò in barca la petulanza inaudita d'un barcaiuolo, che preso haveva con ingiurie, et irrisioni a bersagliarlo, et nella stessa forma ogni affronto ribatteva, che o da suoi emuli, o da puochi timorati di dio fatto le fosse. Dolevasi con lui in cert'occasione il P. Ripa, ch'un Amico gl'avesse voltate le spalle, et divenuto inimico, ogni via procurasse per maltrattarlo; cui Bartolomeo: Ego licet laesum me ab Amico videam, non tamen charitatem meam erga ipsum volo esse laesam, quin et amen et serviam, cum oporteat, [Pag. 143] prout antea solitus fueram. Son offeso è vero, ma non però l'amor mio verso l'Amico voglio resti offeso, onde non l'habbia ad amare, e servire nella stessa forma di prima. Soggiongendo: Si Amicos quoscunque verbo, vel facto laedentes abijcere valuerimus, nullos certé in fine habere reperiemus, cum difficile, imo impossibile sit se se indicem amicos aliquo modo non laedere. Verus autem amor id efficere debet, ut invicem alter alterius onera portantes adipleamus legem Christi. Parole degne d'esser a caratteri eterni ne cuori de christiani scolpite.

Quanto poi all'obbedienza era Bartolomeo l'Idea de perfetti obedienti, non mai havendo, o accettatto cariche di propria volontà, o ricusato quelle, che li venivano dal merito dell'obbedienza proposte. Egl'era una Pietra quadrata, che ovunque la rivolgi sempre in quadro la ritrovi. Hebbe talhora Priorati di puoca sua sodisfatione, e benchè i Superiori altri posti di suo gusto li proponessero, tuttavia nella primiera dispositione persisteva, et ciò per non perder il bel titolo d'obediente. Era sicura la Congregatione di sempre trovar in Bartolomeo prontezza, e rissolutione per qualsivoglia ancorchè difficile impresa, onde costumava pria di gir a Capitolo adattar le robbiciuole a suo uso concesse, per esser più spedito, occorrendo, all'essecutione de commandi de Superiori.

Questa, et altre virtudi copriva con humiltà si profonda, ch'un nulla stimando se stesso, condiva ogni attione con piacevolezza, affabilità, et mansuetudine tale, che i cuori di tutti rapiva, et con dolce catena amorosamente imprigionava. Per lui quantunque in dignità collocato, non v'eran servidori, toltone il caso d'infirmità, che con le proprie mani riformava il letto, mondava la cella, calava a prender aqua, et se accadeva, per il publico impiegarsi non rifiutava sonar le Campane, ornar gl'Altari, lavorar l'horto, spazzar la Chiesa, o Casa, invitando gl'altri pria con l'opra, che con la voce al lavoro, onde perfettamente Christo immitasse, di cui si disse: Caepit facere, et docere. Mai al suo cuore s'attaccò l'ambitione, [Pag. 144] et ne lo mostrò chiare le renitenze fatte ad Ippolita moglie d'Alfonso Duca di Calabria, et figlia de Duchi di Milano Francesco, et Bianca, che ricordevole della Santità di Bartolomeo da lei conosciuto in Milano Confessore della Madre, et suo, tentò ogni via possibile per haverlo appresso di sé. S'avvalse del mezzo della Madre, et altri efficacissimi intercessori, ma in vano. Fece oblatione di grossa somma di danari, ma l'animo del buon religioso, non era venale; le propose l'amicitia de primi potentati del Regno, ma se ne rise; gl'essibì per fine la mitra d'uno de migliori Vescovati a sua elettione, ma rispose non esser per mai mutare la cappa che lo vestiva per qualsivoglia nobil mozzetta, a lasciar la cara, et humil cella per qualsivoglia ricco Palazzo; amando più tosto viver abietto nel Monastero, che col pastorale alle mani dar legge a' popoli.

Devotissimo era Bartolomeo dell'Angelo Custode, al qual ogni giorno con riverente affetto ricorreva, et n'implorava il suffragio, indi meritando riceverne da quel caro spirito la ricompensa, alla misura della divotione, con cui lo venerava proportionata. Passava da Roma ov'era stato in visita verso la Lombardia il buon Padre, quando da fierissima, et incessante pioggia nel camino assalito, astretto si vidde con il compagno, et servidore un hospitio ricovrarsi, per quivi attendere, ch'il pessimo tempo s'acchetasse. Crebber le pioggie a segno, che tornato sembrava il tempo del diluvio, onde le strade, i campi, et il contorno tutto delle acque coperto, levavano l'animo di chi che sij a tentarne il guado, non che d'avanzarsi con il camino. Passò la notte sempre da rovinose pioggie accompagnata, si che la mattina al comparir della luce sotto gl'occhi apparve un orrendo teatro di solo cielo et aqua, ove a pena le cime de gl'alberi havevan privilegio di salir sopra l'onde. Voleva pur Bartolomeo passar avanti, ma l'essersi affatto smarrita la via da tal pensiero lo ritirava, quando invocato il suo Angelo Custode, ecco all'improviso se gli affaccia un Giovine ben a Cavallo di bianco vestito, senza sapersi da qual parte venisse, che rivolto al Padre gl'addimandava verso dove fosse incaminato. [Pag. 145] Risponde Bartolomeo, che verso Lombardia. Et egli: Io pure verso quelle parti m'indirizzo, seguitemi se v'aggrada, che senz'alcun periglio vi condurrò in sicuro. Obbedì prontissimo il Padre, così inspirato da Dio, et postosi co' compagni dietro le pedate del cavagliere, questi in puoche hore le ridusse in salvo, con singolar maraviglia di quanti hebbero cognitione di tal fatto, tutti sapendo i perigli di quelle strade, et impossibilità di trapassarli in tali congionture. Passate le male vie disse il Candidato: Seguitemi pur Padri passo passo, ch'io avanzandomi farò all'hosteria vicina por all'ordine le cose necessarie, onde possiate ristorarvi. Ciò detto spronò il cavallo, et in un baleno si dileguò. Giunti all'hosteria addimandorno conto del Giovine, ma per quante diligenze usasero, non fu in quel vicinato chi ne sapesse dar avviso, protestando tutti non esser passato alcuno, ne men esservi altra via, onde havesse potuto tergiversare il camino. S'accorse allhora Bartolomeo esser quegli il suo Angelo tutelare, che perciò col cuore, e con la lingua rendendogliene infinite gratie prodeguì poi senz'altr'intoppo il rimanente del viaggio suo.

Santa in somma fu la vita tutta di questo servo di Dio, ne per lo spatio d'anni cinquanta cinque, che visse nella Congregatione, diede mai d'un minimo peccato alcun sospetto, osservando con tanta esattezza i precetti, non solo ma i consegli della regola, et constitutioni, che ne cagionava ne più perfetti, et essemplari. Sempre portò la camiscia di lana etiandio nelle maggiori sue infermità con l'habito bianco, et capuccio; mai si lagnò esser da Procuratori circa il mangiare maltrattato, vie più sodisfatto mostrandosi del pane con quattro caoli, ch'altri di splendida, et magnifica cena, et quantunque ne gl'ultimi anni del suo vivere perso havesse i denti (risanato per altro da que' dolori di stomaco, che nell'età più robusta lo travagliavano) con tutto ciò mai gli fu dato cibo per la sua elettione, contentandosi il buon vecchio di quel puoco o buono, o cattivo fosse, che dalla carità de fratelli gli haveva somministrato. Custodì con ogni pontualità tutt'il tempo di sua vita le sante astinenze [Pag. 146] quaresimali dell'Avvento, et altre dalla Congregatione commandate; et una fiata solo l'anno penultimo de suoi giorni trovandosi per longa infirmità destituto di forze, et quasi di spirito fu visto assaggiare in si fatti tempi un boccon di carne, mercè l'averglielo il P. Vicario Generale con espresso commando di Santa obedienza ordinato. Così pieno di meriti arrivò al termine de suoi benedetti anni l'anno 1502, send'egli Priore del Monastero di Brescia. S'infermò quivi gravemente, a segno che da Medici fu subito dato per morto, ma non però smenticossi Bartolomeo d'esser servo di Dio, et Religioso, non mai piegatosi al mangiar carne, o sorbir brodo di carne il Venerdì, et Sabbato; mai trascurando di devotamente recitar l'officio divino, et ciò fin all'ultimo respiro; anzi la Vigilia di S. Michele quattro giorni soli avanti la sua morte sapendo molti Frati, per occasione delle cerche, mancar in choro, forse egli languido, e febricitante dal letto, e trasferitosi al Vespro cantò la prima antifona con la solita gioia, et ilarità, ben mostrando quanto licto giubilasse il suo cuore nella vicina morte, che doveva a sempiterni giubili del Paradiso trasportarlo. Gionto il terzo d'Ottobre, giorno al suo felice transito destinato dopo haver divotamente recitata Compietta, volendo dir il Mattutino della seguente giornata, s'accorse che la morte a gran passo s'avvicinava; quindi convocati i Frati, fece loro un devotissimo sermone, tutti essortando alla virtù, al mantenimento dell'osservanza, all'obbedienza delle divine leggi, e chiedendo perdono a Dio, et fratelli de mancamenti non mai per malitia, ma forsi per ignoranza commessi, chiamava gl'occhi di ogn'uno ad accompagnare le sue benedette voci col pianto. Ciò fatto postosi la cappa nera con il capuccio in capo si coricò, sempre favellando delle cose divine; et ricevuta l'estrema ontione, che sola gli mancava fra gl'ecclesiastici Sagramenti, indi in forma di Croce composte le mani, chiusi gl'occhi, et serrate le labra, rese con tanta quiete l'anima a Dio, che pareva dolcemente se ne dormisse, restando con la faccia lieta, et gioconda, e qual a punto doveva mostrare, chi teneva l'anima fra le braccia del Creatore. [Pag. 147] Ciò seguì alli 3 Ottobre l'hora sesta dell'antecedente notte del 1502, correndo Bartolomeo di sua vita l'anno 76, et della Religione 55.

Non spiego il dolore, et ramarico de Padri alla morte del loro caro Pastore, perché non v'é penna, che esprimer lo possa. A pena defonto fu generalmente acclamato per Beato, et come tale da fedeli di Christo invocato, riportandone perciò molti, e molti segnalatissime gratie. Trovossi a Bergamo un Frate, che percosso nell'anguinalia da morbo contagioso, procurò per tre giorni occultarlo; ma poi dalla febre assalito, et accresciuto il dolore, stava il poverello in procinto per spasimo di morire; quando invocato il B. P. Bartolomeo, ecco questo tutto giocondo gli appare, stando l'infermo fra il sonno, et la vigilia, et con lieto viso a lui rivolto lo chiede della cagione de suoi dolori. Ahimè Padre Beato (risponde il languido) muoio di tormento per questo bubone pestilentiale, che m'affligge. Non temere, replica Bartolomeo, c he Dio aiutar ti vuole; et egli pur repetendo, che la doglia l'uccideva; il Beato facendogli animo gl'additò con il dito il suo Angelo Custode, che gli stava a fianchi. Allhora l'infermo aperti gl'ochi si trovò ad un tratto libero dalla febre, abbandonato dal dolore senza rattener in se pur un minimo segno di bubone, come se mai fosse stato percosso. Così ad intercessione di Bartolomeo ricuperò il buon Frate la smarrita salute, come a molti altri pur occorse nell'nvocatione di questo servo di Dio. Tre volte Beato vien chiamato da Scrittori Agostiniani, protestando il Vescovo Segnino, et l'Errera esser questo il Santo titolo di Bartolomeo: Ter Beatus cognaminatus. Diede alla luce un copiosissimo Martirologio , che fu per la prima volta stampato in Pavia l'anno 1487, onde per tutte le parti si rese degno di lode, et di sempiterne memorie.

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