BEATO GIORGIO DI CREMONA

Terzo Fondatore della Congregatione

 

Dalla nobile et antica famiglia Lazzuoli hebbe Giorgio in Cremona i suoi principij; principij tanto più degni, quanto a guisa d'Aurora forrieri d'un lucidissimo Sole; tanto più conspicui quanto che a guisa di Sole certi presaghi di serenissima giornata di meriti. Nella fanciullezza manifestò indole spiritosissima non meno alla pietà, che alle lettere inchinata; onde se per quella solo delle Chiese, et sagri Chiostri [Pag. 36] amava i ricoveri, per queste correva alle scuole, qual Barbaro al pallio, per far delle scienze il desiderato conquisto; indi con certo pronostico formato da giudiciosi l'augurio, havesse a riuscir Giorgio, e gran servo di Dio, et unitamente un insigne letterato. Abbracciato l'instituto dell'Agostiniana Religione, così celermente s'avanzò ne studij delle scienze, che solo pareva sapere, ciò che dispersamente era penetrato da gl'altri; che perciò dal P. Generale dell'ordine i suoi progressi favoriti, corse in breve corso d'anni la carriera de più riguardevoli honori, pria disposto in Lettore, Baccilliere, et Cursore, successivamente l'anno 1434 in Maestro, et Reggente, poscia amministratore della Prioranza di Padova, et nello stesso Convento Reggente; indi Visitator Generale nel suo Convento di Cremona, et Presidente nel Capitolo provinciale di Lombardia, datosi in ogni officio a conoscere nel sapere, et prudenza di pochi pari, perchè nel sapere, prudenza, a massimi s'ugualiava. Dall'egregie sue doti il Cardinal Antonio Corraro rapito, in qualità di Teologo, et Consultore lo volle seco nella Romana corte, come quello, che verso l'Agostiniana religione era assai ben affetto, alcuno de suoi figli sempre a fianchi voleva, et fatta di Gregorio la scielta si stimò in sommo grado fortunato, trovando in esso solo quelle conditioni tutte di dottrina, saviezza, modestia, prudenza, et bontà, che per comporre un misto di perfettione erano bisegnevoli. Passò quindi al Priorato della propria Patria; ma come il grado magistrale, da tante altre insigni proprietà accompagnato, lo rendesse a gl'occhi di tutti spettacolo di maraviglia, così procurava, che l'estrinseche apparenze de gl'habiti, stanze, suppellettili, et altre commodità le facessero corteggio; godendo perciò nel possesso di ben ricche, et addobbate habitationi, magnifici, et pomposi letti, copiosi, et superbi arredi, sottili, et maestose vesti, in modo che pareva il lusso, et le delitie tenessero con Giorgio perpetuo soggiorno, tant'egli nella mondezza, la politia, et esterior apparenza godeva. Ma da queste fucate pompe era si fattamente l'huomo interno [Pag. 37] di Giorgio lontano, et averso, che fra le delitie, et vanità de gl'arredi occoppiava d'una si essatta continenza, mortificatione, sobrietà, humiltà, et astinenza le doti, che ben di quelli si manifestava, che utuntur hoc mundo tanquam non utantur, et che con la piena possessione di tutte le commodità, come se non le possedesse, nella povertà trionfava. Amantissimo dell'oratione, digiuni, et vigilie, non vi fu impiego, che mai lo potesse da questi suoi santi, et consueti essercitij frenare; et per atto di singolar ammiratione ben degno, osservorno tutti, che nel conferirli gl'allori Maestrali, in tempo che gl'applausi, suoni, et canti gli facevano corona, ei con la mente in Dio rapita solo Salmi, et hinni andava con la bocca repetendo, in ciò mostrando l'interno del suo cuore totalmente dall'esterno del mondo staccato, ne aggradir quelle acclamationi, se non per indi cavarne perpetui motivi di lodarne la divina Bontà. Si notò in Giorgio fin da gl'anni più teneri una totale separatione da gl'affetti del senso; et entrato ne chiostri tale e tanta alienatione conciliò contro il sesso femminile, che fin la propria Genitrice lontana teneva, senza ne pur permettere ella potesse con un lieve tocco di mano esprimerli le svisceratezze materne; onde poi ne passò per la religione ferma, et sicura fama, si fosse Giorgio perpetuamente conservato Vergine, corroborando l'opra le sparse voci, perché sempre più dal senso disgionto, et dalle carnali laidezze, che ne men udir voleva, capitalissimo nemico.

Era dunque il Beato Giorgio del suo celebre Monastero di Cremona Priore l'anno 1442, quando l'occasione di passar più volte da Cremona a Pavia, et quindi ritornarsene in Patria, havendolo a Crema hospite ridotto, ove sotto il commmando del Beato Giovanni di Novara la novella osservanza di Lombardia maravigliosamente fioriva, sentissi di modo con celeste fiamma, et divini ardori accender il cuore d'abbracciar quell'instituto, e hormai satollo della primiera vita, non altro che l'amata osservanza nel seno ruminava, che perciò scritte lettere, et al Beato Padre Giovanni Rocco, et al Beato Giovanni di Novara supplicò riverente volessero [Pag. 38] l'infetta pecorella nel loro ovile raccorre, a fine netta, et purgata dalle lordure, tutta candida, et monda potesse la traccia del divino Agnello felicemente seguire. L'accolsero con serafico affetto li Beati Padri, et spedita a Giorgio favorevole la risposta questi subito data parte al Generale, et Provinciale della presa risolutione, volò lieto in puoche hore al nido desiderato di Crema per quivi apprender più fermi, et sicuri voli d'incaminarsi alle stelle. Qui intraprese il servo di Dio così rigida, et austera vita, che ben come d'un altro Guilelmo dir si poteva: Quantum se in delicijs glorificaverat, tantum sibi tormentum et luctum dabat. Più lingua non haveva, che per discorrer di Dio, et cose divine; occhio, che per contemplar nella terra i principij dell'humane miserie; mano, che per castigar il suo corpo, et ridurlo alla servitù dello spirito; piede, che per cercar la traccia della propria, e dell'altrui salute; et cuore, che per servir d'altare a gl'holocausti del divino amore. Ordinario suo cibo eran herbe, et legumi; morbido letto aspro saccone di paglia, et ben spesso la nuda terra, con durissimi legni, che d'origlieri servivano; cinta recava al fianco rigida catena di ferro, mentre il petto, et schena restavano dal cilicio coperti. Nelle notturne vigilie, echo formava con le sue ferventi orationi all'Angeliche melodie, e sapendo haver le divine preci lega fermata con le lagrime, non mai o di rado orante si vidde, che dalle lacune de suoi occhi non scorressero ad irrigar la terra ruscelli di pianto, bramoso con si fatte batterie l'altissima rocca superare dell'Empireo, et per un mare di liquefatti cristalli pervenire alla Città del Paradiso. Nel sagrificio santissimo della Messa in specie così dirottamente urne versava di lagrime, che gl'habiti sagri non solo, ma lo stesso Altare se ne vedeva bagnato. Affisso si raffigurava alla Croce quel Christo, che sotto le specie di pane adorava, et dal cominciar del Canone fino alla Communione, senza mai staccarsi dalla meditatione del suo Dio estinto, obligava incessamente le pupille al celebrarli lagrimosi funerali; onde gl'astanti tutti a si devoto spettacolo commossi, accompagnavano con l'oblatione [Pag. 39] de proprij gemiti quel funesto tributo di pianto, offrendo avanti quell'ara il cuore, sopra cui Giorgio liquefatto lo consagrava. La dottrina dal buon Padre posseduta così depressa dall'humiltà, et mansuetudine compariva, che a pena se ne vedevano i barlumi; et la dove avanti la bramava dal lusso, et commodità corteggiata, hor voleva tenerse fra più vili, et abietti l'ultimo luogo, intento Giorgio al servir tutti, ministrar a tutti, riverir tutti, che sembrava in Congregatione entrato, per poter con Christo dire: Discite a me, quia mitis sum, et humilis corde.

Passato il Beato Giovanni di Novara l'anno 1443 dalla cura del Monastero di Crema, a quella di Bergamo, entrò il Beato Giorgio nel posto di quella Prioranza, alle sue spalle dal Beato P. Giovanni Rocco addossata; ne senza singolar frutto ne tenne il governo, havendo l'anno stesso dato principio all'erettione della Chiesa, innalzate le mura, et con il tetto copertala. Dispensò in Crema la Quaresima dell'anno stesso la divina parola, dalla cui dolce attrattiva molti, e molti rapiti se li fecero nell'osservanza compagni; indi postosi a regolare, et limare le forme del culto di Dio, molte sagre cerimonie, ad imitatione del Beato Giovanni di Novara introdusse, che poi a perfettione ridotte, ancor di presente, si vedono nella Congregatione osservate. Non era allhora nel Monastero di Crema luogo alcuno, che col nome di clausura vietasse alle donne l'accesso; onde le madri, et vecchie Zie di molti di quei religiosi ivi habitanti apprestavano a loro figli, et nipoti, anzi a tutti ne consueti Ministeri di cucina i bisognevoli soccorsi. Ma entrato il Beato Padre in Priore, subito ne separò la vicinanza, che quantunque col carattere di sante donne fosser venerate, pur all'osservante vita tal separatione giudicò necessaria, in ciò del gran P. Agostino vero seguace, che ne men delle proprie sorelle, per la circostanza delle compagne le visite permetteva. Predicò l'anno seguente 1444 in Milano un tal Venerando Religioso della Lecetana Congregatione Pietro chiamato, che riuscito nell'apostolica funtione, et molto più nella santità de costumi a Cittadini[Pag. 40] gratissimo, fu da questi instantemente supplicato volesse prender in Milano albergo, et con qualche numero de suoi religiosi l'osservante vita introdurvi. Non rifiutò Pietro de Milanesi la caritativa oblatione, ma come bisognasse fin della Toscana richiamasse compagni, seco non havendone alcuno, propose in sua vece il nostro Giorgio Priore di S. Agostino di Crema, e tanto seppe dell'egregie, et religiose qualità del grand'huomo a quei devoti rappresentare, col metterli insieme avanti quanto per l'essecutione del santo desiderio stato sarebbe a proposito il luogo di Santa Maria di Caregnano, (che pur era membro dell'Agostiniana religione), che in tempo brevissimo ne fu scritto, riportato il consenso, stabilito il trattato, et l'osservanza nostra in Milano introdotta.

Correva il mese di Maggio dell'anno predetto, quando il Beato Giorgio con alcuni de suoi religiosi pose in Milano il piede, et fatto pria capo al Monastero di S. Pietro Gessate, ove con humanissimo hospitio l'accolsero quei charitativi Monaci, indi passò al possesso del luogo prescrittoli, allhora detto S. Maria di Caregnano, et hor della Coronata; luogo così dovitioso di miserie, et povertà, che se la Chiesa nuda di sagre suppelletili, et la Sacristia con un lacero apparato di Messa, et calice infelice di stagno un steccato sembravano, ove l'empietà, et il disprezzo havessero con profano braccio ogni cosa desolato; pur la casa totalmente de più necessarij aderezzi spogliata, implorava dalla pietà de vicini fin la limosina d'una bracciata di paglia, che a quei novelli campioni e di sedile servisse, e di letto, ove l'affitte membra potessero riposare. S'andorno intanto pian piano con limosine, et altre industriose forme de più bisognevoli arredi provedendo, aiutati specialmente dall'infiammata charità d'un tal Christoforo in quei contorni habitante, che battendo ogni giorno le più frequentate contrade di Milano, et publicando ad alta voce l'arrivo de nostri frati, servi (come diceva) della Vergine Santissima Incoronata, ne raccoglieva quotidianamente pingui oblationi, che tutte la sera a piedi de Beato Giorgio consagrava; et con le oblationi gran credito [Pag. 41] al luogo guadagnando, il nome di S. Maria Coronata per quella gran Metropoli diffondeva. Ne senza fondamento si glorioso titolo al nuovo Monastero, et Chiesa Christoforo applicava, qual hora il supposto, ch'il nome di Caregnano corotto fosse, et volesse dire Coronata, stato confermato da un miracoloso discoprimento d'un antica imagine di Maria Vergine nel muro dipinta, che con spongia lavata, manifestò lettere esprimenti Santa Maria incoronata; diede ad esso l'impulso di farne per la Città tutta la promulgatione, et indi al nostro Beato di publicarne dal pergamo gl'eventi, cangiato di qui il nome di Caregnano in quello di Coronata, et la devotione cominciata di quel sacro luogo, che poi successivamente fin a nostri tempi continuata si vede. Unitamente con la fama del Convento quella del Beato Giorgio cresceva, che ammirato da tutti, qual vaso d'oro fregiato di ricche gemme di virtù chiamava ogn'uno al riverirlo, et venerarlo; a tal posto di stima, perciò salito che l'Arcivescovo di Milano, detto poi il Cardinale di S. Orosio, a persuasione ancora della prima nobiltà, et più riguardevoli personaggi di Milano, nate alcune dissentioni nel monastero delle Monache di S. Agostino, di questo servo di Dio fece la scielta, perché il governo n'havesse, et qual Angelo di pace l'unione introducesse in quei cuori, ne quali il Padre delle discordie haveva seminato i suoi veleni. Benchè contro sua voglia piegò Giorgio all'obbedienza il collo, onde sparsa per Milano di tal elettione la fama, non si può dire quanto il credito, e della Coronata, e di S. Agostino s'avanzasse, quanto la stima e del Beato Giorgio, e della sua Congregatione s'invigorisse. Giorno non v'era festivo, in cui o al Convento de suoi Frati, o a quello delle Monache non si celebrasse la festività di qualche anima alla Religione guadagnata, et dalla frequenza delle sante prediche del gran servo di Dio svegliata la devotione de Milanesi, offrivano a gara se stessi, et i proprij figli, et figlie a suoi piedi, perché nel numero de suoi eletti li ricevesse.

Molti anni perseverò Giorgio alla sopr'intendenza, et governo [Pag. 42] del Monastero di Milano, anzi potiam dire, che, tolto l'anno del suo Vicariato Generale, fin alla morte lo reggesse. Eran perciò del Beato Padre così note in quella Città le rare prerogative, santi costumi, sublimi dottrine, et eroiche virtù, che cuore non v'era, fosse di grandi, o mezzani, vecchi, o Giovani, huomini, o donne, che come a Padre spirituale di tutti non tributasse riverenti omaggi, et non inchinasse in un sol Giorgio la santità di mille servi di Dio. Bianca Maria la Duchessa di Milano n'adorava le vestigia, et la Corte tutta non mirava Giorgio, che non si componesse in ogni più rassegnata forma di virtù. Portò tal hora il caso arrivasse in Corte il Beato in tempo, che la libertà de corteggiani le permetteva l'applicatione a giuochi, trastulli, trattenimenti, et bagordi; ne si tosto correva la voce Ecco il P. Giorgio, ecco il P. Giorgio che in un baleno nascoste vedevi le carte, et dadi, ammutolite le lingue, composte nella continenza le fronti, et chi non haveva havuto sorte d'occultar la trasgressione, meno ardua aspettarne l'arrivo, che frettoloso confidava all'ombre la propria erubescenza. Eran di Giorgio si soavi, molli, et piacevoli, ma vive, et penetranti le riprensioni, et avvertimenti, ch'obbligava senz'una minima ripugnanza all'emendatione, e chi meritava esser da lui ripreso, molto più tenuto al servo di Dio si confessava, che se accarezzato l'havesse. Quanto manifestava il Beato Padre nelle parole, gesti, moti, portamenti, habiti, costumi, il tutto santità spirava; che perciò vedevasi spessissime fiate al fermarsi astretto o a pranso, o per cena nelle secolari case, non ad altro fine, che per consolar gl'affitti, mitigar le passioni de languenti, ristorar coi suoi conforti gl'infermi, sedar le contese, levar le discordie, giudicar le dissensioni, componer gl'animi aversi, confortar i deboli, rincorar i pusillanimi, ammonir i scorretti, riprender i discoli, et molt'altre opre di charità essercitare, che tutte l'acclamavano del sommo Dio imitatore in esser Padre delle misericordie, et Genitore delle consolationi. Verso la sera era l'ordinario suo ritorno al Monastero, calcando non meno con l'occhio mortificato, che con il piede la strada, [Pag. 43] ma sempre con il cuore alle celesti meditationi intento, et la bocca all'orare, et salmeggiare applicata, in modo che non si sa quando mai d'altro che di Dio, o con Dio favellasse, perchè di Dio ripieno quelle operationi tutte intraprendeva, che pienamente a Dio dedicato lo manifestavano. Qual poi fosse il Beato Padre del Monastero dall'antedette cose si può bastevolmente raccogliere; qui solo aggiongendo, che dopo il mattutino, al qual ogni notte infallibilmente intraveniva, con fervoroso discorso i suoi religiosi alla mortificatione, et disprezzo essortava, con tal efficacia la penitenza persuadendo che molti, et molti con spalle ignude a publica, et volontaria disciplina per mano del Santo Priore si soggettavano. Indi alla cella ritirato di dura sferza armata la destra fra lagrime, et pianti avanti un Crocifisso dalla carne si cacciava il sangue per renderlo nella strada de patimenti più agevole al corso con l'imitatione del Redentore. Non passava giorno, ch'il tremendo sagrificio della Messa nelle consuete lagrimose forme non celebrasse, come pur fra Salmi, et Hinni del suo contrito cuore mischiando i singhiozzi, ben mostrava nodrire nel seno ardente fornace di charità, d'onde aliti infuocati d'amore così di frequente essalavano. Rare erano quelle notti, che lo vedessero addormentato, qual hor così breve sonno alle palpebre concedeva, che si poteva dire non mai havesse chiuse le luci; l'hore notturne in orationi, lettioni, et studij consumando, al più ricoperto con longa, et grossa schiavina, che da rigori del maggior freddo lo riparasse. Mai, ancorchè infermo, il cilicio depose, che le fu fin all'ultimo respiro indivisibile compagno. Amava le più povere, et abiette vesti, rispondendo a chi lo persuadeva per decoro, et grado dell'honestà della persona la scielta delle migliori: Oh Piccinino Piccinino (così spesse fiate i suoi figli chiamava)altre volte nelle troppo delicate vestimenta trascorsi ad offender Dio, hor è di dovere, che in opposte forme a questi trascorsi sodisfi. Alla commune mensa, per quanto le fosse possibile compariva, che da suoi santi discorsi, essortationi, avvertimenti, et ammonitioni condita, [Pag. 44] sembravan le vivande al palato di tutti risparse di Zuccaro, si amabili eran le parole di Giorgio, che le raddolcivano. Pria d'uscir di casa avanti l'altare prostrato pigliava dal suo Dio la benedittione, come pur nel ritorno faceva; et occorrendoli haver qualche parte dell'officio a terminare, non levava il ginocchio da terra, finchè non havesse al suo religioso debito sodisfatto. Suoi impieghi dopo la refettione erano della casa gl'affari domestici, onde da un officina all'altra, da chiostri al Giardino, dalla chiesa a dormitorij passando notava, se cosa veruna havesse bisogno d'emenda, accorrendo col rimedio, ove la necessità richiedeva, svegliando con la lingua all'opra i ministri, et officiali; così tal regola ne famigliari interessi del Monastero ponendo, che ne pur un apice si vedeva di disordini, o un'ombra di sconcerti; meritatamente poscia il servo di Dio fu dopo la sua morte con questo Breve Salmo dipinto: Zelus Domus tuae comedit me.

L'anno 1449 trovossi coi principali della Congregatione sua al General Capitolo di Monte Specchio presente, in cui stabilite di tutte l'osservanze d'Italia le forme de governi, fu egli primiero l'eletto in Vicario Generale di quella di Lombardia, havendone fin a detto tempo, ma senza veruna celebratione di Capitolo, tenuta la reggenza il Beato Padre Giovanni Rocco. Non fu in questo supremo impiego diverso Giorgio da se medesimo, onde sempre più sotto un tanto Padre avanzandosi nel credito la Congregatione, a questa s'unirno li due Monasteri di Como, et Cremona, fatto al Beato Padre ricorso, che n'abbracciò la cura, et si di capo, come di membri bastevolmente provvide. Spirato l'anno celebrò nel suo Monastero di Milano il primo Capitolo della Congregatione, di cui havend'egli, conforme i Decreti di Monte Specchio tenuta la presidenza; indi n'uscì Priore dello stesso Convento suo, che puoco più d'un anno potè governare a vita migliore chiamato. Entrò in questi tempi pian piano il contagio a desolar la Lombardia, che serpeggiando, in Milano pervenuto, fece di quei miseri Cittadini si grosso, et pingue bottino, che come l'estremo [Pag. 45]Autunno scuote l'aride frondi, et per terra le manda, assaliva senz'alcun risguardo l'humane vite, et al suolo le distendeva. Infierita l'arrabiata pestilenza in brevissimo corso di tempo, nei due Monasteri della Coronata, et di S. Agostino l'anno 1451 trenta sei vite recise, fra quali quella porremo del nostro Beato Padre, che dal pestifero morbo ferito in puochi giorni all'Empireo se ne volò. Giaceva il buon servo di Dio, et a lui vicino di cella il suo più caro allievo fra Michele di Milano parimente giaceva. Vietava il fraposto muro a miseri languenti il vedersi, prohibiva la fiacchezza l'alzar la voce per favellarsi, onde col bastoncello percuotendo vincendevolmente la parete, procurava Giorgio alla patienza, et toleranza per amor di Christo rincorar il discepolo, mentre lui sempre più costante qualsivoglia acerbo colpo con somma sofferenza tolerava.

Non apparivan nel Monastero, se non funesti apparati di morte, o tragici spettacoli di moribondi. Solo de sani fra Giuliano era dal Cielo riserbato per soccorso de languenti, quand'ecco per divina special dispositione, dalla sola curiosità eccitato di saper novella de religiosi della Coronata, capitò improviso al Monastero il P. Girolamo di Novara con il compagno Fra Simpliciano, che udita da Giuliano la miseranda strage faceva in quella Casa rabbiosa la morte, perplesso, et ambiguo stava per rivolger il piede; ma all'udire, che fra feriti il Beato Giorgio all'ultimo periodo correva de suoi giorni, postergato il timore, et fattosi della charità scudo entrò coraggioso in quell'horrido steccato, ove non con altri, che con la morte si poteva duellare. Conobbe il Beato Priore esser tal arrivo singolar effetto della divina pietà, onde strettosi al petto Girolamo, et raccomandatali l'anima sua, et de suoi figli, con profetico spirito prenontiò, che dopo la Natività della Vergine Santissima, sarebbe della mano di Dio cessato il flagello, ne più alcuno de suoi figli, o figlie di contagioso morbo percosso caderebbe infermo. Aprì al medesimo del contrito, et addolorato suo cuore gl'arcani, con tale, et si vehemente profluvio di lagrime, [Pag. 46] che chiamata l'haveresti non confessione d'un Santo, ma d'uno de più scelerati peccattori calcassero la terra. S'intitolava il trasgressore de celesti precetti, il falso christiano, l'indegno del carattere battesimale, et al ricever dell'hostia sagratissima, che le fu dal medesimo Girolamo somministrata sur tanti gemiti, et sospiri dal mondo suo seno sollevati, tante le lagrime, et pianti dalle purgate sue pupille grondanti, tanti gl'atti d'ossequio, et humiliatione al sagramentato suo Dio essibiti; si efficaci le suppliche cò quali l'anima li raccomandava; si ardenti i desideri coi quali al suo consortio aspirava; si devoti i ringratiamenti coi quali l'estreme sue obligationi protestava; si infervorate le apostrofi co' quali l'infinita sua pietà implorava, che nell'interno per eccesso di divino amore liquefatto, sembrava svenire, corsa l'anima sopra le labra ad incontrare il desiderato Redentore. Così quel dolcissimo viatico il buon servo di Dio ristorato quasi dormendo spirò l'anima benedetta dopo la mezza notte delli otto Settembre venendo li nove dell'anno predetto 1451, et nelle mani del suo Creatore monda, et purgata da ogni sozzura la consegnò.

Estinto questo gran lume dell'osservanza, trovorno Girolamo, et Giuliano il suo macerato corpo da duplicato cilicio coperto; onde con inconsolabil pianto recatolo alla Chiesa, con meste essequie le celebrorno que' funerali, che da gl'Angeli in Cielo venivano con canti, et giubili festeggiati. La voce di questa perdita svegliò gl'animi de suoi devoti all'implorarne l'intercessione, et quanti offrirno al Beato sopra l'ara della vera fede il proprio cuore, tanti le sospirate gratie fortunatamente ne conseguirno. Vengono fra primi annoverati Luigi Moneta gentilhuomo di Milano, et Bonifacio di Cremona, che dall'haver col mezzo del sant'huomo riportati del Cielo segnalati, et miracolosi beneficij obligati si credettero all'appender alla sua tomba sagre tabelle, che fu poi motivo a tanti e tanti di calcarne le pedate con l'imitatione. Ne dobbiam tacere di quanto al P. Pastore di Torino successe, ch'in predicando nella Cathedrale di Como, da sì improvisi, et violenti dolori, [Pag. 47] si trovò assalito, che semivivo la pietà de Fedeli lo portò al Monastero, ove sempre più afflitto, et tormentato, gemendo, et sospirando correva a briglia sciolta al final termine della morte, quando al Cielo rivolto, dopo invocata la Divina Misericordia, fatto ricordevole del Beato Giorgio proruppe: Ma tu amantissimo P. Giorgio, se appresso Dio puoi cosa alcuna, come per indubitato tengo, che possi, soccorrimi, te ne scongiuro, et se qual figlio m'amasti in terra, maggiormente confido sij per amarmi, hor che in Cielo trionfi. Aiutami Padre. Soccorri l'infelice, che ne dolori languisce. Non chiuse a pena Pastore la bocca, ch'un insolita luce, et soavissimo odore la povera cella riempì, et aperte a tal novità le pupille vidde il Beato Giorgio, che con lieto, et giocondo viso, splendida faccia, et coronato capo, da altri dodici pur di lumi vestiti accompagnato, le stava a fianchi. Ah Padre benedetto, (gridò Pastore) quanto siete bello, quanto bella la vostra compagnia. Menatemi con voi per le viscere di Christo, ne qui mi lasciate. Menatemi con voi. A questo soggionse il Beato Giorgio: o Piccinino tu mi chiamasti, eccomi a te. Qui m'ha inviato il Signore, perché ti consoli. Non devi hora con noi venire; verrai un'altra fiata, se bene operarai. E ciò detto disparve, cessati in quell'istante del buon Pastore i dolori, che sano perfettamente, et libero ne seguenti giorni, con ammiratione de Medici, fu alla salute primiera restituito. Pur in Como penva Fra Steffano infermo, et essendo da Fra Bonifacio consolato, persuadendoli la speme della santità; rispose: Non devo risanarmi fratello no, ch'il Beato Giorgio con la sua compagnia m'ha visitato; et puoco dopo riposò nel Signore. Et il sopra rammentato Fra Simpliciano ferito nel Convento di Milano in un'anguinalia dal contagio s'avanzava a gran passi verso il fine della sua vita; quando con lagrime, et sospiri al Beato Giorgio raccomandatosi, sentì nell'istante medesimo rompersi il tumore della pestilenza, et subito farsi sano.

Da questi, et altri miracolosi prodigi fu il Venerando Servo di Dio a pena defonto acclamato per Beato, onde di lui favellando [Pag. 48] il Molano nel Martirologio d'Usuardo sotto li 16 Agosto così scrisse: Mediolani Monasterio Coronatae Ord. Fratrum Erem. B. Augustini deposito B. Georgij Cremonensis, qui vitae, sanctitatis, et miraculorum gratia insignis fuit; quali parole pria si lessero descritte nel Martirologio del Beato Bartolomeo di Palazzuolo l'anno 1487 alla luce mandato. Et il P. Basilio di Ripa, che fu poi Vicario Generale della Congregatione questo sant'huomo rammemorando nell'oratione da lui fatta l'anno 1468 al Capitolo di Modana, huomo miracoloso, et santo l'addimanda in dire: Quis non audivit celeberrimum nomen Sanctissimi Patris Magistri Georgij, qui tum in vita, tum etiam post dissolutionem corporis miracolorum gloria claruit? Et nell'oratione fatta pro renunciatione Vicariatus nel Capitolo di Casale l'anno 1501 paragona il Beato Giorgio di Cremona, et Beato Giovanni di Novara alli due assistenti di Mosè Aronne, et Ur, perché in Cielo al Beato Giovanni Rocco assistenti scrivendo: Apud quem (silicet B. Io. Rochumest inspicere Beatum illum Georgium de Cremona, Beatumque Ioannem de Novaria tanquam alteros Aaron, et Ur, collaterales, qui sicut in fundatione Congregationis huius viriliter ei astiterunt, ita in illius protectione, et conservatione orantes manus defatigari non sinunt. Et scrive il Merula nella sua raccolta de Santi Cremonesi, che il glorioso Arcivescovo di Milano S. Carlo Borromeo nella visita, che come Apostolico Visitatore fece della Chiesa di Santa Maria Coronata, in cui il santo corpo del Beato Giorgio nella Capella di S. Maria del Popolo, che era alla parte sinistra dell'ingresso di detta Chiesa, giaceva, ordinasse che al luogo della sepoltura del Beato stasse di continuo accesa una lampade, stimando conveniente havesse la luce avanti il suo sepolcro quel Giorgio, che qual stella luminosa nel cospetto dell'eterno Dio fiammeggiava.

In tal modo giacque nella predetta Capella, senza che precisamente il luogo si sapesse per lo spatio di duecento un anno il nostro Beato Padre; quando per ordine del P. Vicario Generale Angelo Maria Sommaripa l'anno 1652 sendosi alla ristoratione [Pag. 49] della Chiesa, et Altari posta la mano, prodigiosamente alli 9 Luglio fu la cassa di piombo scoperta in cui l'ossa benedette di questo Ven. Servo di Dio riposavano, della cui inventione fattosi poscia per ordine dell'Arcivescovato di Milano sotto li 25 Luglio, et mesi seguenti, essatissimo processo non solo fu l'identità del Beato Corpo conosciuta, et confermata, ma il culto ancora, et veneratione, con numerosa copia di gratie, et miracoli, che la pietà dell'Onnipotente si compiacque nei meriti operare del suo dilettissimo servo. Entro la cassa si ritrovò tavola di marmo bianco, in cui con romani caratteri stavano queste parole intagliate: Hic jacet Beatus Georgius de Cremona sacrae paginae professor primus fundator huius Monasterij, qui obijt anno MCCCCLI. V. idus Septembris, mentre nella capella ancora, ove fu il santo deposito ritrovato, longi due braccia dal sito predetto, vedevasi nel muro con antichissimi colori l'imagine espressa del beato da molte votive tabelle recinta, con questo titolo: Beatus Georgius de Cremona, et un breve alla mano che diceva: Zelus domus tuae comedit me. Circa venti segnalate gratie nei meriti, et intercessione oprate dal Beato Giorgio furno in processo riferite.

Di Giuseppe Gioletta d'anni 63 capo mastro della fabrica, che di sei mesi havendo la destra gamba piena di croste, et piaghe, che sopra non vi poteva caminare, toccata la cassa del Beato, quando si scoprì, subito sentì partir il dolore, et fece il seguente giorno più di quattro miglia senza doglia, et in tre giorni la ritrovò perfettamente sana, et da ogni male ripurgata.

D'un figliolino del medesimo Gioletta di mesi sei, che oppresso da febre continua era dato per morto, al quale con l'invocatione del Beato, sendo dato a bere in acqua un puoco [Pag. 50] di quella polvere, che dalla cassa predetta era uscita, subito s'addormentò, et dopo un hora svegliato lieto, et allegro si trovò da ogni infirmità liberato.

Di Antonio Signorino d'anni 30, che di febre terzana per tre settimane aggravato, portatosi pian piano al luogo, ove l'ossa del Beato Giorgio giacevano, invocata l'intercessione sua, et a lui votatosi, si sentì in un momento allegrar il cuore, et sollevar il male, in modo che il seguente giorno potè a consueti suoi lavori, et fatiche ritornare.

D'Angela Maria Vitali fanciulla d'anni sette, che per flussione nell'occhio sinistro durata quattro mesi era per perder la luce, et già i Medici, non vedendo giovare alcun rimedio glie n'havevan fatto l'infelice pronostico, benedetta dal P. Sacrista della Coronata con una reliquia del Beato Giorgio, il seguente giorno si trovò libera, et sana, come se mai alcun male havesse patito.

Di Antonia Luraga fanciulla d'anni tre, et mezzo, che dopo esser stata con la reliquia del Beato segnata, condotta a casa miseramente in volersi lavar le mani cadè nel fosso a sua casa vicino, ove era altezza d'acqua di due braccia. Fu vista di lontano la caduta da un tal Ludovico, ch'era all'hosteria fermato, et osservando sbatter nell'acqua corse, et per un braccio (che solo stava sopr'acqua) presa la fanciulla la cavò quasi morta, che più d'un hora stette a ritornar in se. Rihavuta disse per le prime parole: Io andavo fin all'hosteria, et poi negavo, se non era il Beato Giorgio, che m'ha aiutata.

Di Margarita Castelli Moglie di Bernardino Bianchi, che da gran febre oppressa con evidente pericolo della vita, votata dal Marito al Beato partorì subito una bambina, et dall'infirmità si rihebbe.

Di un figlio di Bartolomeo Giacinti d'anni sette, che per sei anni continui dal catarro stroppiato, non più potevasi ne con mani, ne con piedi aiutare, solo talhora con le crocciole qualche picciol passo formando; portato dalla Madre alla Coronata, et con la reliquia del Beato Giorgio segnato, et a lui votatolo, [Pag. 51] quasi subito si ritrovò fatto sano, mentre il giorno seguente cominciò da sè a camminare, et gettare le crocciole, sempre più s'andò nella sanità rastodando.

Di Camilla Fumagalla moglie d'Antonio Ribaldo, che con l'esser benedetta con la reliquia del Beato, et haver della sua polvere bevuto, fu dalla febre terzana subito liberata.

Di Cattarina Moglie d'Antonio Legnano, che per ostinato mal d'occhi in pericolo di poder la vista, questa pienamente ricuperò con l'esser stata con le reliquie del Beato Giorgio segnata.

Di Pietro Rè, che di febre maligna aggravato, et quasi abbandonato da Medici, col votarsi al Beato, et invocare il suo benedetto nome, nel corso di tre giorni si trovò perfettamente fatto sano.

Di Carlo Bonello, che pur per febre maligna posto su confini della vita, senza più speranza di rihaversi, votato dalla Moglie Margarita al Beato Giorgio, et fattolo a letto con le sue reliquie segnare, si trovò di modo dal morbo allegerito, ch'in quattro giorni fu dalla febbre lasciato.

D'Alfonso Perabo d'anni 42, che per febre terzana, che quindeci hore continue li durava, et passava un mese che n'era afflitto, ad un estrema debolezza ridotto, con l'invocatione del Beato si condusse quasi miracolosamente dalla Parochia di Santa Maria in Porta fin alla Coronata, ove fatto voto al Beato di visitarlo nove mattine, et segnato con la reliquia sua, cominciò ad esperimentarne le gratie, mentre la susseguente febre sette solo hore durò, et l'altra tre, et mezza, che fu l'ultima de suoi languori.

D'antonio Caneva d'anni 43, che per quindeci anni continui sottoposto ad un infirmità, ch'ogni otto, o quindeci giorni al più l'assaliva, gonfiandolo di modo, che pareva morisse; essendoli nel principio d'Agosto all'hore quattro di notte tal male sopravenuto, divenuto tutto gonfio, et pian piano soffocandolo, segnato con la benedetta reliquia del Beato, et bevuta della sua polvere s'addormentò fin alla mattina in cui libero, et sano trovossi, [Pag. 52] senza che più tal morbo venuto fosse a travagiarlo.

Di Giulia Magrina Vedova d'anni deciotto, che per febre continua posta in pericoloso stato, con l'esser benedetta con la reliquia, et votatasi al Beato, si vidde in due giorni fatta sana.

Di Giulia Galimberti d'anni 12, che oppressa da spiriti cattivi sperimentava di continuo acerbissimi dolori, oltre una febre quartana, che per mesi l'haveva afflitta, votata dalla Genitrice al Beato, fattala con sue reliquie segnare, et accese alla sagra sua imagine tre candele, cominciorno la seguente notte a cessarli i dolori, indi successivamente la febre, onde fatta sana, ne rese al Beato sempiterne gratie.

Di Giovanni Reposo d'anni 45, di Giovanni Paolo Lurago, et Carlo Gallo pur nella stessa forma da febre continua liberati, et risanati.

Di Andrea Moraia d'anni 60, che sopragionto all'improviso da grandissimo dolore, che pigliandolo dalla spalla sinistra veniva alla volta del cuore, stringendolo in modo, che quasi morto cadè a dietro in terra; nel cadere invocò il Beato Giorgio, che presto lo sollevò dal male, et potè correr alla Chiesa a renderli le dovute gratie.

Et di Teodora Moglie di Michel'Aangelo Mauritio Galimberto, che per febre maligna misurava il suo vivere non più a giorni, ma a hore, segnata con la reliquia del Beato cessò la febre, et fu presto alla sanità primiera restituita; per tacere dell'innumerabili, che va giornalmente pratticando, et che dichiarano questo Beato Padre uno de più cari a Dio trionfino con Christo nell'eterna gloria; onde fin dall'anno 1475 il Beato Benigno di Genova nel suo Libro de Primordijs Congregat. Lomb. lib. 3. cap. 18 di questo gran servo di Dio, et suoi miracoli scrivendo disse: Neque silendum puto hunc Beatum Mediolani, maxime ubi corpus eius reconditum, et sacellum aedificatum adest, et etiam Cremonae, et alibi quamplurimis claruisse miraculis. Nec non exauditos fuisse, et fore, qui cum fide preces, et vota Beato Georgio porrexerunt.

[Anni di Christo 1449 - Anni della Congregatione 11]