X
Riassunto
Il primo secolo della storia dell'Ordine guglielmita è caratterizzato dal graduale adeguamento della condotta di vita originariamente eremitica a quella dei Cistercensi e dei monaci mendicanti, adeguamento favorito dalla Curia, ma non sempre accolto con soddisfazione dai membri dell'Ordine. Il patrono dell'Ordine, Guglielmo da Malavalle, cercò -secondo quanto è possibile desumere dalle fonti, relativamente avare di informazioni- a motivo dello spirito delle Crociate, di far penitenza per sè e per quanti più suoi contemporanei, realizzando nell'eremo di Malavalle una severa forma di ascesi anacoretica che ricordava gli eremiti del deserto; a tale proposito egli rinunciò ad unirsi ad eremi o ad insediamenti di Ordini più antichi anch'essi situati in Toscana. Gli eremiti riunitisi poco dopo la morte del Santo attorno alla sua tomeba, si sforzarono, nonostante l'inevitabile formazione di comunità, di corrispondere al modello di Guglielmo ed alle regole di vita trasmesse attraverso il suo compagno Alberto, vivendo, come i Certosini ed i primi Carmelitani, in celle singole, in rigido silenzio e in duro digiuno. Verso la fine del XII secolo e l'inizio del XIII, anche altri eremi italiani seguirono la "Regula S. Wilhelmi", come venne definita la condotta di vita degli eremiti, sebbene non sia sicuro che anche in essi sia stato conservato l'isolamento delle celle dapprima usuale a Malavalle. Il primo periodo, prevalentemente eremitico, si concluse sotto Gregorio IX ed il suo successore, Innocenzo IV. Gregorio IX sostituì le prescrizioni della regola guglielmita, non più corrispondenti alle esigenze della crescente comunità, con la regola benedettina e le Costituzioni cistercensi. Innocenzo IV adattò l'Ordine, che a partire dal 1245 si era diffuso con grande rapidità al di là delle Alpi, in parte agli Ordini mendicanti per quanto riguardava le sue Costituzioni ed i suoi privilegi. I Guglielmiti si rifiutarono tuttavia di rimanere nell'unione con i Zambonini, i Brettinesi e gli Eremiti Agostinani di Toscana, realizzata dal cardinale Riccardo Annibaldi sotto il successore di Innocenzo IV; in tal modo essi si rifiutarono di venire assorbiti nel nuovo Ordine pastorale e mendicante degli Eremiti Agostiniani, costituito sulla base di una completa povertà. Essi insistettero per mantenere la loro forma di vita, rimasta fondamentalmente eremitica nonostante l'adattamento di elementi mendicanti, il che fu loro consentito già nel 1256 e confermato definitivamente dieci anni dopo, nonostante la perdita di alcune sedi a favore degli Eremiti Agostiniani. Con questa chiarificazione dei rapporti fra i due Ordini determinata da Clemente IV, ebbe fine un contrasto più antico, da considerare già prima del 1256, fra gli eremiti di Malavalle ed i numerosi eremi riuniti nella congregazione degli Eremiti Agostiniani della Toscana sorta nel 1244. Sembra che gli eremiti, in gran parte aventi un'origine canonica e intenti a collegare in una certa misura la vita nell'isolamento con l'attività pastorale, abbiano concorso in molti casi, nelle loro aspirazioni, comprensibili chiaramente fin dal 1228, alla fusione con i Guglielmiti, la cui formazione religiosa ebbe inizio nel medesimo periodo, all'unione o all'appartenenza dei singoli eremi. Con il definitivo consolidamento dell'autonomia nel 1266 ebbe fine il periodo più denso di avvenimenti della storia dei Guglielmiti. In un secolo, a partire dalle origini eremitiche, l'Ordine era giunto ad essere quasi un Ordine mendicante, senza tuttavia raggiungere -come insegna il suo successivo sviluppo- alcun carattere unitario e ben definito. Nella provincia toscana, che si componeva in massima parte di abbazie benedettine divenute guglielmite, il carattere tradizionalmente monastico dei conventi trasferiti ai Guglielmiti a scopo di riforma, determinò il volto della provincia. I piccoli e miseri conventi della provincia tedesca e di quella francese, spesso venuti ad esistenza attraverso dissodamento e coltivazione, mantennero più a lungo una condotta di vita eremitica, in alcuni casi affine a quella dei Cistercensi; le sedi cittadine, relativamente poco numerose, invece, si avvicinarono più fortemente alle forme di vita e di attività degli Ordini mendicanti, legittimati a ciò dai privilegi papali: una differenziazione, questa, che non fu certamente esclusiva, ma che si rese evidente, al contrario, anche fra i conventi delle singole province a seconda delle circostanze temporali e territoriali. Il rilievo, adeguato di volta in volta alle circostanze, dato ad uno dei modi di vivere che influenzarono l'Ordine nel corso dei secoli, ebbe il vantaggio di rendere possibile ai Guglielmiti, che in competizione con membri di altri Ordini cercavano di fondare conventi, l'insediamento anche in condizioni difficili. Esso era tuttavia anche un punto debole. Le province, nella diversità del loro carattere, si dimostrarono forze centrifughe. Il dualismo fra la provincia toscana e le province ultramontane condusse già nel XIV secolo al dissolvimento dell'unità dell'Ordine. Il forte avvicinamento al carattere di congregazioni religiose più grandi ed allo stesso modo più venerabili per la tradizione ed i meriti dei loro membri, come ad esempio i Benedettini ed i Cistercensi, provocò continuamente il pericolo da cui erano stati sopraffatti gli eremiti di S. Galgano - nati in circostanze simili a quelle dei Guglielmiti - già agli inizi della fondazione del loro Ordine: l'incorporazione, volontaria o coercitiva, nell'Ordine benedettino o in quello cistercense. Il risalto dato al carattere eremitico dell'Ordine e confermato anche dalla Curia, e la delineazione leggendaria della figura del fondatore contribuirono ad evitare l'incorporazione dell'intero Ordine, incombente soprattutto nel XVI e nel XVII secolo, ma non poterono preservarlo dai duri colpi con cui la Riforma, il giuseppinismo e la Rivoluzione Francese lo indebolirono ed infine lo distrussero. Il carattere singolarmente amorfo dell'Ordine, già nel XIII e nel XIV secolo fu occasione per accusare i Guglielmiti di inutilità. Questi rimproveri non ebbero origine soltanto da un campo che nella sua critica all'Ordine anticipò in parte argomenti utilitaristici del XVII e nel XVIII secolo; essi vennero espressi anche in ambienti spiritualistici i quali, sollecitando una radicalità nella condotta di vita, non erano estranei all'ideale dell'ascesi anacoretica in sè. La critica, alimentata da motivazioni diverse, evidenziò un dilemma nel quale vennero a trovarsi non soltanto i Guglielmiti, ma con loro anche altri Ordini eremitici. Il mantenimento dello stile di vita eremitico, assieme alla rinuncia ad una diffusione degna di menzione, ad un'organizzazione, alla costituzione come Ordine e possibilmente come Ordine attivamente dedito all'attività pastorale, furono invece collegati con la perdita della forma di vita originaria. In tale situazione non ci si decise nel senso di un o ... o, ma si giunse necessariamente più ad un sia ... sia, che certamente nel suo modo di agire specificamente guglielmita fu di minore effetto, ma anche meno artificioso rispetto ai tentativi intrapresi dai più antichi Ordini eremitici, per maggiore discernimento, nella problematica dell'eremitismo organizzato, di raggiungere nuovamente e conservare in circostanze completamente cambiate l'originario "desertum" dei padri del deserto, nonostante la formazione di comunità.