Il Cardinale Riccardo degli Annibaldi primo protettore dell'Ordine Agostiniano
Francis Roth OSA

Il Cardinale Riccardo degli Annibaldi primo protettore dell'Ordine Agostiniano

"CARDINAL RICHARD ANNIBALDI FIRST PROTECTOR OF THE AUGUSTINIAN ORDER"(Augustiniana, II - 1952 / III - 1953)

1952-1953
II

L'ORDINE AGOSTINIANO NEL TREDICESIMO SECOLO E LA SUA RIORGANIZZAZIONE SOTTO IL CARDINALE RICCARDO

 

L'ORDINE AGOSTINIANO NEL TREDICESIMO SECOLO E LA SUA RIORGANIZZAZIONE SOTTO IL CARDINALE RICCARDO

Nel 1256 Papa Alessandro IV unì cinque congregazioni di eremiti nell'Ordine dei Frati Agostniani - Ordo Fratrum Eremitarum Sancti Augustini[i] - che divenne uno dei quattro grandi Ordini mendicanti.

Le cinque congregazioni erano:

1 - Gli Eremiti di S. Guglielmo, con la loro casa madre a Malavalle vicino a Siena.

2 - Gli Eremiti di S. Guglielmo, con la loro casa madre sul Monte Favale vicino a Pesaro.

3 - Gli Eremiti di Brettino, diocesi di Fano, nella Marca di Ancona.

4 - I Frati del B. Giovanni Bono, con la loro casa madre a Butriolo vicino a Cesena, anch’essa nella Marca di Ancona.

5 - Gli Eremiti di Sant'Agostino.

 

I primi quattro gruppi erano chiaramente definiti e un numero sufficiente di documenti storici è disponibile per seguire il loro sviluppo e per abbozzarne un profilo. Il quinto gruppo, gli Eremiti di Sant'Agostino, sono stati invece motivo di infinite discussioni fino ad oggi perché è il solo che può discendere direttamente dal monachesimo istituito da S. Agostino in Africa, una rivendicazione tanto aspramente negata quanto sostenuta con fervore[ii]. Oggi si è generalmente concordi nel pensare che Sant'Agostino abbia creato una forma di vita monastica particolare come ogni fondatore di un Ordine religioso[iii]. Nemmeno può esserci alcun dubbio che i suoi seguaci abbiano portato il suo tipo di vita comunitaria nei paesi europei durante la persecuzione dei Vandali ed ancora di più durante la loro fuga dall'aggressione dei Maomettani. Poiché nessun’altra forma di vita monastica, tranne quella di Sant'Agostino, è storicamente conosciuta in Nord-Africa, è impresa vana negare l'origine agostiniana di quelle antiche comunità in Spagna, Francia e Italia che furono fondate da monaci profughi del Nord Africa[iv]. Un problema totalmente differente è la continuità del monachesimo agostiniano attraverso i secoli. Che sopravvivesse è implicito nel grande numero di manoscritti contenenti la Regola di S. Agostino,  dei quali i più antichi risalgono al settimo secolo. In tutti i manoscritti più antichi la Regula Prima, meglio conosciuta come Disciplina Monasterii, era unita alla Regula Secunda o la Regula ad Servos Dei che è conosciuta oggi come la Regola di S. Agostino. Quest’ultima esponeva o spiegava lo spirito profondo del monachesimo, mentre la prima regolava l’andamento della vita quotidiana nel monastero e prescriveva in particolare le leggi riguardanti l'officio divino ed il digiuno[v]. La separazione delle due Regole fu effettuata nell'anno 1118, quando la Santa Sede concesse ai Canonici di Springirsbach, vicino a Treviri, una dispensa dalla Regula Prima così da permettere loro di seguire le nuove regole papali sul breviario e adattarsi ai rigori del clima nordico. La Regula Prima venne sostituita dalle costituzioni fatte dai Canonici stessi, una procedura che fu pian piano adottata da tutti i seguaci della Regola di S. Agostino. Questa accettazione generale della decisione papale del 1118 portò il caos nella forma tradizionale del monachesimo agostiniano come è evidente nel caso di Fontaine Gehard (Fons Giardi, oggi Chatillon sur Colmont, dep. Mayence) che fu la casa madre di tutti gli eremi dei dintorni. Quando Guglielmo, vescovo di Le Mans, dette Fontaine Gehard al monastero Benedettino di Marmoutiers allo scopo di riformarlo, gli eremiti protestarono per quasi cent'anni dicendo che essi avevano osservato la Regola di S. Agostino dall'inizio della loro fondazione e volevano una riforma conforme a quella regola, ma il vescovo Hamelin, che rinnovò la donazione nel 1203, ribattè che gli eremiti non avevano alcuna regola e sia Innocenzo II che Alessandro IV presero una decisione contro di loro[vi]. Il caso di Fontaine Gehard, la cui storia può essere fatta risalire alla prima metà del sesto secolo, indica chiaramente che alcuni eremi agostiniani esistevano da secoli fino a che le loro caratteristiche e il loro nome non furono cambiati dai movimenti di riforma monastica, ma è attualmente impossibile dare prova positiva di tutte le richieste simili a questa perché nessuna ricerca critica è stata ancora fatta e gli storici del passato non hanno avuto la capacità che avrà Mandonnet nella sua nuova valutazione del decreto del 1118. Tale ricerca deve stabilire non solo l'antichità di una casa, ma anche la sua fondazione e il possesso continuo da parte degli Eremiti di S.Agostino,  un compito costantemente ostacolato dalla perdita di documenti e da frequenti cambiamenti di proprietà o da affiliazioni, spesso imposte da poteri esterni[vii]. Non è soluzione alle esistenti difficoltà il ricoprire di ridicolo ogni serio sforzo fatto per sollevare il sipario che nasconde la storia agostiniana tra il settimo e l'undicesimo secolo. Altri Ordini sperimentano gli stessi disagi ogni volta che scrivono la storia reale. I re francesi per esempio avevano prescritto che solo la Regola di San Benedetto potesse essere permessa nei monasteri del loro regno, tuttavia quando Sant’Odilo richiese la sua osservanza gli fu detto che nessuno in Francia conosceva questa Regola, ma che tutti i monaci seguivano la Regola di San Colombano[viii]. D'altro canto non si possono sostenere molti argomenti precedentemente usati per provare l’esistenza di un Ordine degli Eremiti Agostiniani che si era esteso in tutta l'Europa cristiana  prima del tredicesimo secolo[ix]. La vita eremitica agostiniana sopravvisse in singole case[x] o piccoli gruppi di case che riapparvero alla luce della storia durante l'XI e XII secolo, ma furono poco conosciute fino a che le leggi del Concilio Lateranense IV non ebbero effetto e le costrinsero a diventare unità centralizzate. Verso la metà del XIII secolo un gran numero di eremi furono riuniti in un Ordine completamente autonomo, conosciuto come "Fratres Eremitae ordinis sancti Augustini"  ed essi soli formarono il quinto gruppo nella Grande Unione. Molto è stato scritto su questo Ordine ed ogni secolo sembra avere aggiunto la sua parte alla confusione generale, ma Enrico di Friemar, che conobbe Lanfranco, il primo generale eletto dopo la Grande Unione[xi], non ha dubbi che esso fosse la Congregazione della Toscana, il cui primo e unico protettore era il Cardinale Riccardo, sebbene entro il 1256 questa fosse già una congregazione che aveva sfondato i confini locali e avesse fatto fondazioni non solo a Sud, ma anche in Spagna, Portogallo, Francia e Inghilterra. Nel suo Trattato sulla origine degli Agostiniani, Friemar elencò i nomi di alcuni dei priori generali prima del 1256, ma in ogni caso si tratta di superiori della Congregazione di Toscana[xii]. Giordano di Sassonia non fu così esplicito come il suo riverito maestro, ma aderì alla teoria dei Tuscani[xiii]. I bollandisti Henschen e Carpentier, che scrissero storie eccellenti sui frati agostiniani nelle loro vite di S. Guglielmo e Giovanni Bono seguirono le loro orme[xiv] e G. A. Little, uno delle principali autorità nella storia dei frati, concordò con le loro affermazioni[xv]. Sebbene queste affermazioni siano chiare, la storia di queste congregazioni è velata e oscura e i seguenti abbozzi chiariranno solo alcuni dei problemi esistenti.

 

IL PROTETTORE DEGLI EREMITI DI TOSCANA

La vita monastica in generale e la vita eremitica in particolare avevano conservato una notevole possibilità di individualismo fino al Concilio Lateranense IV che richiese che tutte le comunità religiose fossero guidate da una delle Regole approvate e che conventi indipendenti dovessero formare unità provinciali con un superiore comune conformemente all'esempio dato dall'Ordine Cistercense[xvi]. I Conventi od Ordini esistenti che non avessero osservato questa legge avrebbero perso il diritto ad una ulteriore esistenza. Le conseguenti richieste di avere una regola e l'approvazione della Santa Sede segnano in molti casi la prima apparizione di comunità religiose negli annali della storia. Molte di loro preferirono la Regola di Sant'Agostino perché questa cambiava poco il loro precedente modo di vivere e permetteva loro di conservare le proprie costituzioni. Più difficile, e perciò più lenta, risultò la formazione di unità provinciali sotto un comune superiore, perché ciò significava l'abbandono di molti diritti individuali, un nuovo orientamento e una supervisione più rigida. Ma Roma insistette su queste richieste e sfruttò ogni opportunità per raggiungere il suo scopo. Quando per esempio nel 1231 gli eremi di Lecceto e Montespecchio richiesero la Regola di Sant'Agostino, si dice che il vescovo di Siena lo estendesse a tutti gli eremi di quella regione[xvii], dando così loro l'impressione che essi fossero considerati come uno solo. La più vecchia unità provinciale conosciuta tra gli eremiti di Toscana fu la Congregazione di Lucca, spesso chiamata dagli storici dell'ordine la Congregazione di Lupocavo, che venne creata nel 1228 quando tredici eremi si unirono in San Colombano fuori le mura di Lucca[xviii]. I loro nomi erano:

1   - S. Maria di Spelonca sul Monte Moricone vicino a Lucca.

2   - San Giacomo di Cella o Cella di prete Rustico, anche chiamata Colledonico vicino a Miati.

3   - S. Maria Maddalena in Valle Buona vicino alla Versilia, anche chiamata Val di Castello.

4   - S. Maria di Monteforte

5   - S. Maria Maddalena di Valle Buona in Garfagnana.

6   - San Giorgio e Galgano di Valle Buona in Garfagnana.

7   - San Francesco sul ponte di Chifenti, anche conosciuta come Ventoso.

8   - S. Maria dell'Annunciazione sulla montagna di Brancoli.

9   - S. Maria sulle montagne di Compito in Valleromita o Fontanella.

10 - San Bartolomeo sul Monte Vorno.

11 - San Michele di Buti (o Buci) nel distretto di Cerreto.

12 - San Salvatore di Cascina sulle montagne di Pisa.

13 - S. Maria di Rupecava (o Lupocavo) vicino a Flesso.

 

Solo poche transazioni di beni immobili e alcune concessioni di indulgenze parlano della loro esistenza e non molti uomini escono da questo nebbioso passato per lasciare i loro nomi ai posteri. Due di loro vengono chiamati priori generali: uno è Giovanni Onesto della Spelonca che guidò l'Ordine sotto Alessandro III e l'altro, conosciuto come Giovanni della Cella, occupò la medesima posizione sotto Innocenzo III.  Se queste date di Enrico Friemar sono corrette, allora il periodo della loro carica precedette l'unione del 1228 e pertanto quest’ultima potrebbe non essere interamente una nuova formazione, ma solo una affiliazione di alcuni conventi ad una già esistente coalizione. Non solo per il suo nome è conosciuto  fra Stefano, uomo importante che ricevette l'abito nel 1203, fu nominato priore di Cataste nel 1215 e aiutò a fondare S.Galgano mandando quattro dei suoi frati in aiuto di fra Andrea. Probabilmente questi è lo stesso fra Stefano che nel 1243 andò con fra Ugo a Lione, dove risiedeva allora Papa Innocenzo, per richiedere l'unione di tutti gli eremiti di Toscana sotto un’unica regola ed un solo priore generale.

 

L'UNIONE DEL 1244

Il Papa acconsentì immediatamente ed ordinò al Cardinale Riccardo Annibaldi, che era a quel tempo incaricato della Curia Papale a Roma, di realizzare questa unione e a questo scopo lo nominò corrector e provisor degli eremiti in questione[xix]. In obbedienza a queste direttive papali, Riccardo convocò una riunione nel marzo 1244, alla quale ogni convento degli eremiti di Toscana -con l'eccezione dei Guglielmiti- doveva mandare due delegati con piena autorità di decidere a nome dei loro confratelli. Questo capitolo generale fu tenuto a Santa Maria del Popolo a Roma presieduto dal cardinale che era assistito dagli abati Cistercensi di Fossanuova e Fallera, poiché il canone 12 del Concilio Lateranense IV, che introduceva i capitoli generali per tutti i religiosi, decretava: "Nell'introdurre queste nuove disposizioni fate in modo che due abati dell'Ordine Cistercense, di due monasteri vicini, siano invitati per dare consigli e opportuna assistenza dal momento che tra loro la celebrazione di tali capitoli è da lungo tempo praticata[xx]. Gli atti di questo capitolo, che già nel 1259 venne chiamato il primo capitolo generale dell'Ordine[xxi], non esistono più,  ma Papa Innocenzo IV ne elencò i punti più salienti quando li confermò con la Bolla Pia desideria del 31 marzo 1244[xxii]. Il punto più importante era l'accettazione generale di una Regola approvata per conformarsi alle norme del Concilio Laterano IV. I frati riuniti non ebbero scelta al riguardo, poiché nella lettera di convocazione il Papa aveva imposto la Regola di Sant'Agostino; tuttavia non avrebbe probabilmente preso questa decisione se la maggioranza degli eremi non avesse già precedentemente seguito questa regola. Interessanti sono i dettagli che riguardano il nuovo abito. I sacerdoti ebbero l’ordine di indossare un abito nero con uno scapolare bianco e un mantello nero, mentre i fratelli laici un abito nero con uno scapolare nero e un cappuccio nero. Sacerdoti e fratelli laici dovevano entrambi cingere l’abito e lo scapolare con una cintura di cuoio. Questa combinazione di colori era chiaramente Cistercense con l'ordine dei colori rovesciato per i sacerdoti. La disposizione fu ribadita dal Papa , ma il problema dell’abito indica che dovevano esserci state delle proteste contro i Toscani  simili a quelle altrettanto veementi fatte contro i frati di Giovanni Bono e gli Eremiti di Brettino. Ogni volta che i Toscani lasciavano le loro dimore, dovevano portare un bastone, il simbolo degli eremiti. Nel sec. XVI le nuove costituzioni approvate da Innocenzo IV erano ancora osservate nel convento di Lucca[xxiii], ma dal compendio ufficiale dei privilegi papali, mandato nel 1354 dal priore generale Tommaso di Strasburgo a tutte le case dell'Ordine, appare evidente che il documento papale a Lucca non era che l'originale o una copia ufficiale della Bolla Pia Desideria; infatti Tommaso scrisse: "Item Alexander IV primas constitutiones nostras aliquas factas de consilio Ricardi sanct Angeli Diaconi Cardinali et abbatum de Falera et Fosse Nove Cisterciensis Ordinis, repertas in Registro Innocentii Pape IV, confirmavit[xxiv]. Il silenzio della Bolla Pia desideria su argomenti diversi dall’abbigliamento è prova sufficiente che nulla fu aggiunto che non fosse pratica comune tra gli eremi uniti, e che una completa indagine sulle consuetudini Cistercensi potrebbe contribuire poco[xxv] o nulla alla comprensione del loro modo di vita. Molto di più si dovrebbe ottenere da studi dettagliati di regole eremitiche come i Bollandisti hanno fatto per la vita di Giovanni Bono. Sarebbe interessante conoscere le cause immediate, le discussioni e le difficoltà connesse con l'unione del 1244. Papa Innocenzo IV non specifica i motivi della sua affermazione: "Noi non vogliamo che ancora a lungo voi siate come pecore erranti senza pastore, che vagano dietro le tracce lasciate dal gregge[xxvi], ma sembra porre in rilievo la loro precedente mancanza di organizzazione. Se questo giudizio volesse esprimere altre cose, non lo sappiamo; ma gli eremiti riuniti lo sapevano e obbedirono, sebbene alcuni di loro aderissero all'unione solo a determinate condizioni. Così Aldobrandino, priore dell'eremo di San Matteo in Lepori (Firenze), divenne affiliato a condizione che rimanesse superiore a vita della sua fondazione e ricevesse una regolare rendita[xxvii], condizione che creò molte complicazioni dopo la Grande Unione, quando gli Agostiniani accettarono l'assoluta povertà. Malcontento verso i nuovi superiori si verificò nell'eremo di Santa Maria di Lupocavo che ricevette nel 1248 un permesso papale con il quale si concedeva che non fosse costretto “all’accoglienza, alla visita e al controllo finanziario da parte dei priori e dei visitatori dell'Ordine di Sant'Agostino[xxviii]. Comunque le difficoltà furono superate, poiché nel 1250 Lupocavo era ancora membro della Congregazione di Toscana, ed è pertanto contrario alla diretta testimonianza dei documenti considerare Lupocavo capo di una speciale congregazione che si unì all'Ordine nel 1256[xxix]. La Congregazione di Lucca, della quale Lupocavo era stato uno dei membri, aderì all'unione del 1244 e non fu più una unità indipendente, sebbene ci potrebbe essere qualche dubbio su parecchie altre case vicino a Lucca. Solo tre superiori generali della Congregazione Toscana sono conosciuti per nome: Fra Matteo diresse l'Ordine nel 1250, frate Aiuto nel 1252 e Filippo (Dexter) di Parma governò immediatamente prima del 1256[xxx]. Col completamento della loro unione i Toscani crebbero velocemente di statura attraverso la moltitudine di privilegi che essi ottennero per mezzo del Cardinale Riccardo e che li resero un Ordine religioso completamente autosufficiente. Nel 1244 ricevettero l'importante e tanto desiderato beneficio contenuto nella costituzione Religiosam vitam eligentibus[xxxi]che li rese soggetti direttamente alla Santa Sede, li esentò da tutte le decime e tasse, dette loro il diritto di eleggere il loro superiore generale[xxxii] e di seppellire nel loro cimitero non solo i loro membri, ma anche i laici. Essi dipendevano dal vescovo solo per le consacrazioni e la creazione di nuove case. Un altro decreto papale che rimase in vigore tra gli Agostiniani del tempo accordò loro l'uso del breviario Romano perfezionato[xxxiii]che differiva dai precedenti breviari principalmente per un migliore ordinamento e una maggiore concisione. Un terzo grosso vantaggio ottenuto per gli sforzi del Cardinale Riccardo fu la concessione della residenza dell'Ordine al centro della Cristianità. I superiori della nuova congregazione erano frequentemente chiamati a Roma per consultazioni con il loro protettore, ma qui trovavano piuttosto difficile soggiornare a lungo poiché erano obbligati ad alloggiare con estranei e non avevano un luogo dove mettere al sicuro le loro cose. Riccardo rimediò a questa situazione dando loro l'antico monastero di Santa Maria del Popolo che era appartenuto ai Francescani; un fatto che solo di recente è stato scoperto dagli storici di entrambi gli Ordini. I Francescani si spostarono all’Ara Coeli che era appartenuta ai Benedettini, che protestarono per la perdita, ma senza risultato[xxxiv]. Le scarse notizie sulla storia degli Eremiti di Toscana si arricchirono grandemente a seguito della scoperta di uno strumento di vendita redatto il 3 maggio del 1250 nel capitolo generale di Cascina[xxxv] e firmato dai superiori presenti che aggiunsero ai loro nomi quelli delle loro case. Di conseguenza possiamo conoscere l'esistenza di 61 fondazioni, delle quali solo quindici erano designate come eremi, sebbene tutti questi posti avrebbero dovuto essere chiamati con questo nome, poiché i Toscani avevano la consuetudine di chiamare i loro insediamenti eremi persino dopo che essi si erano trasferiti nelle città. Alcune delle case menzionate in questo capitolo furono annoverate nei secoli seguenti tra le più importanti nella storia Agostiniana, mentre altre sono ora completamente dimenticate, tanto che neppure un lavoro dettagliato come il Dizionario della Toscana[xxxvi]del Repetti li menziona. Noi indicheremo i loro nomi e la loro storia che è disponibile in una speciale appendice a questo lavoro. E’ comprovato che solo sei eremi esistevano prima del sec. XIII. Il più antico e autentico documento è un privilegio rilasciato a Lecceto nel maggio del 1144[xxxvii] da Papa Lucio II,  ma il più rinomato tra gli eremi italiani dell'Ordine Agostiniano risale probabilmente al sec. XI,  poiché la bolla non pubblicata Pia Postulatio del 19 luglio 1255 garantiva ad esso tutti i privilegi che aveva ricevuto sin dal tempo del Vescovo Zalfredo, che guidò la diocesi di Siena dal 1088-1127[xxxviii]. Lupocavo (o Rupecava) esisteva prima dell'anno 1153, Acquaviva nel 1163 e Spelonca nel 1187. I Bollandisti dubitavano che questa antichità provasse la connessione con le fondazioni di eremiti profughi dall'Africa. La loro obiezione era basata sull'ordine di Papa Gregorio IX al vescovo di Siena il 3 gennaio 1231 di dare a Lecceto, a Montespecchio e ad altri eremi della sua diocesi una regola idonea[xxxix]. Questo ordine fu la risposta alla richiesta di quegli eremiti che alla loro entrata nel monastero rinunciavano ai loro possedimenti, facevano voto di castità e obbedienza ed indossavano l'abito dei religiosi, ma volevano una regola che disciplinasse l’ufficio divino e "altre cose". I Bollandisti pensavano che questo documento fosse prova sufficiente che gli eremiti non avevano alcuna regola (almeno non una regola approvata), ma questo non può essere applicato a tutti gli eremiti di Toscana. I pochi documenti ancora disponibili rivelano che almeno alcuni di loro seguivano la Regola di Sant'Agostino, ma incontravano gli stessi disagi come quelli riscontrabili a Fontaine Gehard. Gli eremiti di Morimond per esempio avevano mantenuto la Seconda Regola di Sant'Agostino, ma avevano accettato i regolamenti di San Damiano per riempire il vuoto creato dalla perdita della regula prima[xl]. Sembra che la maggior parte delle fondazioni enumerate nello strumento del 1250 sia di origine recente e il loro grande numero testimonia l’abbondanza di vocazioni.  L'aumento dei loro membri e l'influenza del loro cardinale protettore trapiantò il monachesimo agostiniano di Toscana in altre parti d’Europa e rese necessaria una estensione dei suoi privilegi a tutte le loro case "ovunque esse fossero situate"[xli]. Questa concessione di Papa Innocenzo IV coincise con la prima apparizione delle colonie a nord delle Alpi e non vi sono dubbi che almeno alcune di loro furono fondate dalla Congregazione Toscana. E’ anche la prima testimonianza di un cambiamento veramente importante che avvenne durante gli anni immediatamente successivi e consistente nell’omissione delle parole "in Toscana" e nel rivolgersi ai frati semplicemente come Eremiti di S. Agostino; il cambiamento non è evidente in ogni singolo caso, ma è presente in diverse occasioni e porta alla conclusione che, o perché diventato di uso comune, o introdotto di proposito, gli Eremiti di Toscana venivano ormai considerati come “l'Ordine di Sant'Agostino”, specialmente dopo che l'espansione in altri paesi rese obsolete le limitazioni locali. Per questa ragione siamo convinti che l'importante bolla Hiis qui pro animarum del 31 luglio 1255 col suo dettagliato sistema di governo fosse indirizzato a loro e il punto di vista contrario di E. Esteban non è sostenibile. La sola difficoltà nell'attribuire questo documento ai Toscani nasce esclusivamente dall’assegnazione dello stesso nome ai Zanbonini nell'anno 1252 e questa duplicazione di titoli fu un altro mezzo per promuovere l'unione finale tra questi due gruppi. Se la presenza di "fra Rainaldo da Polverigi della Marca di Ancona e ora ospite dei frati dell'Ordine di Sant'Agostino in Toscana e del Ducato di Spoleto[xlii] alla vendita della proprietà per conto del convento di Gubbio, che apparteneva ai Brettinesi, abbia qualche significato o sia semplicemente accidentale è difficile da determinare fino a che non verranno alla luce ulteriori documenti. La richiesta degli eremiti Stefano e Ugo per l'unione di tutti gli eremiti di Toscana non derivava da motivazioni interessate, ma dall'obbedienza alla legislazione papale, che vedeva nell'unione di gruppi sparsi e di case individuali un mezzo per migliorare la vita monastica e una possibilità di superare i pericoli derivanti dai predicatori eretici vaganti, per mezzo di affiliazioni più vicine alla Santa Sede, di un controllo più severo degli individui e di una educazione dei frati per renderli più abili in una cura attiva delle anime. Che questa partecipazione attiva fosse desiderata è evidente dalle varie concessioni circa la predicazione e l'ascolto delle confessioni fatte dopo l'unione del 1244[xliii], ed il trasferimento dell'eremo di San Matteo di Lepori nella città di Firenze indica il cambiamento di ideali e scopi che ebbe luogo nella congregazione.

 

I GULIELMITI[xliv]

Questi eremiti ricevettero il loro nome da San Guglielmo di Malavalle che morì nel 1157.  Egli non fondò un Ordine né scrisse una regola, ma i suoi seguaci cercarono di imitare il più strettamente possibile la sua quotidiana vita di preghiera e mortificazione come descritta dal suo discepolo Alberto e queste pratiche furono chiamate le consuetudines Sancti Guilielmi  e qualche volta la regola di San Guglielmo. La canonizzazione di questo grande penitente nel 1202 attrasse molti candidati all'Ordine, ma quando solo pochi riuscirono a vivere secondo il suo rigore, la regola fu mitigata da Gregorio IX; dopo di che l'Ordine si espanse più rapidamente, si diffuse in Francia, Germania e Ungheria, ma non fiorì come gli altri grandi Ordini. Nel 1235, in un capitolo tenuto a Bernardfagne, in Belgio[xlv], esso contava due case in Francia, due in Germania e otto in Belgio in aggiunta a quelle in Italia, che non avevano mai superato il numero di sedici abbazie e tredici praepositurae. Al tempo della loro massima espansione, nel 1435, i Guglielmiti possedevano solo cinquanta abbazie[xlvi].  Non si sa quando e perché essi si divisero in due gruppi in Italia, ognuno avente il proprio generale: un gruppo soggetto alla casa madre di Malavalle, anche conosciuta come Stabulum Rhodis e l'altro a Monte Favali[xlvii], ma tutte le case ultramontane sembra siano state sotto la giurisdizione di Malavalle. Obbedendo al Concilio Lateranense entrambi i gruppi di Guglielmiti scelsero la Regola di San Benedetto[xlviii] e non un solo documento può esser addotto a sostegno dell’opinione[xlix] che alcune case Guglielmite seguirono la Regola di Sant'Agostino e che solo queste furono incluse nell'unione del 1256; tutti i documenti disponibili parlano solo della Regola di San Benedetto e l’ordine papale del 9 aprile 1256 certamente includeva le case che seguivano quella regola. L'abito dei Guglielmiti era quello degli eremiti: un abito grigio di lana con maniche molto ampie e lunghe e stretto da una cintura. Ogni volta che i Guglielmiti lasciavano i loro eremi, dovevano portare un bastone[l], il segno degli eremiti. Il colore del loro abito non causò proteste da parte degli altri Ordini fino a che vissero delle rendite delle loro proprietà e di elemosine.

 

I FRATI DI GIOVANNI BONO

Un grande penitente, alla stregua di San Gugliemo di Malavalle, fu San Giovanni Bono[li] o Zanebono. Questi nacque verso il 1168 a Mantova, dove anche morì nel 1249. Non abbiamo dati riguardanti la sua vita fino al 1209, quando si ritirò a Butriolo distante due miglia da Cesena, una città episcopale dell'Italia settentrionale, e nella solitudine di una grotta cominciò una implacabile lotta contro se stesso in uno stato di incredibile penitenza e costante preghiera.  Subito attrasse l'attenzione di un gruppo di discepoli che si riunirono presso di lui per "imparare il giusto servizio a Cristo". Secondo i primi cronisti agostiniani, uno dei suioi discepoli fu San Francesco d’Assisi. Nel sec. XVII questa asserzione sollevò una vivace controversia tra il famoso storico francescano L. Wadding e l'agostiniano Thomas Herrera[lii].  Ora è stato stabilito definitivamente attraverso l'edizione critica dell’opera di Giordano di Sassonia che il brano riguardante il "monachesimo agostiniano di San Francesco" fu aggiunto in certi manoscritti italiani un centinaio di anni dopo che Giordano aveva compilato il suo lavoro[liii]. Un esame critico dei manoscritti di Enrico di Friemar porta alle stesse conclusioni. Il Bollandista Edzard Carpentier giunse alle giuste conclusioni attraverso la testimonianza storica degli Atti del Processo di Canonizzazione che non lascia dubbi sul fatto che Giovanni Bono iniziò la sua vita di penitenza circa nell'anno 1209, l'anno in cui San Francescò iniziò il suo Ordine. Perciò egli non poteva essere stato un discepolo di Giovanni Bono i cui frati iniziarono a radunarsi attorno a lui solo nel 1217. La bolla Admonet nos del 15 aprile 1253[liv]ci da un chiaro profilo della storia dei Zanbonini chiarendo che molti si unirono a Giovanni Bono quando diventò nota la fama della sua conversione. Non appena egli vide che i suoi discepoli erano decisi a restare, egli si rivolse al vescovo Otto di Cesena ed ottenne il permesso di formare una comunità religiosa a condizione che il vescovo e i suoi successori potessero sempre avere piena giurisdizione su di essa. Giovanni si mise immediatamente al lavoro e costruì una casa e una piccola chiesa per i suoi seguaci; ma il loro numero e qualità crebbero talmente che fu costretto a fondare numerosi nuovi eremi. Riconobbe quindi che la fondazione di una nuova congregazione religiosa era inevitabile e, dal momento che lui e i suoi frati non seguivano una delle regole approvate come richiesto dal Concilio Lateranense, fu mandata una delegazione a Roma per chiedere la Regola di Sant'Agostino. Questa fu concessa verso il 1225 e da quella data i frati di Giovanni Bono furono approvati ufficialmente e "considerati regolari"[lv]. In aggiunta alla regola approvata essi seguirono le loro costituzioni delle quali si conoscono solo pochi dettagli[lvi]. Dopo l'approvazione papale Giovanni Bono e i suoi frati misero da parte l'abito di penitenza e presero l'abito degli eremiti che consisteva in una tunica grigia alla quale era attaccato un cappuccio ed era stretta alla vita da una cintura[lvii]. Questo abito era quasi uguale a quello dei Francescani e, poiché anche i Zanbonini erano mendicanti, fu inevitabile che essi ricevessero elemosine destinate ai Francescani. La controversia che ne derivò fu portata davanti ai legati papali, il Cardinale Tommaso di Sabina e Rainaldo di Ostia, dopo di che, nel 1240, Papa Gregorio IX prescrisse loro un abito nero o bianco con una larga cintura e il bastone[lviii]. I Francescani erano anche convinti che la somiglianza degli abiti li privasse di canditati e non esitarono ad andare a Butriolo per portare via dei candidati dei Zanbonini per portarli nel loro Ordine[lix]. A dispetto di queste difficoltà l'Ordine continuò ad espandersi e nel 1251 era diviso in tre Provincie: Lombardia, Marca Trevisana e Romagna[lx]. Il numero dei frati non può essere determinato. Solo di Butriolo si sa che vi risiedevano trenta membri nel 1240 e di Parma è detto che vi erano “molti frati[lxi]. Gli storici agostiniani affermarono che i Zanbonini possedevano trenta case nel 1231 e circa sessanta nel 1256[lxii], ma fino ad ora si è riusciti a localizzare solo i dodici eremi menzionati nel processo di canonizzazione[lxiii] e circa altri quattordici da altre fonti[lxiv], però ci si è trovati di fronte ad una totale mancanza di ricerche storiche circa i monasteri del Nord Italia.  Dalle note sparse nel processo possiamo ricavare un quadro più o meno completo dell’aspetto fisico delle fondazioni di Giovanni Bono. Tutte erano collocate fuori dalle città, ma sufficientemente vicine per poter provvedere alle necessità della vita e per trovare velocemente un rifugio dentro le mura delle città durante le frequenti guerre di quel periodo. Quando il visitatore si avvicinava al convento era ricevuto al portone da un frate e veniva portato alla casa degli ospiti che era costruita vicino alla chiesa. Gli estranei non erano ammessi al refettorio comune, regola che troviamo espressa chiaramente anche negli statuti di Brettino. I visitatori potevano entrare nella chiesa in prossimità della quale erano situate le singole celle di quei frati, ai quali dopo una lunga e completa preparazione, era consentito di condurre una vita solitaria. Gli altri membri vivevano nella “casa” o monastero. E’ anche fatta menzione di due chiostri. Nel chiostro maggiore era permesso parlare in certe ore del giorno; nel minore, vicino al cimitero, veniva rispettato il silenzio perpetuo[lxv]. Sebbene agli inizi la maggior parte dei membri probabilmente fossero frati laici, il numero dei sacerdoti crebbe velocemente e grazie alla loro preparazione e all’ordinazione assunsero gli incarichi del superiorato. Essi esercitarono il loro ministero attraverso la preghiera[lxvi], l’ascolto delle confessioni e la recita del divino officio. I fratelli laici facevano i lavori di casa, raccoglievano elemosine, costruivano nuovi edifici e praticavano il loro mestiere d’origine. Sia i sacerdoti che i laici erano educati a passare molto tempo in preghiera e a fare penitenze molto dure[lxvii]. La precedente posizione sociale non determinava la posizione nella comunità, un povero poteva diventare sacerdote e un nobile rimanere un frate laico[lxviii]. La presenza a Butriolo di suddiaconi e diaconi suggerisce l’esistenza di qualche tipo di scuola monastica; questi membri diventavano sacerdoti diversi anni dopo il loro ingresso in convento. Ma ciò che più di tutto induce a ipotizzare l'esistenza di tale scuola è il fatto che erano entrati nell’Ordine ragazzi di dodici, quindici e sedici anni. C’era un noviziato, ma non abbiamo documentazione sulla sua durata[lxix]. Il beato Giovanni Bono diresse la sua comunità solo mediante il potere della sua santa personalità;  egli non era consacrato o dotto; in verità non sapeva né leggere né scrivere[lxx]. Verso la fine della sua vita sorsero difficoltà dovute all’inattesa espansione del suo Ordine ed alla promessa fatta al vescovo di Cesena , che cioè egli ne avrebbe mantenuto il pieno controllo. Mentre questa promessa fu facilmente mantenuta all’inizio, divenne molto gravosa quando furono fondati monasteri in altre diocesi. I membri più lungimiranti (specialmente quelli dei monasteri più lontani) lavorarono di conseguenza per l’indipendenza dal vescovo di Cesena, ma furono avversati dai frati di Romagna e specialmente da quelli di Butriolo. Giovanni Bono riconobbe la necessità di un cambiamento, ma apparentemente non voleva spezzare la sua promessa al vescovo di Cesena e, perciò verso il 1243 si dimise dall’incarico di superiore generale. In sua vece egli nominò il sacerdote Fra Matteo di Modena come priore di Butriolo e di conseguenza questi divenne anche superiore generale[lxxi]. Fra Matteo era entrato nell’Ordine nel 1217 ed era perciò uno dei membri più anziani[lxxii]. Dopo che egli ebbe governato l’Ordine per diversi anni, la discordia tra i frati scoppiò apertamente quando molti novizi fecero la professione a lui come priore generale e non come priore di Butriolo. Subito dopo, nel 1246, due frati andarono a Lione, dove ottennero da Papa Innocenzo IV non solo un protettore in Guglielmo Fieschi[lxxiii], cardinale diacono di S. Eustachio, ma anche un privilegio indirizzato “al priore di S. Maria di Butriolo e ai priori e frati soggetti a lui”.  Con questa mossa essi cercavano di mettere in scacco i loro confratelli che non volevano un superiore generale legato a Cesena, ma indebolirono la posizione di Matteo in tale misura che nel 1249 egli convocò un capitolo a Ferrara dove si dimise dalla carica di superiore. I frati di Romagna dichiararono illegittime le sue dimissioni perché egli non aveva eletto prima i definitori come prescritto dagli statuti; dopo di che Matteo elesse i definitori e nuovamente rassegnò il suo ufficio. Ciò irritò i suoi oppositori a tal punto che questi abbandonarono il capitolo. I frati rimasti elessero Fra Ugo (o Ugolino) di Mantova[lxxiv]superiore generale e decisero che la formula di professione dovesse essere: “ Io N... faccio professione e prometto obbedienza a Dio e alla Beata Maria e a te, priore generale degli Eremiti di Giovanni Bono”. Tutto questo fu confermato dal delegato papale, il vescovo di Aquileia. L’opposizione da parte sua convocò un altro capitolo nel quale venne eletto il sacerdote Fra Marco[lxxv], che fu confermato dal vescovo di Cesena[lxxvi].  In questo modo l’ordine fu diviso in due ed ogni superiore generale scomunicò gli appartenenti all’altro gruppo, ma fino a che entrambe le parti pensavano che la loro posizone fosse giustificata dalla approvazione della legittima autorità, non si turbarono per la scomunica e dissero Messa, ricevettero gli Oridini Sacri e fecero la professione religiosa per tre anni, prima che sorgessero seri dubbi sulla loro validità.  I frati pertanto invitarono il loro Cardinale Protettore Guglielmo Fieschi a dipanare la questione e questi nominò come suoi rappresentanti il neo-eletto vescovo di Padova e il francescano fra Simone[lxxvii]. Su loro raccomandazione entrambi i superiori generali si dimisero e nel 1252 al Capitolo di Bologna Lanfranco di Milano fu eletto priore generale. Il Cardinale Guglielmo approvò l’elezione e prese le seguenti decisioni confermate poi da Roma: Il Generalato non doveva essere limitato ad una persona e a un luogo; ogni generale appena eletto doveva essere confermato dalla Santa Sede; l’Ordine doveva essere chiamato Ordo Heremitarum e la formula della professione doveva essere “Io, N..., faccio professione e prometto obbedienza fino alla morte a Dio, alla Beata Vergine Maria e a te, Priore Generale dell’Ordine degli Eremiti, e ai tuoi sucessori secondo la Regola di Sant’Agostino e gli Statuti di questo Ordine”.  Così lo scisma finì. Ma esso a quel tempo creò una tal confusione che si pensò che i fratelli separati della Lombardia fossero la mitica Congregatio Insubrica della quale parleremo più avanti.

 

IL TERZ’ORDINE DI GIOVANNI BONO

Giovanni Bono era un predicatore di grande abilità[lxxviii] e si rivolgeva regolarmente alla grande folla che andava a Butriolo[lxxix]. Difese con vigore la Chiesa contro l’Imperatore Federico II[lxxx], combattè continuamente le grandi eresie del tempo e insegnò ai suoi ascoltatori una viva vita cristiana. Per ostacolare i Patarini e i Catari che come segno della loro devozione ripetevano continuamente preghiere che loro stessi avevano fatto, egli insegnò ai suoi ascoltatori a ripetere spesso il Padre Nostro e il Credo degli Apostoli [lxxxi]. Le pratiche religiose sono raramente dovute a rivelazione divina, ma nascono dalle necessità. Gli stessi mali richiedono gli stessi rimedi e le menti vigili troveranno la stessa soluzione indipendentemente l’una dall’altra. Se la ripetizione costante di preghiere da parte degli eretici era così attraente per le folle, allora la Chiesa doveva adottare gli stessi mezzi per combattere il nemico. Allo stesso tempo i mezzi dovevano essere superiori a tutto ciò che il nemico aveva da offrire e S.Domenico fornì questa arma perfetta con il rosario, la cui forma ed efficacia può essere capita solo se si prende in considerazione il suo retroscena storico. Ciò vale anche per il Terz’Ordine di Giovanni Bono. Le sue parole ispirate portarono alla conversione molti eretici e peccatori[lxxxii], la maggior parte dei quali entrarono nel suo Ordine; altri non adatti alla vita religiosa formarono i Fratelli (o Sorelle) della Penitenza, che includeva sia sposati che non sposati. L’organizzazione certamente esisteva prima del 1226 o persino prima del 1221[lxxxiii]. San Francesco d’Assisi iniziò il suo Terz’Ordine sotto lo stesso nome nel 1221[lxxxiv], ma non ci possono essere dubbi che i due gruppi fossero distinti e che Giovanni Bono avesse pieno controllo sui suoi membri[lxxxv].  Essi indossavano un abito che differiva da quello del suo Primo Ordine, sebbene non conosciamo come fosse; inoltre non si riconoscevano più come laici[lxxxvi]. Giovanni ebbe grande interesse per il loro benessere spirituale e li giudò secondo sani principi religiosi. Alcuni Frati della Penitenza lavoravano a Butriolo[lxxxvii], ma la maggior parte vivevano a Cesena e nelle altre città vicine. Sembra che alcuni di essi vivessero in comune[lxxxviii] e può darsi che uno di questi gruppi corrispondesse a quei Fratres Poenitentiae che fu incluso nella Grande Unione del 1256. Tutti i più antichi storici dell’Ordine Agostiniano dichiararono che un gruppo di Frati della Penitenza si unì all’Ordine, ma potrebbero averli confusi con i Frati del Sacco, che erano anche chiamati Fratres Poenitentiae Jesu Christi.

 

GLI EREMITI DI BRETTINO

La casa madre di questa congregazione giaceva sulla collina di Brettino a circa otto chilometri a nord-ovest di Fano e fu soppressa nel 1650, quando Papa Innocenzo X ordinò la chiusura di tutte le case religiose con meno di sei membri. Gli Agostiniani cercarono di fare tutto il possibile pur di salvare i loro preziosi monumenti storici e nella loro relazione non mancarono di richiamare l’attenzione su una lapide di Brettino che nell’iscrizione ne collocava la fondazione nell’anno 431. La lapide può essere ancora vista sul muro del chiostro dell’antico monastero agostiniano di S. Lucia a Fano, ma la data è senza dubbio pura invenzione e antidatata di secoli dalla sua reale origine. Secondo alcuni cronisti, diversi uomini pii di Fano fondarono questo eremo tra il 1200 e il 1215[lxxxix], ma non si hanno notizie storiche sicure fino al 26 di novembre 1227, quando Papa Gregorio IX pose i suoi membri e la loro chiesa di S. Biagio sotto la speciale protezione della Sede Apostolica, liberandoli così dalle continue richieste di tasse ed altri contributi per i quali erano molestati. Questo documento del 1227 era una pura concessione locale per una fondazione già consolidata e non evidenzia l’anno del suo inizio come è stato spesso invece dichiarato[xc]. Ciò è ancora più evidente nella costituzione papale dell’anno seguente che era indirizzata ai frati di Brettino “e agli altri frati a loro soggetti[xci] e che parlava della loro congregazione come già saldamente stabilita da tempo (olim); inoltre li riconosceva come un Ordine approvato, dal momento che essi avevano abbandonato la loro precedente regola ed accettata quella di S.Agostino; perciò l’anno 1228 segna soltanto la loro entrata ufficale nella famiglia agostiniana. Come altri Ordini essi osservarono solo la Seconda Regola e pertanto necessitarono di Costituzioni proprie che il Papa confermò nel 1235[xcii] e nella loro semplicità e brevità mostrano una organizzazione assai poco sviluppata. Ogni anno si doveva tenere un capitolo generale durante il quale il priore generale e i visitatori eleggevano i definitori. Questi visitatori assieme ai visitatori dell’anno precedente dovevano correggere qualsiasi cosa necessitasse di correzioni nel capo e nelle membra e dovevano avere piena libertà nei loro compiti. La principale attenzione era posta sulle mortificazionie del corpo: tutti i pasti dovevano essere presi in comune, e i laici non erano ammessi nel refettorio. Dalla festa della Esaltazione della Croce (14 settembre) fino a Pasqua dovevano digiunare, cioè potevano consumare solo un pasto al giorno; lo stesso doveva avvenire tutti i mercoledì e venerdì dell’anno. La carne era sempre proibita e le uova venivano servite tre volte alla settimana e per nulla durante l’Avvento[xciii] e la Quaresima. Il colore e la qualità del loro abito non doveva avere importanza per loro che dovevano impegnarsi solo nella povertà. Dovevano essere assicurate ad ogni membro quattro tuniche (probabilmente due estive e due invernali), due scapolari e un cappuccio.  I Brettinesi praticarono la mendicità fin dal loro inizio[xciv]e nessun altro, tra gli Ordini uniti nel 1256, insistette così tanto sulla povertà come loro. Quasi tutti i documenti papali indirizzati a loro parlano della loro grande povertà e un profondo rispetto per i loro sforzi fu espresso nelle parole del Vescovo Matteo di Ascoli “che nudi essi desideravano seguire la nudità di Cristo fino al punto più alto della povertà[xcv]. Questo amore alla povertà è meglio espresso nelle vite dei loro due più grandi figli: il Beato Clemente da Osimo e San Nicola da Tolentino. Quest’ultimo fu convertito dal sermone di uno dei padri di Brettino sulle parole del Vangelo: lasciare ogni cosa per seguire Cristo; e questo ideale lo rese immune da tutte le tattiche persuasive di suo zio che era canonico in una abbazia delle vicinanze[xcvi]. Gli uomini di Brettino aggiungevano alla loro severa vita di penitenza alcuni straordinari atti di abnegazione. Per esempio essi percorrevano un lungo corridoio, tuttora esistente, che penetrava nel monte, diramandosi su entrambi i lati in piccoli cubicoli grandi appena a sufficienza perché un uomo vi si potesse adagiare[xcvii]; esistono ancora nei paraggi celle simili che furono dedicate a santi speciali come S. Paterniano, patrono di Fano. La sola spiegazione che si può dare di tali celle sembra essere che queste celle fossero luoghi di penitenza fatti con l’intento di restringere i movimenti del corpo il più possibile, una tortura che diventava più dolorosa per l’aggiunta di un duro digiuno. Queste grotte per la mortificazione si ritrovano anche nella vita di San Giovanni Bono. La santa vita di questi frati fece una così profonda impressione sui loro contemporanei che in gran numero si affollarono nelle loro case e più di trenta nuovi conventi poterono essere fondati in venti anni e intere comunità religiose di altri Ordini come gli Agostiniani Canonici di Fano e i Benedettini di Santa Maria Maddalena in Valle Petrae vicino a Porta Saragozza di Bologna si unirono alla loro congregazione. Quando il Vescovo di Bologna rifiutò di dare il suo consenso[xcviii] all’unione di Santa Maria Maddalena a causa della grande diversità tra i due Ordini, gli fu risposto che le costituzioni dei Brettinesi erano molto più severe, dopo di che il Papa dette il suo consenso. L’aumento dei membri portò con sè una diversità di impegni; specialmente i sacerdoti che si erano uniti alla comunità, volevano esercitare le loro funzioni e Papa Gregorio IX dette loro la facoltà di predicare e di ascoltare le confessioni purchè il vescovo e il parroco della chiesa dessero il loro consenso; pochi anni dopo fu loro concesso il privilegio di celebrare Messa su altari portatili[xcix]. Quando venne loro data la tanto desiderata bolla Religiosam vitam eligentibus nel 1245[c]essi godettero i privilegi degli altri grandi Ordini e poco dopo esiste la prova che la congregazione fosse divisa in Provincie[ci]. L’indifferenza per il colore del loro abito, che le loro costituzioni esigeva e che era stata approvata dalla Santa Sede, li portò ad un aspro conflitto con i Francescani; poiché i loro abiti erano pressochè identici ed entrambi gli Ordini dipendevano dalle elemosine per la loro sussistenza, i Francescani sentivano di essere spesso privati delle elemosine che la gente aveva messo da parte per loro. Quando la rapida espansione dei Brettinesi richiese una più decisa raccolta di elemosine, i diversi interessi vennero inevitabilmente allo scoperto. Nel 1240 Papa Gregorio inviò non meno di quattro ordini ai Vescovi della Marca di Ancona[cii] per obbligare i Zanbonini e “altri eremiti simili a loro “ ad indossare un abito o nero o bianco, ma i vescovi non disturbarono i Brettinesi poiché essi non erano menzionati per nome. Quando le lettere, nonostante il loro duro linguaggio, non portarono ai risultati desiderati, Roma si rese conto che la maggioranza degli eremiti nella Marca di Ancona non era costituita dai Zanbonini ma dai Brettinesi e domandò loro un cambiamento immediato dell’abito. Il Priore generale dei Brettinesi, Andrea di Francavilla[ciii], chiese tuttavia una udienza su questo argomento e quando gli fu rifiutata, egli non si mosse dalla Curia Papale. Papa Gregorio ne fu così contrariato che dimenticò l’usuale sereno linguaggio usato nei documenti ufficiali e criticò duramente una tale sfrontatezza[civ], ma alla fine cedette e domandò solo un cambiamento nel loro abito che fosse sufficiente a distinguerli dai Francescani, e non insistette oltre perché fosse bianco o nero, ma che portassero una larga cintura e un bastone[cv]. Tutti gli eremiti obbiettarono in modo particolare all’uso del bastone poiché questo oggetto faceva sì che la popolazione li considerasse briganti[cvi]. Papa Innocenzo IV non continuò la politica del suo predecessore, ma favorì i Brettinesi sotto ogni aspetto. Tra il 1247 e il 1252 egli garantì indulgenze ad almeno quindici delle loro case allo scopo di sostenere il loro programma di costruzione e in varie dispute, come con i Francescani su Monte Goffredo o con il vescovo di Bologna su Santa Maria Maddalena in Valle Petrae, egli decise a favore dei Brettinesi; inoltre approvò le loro Costituzioni e rinnovò i loro molti privilegi.  La sola decisione contro di loro riguardò la loro intenzione di lasciare Brettino, a cui sia i cittadini di Fano che probabilmente alcuni dei frati stessi si opponevano. Papa Alessandro IV riprese la questione dell’abito nel febbraio del 1256, quando ordinò ai vescovi della Marca di Ancona di scomunicare tutti coloro che non fossero obbedienti, ma persino dopo la Grande Unione dovette dare loro un’altra possibilità fissando come data finale la festa di Tutti i Santi del 1256 che poi estese fino a Pasqua del 1257[cvii]. Questa è l’ultima notizia che abbiamo da fonti papali circa l’ostinata battaglia degli Eremiti di Brettino per il loro abito che essi probabilmente indossavano prima che fosse stato fondato l’Ordine Francescano. Dalla storia di questa congregazione si possono trarre parecchie evidenti conclusioni. Ognuno dei gruppi agostiniani si era sviluppato lungo le medesime linee, sia che essi avessero avuto origine da un ceppo comune come i Zanbonini e i Brettinesi o fossero stati fusi insieme da un comando Papale come i Toscani. Ciascuno di essi costituì una congregazione pienamente sviluppata, libera dalla giurisdizione del vescovo locale e guidata da un superiore generale, la cui conferma era riservata alla Santa Sede. Ciascun gruppo aumentò rapidamente e si diffuse perché la santità dei suoi membri attrasse un gran numero di vocazioni e tutti e tre rivelano una tendenza sempre crescente verso la vita attiva della chiesa, una tendenza che trovò il pieno appoggio della Santa Sede. Le differenze si notavano per lo più nella forma dell’abito e nella pratica della povertà. Alcune delle vecchie fondazioni dei Toscani possedevano considerevoli proprietà dalle quali traevano il necessario per la loro sussistenza, sebbene i loro membri dovessero rinunciare a tutti i possessi personali[cviii]. I Brettinesi al contrario mettevano in rilievo la povertà totale e come i Francescani vivevano con il ricavato delle elemosine. I Zanbonini univano entrambe le forme e il loro modo di vivere divenne lo standard dell’Ordine dopo la Grande Unione. I Toscani e i Zanbonini indossavano lo stesso abito nero, mentre i Brettinesi mantenevano ancora un abito abbastanza somigliante a quello grigio che indossavano precedentemente. La preminenza dei Toscani fu sempre accettata tra gli Agostiniani. Il loro capitolo generale del 1244 fu considerato come il primo tenuto dall’intero Ordine; le loro costituzioni furono dichiarate ufficialmente le prime leggi per l’intero Ordine; il loro contributo fu una organizzazione maggiormente sviluppata e la maggior parte dei privilegi. I Zanbonini portarono l’eredità di Giovanni Bono il Santo e nulla può sostituire l’esempio e gli ammaestramenti di un Santo.  Il loro sistema rappresentava una felice via di mezzo tra i vecchi ed i nuovi tipi di ideali religiosi, una forma che determinò lo sviluppo dell’Ordine dopo il 1256. I Brettinesi contribuirono con l’amore alla povertà nella sua forma più rigida; e tra di loro viveva, al tempo della Grande Unione, il giovane San Nicola di Tolentino che divenne la luce più brillante nella infanzia del nuovo Ordine appena riorganizzato, e dette ad esso fama come nessun altro membro. Abbiamo eliminato dalle nostre considerazioni i due gruppi di Guglielmiti perché essi sono di poca importanza nella storia agostiniana, poiché a loro fu concesso di riacquistare la loro indipendenza nello stesso anno della Grande Unione. Tuttavia questa valutazione fu temporaneamente respinta quando Erasmo, non per mezzo di sani ragionamenti, ma per la sua fama, convinse il mondo dei dotti che la Regola di S.Agostino non era mai stata scritta dal più grande Dottore della Chiesa e conseguentemente chiunque non avesse condiviso questo falso punto di vista era considerato un vir obscurus[cix]. Alcuni storici agostiniani, quando in questo modo venne “eliminata” la grande personalità del loro fondatore e l’Ordine fu ridotto in pezzi dalla Riforma, cercarono di convincere se stessi e gli altri, che San Guglielmo di Malavalle era il riformatore della vita eremitica degli Agostiniani e perciò il loro secondo fondatore[cx]. Ma questa storia distorta ebbe fine quando Henschen in uno dei grandi capolavori degli Acta Sanctorum portò ordine nella biografia di questo santo penitente con una minuziosa separazione tra le vite di almento tre santi che avevano lo stesso nome e che erano vissuti in secoli diversi. Quando l’Ordine agostiniano presentò nuovamente uomini bene istruiti sugli scritti di Sant’Agostino, questi riaffermarono decisamente la reale fondazione del loro Ordine da parte del Santo di cui l’Ordine porta il nome e questo è il punto fermo che è rimasto come eredità dell’Ordine fino ad oggi. Tuttavia, dalla storia delle tre congregazioni agostiniane unite nel 1256, è evidente che l’attuale Ordine dei Frati Agostiniani ebbe una origine italiana, perché i nomi di tutti i primi superiori di cui siamo a conoscenza sono italiani e nessuna delle case ultramontane che aderì all’Unione può considerarsi senza alcun dubbio esistente prima del XIII secolo, ma furono fondate quando le congregazioni italiane erano pienamente organizzate. Ugualmente decisiva è la schiacciante influenza degli italiani sul resto dell’Ordine, dimostrata non solo dal grande numero di case, ma anche dalla distinzione di capitula generalia e capitula generalissima. I primi si tenevano annualmente ed erano presenziati solo da italiani, mentre i secondi venivano convocati ogni tre anni e ad essi intervenivano anche le Provincie non italiane[cxi]. Tuttavia nei capitula generalia si promulgavano le leggi per tutte le Provincie, il che sarebbe stato impossibile se i fondatori delle case ultramontane non fossero venuti dall’Italia e fossero stati ancora strettamente legati alle loro Provincie d’origine. Questa consuetudine continuò fino al 1281. Entro quel periodo le case ultramontane furono occupate dai nativi e raggiunsero forza sufficiente per rendere desiderabile un cambiamento. Un altro punto importante necessita di essere esplorato. Nel loro desiderio di dimostrare l’esistenza di un Ordine di S.Agostino distinto dai Zanbonini e dai Brettinesi, ma più grande di quello dei Toscani, gli storici agostiniani sia del passato che più recenti hanno fatto molte congetture circa la sua composizione. Il vescovo Pamfilio iniziò la moda di distinguere:

Congregatio Eremitarum Vallis Hirsutae per Italiam propagata.

Congregatio Eremitarum de Poenitentia Jesu Christi per Italiam et Franciam propagata.

Congregatio Eremitarum Turris Palmarum Firmane diocesis.

Congregatio Eremitarum Sancti Johannis Boni per universam Italiam propagata.

Congregatio Eremitarum Sancti Augustini in loco Sancti Blasii de Brittinis Fanensis diocesis.

Congregatio Eremitarum Sanctae Trinitatis de Centumcellis in Tuscia.

Congregatio Eremitarum Sanctae Mariae de Lupocavo, Lucensis diocesis.

Congregatio Eremitarum Sanctae Mariae de Murceto, Pisanae diocesis.

Congregatio Eremitarum Sancti Jacobi de Monilio, Lucensis diocesis.

Congregatio Eremitarum Sancti Benedicti de Monte Fallio per universam Italiam propagata.

Congregatio Eremitarum Sancti Guilelmi per Franciam, Alemanniam et Ilyricum propagata[cxii].

 

Al momento non sappiamo nulla degli Eremiti della “valle boscosa”, si pensa possano essere un gruppo di eremiti riuniti attorno a Sant’Antonio nella Foresta o Selvamaggio, dal momento che gli eremi Toscani per la loro collocazione geografica fanno pensare ad una casamadre per ogni gruppo.

     Gli Eremiti della Penitenza di Gesù Cristo, comunemente chiamati Frati del Sacco, certamente non erano inclusi nel 1256, poiché essi continuarono come Ordine indipendente fino al 1274, quando furono soppressi dal Secondo Concilio di Lione. L’errore fu probabilmente fatto perché molte delle loro case importanti furono date agli Agostiniani e senza dubbio un buon numero dei loro frati si unirono ai frati agostiniani[cxiii].

     Torre di Palma nella Marca di Ancona aveva seguito la Regola di S. Agostino, ma nel 1232 chiese quella di San Guglielmo. Non si sa se la richiesta sia stata esaudita, ma nel 1256 l’eremo era un membro della provincia della Marca di Ancona e finora non si è trovata alcuna prova che fosse a capo di una congregazione. Torelli enumera diverse case che secondo lui appartenevano a Torre di Palma, ma tutte queste erano state fondate dai Brettinesi[cxiv].  

     Centocelle deve essere stata una vecchissima fondazione, tanto che Enrico di Friemar la pensò come anello di congiunzione tra Sant’Agostino e i suoi Eremiti e potè riferirsi ad antichi documenti per questa asserzione[cxv]. Negli anni seguenti venne riconosciuto come il luogo dove l’Ordine di S.Agostino aveva avuto i suoi inizi. L’unico antico documento che la nomina è la domanda nel 1243 per la chiesa di Santa Severa, che si trovava incustodita in aperta campagna[cxvi]. Papa Innocenzo IV accolse la richiesta e da allora in poi il monastero fu conosciuto come S. Severa de Centumcellis. Dopo la Grande Unione i suoi membri fondarono una casa a Corneto con una chiesa in onore di San Marco. Nessun documento è stato finora trovato che la mettesse a capo di una congregazione, ma potrebbe facilmente aver formato una provincia dei Toscani, alla quale forse appartenevano S. Maria del Popolo a Roma ed altre case a sud, delle quali parla la bolla Litterae nostrae del 17 giugno 1256, quando menziona fondazioni non solo nel Patrimonio di San Pietro in Toscana, ma anche in Campania Marittima e nel Regno di Sicilia[cxvii].

     Murceto o Mulceto nella diocesi di Pisa non si unì  mai agli Agostiniani, altrimenti il suo abate non avrebbe potuto intervenire al Concilio di Pisa nell’anno 1409[cxviii].  Panfilo fu probabilmente tratto in inganno dalla richiesta del 1244 di passare dalla Regola Benedettina alla Regola Agostiniana[cxix].

      Non sembra esserci alcun documento disponibile per S. Giacomo di Monilio, a meno che non si tratti di quel S.Giacomo di Morilio (mt. Morello) per il quale esiste una transazione di beni immobiliari dall’anno 1244[cxx].

     Che Montefallio fosse la casa madre della Congregazione Napoletana sembra molto incerto, perché nel 1221 i suoi membri si unirono all’Ordine Cistercense[cxxi]. La sola ragione per aggiungere questo monastero potrebbe essere il fatto che precedentemente a questo cambiamento aveva seguito la Regola di Sant’Agostino. L’intera ipotesi di Panfilio pertanto crolla sotto il peso dell’evidenza storica e lo stesso si può dire delle teorie di Giuseppe Lanteri ed Eustasio Esteban[cxxii] che seguirono strettamente la tradizione dell’Ordine. Essi ipotizzarono dalle tre alle quattro congregazioni in Italia che assieme alle quattro congregazioni ultramontane di Ungheria, Germania, Francia-Inghilterra e Spagna-Portogallo formarono l’Ordine di S.Agostino o come scrisse Torelli il vere Augustiniani. Lanteri trovò la prima Congregazione italiana in Insubria, che poteva essere all’incirca il territorio del vecchio ducato di Milano; menzionò come seconda quella dei Toscani, come terza Torre di Palma e come quarta Montefallio. Nonostante la sua vasta conoscenza delle fonti, Esteban accettò la mitica congregazione di Insubria, perché la bolla Ne pro eo del 14 luglio 1255 era diretta a “Dilectis filiis priori generali et fratribus eremitarum sancti Augustini in Lombardia et Romandiola[cxxiii], ma dimenticò di prendere conoscenza del fatto che fino alla Admonet nos (1251) ai Zanbonini, che avevano la maggior parte delle loro case in questi territori, era stato dato il titolo ufficiale di Ordine degli Eremiti  e non ci si rivolgeva più a loro chiamandoli Frati di Giovanni Bono. La sola giustificazione per tutte queste congetture su congregazioni sconosciute che si unirono all’Ordine, sta nelle parole del Cardinale Riccardo che aveva ricevuto l’ordine di unire non solo i cinque Ordini menzionati nella Licet Ecclesiae, ma anche quelli conosciuti con altri nomi[cxxiv], ma egli usò questa argomentazione solo contro i Poveri Cattolici di Milano, che costrinse ad unirsi agli Agostiniani nel luglio 1256. Al posto di tutti i tipi di congregazioni sarebbe più in armonia con la nostra attuale conoscenza della storia supporre molte provincie dei tre Ordini Agostiniani unite nel 1256; tali divisioni furono richieste dalla rapida espansione di tutti e tre i gruppi, che godevano di una grande abbondanza di vocazioni. Uno studio dei documenti disponibili rivela non più di tre dozzine di case in tutte le Provincie ultramontane prima del 1256 e la recentissima origine di queste case; i documenti indicano anche che queste furono fondate sia dai Toscani che dai Zanbonini. Nel 1243 troviamo ad esempio una transazione di beni immobili in Portogallo firmata da Fra Lorenzo priore provinciale, Pascasio Dareta visitatore generale e da Giovanni Lombardo priore di Lisbona[cxxv]. I loro nomi Italiani non lasciano dubbi sulla loro origine e le qualifiche delle loro funzioni indicano i Toscani le cui costituzioni prevedevano lo stesso tipo di superiori. Queste conclusioni sono ulteriormente rafforzate dal fatto che la bolla Quia ex apostolica cura  fu data ai Toscani e in Spagna nello stesso mese (aprile 1244)[cxxvi]. Non si fa menzione di alcun priore generale di Spagna in questo documento; se fosse esistito, la bolla papale certamente sarebbe stata indirizzata a lui e così la tesi di Esteban che ognuna delle 4 Provincie ultramontane avesse il proprio generale non riguarda la Spagna e il Portogallo. Ugualmente interessante è il fatto che la prima copia conosciuta della Recordamur liquido del febbraio del 1256 apparteneva ai Francescani di Colonia[cxxvii] e poiché questo decreto papale non è altro che un rinnovamento della Dudum apparuit che era diretta ai Zanbonini, ciò starebbe ad indicare che questo Ordine energico causò l’inizio delle case alla foce del fiume Reno e nel resto della Germania e questa teoria prende forma di prova quando si considera che la stessa bolla fu mandata ai vescovi di Boemia, Moravia e Austria[cxxviii], i cui territori erano allora parte dell’impero tedesco. Questa lettera papale eliminò anche gli eremiti in questa parte d’Europa come congregazione indipendente con un suo generale. L’esistenza di case prima del 1256 in quello che è oggi il territorio tedesco è stata smentita da molti storici moderni, ma perché gli importanti privilegi della Religiosam vitam eligentibus sarebbero stati mandati già il 22 marzo 1249[cxxix] agli Eremiti agostiniani in Germania se essi non esistevano? Le molte nuove fondazioni in Germania immediatamente dopo la Grande Unione sarebbero state impossibili se, nella maggior parte dei casi, gli eremi non fossero stati fondati vicino a quelle città. I documenti sono tanto rari perché questi eremi esistettero pochi anni prima di essere trasferiti nelle città. Storici delle Provincie francesi cercarono di collegare diverse delle loro case con le fondazioni degli eremiti profughi dal Nord Africa[cxxx], ma in effetti si sa molto poco del periodo precedente al 1256. Il monastero di Arles conservò la bolla Religiosam vitam del 31 marzo 1253, che era diretta a “priori et fratribus eremitis ordinis sancti Augustini in ultramontanis partibus” e portava il vidimus del Vescovo di Arles, datato 1255[cxxxi]. Il 5 luglio dello stesso anno Papa Alessandro IV mandò al priore generale degli Eremiti Agostiniani di Francia e Inghilterra l’ordine di riformare i suoi sudditi, ma questo documento che Torelli trovò seppellito negli archivi di S.Giacomo a Bologna[cxxxii]necessiterà di un approfondimento di indagini nel caso fosse ancora esistente, poiché il suo contenuto sembra non avere uno scopo ben definito. Le prime fondazioni in Francia erano quasi senza eccezioni collocate in Linguadoca e nei territori francesi occupati dagli inglesi e alcune di loro come quelle di Bordeaux e più tardi di Mezins furono costruite dalla nobiltà inglese, che introdusse gli Agostiniani anche in Inghilterra. Questo paese sembrava essere il solo dove gli inizi della vita agostiniana potevano essere chiaramente datati, perché il 3 settembre 1249 Re Enrico III diede il benvenuto ai “Frati Eremiti dell’Ordine di S.Agostino venuti in Inghilterra” ed espresse il desiderio “che essi rimanessero in questa terra e che tutti facessero loro del bene”.[cxxxiii] Ma[cxxxiv]chiunque sia familiare con la storia agostiniana non può aspettarsi una tale fortuna e rassegnarsi al fatto che almeno tre documenti parlano di un arrivo molto precedente. Il primo documento, generalmente trascurato dagli storici, concerne il monastero di Winchester, che doveva essere trasferito in città nel 1352, ma questo trasferimento trovò una opposizione dura da parte del consiglio comunale “poiché i frati per più di duecento anni- è detto- avevano una casa adatta a loro nel sobborgo di Winchester”. Il secondo documento non usato da alcuno storico moderno, getta  nuova luce sull’inizio delle case agostiniane di Londra. Nell’anno 1227 Re Enrico III ordinò una indagine ad quod damnum se poteva concedere ai frati Eremiti di S.Agostino la cappella di S.Lorenzo sulla strada per Clayanger[cxxxv]. John Capgrave, che chiaramente conosceva questo documento, collocò perciò l’inizio della Provincia Inglese nell’anno 1230[cxxxvi]. Ammesso che questi due gruppi di eremiti fossero realmente degli agostiniani, allora non c’è difficoltà a collocare il loro arrivo al capitolo di Stamford e il benvenuto dei Francescani nell’anno 1239, invece di accettare semplici ipotesi[cxxxvii]. Pertanto la lettera regia del 1249 sembra riguardare un  nuovo gruppo di Agostiniani, probabilmente mandati dai Toscani, per i quali il Cardinale Riccardo aveva spianato la strada. Entro breve tempo furono fondate case a Clare (1248), Londra (1252), Woodhouse (1250), Huntington (prima del 1258), Ludlow (1254), Leicester e Shrewsbury nel 1255. Sidingborn (o Shamele) si unì nel 1255, ma fu abbandonata poco tempo dopo. Alla Grande Unione queste case probabilmente portarono con sè vecchie fondazioni come Winchester e Warrington (?), mentre altre che erano anch’esse popolate da eremiti di Sant’Agostino non si unirono[cxxxviii]. Giovanni da Gubbio fu chiamato nel 1260 “vicario generale di Francia, Inghilterra, Scozia e dei territori e diocesi di Losanna, Verdun e Cambrai[cxxxix]. L’Irlanda non è menzionata e perciò non era ancora entrata nell’orbita della storia agostiniana e quindi gli antichi dati che abbiamo circa le fondazioni irlandesi possono solo riguardare i Canonici agostiniani, dei quali molte loro abazie furono rilevate dagli eremiti nel diciassettesimo secolo. Nessun documento è stato scoperto dagli storici antichi circa eventuali fondazioni in Scozia, sebbene si sia sempre sostenuto che là esistesse almeno una casa che poi scomparve prima del quindicesimo secolo. Si tratta dell’antica “Berwae” dei Registri del Generale, o Brewick-upon-Tweed, della quale abbiamo il primo documento nel 1299[cxl], ma deve essere esistita prima del 1260, altrimenti la nomina di Giovanni da Gubbio non avrebbe avuto senso. La diocesi di Losanna penetrava profondamente nella Svizzera e includeva Friburgo, la prima casa dell’Ordine in quel paese. La diocesi di Verdun comprendeva nei suoi confini Girouet che si suppone fondata nel decimo secolo e Verdun costituita nel 1110, ma nessuna delle due rivendicazioni può essere sostenuta con la minima prova. La diocesi di Cambrai includeva non solo la maggior parte della Lorena dove Metz costituiva la fondazione più antica, ma anche il Belgio dove Bruges, Hasselt, Louvain, Maestricht, Malines e Ypres furono fondate poco prima del 1256. Ciò che causò questa improvvisa esplosione di fondazioni in Belgio in questo periodo è per ora solo frutto di congetture. Forse potrebbero essere state fondate da eremiti italiani che non potevano entrare in Inghilterra durante la guerra civile. L’unione tra Francia e Inghilterra non esisteva più nel 1265 quando l’Inghilterra tenne il suo capitolo e Giovanni da Gubbio firmò come provinciale della sola Francia[cxli]. Come[cxlii] nel caso della Francia,  anche per l’Ungheria nulla di definito è conosciuto prima del 1249, quando il priore e i frati eremiti di quel paese ricevettero la Vitam religiosam eligentibus. Le invasioni dei Tartari e dei Turchi distrussero la maggior parte dei primi documenti monastici e i pochi rimasti negli archivi papali e imperiali spesso confondono il nostro Ordine con gli Eremiti della Santa Croce, che erano semplicemente chiamati “heremitani” e dopo la loro accettazione della Regola Agostiniana “Heremitae Sanctae Crucis (in eremo) ordinis sancti Augustini[cxliii]. Essi non erano uniti nel 1256, ma conservavano la loro indipendenza. Enrico di Friemar enumerò tra i santi dell’Ordine Agostiniano immediatamente dopo Giovanni Bono, un certo fra Vito d’Ungheria, ma sembra non conoscesse altro che il suo nome[cxliv]. Il monachesimo agostiniano fu portato sulle coste spagnole dagli eremiti rifugiati dal Nord-Africa, tra i quali San Donato e S. Nunctus sono i più eminenti. E’ impossibile stabilire quanto continuò questo tipo di vita religiosa dopo la conquista della penisola da parte dei Mussulmani. Le seguenti case sono menzionate come esistenti prima della grande Unione: Aquas Vivas (1239), Burgos (1050!), San Gines vicino a Cartagena (1217), Carvajal (1050), Cordoba (1236), Valencia (1238) e Siviglia, il famoso convento Hispalensis (1248). Padre P. Velez[cxlv]che fornì una critica particolareggiata delle storie scritte di queste case, arrivò alla conclusione che tutti i fatti dovevano essere riesaminati. La sola base sicura è un documento regio dell’anno 1307, che attesta che in tutta la Spagna esistevano cinque monasteri Agostiniani: Siviglia, Cordova, Badajoz, Burgos e Toledo[cxlvi]. Il Portogallo rimase un vicariato della Spagna fino al 1482, quando fu promosso allo stato di provincia. Il suo convento di S. Ginés fuori dalle porte di Lisbona esisteva nel 1243, ma fu trasferito nella città nel 1270[cxlvii]. La data molto antecedente per Penafirma (1140) è basata su un immaginario pellegrinaggio di San Guglielmo di Malavalle e perciò non merita alcun credito, ma vi sono documenti che sembrano provare non solo la sua esistenza, ma anche quella di Torres Vedras nel 1226[cxlviii]. Dare il numero esatto di fondazioni alla fine del 1255 per i tre gruppi agostiniani è impossibile, si può fare solo una stima generale. Le nostre appendici mostreranno 70 case nella Toscana propriamente detta e altre nove nei territori a sud di essa. Per Brettinesi e Zanbonini, le cui fondazioni nella Marca di Ancona e nella Romagna sono talmente mescolate che in molti casi non possono essere assegnate in maniera sicura o all’uno o all’altro Ordine, ne troviamo sessantaquattro, sebbene avrebbero dovuto essercene molte di più, e per il resto dell’Europa 36, che è un numero abbastanza alto. Il totale di 180 case dovrebbe essere vicino al vero numero di case (Guglielmiti esclusi) che erano unite nel Marzo 1256. Il compito della loro unificazione era pertanto pesante, ma le forti mani del Cardinale Riccardo, alle quali esso era stato affidato, lo diressero senza difficoltà. L’unificazione fu resa più facile perché Guglielmo Fieschi, il Cardinale protettore dei Zanbonini era morto nel medesimo anno, e i Brettinesi non avevano un protettore particolare,  per quanto ne sappiamo. Per il buon esito dell’incarico a lui affidato, il Cardinale Riccardo seguì il modello tracciato nell’unione dei Toscani nell’anno 1244. Che egli fosse il suo principale promotore, come Henschen suggerisce, è abbastanza probabile, ma non tanto per ragioni di personale ambizione, quanto per obbedienza alle legggi del Concilio Lateranense IV.

 

 


[i] Vedi i capitoli seguenti.

[ii] La disputa divenne così aspra che nel 1484 Papa Sisto IV la concluse con il Motu proprio Quia apostolus precepit (EMPOLI 321). Manoscritti inglesi su questo problema si trovano al British Museum Add. 38665 e Lambeth 357. G. SANDERLIN, John Capgrave speaks up for the Hermits, Speculum 18 (1943), 358-361, dimenticò di notare che lo sforzo principale di Capgrave fu di “riformare i rapporti di benevolenza e carità tra gli Eremiti di S. Agostino e i suoi Canonici” e scrisse il suo Concordia a questo scopo: John Capgrave’s Lives of St. Augustine and S. Gilbert of Sempringham, ed. J.J. MUNROE (London, 1910), 146. R. ARBESMANN, OESA, Jordanus of Saxony’s Vita S. Augustini, the source for John Capgrave’s Life of St. Augustine, Traditio I (1943), 341-353.

[iii] A. ZUMKELLER, OESA, Das Mönchtum des hl. Augustinus (Würzburg 1950).

[iv] Vfr. n. 98. B. Bossue nella edizione della vita di San Nunctus, ASS  22 ottobre, pp. 598-601, eccepì a questa dichiarazione, quando descrisse l’odio dei Vandali per i monaci che di tanto in tanto visitavano Cartagine. Tuttavia la sua citazione da Salvian “et si quando aliquis Dei servus, aut de Aegyptiorum coenobiis aut de sacris Hierusalem locis, aut de sanctis eremi venerandisque secretis” sembra rendere evidente che solo gli eremiti erano nativi del Nord-Africa, poichè la casa degli altri monaci visitatori è chiaramente indicata

[v] P. MANDONNET, Saint Dominique (Paris, 1937), II, 101ss; Vfr. LXXIXss; T. PURCELL OESA, The Rule of St. Augustine, The historical Bulletin 25 (1946), 5-17; J. C. DICKINSON, The origin of the Austin Canons and their introduction into England (London, 1950), Appendix I.

[vi] L. H. COTINEAU, Rèpertoire topo-bibliographique des abbayes et prieurès (Mâcon, 1939), I, 1172. Documenti importanti si trovano in L. CELIER, Catalogue des actes des èvêques du Mans jusqu’à la fin du XIII siècle (Paris, 1910). Sembra che non il vescovo, ma alcuni degli eremiti stessi desiderassero l’unione con Marmoutiers (CELIER n. 84, 1147), mentre altri vi si opponevano. I dissensi seguenti agli appelli dei vescovi di Le Mans e del Papa produssero una forma di anarchia, che privò l’intera comunità per lungo tempo sia di un superiore che degli statuti e condusse ad una “esistenza vagabonda e disordinata” (CELIER n. 322, 1203). Le proteste dei religiosi erano ancora vive nel 1260 quando Alessandro IV riconfermò la decisione di Innocenzo III, il che è prova sufficiente che Fontaine Gehard non era incluso nell’unione del 1256.

[vii] Si può chiaramente capire l’importanza di un possesso continuo dalla vita del Beato Ugolino di Gualdo Cattaneo che condusse vita eremitica conformemente alla Regola di San Benedetto vicino a S. Giovanni di Lonterio. Questo monastero fu eretto nel 1340 e nel 1425 fu unito al monastero Olivetano di Foligno, ma nel 1437 entrambi i luoghi furono dati agli Agostiniani e poichè uno dei loro monasteri era in Foligno dal 1338, il Beato Ugolino fu prontamente fatto frate agostiniano, sebbene egli non fosse mai appartenuto a questo Ordine: W. HÜMPENER, Lexicon für Theologie und Kirche V (1933), 186. Una delle perdite più gravi di antichi documenti è annotata il 2 agosto 1508 nel Registro di Egidio da Viterbo. Infatti questi aveva trovato alcuni documenti veramente antichi, tra i quali il Registro di Ugolino Malabranca e un vecchio manoscritto contenente la prima storia dell’Ordine, nella sua casa madre di Viterbo e li aveva inviati a Roma,  ma andarono perduti in una forte tempesta vicino a Putrioli (TORELLI, prefazione al vol. II).

[viii] MABILLON, Annali dell’anno 927, citati  in ASS 22 Ottobre, p. 731.

[ix] Prima dei Cistercensi e della Congregazione di Cluny non esisteva una associacione di monasteri con un governo centralizzato, solida come quelle a cui siamo abituati. Uno degli argomenti più  persuasivi è l’omissione degli Eremiti Agostiniani nella enumerazione  dei vari Ordini, che seguivano la Regola di Sant’Agostino, nella Summa ad omnes status di Umberto de Romanis OP che fu scritta prima del 1244: K. WENCK, Das erste Konklave der Papstgeschichte, Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken XVIII (1926), 159.

[x] Ciò è anche riconosciuto dai Bollandisti: ASS  22 ottobre; CP 137/138.

[xi] AA. IV, 325.

[xii] Friemar affermò di aver trovato i loro nomi in antichi documenti o di averli appresi dai confratelli più anziani: AA. IV, 298.

[xiii]dispersi sunt, quorum quidam venerunt in Tusciam...”: Vfr. 44.

[xiv] Solo cinque congregazioni, dice Henschen, furono menzionate dal Papa nella Licet ecclesiae del 1256. “Quinta quae superest congregatio Sti Augustini iam ante sub Innocentio IV coaluerat”: ASS 10 febbraio, p. 483.

[xv] Cambridge Medieval History VI, 700.

[xvi] G.D. MANSI, Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, 31 vol. (Venezia 1758-98), vol. IV, col. 999, can. 12: “In singulis regnis sive provinciis fiat de triennio in triennium salvo iure diocesanorum pontificum commune capitulum abbatum atque priorum...ad quod universi conveniant... apud unum de monasteriis ad hoc aptum, hoc adhibito moderamine, ut nullus eorum plus qum sex evectiones et octo personas adducat. Advocent autem caritative in hujus novitatis primordiis duos Cisterciensis Ordinis abbates vicinos, ad praestandum sibi consilium et auxilium opportunum, cum sint in hujusmodi capitulis celebrandis ex longa consuetudine plenius informati”. Col. 1002: richiede  che i visitatori siano nominati.

[xvii] Vedi Appendice I per la storia di questa ed altre case che saranno menzionate in seguito.

[xviii] Inventario del R. Archivo di Stato in Lucca I (ibid., 1872), 6-7. La storia di questi tredici eremi è stata scritta da M. BARSOTTI  nella sua ben documentata opera: La coronatione della miracolosissima imagine di Maria Vergine detta del Sasso nella chiesa di S. Agostino di Lucca (ibid., 1693), 100-185.

[xix] Bolla Incumbit nobis, 16 dicembre 1243: BERGER 335 e 336; Vfr. 449. In questa costituzione papale i Guglielmiti furono esclusi ufficialmente dall’unione e fu prescritta la Regola di Sant’Agostino. La data del capitolo doveva essere stabilita dal Cardinale Riccardo.

[xx] Traduzione da H. J. SCHROEDER, Disciplinary decrees of the General Councils (St. Louis, 1937), 253; Vfr. 467.

[xxi] Vfr. 449.

[xxii]AA. IV, 419; E. 165; P. 11315.

[xxiii] AA. I, 109.

[xxiv] AA. IV, 419.

[xxv] Padre Esteban richiamò l’attenzione sulla designazione della provincia come visitatio conforme alla consuetudine dei Cistercensi; qualche volta fu anche chiamata contrada: AA. VI, 20.

[xxvi]Nos nolentes vos sine pastore sicut oves errantes post gregum vestigia evagari”: E. 164.

[xxvii] AA. XI, 100.

[xxviii]ut de cetero ad susceptionem, visitationem et procurationem priorum et visitatorum ordinis sancti Augustini compelli non possint inviti”. BERGER 3909 (Cum sicut accepimus del 16 Aprile 1248).

[xxix]Erat anno 1256 caput peculiaris congregationis eremitrum S. Marie de Lupocavo Lucensis diocesis, quam eo anno in unione generali in unum cum aliis congregationibus corpus coaluisse, expressit Pamphilus fol. 30 suae Chronicae Augustiniae”: HERRERA II, 30. TORELLI II (Introduzione) e CRUSENIUS I, 240 ripetono questa tradizione, sebbene l’accordo di vendita del 1250 fosse da loro conosciuto.

[xxx] Aiutus fu priore di Colle nel 1250 e venne nominato priore generale alla fondazione del convento di Faenza nel 1252 e visitatore generale nel 1253, quando riunì gli eremi di Fultignano e Lecceto (vedi appendice). Matteo è menzionato nei contratti di vendita del 1250 ed il nome di Filippo Dexter di Parma è conosciuto solo attraverso Enrico di Friemar: AA. IV, 298.

[xxxi] BERGER 658 ( 26 aprile 1244).

[xxxii] L’elezione doveva aver luogo dopo la morte del precedente generale, il che indica che i loro generali erano scelti a vita come quelli dei Cistercensi: AA. II, 158.

[xxxiii]Et divinum officium secundum ecclesie romane consuetudine, elegeritis celebrare, Nos vestris precibus fvorabiliter annuentes...”. EMPOLI 165; P. 11315 (Pia desideria del 31 marzo 1244); “...ut observantia moderni officii quod in breviariis vestris exacta diligentia correctum a vobis ex statuto Regulae vestrae iuxta Ecclesiae Romanae morem excepto Psalterio celebrare debetis, sitis contenti perpetuo”: EMPOLI 172; P. 12991 (Pio vestro collegio del 30 luglio 1248). I due testi rivelano una differenza di opinioni nella congregazione riguardo l’obbligo della Disciplina Monasterii di Sant’Agostino (vedi nota 150). Il Papa cercò apparentemente di soddisfare entrambi i gruppi  mantenendo la Disciplina Monasterii dove erano prescritti i salmi per ogni ora canonica, ma concedendo loro d’altra parte tutti i vantaggi del breviario moderno. E. ESTEBAN, De festis et ritibus sacris Ordinis Er. S. Aug., AA. VIII, 113 non esamina questo problema.

[xxxiv] La scoperta fu fatta da S. Lopez, che provò che questa casa era stata data ai Toscani tra il 1248 e il 1250: AA. IX, 71. F. SCHILLMANN, Die Formelsammlung des Marinus von Eboli (Roma, 1929), n° 2200 seguì le orme di Padre Lopez. Il 1250 è probabilmente la data corretta, perchè S. Maria del Popolo non è menzionata nell’accordo di vendita dei frati Toscani nel loro capitolo generale del 1250.

[xxxv] TORELLI IV, 453ss è il solo storico a fornire il testo intero che è conosciuto solo attraverso trascrizioni sommarie. S. Lopez correttamente propose l’anno 1250, invece del 1251 come fece Torelli, a causa del differente computo del tempo a Pisa: AA. VIII, 293, n. 1.

[xxxvi] E. REPETTI, Dizionario grafico, fisico, storico... della Toscana, 6 vol. (Firenze, 1833-1843).

[xxxvii] P. KEHR, Italia Pontificia III (Etruria), pp. 225-226 e appendice (Berlino, 1908). Dopo la sua pubblicazione ne ho trovato un altro del luglio 1119. Vedi Appendice.

[xxxviii] E’ conservato nella Biblioteca di Stato di Berlino che acquistò gran parte degli archivi di Lecceto nel 1865: KEHR, l. c.; P. R. Schraml me ne ha mandato una copia. Per le altre case vedi l’appendice.

[xxxix]Dilecti filii de Monte Speculo et de Silva Lacu fratrum Eremitarum priores Nobis humiliter supplicarunt, ut cum tam ipsi, quam fratres in eisdem locis et aliis tuae Diocesis eremiticam vitam ducentes in ingressu locorum ipsorum abrenuntient propriis, continentiam voveant, promittant obedientiam et sub regulari habitu perpetuo se victuros, quia non habent regulam specialem, secundum quam in divinis officiis quam in aliis vivere debeant, seu deliquentium corrigantur excessus...”. E 125; P. 8646.

[xl] Vedi appendice.

[xli] “... fratribus vestris in Tuscia dumtaxat morantibus concessa ad quoslibet alios vestre Religionis et Ordinis fratres ubique constitutos... extendentur...” (Ut eo liberius, 25 settembre 1245: BERGER 1534; AA. IV, 473). La Bolla era indirizzata a “Dilectis filiis priori et fratribus eremitarum ordinis sancti Augustini” ed è chiaramente diretta ai Toscani. La Bolla Pia desideria, che fu data nel 1244, era indirizzata a “Priori et fratribus Eremitarum in Tuscia ordinis sancti Augustini”, ma quando fu rinnovata il 1 luglio 1253 (BERGER 6834; P. 15035) fu mandata a “Visitatori Generali et prioribus et fratribus universis ordinis sancti Augustini”. La Bolla Hiis qui pro eo, con un lungo commento di E. ESTEBAN,  si trova in AA. IV, 369 (P 15965).

[xlii] AA. XVI, 51.

[xliii] Il permesso alla predicazione e all’ascolto delle confessioni fu concesso con la Bolla Vota devotorum del 22 marzo 1244 (TORELLI VII, 646; BERGER 572) e di nuovo con la Bolla Pia desideria  del 31 marzo 1244.

[xliv] La prima storia dell’Ordine di LA HAYE (P. Samson), De veritate vitae et ordinis divi Guilelmi quondam Aquinatorum et Pictorum principis (Parigi, 1587) fu molto perfezionata da HENSCHEN in ASS 10 febbraio, pp. 474ss. Un contributo prezioso è di G. C. A. JUTEN, De Orde van den H. Guilielmus in Noord en Zuid-Nederland, Analectes pour servir à l’histoire ecclèsiastique de la Belgique XXXII (1906, 45-66 anche i voll. 31 e 33 per correzioni e addizioni. L. CRICK, Bijdrage tot de Geschiedenis del Wilhelmitenorde in België, Bijdragen tot de Geschiedenis XXX (1939), 155-200. M. HEIMBUCHER, Die Orden und Kongregationen der katholischen Kirche (Paderborn, 1933), I, 543ss. L’Ordine aveva solo due case in Francia: Louvergny, che esistette dal 1249 fino al 1618 circa e Montrouge (Blancs Manteaux) a Parigi, che essi ricevettero da Filippo il Bello nel 1298 ma che fu presa dalla Congregazione di St. Maur nel 1618: A. HAUDECOEUR, Les Guillelmites et leur fondateur, Travaux de l’Acadèmie Nationale de Reims XCV (1893-1894), 147-161; J. TRUTMANN-A. M. BURG, L’Ordre des Guilelmites en Alsace, in Archives de l’èglise d’Alsace, n. s. II (1947-948), 173-204. Non una delle storie delle singole case che fecero la loro apparizione in Germania durante gli ultimi decenni trattò le questioni che ci interessano maggiormente in questo articolo e che noi discuteremo nel prossimo paragrafo. Poco è conosciuto circa l’Ordine in Italia e JUTEN, Analectes XXXII, 45 dichiara persino che la provincia Toscana non è più menzionata dopo il 1340. Il MS 1124 della Biblioteca di Cambrai contiene note sulla storia dei Guglielmiti tra il 1251 e il 1348.

[xlv] JUTEN, Analectes XXXII, 45.

[xlvi] ASS 10 febbraio, p. 481, enumera 16 abbazie e 13 prepositure per l’Italia, 20 fondazioni in Germania e 14 in Francia e Belgio.

[xlvii] La Bolla Devotionis augmentum del 27 agosto 1251 (BERGER 5468) è diretta a “Generali heremi Sancti Benedicti de Monte Fabali ac ceteris prioribus et fratribus heremitis Sancti Guilielmi”. Per Malavalle : REPETTI II, 73 e per Monte Favali: COTTINEAU, Rèpertoire II, 1918. Malavalle ricevette il suo nome dalla insenatura dello stesso nome (Mala Valle), mentre a motivo dei Cavalieri di Rodi,  molti dei quali si ritirarono colà dopo la Seconda Crociata, il luogo venne chiamato Stabulum Rhodis. Il monastero è ora distrutto, i resti di San Guglielmo sono sepolti nella parrocchia di Castiglione della Pescaia, che era situata a circa cinque miglia dall’eremo di San Guglielmo, nome con cui l’eremo era conosciuto negli anni seguenti. Gli Agostiniani avevano un monastero nelle immediate vicinanze, a Tirli. Monte Favali si trova a circa tre miglia da Pesaro.

[xlviii]Per es. le Bolle Justis petentium dell’11 agosto 1238 (AUVRAY 4493), Exigentibus vestris dell’8 aprile 1248 (BERGER 4282), Religiosorum molestiis del 5 gennaio 1249 (P 13154) e Devotionis augmentum del 27  agosto 1251 (BERGER 5468) li chiamarono Ordinis Sancti Benedicti e nella Justis petentium Papa Innocenzo IV dichiarò che Gregorio IX aveva dato loro la Regola Benedettina conformemente ai costumi dei Cistercensi.

[xlix] BSA I, 71 e molti altri.

[l]Cum prior et fratres heremitarum in partibus Germaniae ordinis sancti Guilelmi vestiti laneis cucullis et curtis usque ad cavillam seu junturam pedis cum manicis bene latis et longis, nullo alio superindutis colore nisi quam secum lana earum causa primordialis contraxit, latis quoque et circumcinctis corrigiis desuper cum congruis religioni cultellis, et baculos deferentes in manibus et calciati eneantur incedere...”: Religiosorum molestiis del 5 gennaio 1249 (BERGER 4282; P. 13154).

[li] In ASS, 22 ottobre, si trova la biografia di Giovanni Bono scritta da Ambrogio Calepino, l’eminente lessicografo agostiniano, e gli Atti completi del Processo Apostolico per la canonizzazzione del nostro santo (citato in questo capitolo come Pr.). Il Processo fu ordinato da Innocenzo IV e tenuto negli anni 1251 e 1253-1254. Il Carpentier, S.J., disse di questi atti: “Verum enimvero vehementer erro, si hactenus unus processus canonizationis lumen viderit qui simul tam copiosus sit et antiquus quam processus confectus ad coelitos honores defendos B. Johanni Bono”. Poichè molti errori si erano insinuati nelle varie vite di Giovanni Bono, Carpentier ne scrisse interamente una nuova biografia nel suo Commentarius praevius che citeremo come CP. La sola vita del Santo scritta in inglese la si può trovare nelle “Vite dei Santi” di BUTLER (ed. Thurston-Atwater, London 1936), X, 312. E’ malfatta e ripete molti errori che furono corretti da Carpentier nel 1869. L’ultima biografia si trova in Cor unum VII (1949), 43ss. Giovanni Bono non discendeva dalla nobile famiglia dei Bonomi; il suo nome era una combinazione del nome di suo padre Giovanni e sua madre Bona. La gente lo chiamava Zanebono e i suoi seguaci venivano chiamati Zambonini (ASS 22 Ottobre, p. 758), nome che preferiamo a Gianboniti che non trova fondamento nei documenti.

[lii] L. WADDING, Annales Minorum II (Quaracchi, 1931), Appendix. Herrera voleva difendere il suo maestro J. MARQUEZ, la cui opera: Origen de los frayles Eremitanos de la Orden de San Augustin (Salamanca, 1618) era sotto accusa. Quando Wadding e l’Herrera si incontrarono a Roma, essi divennero grandi amici. Herrera lo chiama “dulcissimus amicus noster” (I, 315).

[liii] Vfr. LXV e 445.

[liv] CP 141-160; P 14945;  BERGER 6493,

[lv]Cum  autem iidem religiosi aliquam de approbatis regulis non haberent, quidam ex eis accedentes ad sedem apostolicam obtinuerunt ab ea B. Augustini regulam sibi dari et sic ex tunc in regularibus observantiis instrui et regulariter se habere”: Admonet nos (CP 144).

[lvi] “...secundum tenorem constitutionum ipsius ordinis” (CP 148, 156). Frate Morello testimoniò che Giovanni Bono riprendeva duramente quei frati “qui non observabant regulam et ordinem” (Pr. 173); la parola ordinem in questo contesto significa Costituzioni. E’ menzionata la formula di professione (infra); la dipendenza dal vescovo; i capitoli generali prima dei quali i definitori erano eletti dal priore generale (infra). Anche i Brettinesi avevano i loro definitori eletti prima del capitolo, ma dal priore generale e dai visitatori (CP p. 816, n.1).

[lvii]Ferebat unicam cucullam, sive tunicam stamineam” (Pr. 181) grisei coloris (Pr. 237) et cingebatur desuper (Pr. 169). Prima Giovanni Bono indossava l’abito della penitenza, ma lo cambiò con l’abito degli eremiti dopo che la sua congregazione aveva ricevuto l’approvazione apostolica, come fu notato da numerosi testimoni che dissero “antequam dictus frater Johannes Bonus assumeret habitum religiosum” (Pr. 197).

[lviii] Vfr. 453, n. 13, 14 e WADDING III, 42.

[lix]Quod a quibusdam fratribus de ordine Minorum passus fuerat tribulationes et persecutiones non modicas (Pr. 37). Fra Giovanni “vidit dictum fratrem Joannem Bonum pati tribulationem et persecutiones a fratribus Minoribus, auferentibus fratres dicti fratris Joannis Boni, et ducentibus eos ad regulam suam; quam persecutionem et tribulationem sustinuit patienter” (Pr. 294). Il commentario di Carpentier su questo argomento è fuorviante: egli apparentemente trascurò questi due passaggi. Le “persecuzioni” avvennero nel 1240 (Pr. 37, 44) e coincisero perciò con la bolla Dudum apparuit.

[lx] Nel 1251 Lanfranco da Milano è chiamato “prior provincialis Lombardiae” (Pr. 109); questo territorio fu anche chiamato con il suo antico nome Gallia Cisalpina (Pr. 10, 22). Fra Dobello, o Dotello, è chiamato “prior provincialis in Romandiola” (Pr. 49) e nuovamente “prior provincialis ultra Padum in Romagnola” (Pr. 110). Le case attorno a Cesena dovevano perciò aver formato le due Provincie di citra Padum, che noi chiamiamo Romandiola, e l’altra della Marca Trevisana, nomi che vennero conservati anche dopo la Grande Unione.

[lxi] Pr. 277 (Butriolo) e 81 (Parma).

[lxii] “Nel 1231 contava almento una trentina di romitori fiorentissimi ed observantissimi... Toscana... contava da sola ben 61 monisteri... quella dei Giamboniti, se non sorpassava certo la sorella della Toscana” (sic!): BSA I, 42 e 70.

[lxiii] Carpentier trascurò Milano che è menzionata diverse volte, per esempio: “Frater Martinus prior fratrum Mediolani” (Pr. 109), ma dette una buona descrizione storica di altre undici case.

[lxiv] Una fonte sono i nomi di città che sono aggiunti a quelli dei frati, sebbene questa non sia una garanzia assoluta di una fondazione in quella città, poichè in alcuni casi essi indicano solo la loro città nativa (AA. II, 343, n. 2); ma dal momento che ogni membro veniva affiliato al convento nel quale aveva fatto la professione, era molto più frequente che si aggiungesse il nome della città nella quale il suo convento-madre era situato. Qualche volta erano usati entrambi i nomi, per esempio Fra Ardizzione  “presbyterus, natione et conventu Mantuanus” (Pr. 304); “Thaddeus laicus de conventu Cesena, oriundus de Colina” (Pr. 298). Dei 75 frati menzionati nel Processo solo i due fratelli laici Bonincontro (48) e Deotesalvo (15) sono chiamati “de Tuscia”, tutti gli altri portano il nome di una città nella quale poco dopo la Grande Unione gli Agostiniani avevano una fondazione. Alcuni frati sembra che abbiano usato il loro nome di famiglia, come Greco de Disendeis de Mantua (Pr. 276) o Giovanni de Calesis de Cremona (272). Troviamo una simile duplicazione nella storia dei Brettinesi, appendice III, dove si ritorna a questa questione. Vedi anche le note di E. VAN MOÈ, Recherches..., p. 277, n. 1.

[lxv] Portiere: Pr. 211, Casa degli ospiti: 6; Capitolo: 8, 258, Chiostri: CP p. 776. Nel sec. XVII la distinzione tra chiostro maggiore e minore era ancora usata dagli Agostiniani di Tolosa: H. RAMET, Histoire de Toulouse (ibid. 1935), Index.

[lxvi] Concessione della bolla Vota devotorum del 6 settembre 1246: BERGER 2103. Dei diciannove sacerdoti menzionati nel processo, sette sono superiori. Le cariche più alte erano tutte ricoperte da sacerdoti, Giovanni Bono era la sola eccezione. Otto membri sono designati come fratelli laici, dei rimanenti 48 uno è chiamato novizio, due suddiaconi e uno diacono.

[lxvii] Questua: Pr. 223 (e nota a p. 829) - Lavori domestici: 16, 200 - Mestieri: 63, 82 - Coro: “...veniebat in ecclesiam ad alias horas diurnas et nocturnas” Pr. 278 - Digiuni: 229.

[lxviii] I figli del cavaliere Guido Morello erano fratelli laici (Pr. 242), mentre il Beato Angelo da Foligno,  fratello di Bernardo, conte di Torre e Vignola era un sacerdote. Nato nel 1226, all’età di vent’anni entrò nell’Ordine dei Zambonini e morì il 27 agosto 1312. Il Beato Giovanni Bono si dice che fosse il suo maestro di noviziato. Fondò la casa di Foligno nel 1248 e dieci anni dopo quella di Gualdo Cattaneo, che era appartenuta ai Benedettini, e nel 1275 un’altra a Montefalco: F. PULIGNANI, Il B. Angelo da Foligno, in Archivio per la storia ecclesiastica dell’Umbria I (1913), 380-389; BUTLER-THURSTON, Lives VIII, 340.

[lxix] Bonad. (sic) de Cesena era suddiacono (Pr. 245);  fra Vitale diacono (Pr. 66); Fra Ardizzone “fuerat heremita dicti ordinis iam sunt triginta anni elapsi, et quod fuit sacerdos iam sunt viginti septem anni elapsi” (Pr. 304 e infra nota 220). Nascimbene era un novizio (Pr. 20) e candidati di vari anni sono menzionati in Pr. 60, 298 ecc.

[lxx] Giovanni Bono non prendeva parte alle ore canoniche “cum ipse J.B. sit idiota ita quod aliquam litteram non cognoscebat”: CP 14; Pr. 279, 289 ecc. Anche Tommaso di Spoleto chiama S. Francesco d’Assisi un “uomo idiota”, cioè un uomo che non apparteneva ai dotti: MGH - SS. XXIX, 580. Qualche volta la parola rusticanus era usata nello stesso senso.

[lxxi]In priorem dictae domus et per hoc in generalem totius ordinis” (Admonet nos).

[lxxii] Pr. 89. Salimbene dice di lui “et cujus (Johannis Boni) filium vidi et cognovi fratrem Matheum Mutinensem et pinguem”: MGH-SS. XXXVII, 254. Egli iniziò il suo generalato prima del 1245. Vedi Storia di Modena, App. II.

[lxxiii] Guglielmo Fieschi “cui... generalem curam ordinis predicti commisimus” fu nominato cardinale nel 1244 e morì nel 1256: H. SBRALEA, Bullarium Franciscanum (Roma, 1759), II, 503.

[lxxiv] Nel 1251 il priore generale Fra Ugo predispose il processo apostolico (Pr. 38, 99) e testimoniò riguardo l’improvvisa guarigione di Fra Lanfranco (Pr. 111),  ma a lui non fu chiesto di deporre ciò che sapeva su fra Giovanni Bono.

[lxxv]Frater Marcus, natione de Cesena, prior fratrum heremitarum conventus Ariminensis” depose nel processo del 1253 “quod testis esset bene quadraginta annorum, et quod fuit heremita iam sunt triginta anni et plus, et quod ipse testis presbyter fuerat iam octodecim anni elapsi et quod fuit conversatus cum fratre Joanne Bono per septem annos et amplius.. in quibus temporibus fuit ipse testis aliquando prior provincialis, quandoque conventualis dicti ordinis”: Pr. 309. La relativa giovane età persino dei membri “più vecchi”  fu senza dubbio un fattore decisivo per l’origine dello scisma.

[lxxvi] Il vescovo Mangino o Manzino governò la diocesi di Cesena dal 1234 al 1254 (Pr. 169).

[lxxvii]Electus Paduanus” era Giovanni Battista Forzato il quale era stato nominato nel 1250, ma a causa dell’opposizione di Ezzelino non potè prendere possesso del suo vescovato fino al 1256: Bullarium Franciscanum, II, 656. Fra Simone è chiamato “lector Mediolanensis” in WADDING, Annales VII, 2 (Add. II).  Per la biografia di Lanfranco vedi il prossimo capitolo.

[lxxviii] Secondo la tradizione Giovanni Bono, prima di cominciare la sua vita di penitenza, era stato un attore e questo si rivelò provvidenziale nella sua nuova vita.

[lxxix]quandoque tanta gentium multitudo confluebat ad dictum heremum (Butrioli) in qua dictus frater Johannes Bonus morabatur quod vix ipsi fratres poterant ibi esse: Pr. 244, 308. Butriolo era facilmente accessibile poichè si trovava sulla Via Emilia. Chierici e religiosi, uomini e donne, nobili, ambasciatori, ufficiali dell’imperatore e persino Enzo, il figlio di Federico II, vennero a vederlo (Pr. 293), per toccarlo ed ascoltare i suoi sermoni (Pr. 4). Attraverso i suoi insegnamenti guadagnò anche molti candidati al suo Ordine (Pr. 6, 77, 244).

[lxxx] Pr. 177, 240.

[lxxxi] CP., p. 82ss.

[lxxxii]Et multi, qui primo erant pleni omni lascivia et mundano et carnali amore, verbis et exhortationibus adepti sunt aliquem habitum religionis vel poenitentiae”: Pr. 6, 244, 256.

[lxxxiii] “...in quibus triginta annis dictus testis (Dominus Maurinus) pluries ivit ad dictum fratrem Joannem Bonum et conversatus fuit cum eo, secundum quod ipse testis fuit frater poenitentiae”: Pr. 203.  Se fosse assolutamente certo che Maurino era un Frate della Penitenza per tutto il tempo che conobbe il Santo, ciò porrebbe l’Ordine della Penitenza nell’anno 1221.

[lxxxiv] R. HUBER, A documented history of the Franciscan Order ( Milwaukee, 1944), 36.

[lxxxv] ASS 22 ottobre p. 790. Essi lo chiamarono ministro o priore generale dei Frati della Penitenza: Pr. 164; CP.  87.

[lxxxvi]Fratre Artusio tunc laico et nunc est frater poenitentiae”: Pr. 5. Per rendere il loro proposito più costante essi indossarono un abito speciale: “et ex tunc ipse cum uxore sua sumpserunt habitum fratrum poenitentiae”: Pr. 70.

[lxxxvii] “...et sic dicta Maria in ipso habitu coepit ministrare in vitae necessariis quandoque ipsi fratri Johanni Bono et etiam fratribus qui morabantur in conventu”: Pr. 70. Un’altra sorella della penitenza col nome di Titia è menzionata presente a Butriolo insieme a Maria (ibid.).

[lxxxviii] Quando alcuni Frati della Penitenza diffamarono pubblicamente Giovanni Bono, egli fu obbligato a giustificarsi davanti al vescovo di Cesena, ma “quod cum iidem fratres qui scandalizabant ipsum, non haberent quid comederent, dictus frater J.B. faciebat eis portare per suos fratres panem et vinum, et hoc multoties faciebat eis...”: Pr. 65. Poichè è improbabile che un numero così grande di famiglie patissero contemporaneamente una povertà così estrema, possiamo concludere che questi uomini vivessero in comune.

[lxxxix] Siamo debitori a Fra Benigno Van Luijk OESA, per le sue note sui Brettinesi che raccolse in una visita personale alla loro casa madre e in vari archivi italiani.

[xc] Sacrosancta Romana Ecclesia: AUVRAY 22186; P. 26186. La stessa bolla papale è anche citata il 27 novembre 1226, il che potrebbe renderla l’unico documento dato agli Agostiniani da Onorio III (P 7616). T. KOLDE, Die deutsche Augustiner Kongregation (Gotha, 1879) segue la falsa affermazione di CRUSENIUS, Monasticon Augustinianum (Munich 1623), 114: “quidam enim eremitae arctissimam vitam mediantes ad eremum Brictinensem iuxta Fanum convenerunt solo hoc eremo contenti donec quarto post anno apud Gregorium IX pro confirmatione suarum constitutionum instantes peterent”. Crusenio fa con sicurezza molte di queste dichiarazioni, delle quali non abbiamo alcun documento, senza fornire alcuna fonte come già si lamentava Herrera, che scrisse alcuni decenni più tardi. S. LOPEZ in AA. XVII (1940), 541 prende il 1227 come inizio della congregazione contro il chiaro tenore della bolla. Per dettagli riguardanti la prosecuzione dei monasteri in questa sezione, vedi P. M. AMIANI, Memorie storiche della città di Fano (ibid. 1751), I, 190.

[xci]Cum olim, sicut intelleximus, motu proprio quendam novum ordinem inveneritis et ad ipsius observantiam vos duxerimus obstringendos. Quia tandem illo relicto, cum non essetis de ordinibus approbatis, Beati Augustini regulam recepistis, eamque cupitis in perpetuum irrefragibiliter observare; nos... Vos ab observantia praedicti Ordinis absolventes a Vobis perpetuis temporibus inviolabiliter observari concedimus”. AMIANI, Memorie II, p. XLV dà come data il 5 febbraio 1228, mentre EMPOLI 123 (P 8288) menziona l’8 dicembre dello stesso anno.

[xcii] Que omnium conditoris, 13 marzo 1235 (P. 9856). Innocenzo IV la confermò il 17 settembre 1250 (BERGER 4831; P. 14059).

[xciii] L’avvento è chiamato quadragesimale sancti Martini (ibid.).

[xciv] Nella Circa opera pietatis del 4 luglio 1248 (E 172; P. 12975) Papa Innocenzo IV raccomandò i Brettinesi ai vescovi e disse “nec permittatis super eleemosynis colligendis ad sustentacionem ipsorum ab aliquibus inferri molestiam aliquam vel gravamen”.

[xcv] Appendice III: Cignano.

[xcvi] N. CONCETTI OESA, Vita di S. Nicola da Tolentino (ibid., 1932), 79-82.

[xcvii] Informazione di Fra B. van Luijck.

[xcviii] Vota devotorum, 24 settembre 1243: BERGER 128.

[xcix] Devotionis augmentum, 20 settembre 1250 : BERGER 4832. Il privilegio doveva essere usato solo entro i confini dei loro eremi ed era molto probabilmente necessario ai sacerdoti che conducevano una vita solitaria.

[c] 3 novembre 1245 e 30 luglio 1252: BERGER 1603, 5887; fu rinnovata da Alessandro IV il 10 aprile 1255: P. 15792.

[ci]Fr. Angelo, prior de Trevisano”: BERGER 4836.

[cii] Dudum apparuit, 24 marzo 1240 (AUVRAY 5122); Apparente dudum, 18 luglio 1240 (AUVRAY 5260); Dudum apparuit, 18 agosto, 1240 (AUVRAY 5277). Per evitare ulteriori incomprensioni su simili argomenti, gli Agostiniani ottennero attraverso la Quanto studiosis del 20 marzo 1255 (E. 1) il diritto di non essere costretti a fare nulla “absque mandato Sedis Apostolicae speciali, faciente plenam et expressam de verbo ad verbum de vobis, vestro Ordine et hac indulgentia mentionem”. In ugual modo la Pacis vestrae del 13 luglio 1266 (E. 61).

[ciii] P. M. PUPI, Memorie storiche del convento di S. Agostino dal 1265 al 1600. Un Ms del convento di Montegiorgio, redatto nel 1680, lo chiama Fra Andrea da Francavilla e dice che governò Brettino dal 1240 al 1256. Citazione da La Provincia Agostiniana Picena (Tolentino, 1933), 69. Il documento papale lo chiama semplicemente priore generale Andrea: Cum venerabilibus, 21 agosto 1240 (AUVRAY 5278); Licet nobis, 23 agosto 1240 (AUVRAY 5279).

[civ]Frater Andreas generalis prior maioris partis Eremitarum Marchiae cum quibusdam fratribus suis in nostra presentia constitutus se admitti ad prosecutionem appellationis iam dictae cum instantia postulavit, nos utem frivolem reputantes eamdem ispsam super hoc, sic nos debuimus, non duximus audiendum “: Bull. Franc. II, 284; AUVRAY 5277.

[cv] AUVRAY 5278/9.

[cvi] Vfr. 453.

[cvii] Recordamur liquido, 22 febbraio 1256 (P. 10934) e 17 giugno 1256 (P. 16425 e Bull. Franc. II, 117 e 138-140); Litteras nostras, 15 ottobre 1256 (P. 16583).

[cviii] Hiis qui pro animarum, 31 luglio 1255: AA. IV, 369-372.

[cix] La prova di queste asserzioni sarà portata nel prossimo libro di W. Hümpfner sulla Regola di Sant’Agostino, di cui ho consultato il manoscritto.

[cx] Per es. J. ALEN, arcivescovo di Dublino nel 1433, Repertorium viride (ed. in Analecta Hibernica, n. 9 (1940), p. 185: “Fratres Ordinis Augustini. Supple Heremitarum. Ab Innocentio IV confirmatur, sed anno 1157 a Guillelmo Aquitanie et comite Pictaviensi exordium sumpsit. Qui in hac inclita civitate doctrina prefulgerunt, unde in nostro registro f° 41 utroque latere constat de ipsorum prestantia pre ceteris mendicatibus palam”, o PAMPHILUS, Chronica Ordinis Fratrum Eremitarum Sancti Augustini (Roma, 1581), fol. 29vo: “Ordinem eremitarum sancti Augustini de ipso Augustino incoeptum, collabentem a S. Gulhelmo trans Alpes, in Italia a B. Johanne Bono instauratum novissime Alexander IV Pontifex Maximus aliorum complurium monachorum et eremitarum congregationibus adjunctis amplificavit”.

[cxi] AA. VIII, 288ss.

[cxii] J. PAMPHILUS, Chornica, f. 30. Nessuno degli storici prima di Panfilio sapeva nulla di questi vari gruppi, essi sono perciò una sua costruzione.

[cxiii] R. EMERY, The Friars of the Sack, in Speculum XVIII (1943), 323-334 e H. F. CHETTLE, in Downside Review, ottobre 1945, pp. 240-251 e EMERY, ibid., ottobre 1951, pp. 520-521. L’errore di Panfilio fu riconosciuto prima dagli storici agostiniani: Vfr. 452. Gli Agostiniani ottennero Lamballe, Orleans, Tournai, Paris, Rouen, Verdun in Francia e Acre in Siria. A queste sette case si dovrebbe aggiungere Stamford in Inghilterra (Cal. of Papal Registers III, 69) e in Francia Angers (AFM XIX, 73) e Bayeux (BEZIERS, Histoire de la ville de Bayeux (Caen, 1772), 35). Gli Annales Dunstaplenses (MGH. SS. XVIII, p. 512) raccontano la soppressione dei Frati del Sacco e aggiungono: “unde multi ex eis ad alias religiones convolarunt”. Sebbene questo Ordine nella sua totalità non si unisse agli Agostiniani, rimane la possibilità che che membri di Giovanni Bono che vivevano in comune ed erano conosciuti come Fratelli della Penitenza, si unissero all’Ordine (vedi sopra).

[cxiv] Cum fratres heremi, 5 dicembre 1232: AUVRAY 986; TORELLI, Prefazione al vol. II.

[cxv]Et cum (sanctus Augustinus) in heremo Tuscie multos fratres heremitas invenisset sancte vite, demum aplicuit ad locum nostrum qui dicitur Centumcellis qui fuit, ut dicitur, primus locus conventualis ordinis nostri, et cum illis fratribus per biennium morabatur, quibus etiam regualm et modum vivendi tradidit...quod ex antiquis legendis non abbreviatis colligitur”: AA. IV, 301; Vfr. 24. La posizione di Centocelle non è sicura. Generalmente si pensa si tratti di Civitavecchia e Lanteri accetta questa versione (CRUSENIUS I, 236), ma altri la collocano vicino a Corneto, che fu sua fondazione (CRUSENIUS I, 296).

[cxvi] Pium est del 15 dicembre 1243; Justis petentium del 30 marzo 1244 (BERGER 326, 759).

[cxvii] Era diretta ai vescovi “per Lombardiam, Tusciam et Romandiolam ac Tervisinam, et Anconitanam Marchias, Campaniam maritimam et regnum Sicilie constitutis”. Questo è interessante poichè considera tutte le case eremitiche in questione come una unità, sebbene la loro unione non fosse ancora una realtà. Vedi E. 21; P. 16425.

[cxviii] COTTINEAU, Rèpertoire II, 2011.

[cxix] Cum vos et del 26 marzo 1244: BERGER 578; TORELLI IV, 456.

[cxx] Vedi Appendice I.

[cxxi] TORELLI IV, 247. Nel 1170 Alessandro III li rimproverò per aver ricevuto nel loro Ordine ragazzi che non avevano ancora 14 anni; ibid., p. 81.

[cxxii] LANTERI, Postrema saecula sex religionis Augustinianae (Tolentino, 1858), 3 vol., vedi Introduzione. ESTEBAN sviluppò le sue idee esp. in AA. IV, 274ss. Persino Victor MATURANA, la cui Historia general de los Ermitaños de San Agustin, 5 vol. (Santiago de Chile, 1912-1913) attirò la collera di Esteban per aver rotto con la tradizione Agostiniana (AA. V (1913) accettò la maggior parte delle congregazioni italiane di Panfilio (II, 34ss). A. DE ROMANIS, L’Ordine Agostiniano (Firenze, 1935) ruppe con questa tradizione.

[cxxiii] TORELLI IV, 508; AA. IV, 274; Hh. 2, n.26 nell’Archivio Generale di Roma danno la data del 13 agosto 1248.

[cxxiv] TORELLI V, 664: “et aliae aliorum vocabulorum nuncupationibus censebantur”.

[cxxv] TORELLI IV, 379; I cronisti spagnoli J. JORDAN e F. FABRIAN preferiscono gli Eremiti di Giovanni Bono: P. M. VELEZ, Leyendo nuestras cronicas, 2 vol. (Escorial, 1932), 697, 777.

[cxxvi] TORELLI IV, 387. L’originale era a Nostra Signora delle Grazie, monastero di Lisbona.

[cxxvii] Era indirizzata ai vescovi di Germania: L. KORTH, Papsturdunden aus dem ehemaligen Minoriten-Archive von Köln, in Mitteilungen aus dem Stadtarchiv von Köln, fasc. 16 (1889). Korth attesta che Potthast non conosceva questo documento, sebbene fosse citato nel Bullar. Franc. II, 117. Tra parentesi vorremmo accennare che la Dudum dilectus filius noster R(ichardus) del 5 novembre 1258 che manca in Potthast, sembra una evidente falsificazione, nonostante il suo editore non la riconosca come tale: N. STREGANZ, Papstbullen im Archiv der nordtirolischen Franziskaner-Ordensprovinz, Zeitschrift für die Geschichte des Oberrheins, N. F. VI (1891), 454.

[cxxviii] P. 16427.

[cxxix] BERGER 4430. Fu inviata a “priori et fratribus heremitis in Alamania” e lo stesso giorno al priore e frati eremiti in Ungheria: le parole ordinis sancti Augustini non sono usate in nessuno dei documenti, nè furono usate quando Urbano IV concesse gli stessi privilegi: E. 371 ( senza data), sebbene P. 18445 le aggiungesse senza motivo.

[cxxx] P. ARCHANGEL GUIN (morto nel 1672), Chronologia conventuum provincie Provincie, Ms 5-H-29 del dep. Bouches de Rhone, tentò di collegare Lerins con l’agostinismo africano e aveva fatto iniziare il suo monastero da S. Onorio, un monaco di Lerins, ma non potè portare una sola prova.

[cxxxi] HERRERA I, 69.

[cxxxii] TORELLI IV, 506. Quia salutem.

[cxxxiii] Cal. Pat. Rolls Henry III 1247-1258, p. 49.

                      [cxxxiv] Close R. Edw. III 1349-1354, p. 484.

[cxxxv] P.R.O.C. 143, schedario I, n. 38. Il Dr. Emery di New York gentilmente richiamò la mia attenzione su questo documento non pubblicato.

[cxxxvi] Chronicle of England, 153.

[cxxxvii] A. G. LITTLE, Tractatus fr. Thomae vulgo dicti de Eccleston De adventu fratrum in Angliam (Paris, 1909), 129.

[cxxxviii] Dettagli verranno forniti nella mia storia della Provincia Inglese che apparirà tra breve. A. GWYNN, The English Austin Friars at the time of Wycleff (London, 1940).

[cxxxix] DENIFLE-CHATELAIN, Chartularium Universitatis Parisiensis I (Paris, 1889), 405.

[cxl] HERRERA I, 124; Liber quotidianus contrarotularius Garderobe... Eduardi I anno 28, p. 27.

[cxli] Il 21 marzo 1264 Giovanni da Gubbio si firmò “prior provincialis Fr. Er. in regno Francie”: E. FEYS e E. NELIS, Les cartulaires de la prèvôtè de Saint-Martin à Ypres, II, n. 231 e nel 1265 la provincia Inglese tenne il suo capitolo provinciale: Chartulary of Clare (Brit. Mus. Harleian Ms. 4835), fol. 9ro.

 [cxlii] Monumenta Romana episcopatus Vesprimiensis (Budapest 1896), I, 252: “frater Andreas prior eremitarum de Buda”; essi ricevettero la Regola di S. Agostino nel 1263-64: Ibid., pag. 144.

[cxliii] G. FEJER, Codex diplomaticus Hungariae, 40 voll. (Budapest 1829-44), VIII (6), p. 29. Esiste la forte possibilità della loro identità con gli Erermiti di S. Paolo: Monumenta Vaticana historiam regni Hungariae illustrantia, ser. I, vol. 2 (Budapest, 1885),  n. 390, ma una delle loro case precede di 25 anni la fondazione dei Paolini nel 1250: FEJER III (2), 34.

[cxliv] AA. IV, 327. Negli Acta Sanctorum Ungariae II, pp. 49, è stato pubblicato un Elogium B. Viti Varadiensis sive Pannonii O.E.S.A. auctore Prospero Chule (=Cherle), che è senza valore storico. X. SCHIER, Memoria Provinciae Hungariae Augustinianae antiquae (Graz, 1778), 10 cita il sermone 158 di Enrico di Friemar, ‘Sermones de Sanctis’, che non è a mia disposizione.

[cxlv] Leyendo nuestras cronicas (Escorial, 1932), 569.

[cxlvi] T. HERRERA, Historia del convento de S. Augustin de Salamanca (Madrid, 1652), p. 2.

[cxlvii] HERRERA, Alph. Aug. II, 509.

[cxlviii] Ibid. II, 466 (Torres V) e 289-290 (Pennafirma).