Francis Roth OSA
"CARDINAL RICHARD ANNIBALDI FIRST PROTECTOR OF THE AUGUSTINIAN ORDER"(Augustiniana, II - 1952 / III - 1953)
1952-1953
I
CARDINALE DELLA CURIA ROMANA
CARDINALE DELLA CURIA ROMANA
All'inizio del 1237[i] Riccardo fu nominato cardinale diacono di Sant'Angelo in Pescheria, un diaconato che era vacante sin dal trasferimento del Cardinale Romano alla sede episcopale del Porto nel 1236. Riccardo occupò quella carica per 39 anni, il che sembra indicare che egli non fu mai consacrato sacerdote; diversamente, egli sarebbe stato con ogni probabilità promosso ad una chiesa titolare più alta[ii]. Senza dubbio giocò un ruolo decisivo nell'elevazione a questa carica la consanguineità tra la sua famiglia e i Papi Innocenzo III, Gregorio IX e Alessandro IV[iii]. Due anni dopo la sua elevazione Riccardo prestò i suoi servigi come rettore di Campagna e Maritima, due provincie papali a sud di Roma[iv]. Il rettorato consisteva in una supervisione generale del territorio, nella riscossione delle tasse, nella mobilitazione delle truppe in caso di guerra e nel potere giudiziario di seconda istanza[v]. Pochissimi documenti parlano di quell'incarico di Riccardo. Nel 1240 egli impose agli abitanti di Ceperani una multa di 100 once d'oro per l'assassinio del figlio di Tommaso de Rubeo[vi]. Nel 1243 decise che gli abitanti di Piperno non potessero costruire un acquedotto nel territorio di Terracina[vii]. Nel luglio 1246 gli fu ordinato dal papa di costringere Alatri a mantenere la pace con Ferentino[viii]; nell’anno seguente mobilitò gli abitanti di Terracina per recuperare un castello dalla vicina città di Setino e nel 1248 fu richiesto il suo intervento per dirimere le controversie tra la nobiltà ed i cittadini di Anagni[ix]. Comunque queste poche note indicano in maniera sufficiente i principali problemi che dovette affrontare durante il suo rettorato: le continue guerre particolari di città contro città, di baroni contro baroni, di città e comunità contro gli abusi dei nobili sulle loro libertà tanto duramente conquistate. Su questi contrasti locali incombeva la divisione di tutta l'Italia in Guelfi e Ghibellini, cioè lo sfortunato stato di guerra tra papato e impero. Il cardinale Riccardo, senza dubbio, prese parte alla riunione di cardinali che decisero di scomunicare l'Imperatore Federico II il giorno di Pentecoste del 1239. Voluta per sottomettere lo Hohenstaufen, la scomunica lo incitò a dichiarare guerra al papa. Nell'agosto 1241, il suo esercito circondò Roma, ma Federico sapeva che non era necessario un attacco dal momento che la temuta malaria aveva già colpito la città e tra le sue vittime ci fu anche l'anziano papa Gregorio IX che morì il 22 agosto[x].
SOTTO INNOCENZO IV ( 25 luglio 1243 - 7 dicembre 1254)
Il Senatore di Roma, Matteo Rosso Orsini, fece immediatamente imprigionare i dieci cardinali presenti così da forzare una veloce elezione di un papa che potesse vigorosamente difendere Roma contro l'imperatore. I cardinali che resistettero all'incarcerazione furono percossi, gettati a terra e trascinati mani e piedi nel Septizonium dove furono rinchiusi in una stanza comune e sottoposti ad un trattamento indegno e vergognoso[xi]. Le condizioni malsane di vita aggravarono l'epidemia malarica e causarono gravi malattie tra i cardinali. Sinibaldo Fieschi e Riccardo Annibaldi furono tra le vittime e uno storico del tempo riferì perfino della morte di Riccardo[xii]. Furono rifiutate le cure agli ammalati e perfino l'acqua calda; e quando il cardinale Riccardo Summercote morì, ai cardinali non fu concesso di partecipare al suo funerale: ma fu detto loro con scherno che avrebbero fatto meglio a seguire il suo esempio. A dispetto di queste sofferenze i cardinali non furono concordi su un candidato fino a novembre, quando scelsero l'anziano Goffredo di Milano e immediatamente fuggirono dalla città. Goffredo scelse il nome di Celestino IV, ma tre giorni dopo si ammalò e morì il 10 di novembre, prima di essere consacrato. I cardinali si rifiutarono di ritornare a Roma, dove avevano sperimentato le più basse ignominie e dove uno di loro, il cardinale Giovanni Colonna era ancora tenuto prigioniero dal senatore. Per un anno e mezzo la Chiesa rimase senza un capo, ma finalmente grazie agli sforzi dell'imperatore, nove cardinali riuniti ad Anagni, liberi da interferenze, elessero il 12 luglio del 1243 Sinibaldo Fieschi che prese il nome di Innocenzo IV. Non è in discussione il punto di vista politico del Cardinale Riccardo[xiii]. Egli, assieme a Sinibaldo e Rainaldo Conti, sostenne fermamente la candidatura di Romano Bonaventura, cardinale vescovo di Porto, che l’imperatore considerava come un nemico[xiv]. Solo dopo la morte di Romano essi cambiarono il loro voto, ma riuscirono a far eleggere uno del loro gruppo. Federico II approvò l'elezione di Sinibaldo, ma raramente fu fatto da un imperatore un più grande errore di valutazione. Innocenzo IV e i suoi seguaci ebbero un solo scopo politico: impedire all'imperatore di unificare sotto di sè tutta l’Italia, poiché essi si rendevano chiaramente conto che l'indipendenza del papato poteva essere mantenuta solo se il nord e il sud dell'Italia fossero stati controllati da differenti governanti. Questa linea di condotta fu per l’avvenire la base di tutte le azioni politiche del cardinale Riccardo, il quale in un decennio divenne "il riconosciuto leader dei Guelfi"[xv]. Se storici imperiali come Saba Malaspina si trovarono in grande imbarazzo nello spiegare questo repentino cambiamento di convinzioni sotto Papa Urbano IV[xvi], vuol dire che essi o non conoscevano gli antecedenti o di proposito travisarono i fatti per scopi propagandistici. Non esiste spiegazione per il cambiamento di politica da parte di Riccardo poiché non ci fu cambiamento. Egli ebbe due soli scopi: la libertà di Roma e la libertà della Santa Sede. I sentimenti guelfi di Riccardo furono nutriti anche dalle malvagità perpetrate in guerra dall’imperatore. In una delle sue poche lettere ancora rimaste, indirizzate a Papa Innocenzo, scrisse[xvii]: "Chiese e altari sono in stato di abbandono; preti chierici e religiosi sono sterminati; le donne sono violentate e i bambini lasciati morire nelle loro case incendiate. I diritti della chiesa sono disconosciuti, le ostie sacre profanate... Contrapporsi ai piani dell'imperatore, controllare le potenze che lo sostengono significa effettivamente salvare la Fede dalla perdizione; liberare per mezzo dell'ineffabile potere di Dio la Chiesa da questo leone ruggente... da questo drago che è Satana ed il diavolo in persona." Riccardo fu ancor più sollecitato a difendere questi ideali quando Innocenzo IV, per preservare la sua libertà di azione e l’integrità personale, fuggì a Lione il 28 di giugno del 1244 e non ritornò sino al 6 ottobre del 1251. Per ordine del papa solo tre cardinali rimasero a Roma; Riccardo come rettore di Campagna e Maritima, l'impetuoso Raniero di Viterbo (+1250) come legato della Toscana, di Spoleto, della Marca di Ancona e del Patrimonio, e Stefano di S. Maria in Trastevere come amministratore di Roma, che da sempre formava una apposita circoscrizione governativa[xviii]. Un quarto cardinale, Rainaldo di Ostia (il futuro Alessandro IV), era persona non grata e rimase senza alcun incarico ufficiale contro la volontà del papa[xix]. I tre cardinali governanti spesso si incontrarono in consiglio e a dispetto degli scarsi mezzi, compirono miracoli nell'arte del governo. La lotta fu condotta con grande accanimento da entrambe le parti e mezzi leciti o illeciti furono usati indiscriminatamente. Da una testimonianza casuale trovata in una lettera scoperta recentemente, il tentativo di assassinio tramato nel 1246 in Sicilia e diretto contro l'imperatore, è stato imputato al nostro cardinale[xx]. Il testo originale, comunque, non nomina il destinatario né indica in maniera sufficiente che o il papa o il cardinale Riccardo avessero nulla a che fare con questa impresa; nemmeno esiste una prova indiscutibile che il papa avesse chiesto al cardinale Riccardo di proteggere i probabili assassini dopo che il loro attentato era fallito[xxi]. L'imperatore accusò apertamente il papa di essere l'istigatore di questo attentato alla sua vita[xxii]e i tre cardinali furono così impauriti dalla sua collera che non intervennero al concilio di Lione[xxiii] nel quale per la prima volta fu consegnato il cappello rosso ai cardinali, sia come segno di distinzione che come ricordo che essi dovevano sempre essere pronti a versare il loro sangue per la difesa della libertà del popolo cristiano[xxiv]. Nel 1249 Innocenzo IV pensò che fosse il momento opportuno per l'inizio di un campagna vigorosa per rovesciare il regno di Federico. Questo piano richiedeva di riunire tutte le forze del papa sotto un unico comando e perciò i tre vecchi cardinali dovettero cedere la loro carica al giovane nipote del papa, Cardinale Riccardo Pietro Capocci[xxv] che aveva avuto grande successo come legato in Germania, ma questa sua campagna finì con un desolante insuccesso. Si fece molto rumore per l'ingratitudine del papa che destituì questi tre cardinali[xxvi]e la sua breve lettera a Riccardo sembrò particolarmente offensiva dal momento che in essa si dichiarava semplicemente che il cardinale aveva espresso il desiderio di essere assegnato a Roma per un po’ di tempo e questa richiesta ora poteva essere accolta[xxvii]. Non vi è alcuna ragione di dubitare che Riccardo avesse espresso questo desiderio e al suo arrivo fu designato vicarius in Urbe, carica che tenne sino al 1252. Era una carica simile a quella di vicario generale di una diocesi; ma in questo periodo includeva anche la rappresentanza politica del papa nella città e nelle vicinanze di Roma[xxviii]. Qualsiasi dubbio sull’incarico di Riccardo fu ulteriormente dissipato quando Innocenzo IV delegò lui e Gaetano "a causa della loro importanza nella Chiesa" a metter pace fra Firenze e Siena; la missione, tuttavia, fallì[xxix]. L'imperatore Federico II morì nello stesso anno in cui il cardinale Riccardo fu nominato vicario di Roma, ma Manfredi, reggente dell'imperatore in Sicilia, ebbe più successo nella conquista della Sicilia del suo maestro e predecessore. Il papa ed i suoi consiglieri pervennero alla conclusione che lo Stato Papale poteva essere libero da pericoli di accerchiamento solo se un estraneo che non fosse né Guelfo né Ghibellino, né italiano né tedesco, avesse accettato il regno di Napoli e di Sicilia come feudo papale. Nel 1252, il Regno fu perciò offerto a Riccardo di Cornovaglia, fratello del Re Enrico III di Inghilterra, e a Carlo di Angiò, fratello di Re Luigi il Santo di Francia, ma il prezzo richiesto fu estremamente alto, poiché la Sicilia era allora una terra molto ricca[xxx]. Entrambi i principi risultarono essere astuti mercanti ed alla fine rifiutarono; ma Re Enrico III accettò per suo figlio Edmondo che era ancora un bambino. Questa politica papale spaccò in due il gruppo guelfo del collegio cardinalizio in fazione francese ed inglese[xxxi], ma il cardinale inglese, Giovanni di Toledo, guadagnò alla causa di Edmondo sei dei nove cardinali, tra i quali Riccardo Annibaldi. La tesi che il suo successo fosse dovuto alle molte concessioni da parte del re, è ampiamente giustificata[xxxii]. Il cardinale Riccardo ottenne un compenso annuo per se stesso e molti favori per i membri della sua famiglia. Anche le numerose fondazioni agostiniane in Inghilterra molto probabilmente furono dovute alla sua influenza. Il patto con l'Inghilterra fu firmato a Vendome il 14 maggio 1254, ma Enrico III non fu in grado di soddisfare le alte richieste finanziarie dell'accordo ed era afflitto da così tanti disordini politici in patria che non riuscì a mandare un esercito contro Manfredi. Quando il papa cercò di espellere l’usurpatore siciliano con le sue truppe sotto il comando di suo nipote, cardinale Guglielmo Fieschi, questi fu sconfitto in maniera decisiva vicino a Foggia il 3 dicembre 1254 e morì quattro giorni dopo a Napoli. Si suppone che durante la preparazione di questa guerra, il cardinale Riccardo fosse il comandante dell'esercito papale nella Marca di Ancona, ma non possiamo averne alcuna prova[xxxiii].
SOTTO ALESSANDRO IV (12 dicembre 1254 - 25 marzo 1261)
Immediatamente dopo la morte di Innocenzo IV il podestà di Napoli, Bartolomeo Tavernerio, imprigionò i cardinali per impedire che fuggissero all'avvicinarsi dell'esercito di Manfredi;[xxxiv] ma stavolta il loro trattamento sembra sia stato più umano e gli undici cardinali presenti (solo tredici cardinali erano in vita) elessero velocemente Rainaldo Conti, cardinale vescovo di Ostia, un uomo alto e robusto, di indole piuttosto mite e profondamente devoto[xxxv]. Il cardinale Riccardo era imparentato con il nuovo papa; i legami di sangue diventarono anche affetto e concordanza di opinioni per la loro comune visione politica. Il carattere forte e saldo di Riccardo, che si era saggiamente adeguato al regime autocratico di Innocenzo IV, poteva ora affermarsi senza causare troppi problemi, perché Alessandro IV aveva un buon carattere e si lasciava guidare facilmente; egli era solito scegliere l’uomo adatto ad un compito e poi gli lasciava le più ampie libertà[xxxvi]. Il nuovo potere di Riccardo divenne immediatamente chiaro quando il papa lo nominò arciprete di S. Pietro quale successore del cardinale Stefano di Santa Maria in Trastevere[xxxvii]. La nuova carica gli portò grande ricchezza e più potere. Alcuni storici hanno cercato di paragonare questo ruolo con quello di segretario di stato del papa, ma una carica simile non esisteva prima dell’avvento del cardinale nipote nel periodo Rinascimentale[xxxviii]. La grossa rendita della basilica derivava dal possesso di quarantaquattro chiese, quattordici ospedali, due monasteri e dodici castelli[xxxix]. Non si sa se le offerte dei molti pellegrini apppartenessero anch’esse al Capitolo. L'arciprete aveva piena libertà nell’assegnare i canonicati e i benefici della chiesa di S. Pietro, mentre il papa designava solo i custos altaris o altararius. La politica di Riccardo fu di tenere le rendite nel numero più basso possibile di mani, e alla sua morte erano rimasti solo dieci canonici[xl]. L'amministrazione della cattedrale non fu delle migliori. Nella lettera del papa a Gaetano Orsini, successore di Riccardo, non si deve faticare molto, leggendo tra le righe, a capire il grande scontento del papa per l'amministrazione di Riccardo[xli]. Due anni dopo la sua nomina, Riccardo dovette essere informato che il reddito della basilica doveva essere destinato alla manutenzione dei suoi edifici e nel 1259 Alessandro IV stabilì che almeno un quarto del reddito doveva essere destinato a questo scopo. Nel 1263 i libri e i registri della basilica scomparvero e nel 1267 Papa Clemente IV si lamentò che i redditi dello stesso fossero stati usati per altri scopi e non per quelli stabiliti, e ciò con grande perdita per la chiesa[xlii]. Nella sua dignità di arciprete di S. Pietro, il cardinale Riccardo assieme al Cardinale Ugo di Sabina accettò, il 7 aprile 1255, il solenne giuramento di John le Roux, duca di Britannia, di rimanere fedele ai comandi di papa Gregorio IX e Innocenzo IV, dopo di che lo assolsero dalla scomunica nella quale era incorso con i suoi attacchi al vescovo di Nantes[xliii]. Un anno dopo Riccardo mise fine alla devastante guerra tra Enrico, vescovo di Speyer, e Iringus, vescovo di Würzburg, guadagnandosi in questo modo una amicizia che egli usò per ottenere un monastero per gli Agostiniani in quest’ultima città, monastero che è tuttora esistente[xliv]. Nel 1258 egli scomunicò con una sentenza pubblicata tramite il suo cappellano Andrea Spiliati, i consoli di Genova perché questi avevano rifiutato di mantenere il termine fissato da lui nella causa di Giovanni Cinthius, un noto mercante di Genova, il quale nel suo ricorso alla Santa Sede aveva chiesto il cardinale Riccardo come revisore[xlv]. Un anno più tardi egli ottenne una pensione per Sant’Alberto Magno come ricompensa per le ingiustizie da lui sofferte per la sua opposizione all'imperatore Federico II[xlvi]. Questi ed altri documenti simili[xlvii] rivelano come il nostro cardinale fosse un membro della curia papale al quale erano affidate le decisioni più importanti. Sembra anche che partecipasse attivamente alla vita politica di Roma, dove il senatore Brancaleone aveva esercitato un governo tirannico fin dal 1252. Gli Annibaldi divennero i principali agitatori contro il senatore e lo imprigionarono nel 1257[xlviii]. Sfortunatamente essi nominarono al suo posto Manuel di Brescia, che si allontanò dal sentiero della giustizia, impoverendo il popolo e tentò di compiacere solamente i nobili, in particolare gli Annibaldi[xlix]. Con l'appoggio di Manfredi e sotto il comando di un fornaio inglese, Brancaleone fu liberato dalla plebe infuriata, la quale lo rinominò senatore. Egli si prese una terribile vendetta sugli Annibaldi scacciandoli dalla città, distruggendone i palazzi e mandando due nipoti di Riccardo al patibolo[l]. Dopo la morte di Brancaleone nel 1258 Riccardo ritornò attivo nella politica romana. Egli e gli altri cardinali della fazione inglese spesero una gran quantità di denaro per eleggere senatore, nel 1261, Riccardo di Cornovaglia, scelto imperatore di Germania[li]; la parte Ghibellina, però, creò una situazione di stallo eleggendo Re Manfredi senatore, entrambe le parti si illudevano che la carica di senatore di Roma fosse ancora abbastanza importante da insediare il proprio candidato sul trono di Germania. I due candidati non riuscirono ad entrare in città, sebbene Manfredi tentasse ripetutamente di ottenere il suo scopo con la forza. Il principe inglese d'altra parte era così assillato dalle sue difficoltà che non tentò neppure di andare a Roma a dispetto dei frenetici appelli del cardinale “bianco” John di Toledo e dei suoi seguaci, i quali desideravano il suo aiuto perfino contro il volere del sempre esitante Papa[lii]. Nel mezzo di questa confusione Alessandro IV morì a Viterbo il 5 marzo 1261.
SOTTO URBANO IV ( 29 agosto 1261 - 2 ottobre 1264)
Solo otto cardinali si riunirono per il conclave a Viterbo. Alessandro IV ebbe paura di nominare nuovi membri del Sacro Collegio perché uno di loro aveva cercato di "costruire Sion sopra la sua parentela" [liii]. Il cardinale così accusato era Gaetano Orsini e non Riccardo Annibaldi, perché il papa difficilmente avrebbe avuto da obiettare sul rafforzamento della sua famiglia. L’Orsini aveva sperato di ottenere il trono papale aggiungendo alcuni membri della propria famiglia al Sacro Collegio; e sebbene fallisse il suo scopo durante la vita di Riccardo, non smise di lottare per raggiungere il suo scopo. Il suo maggiore avversario durante questo conclave, come pure nei due seguenti, fu Riccardo. La loro lampante rivalità per il trono papale accrebbe il disaccordo tra i cardinali che già erano divisi a causa delle loro diverse appartenenze politiche. Quando divenne evidente che la maggioranza richiesta non poteva essere ottenuta con votazioni ordinarie, i cardinali elessero Gaetano e Riccardo come "compromissarii"[liv] eliminandoli in questo modo dalla candidatura. Infrante le loro speranze di ottenere la tiara pontificia, essi sorvolarono sulle loro personali differenze ed elessero Jacob Pantaleone, il figlio del calzolaio di Troyes, che non era un membro del Sacro Collegio, ma come patriarca di Gerusalemme era ben addentro nei problemi dell'Oriente dove i Tartari con una costante avanzata avevano conquistato la Siria nel 1259 e dove l'imperatore greco, Michele Paleologo, era desideroso di sottomettersi a Roma in materia religiosa, se, facendo ciò, avesse potuto trovare le milizie necessarie contro i nemici della cristianità e del suo impero. Essendo di discendenza francese, Urbano IV poteva essere accettato sia dai Guelfi che dai Ghibellini, e i due "compromissarii" potevano aspettarsi eguali favori dal nuovo papa; egli non li deluse. Nei primi anni del suo governo nominò quattordici nuovi cardinali, dei quali due appartenevano alla famiglia Orsini e due agli Annibaldi. Riccardo di Sant’Angelo fu raggiunto nel 1262 da suo nipote Goffredo di Alatri[lv], cardinale diacono di S. Giorgio ad velum aureum, e da Annibaldo degli Annibaldi[lvi] (chiamato anche Annibaldo di Molaria), il dotto Domenicano, che divenne cardinale prete dei Dodici Apostoli. Entrambi furono una eccellente scelta per quanto riguardava il loro valore. Essi seguirono la guida del loro zio in tutti gli affari politici, in special modo nell'audace direzione che Riccardo prese negli anni immediatamente seguenti. L'incapacità del re inglese di sostenere la condizione disperata della Santa Sede nella lotta con Manfredi allontanò tutti i cardinali, tranne John di Toledo, dall'Inghilterra. Un aiuto lo si poteva aspettare solo dalla Francia, ma S. Luigi si oppose a questa impresa e Carlo d’Angiò rifiutò di rivelare la sua posizione. In questa situazione il cardinale Riccardo decise di forzare la conclusione; se avesse previsto gli eventi storici che furono conseguenza della sua azione, difficilmente avrebbe scelto questa direzione. La sua prima mossa fu di eleggere il conte d’Angiò alla carica di senatore di Roma e così costringerlo a venire. Questo alto incarico fu fonte di costanti dispute fin dalle elezioni contrastate del 1261; e la candidatura di Pietro di Aragona accrebbe soltanto le difficoltà, ma la politica papale nel frattempo aveva creato un efficiente governo della città con i boni homines: questo governo era composto da due candidati provenienti da ciascuno dei tredici distretti di Roma e divenne una specie di parlamento che godette di grande favore, poiché era eletto dal popolo. Se non può essere dimostrato con prova diretta che fu il cardinale Riccardo a creare questa forma democratica di governo, non può però essere negata la sua influenza schiacciante sui rappresentanti del popolo; altrimenti non avrebbero fatto il passo straordinario di eleggere Carlo d'Angiò senatore a vita nel 1263[lvii]. Evidentemente questa elezione a vita fu offerta al Conte di Provenza come garanzia che il suo impegno in Italia doveva essere permanente e non una temporanea crociata per il papato. L'elezione di Carlo aveva avuto luogo senza che il papa[lviii] e Carlo stesso ne fossero a conoscenza. Il papa, preso completamente di sorpresa, si oppose così duramente a questa elezione che rifiutò di nominare Carlo Re di Sicilia fino a che egli non rinunciò alla dignità senatoria[lix]. Per quanto riguarda il Conte, così tanto reticente, non abbiamo un solo documento che possa indicare che egli abbia preso l'iniziativa[lx]. Anzi, egli non accettò la carica fino a sette mesi dopo. Con questa accettazione egli mandò anche un suo deputato ed alcune truppe per aiutare il cardinale Riccardo a scacciare Giacobbe Orsini e i suoi ghibellini dalla città; non lo disturbò che alcuni dei suoi parenti ghibellini erano tra gli esiliati[lxi]. Roma era pronta per l'entrata trionfale di Carlo, ma egli esitava. Disperato, Riccardo si rivolse nel luglio del 1264 ad Alfonso, conte di Tolosa e Poitiers, per informarsi circa i piani di suo fratello, ma Alfonso confessò che egli non ne sapeva assolutamente nulla[lxii]. Da questa lettera, che è stata trascurata dalla maggior parte degli storici moderni, risulta evidente che la nomina di Carlo a senatore di Roma era stata una realizzazione personale del cardinale Riccardo, ma è anche evidente che Carlo conservò la sua indipendenza al massimo grado; egli usò Riccardo, ma senza fidarsi di lui. Riccardo, comunque, continuò ad esortarlo a rompere ogni indugio e venire in aiuto di Roma[lxiii]. La situazione della città era diventata disperata dopo che il Conte Pandolfo di Anguillara, il suo difensore più valido, era stato sconfitto in modo definitivo da Pietro de Vico a Vetralla nell'agosto del 1264. A seguito della preveggenza di Riccardo, che aveva cacciato i ghibellini da Roma, la città rimase in potere dei Guelfi. Questo fatto decise il futuro. La città divenne luogo di incontro di tutti gli avversari di Manfredi, specialmente gli esuli Apuliani che speravano nella vendetta e nel loro ripristino[lxiv]. La sola speranza di Manfredi stava nell’impedire al Conte di Provenza di entrare nella città, ma il nipote del cardinale, Riccardo, figlio di Pietro Annibaldi, aveva anticipato questa mossa occupando nel 1262 il porto di Ostia con grande contrarietà da parte del papa il cui permesso non era stato ottenuto[lxv]. I Cardinali stessi erano occupati in moltissime missioni[lxvi] durante i giorni critici del 1264 e mobilitarono tutte le loro forze per la difesa della chiesa, ma il pericolo, l'agitazione e la molteciplità degli intrighi portarono alla morte del papa il 2 ottobre 1264.
SOTTO CLEMENTE IV (5 febbraio 1265 - 29 novembre 1268)
Diciotto cardinali si riunirono a Perugia per eleggere il successore di Urbano IV. La divisione tra loro, il ritardo nella elezione, il modo con cui risolvere il problema, erano gli stessi del precedente conclave. Per quattro mesi i cardinali Riccardo e Gaetano sollecitarono il voto dei loro colleghi per guadagnare la desiderata tiara e nuovamente la loro rivalità finì con la loro nomina a "compromissarii"[lxvii]. Venne quindi eletto l'assente cardinale francese Guido Fulconii, che prese il nome di Clemente IV, il quale scelse Riccardo per essere incoronato nella cattedrale di Perugia il 22 febbraio 1265[lxviii]. Sebbene volitivo e cauto, egli ebbe poca influenza sulla rapida sequenza di eventi politici che determinarono il destino del papato per più di cento anni. Carlo d'Angiò decise improvvisamente di intraprendere la campagna d’Italia quando le condizioni politiche della Lombardia cambiarono a suo favore. Egli salpò per Ostia il 14 maggio e, avendo evitato la flotta di Manfredi, che lo stava apettando, arrivò a Roma il 23 maggio 1265. Il papa come tutti gli altri non era a conoscenza della sua venuta, ma velocemente delegò i due Annibaldi, Riccardo e Annibale, e i due Orsini, Gaetano e Giacobbe Savelli di dare il benvenuto al futuro re del Regno[lxix]. In questo momento il più fervente seguace del conte in Italia era Riccardo che incessantemente lo aveva spinto a venire e da nessun altro Carlo dipendeva quanto da questo Annibaldi. Il conte non aveva denaro per intraprendere una guerra efficace e l'erario papale era pressochè vuoto. Fu compito di Riccardo procurare i soldi necessari e radunare i Guelfi al seguito del nuovo venuto. Riccardo corrispose e diede 2000 fiorini d’oro[lxx]del suo patrimonio, mantenendo così in parte la sua promessa di spendere una grande somma per ottenere il successo. Carlo volle costantemente Riccardo accanto a sè[lxxi] e sembra che il nostro cardinale sia rimasto continuamente assente dalla Curia Papale per i seguenti tre anni[lxxii]. Clemente IV, che annoverava Riccardo tra i più intimi consiglieri[lxxiii], era convinto che, malgrado il suo interesse ai successi di Carlo, Riccardo avrebbe posto l’interesse della Chiesa sopra tutte le altre considerazioni e che sarebbe dipeso da lui non solo per le molte necessarie trattative, ma anche per ottenere informazioni corrette dal riservato e ambizioso comandante. I cardinali Annibaldi e Orsini conferirono col Conte per quanto concerneva le difficili condizioni alle quali egli avrebbe ottenuto il Regno[lxxiv] e ricevettero il suo giuramento di fedeltà in nome del papa[lxxv]. Quando Carlo e sua moglie Beatrice vennero incoronati re e regina del Regno il 6 gennaio 1266, i tre Annibaldi erano tra i sei cardinali scelti dal papa per la cerimonia[lxxvi], e prima che Carlo partisse per la battaglia decisiva di Benevento (27 febbraio 1266)[lxxvii] nella quale Manfredi perse il trono e la vita, Riccardo offrì alla coppia reale e al loro entourage un banchetto sontuoso nel suo castello di Molaria. Lui solo tra i cardinali li accompagnò ai confini del Regno di Napoli dove li congedò con la sua benedizione e le parole "Vade cum Deo[lxxviii]". Con la grande vittoria di Benevento, Riccardo vide raggiunti i suoi scopi e la sua gioia dovette essere davvero grande, ma i fatti presero una piega diversa. Carlo d'Angiò non si mostrò sostenitore della Chiesa come lo era stato suo fratello Luigi il Santo. La sua crudele amministrazione della Sicilia scandalizzò tutta la cristianità ed infine sfociò nei Vespri Siciliani; le sue costanti interferenze con gli Stati Papali ed i suoi trattati con vari comuni non lasciarono dubbi che egli lottasse per quella unificazione d'Italia che aveva causato l'amara lotta tra la Chiesa e gli Hohenstaufen. Il suo sforzo di guadagnare il controllo dell'impero Bizantino fece fallire la settima crociata e l’unione già programmata con le chiese orientali. Da difensore e liberatore della Chiesa egli era diventato il suo più pericoloso nemico. Riccardo dovette essere amaramente deluso ed umiliato da questo cambiamento degli eventi. Per un certo periodo egli usò la sua influenza su Carlo per mitigarne le dure misure. Nel 1267 perorò con successo la causa dei cittadini di Pisa viventi in Sicilia[lxxix], e nel 1270 salvò la vita a suo nipote Riccardello, chiamato Marchio, che era stato fedele a Corradino fino alla fine[lxxx]. Carlo dovette aver capito il cambiamento dell'atteggiamento di Riccardo e per questo nella lettera contenente il perdono andò al di là delle consuete forme di cortesia ed espresse nei termini più calorosi la sua stima per lui[lxxxi]. Un'altra ragione di questa condiscendenza poteva essere l'intento di Carlo di mitigare il colpo che il suo rappresentante a Roma, Roberto Summerosa, aveva inferto al cardinale. Roberto aveva ordinato una spedizione punitiva contro alcuni baroni di Campagna e non aveva escluso Rocca di Papa, Molaria, Burgum e Monte Compatri, tutte proprietà del nostro cardinale[lxxxii]. Era troppo tardi però per annullare, per mezzo di una lettera adulatoria, il grande danno o chiudere la falla causata dalla brama di potere di Carlo. Durante il lungo conclave del 1268-71 viene riferito in modo attendibile che Riccardo era un membro del partito imperiale[lxxxiii]. Questo cambiamento di politica non fu in realtà un cambiamento, ma scaturì sostanzialmente da tutta una vita tenacemente fedele al principio: libertà di Roma, libertà della Santa Sede. Questa libertà poteva essere ottenuta solo tenendo il nord e il sud d'Italia nelle mani di diversi governanti. Eliminati gli Hohenstaufen e la loro rivendicazione del Regno con la morte di Corradino, loro ultimo discendente, ci si sarebbe potuto aspettare un aiuto dal futuro imperatore di Germania, poiché un imperatore fedele doveva sempre considerare suo dovere proteggere la Santa Sede dagli aggressori. Il potere di Riccardo raggiunse l’apice durante i pontificati molto brevi di Urbano IV e Clemente IV. Le ragioni sono del tutto ovvie: entrambi i papi dovevano a lui la loro nomina; entrambi erano poco pratici dei metodi e dei sistemi della Curia Papale e perciò dovevano fare affidamento sull'esperienza di uomini come Riccardo; entrambi erano di origine francese e non potevano permettersi di rifiutare il migliore amico di Carlo. Il cardinale Gaetano fu, secondo Sternfeld, il più intimo consigliere di questi due papi, ma Riccardo lo sorpassò per quanto riguardava le mosse politiche decisive. La politica di Riccardo fu portata a termine, mentre quella di Gaetano finì in compromessi o fallimenti. L’agire indipendente di Riccardo non sempre fu di gradimento a questi papi e Clemente IV rimproverò subito Riccardo e i suoi amici cardinali quando concessero a Carlo il permesso per una campagna militare senza consultarlo[lxxxiv]; e un aspro disaccordo personale ebbe inizio quando nel maggio 1265 Riccardo interferì con l’ordine papale di punire le città di Civita Castellana, Orte, Todi, Spoleto e Nardi per aver parteggiato per il nemico. Bertoldo, il vicario del cardinale Matteo Orsini, sfruttò questa occasione per procedere contro gli Annibaldi e i loro amici. Nella prima vampata del suo temperanento collerico Riccardo scrisse a Clemente IV una lettera violenta[lxxxv] nella quale, tra le altre cose, fece la dichiarazione che non poteva permettere alcuna interferenza nel territorio del quale egli solo deteneva la giurisdizione. Il papa rispose con eguale asprezza[lxxxvi]: "La lettera che ci hai inviato, a nostro giudizio, non fa onore né a noi né a te ... Tu non avresti mai dovuto dichiarare che noi non avremmo potuto mandare un altro rettore nel territorio nel quale tu solo sei il governatore... Noi non possiamo ammettere che un cardinale abbia potere al nostro stesso livello... Inoltre vogliamo aggiungere che quei territori che sono governati da te o dalla tua famiglia ci offendono più di qualunque altro. Vogliamo menzionare soltanto Corneto, Spoleto, Civita Castellana e manteniamo il silenzio su Pietro di Vico ed altri individui." Il papa sospese ulteriori azioni contro Civita Castellana[lxxxvii], ma accolse la richiesta di Carlo d’Angiò prima che tutte le azioni fossero sospese contro le atre città eccetto Corneto[lxxxviii]. Questo non placò Riccardo che, profondamente offeso, si allontanò dalla Curia; ma il papa dipendeva talmente dal suo giudizio in quei giorni critici, che lo pregò di ritornare "daturus consilium quod tibi magni consilii angelus ispirabit"[lxxxix]. Il papa, nella sua umiliante richiesta, si trattenne saggiamente dall'insistere sugli interessi locali, che avrebbero solo approfondito la frattura[xc], ma parlò dei pericoli che minacciavano la Chiesa in Spagna e in Terra Santa. Clemente IV era di certo pienamente giustificato nella sua accusa contro la famiglia di Riccardo, anche se Riccardo non poteva essere ritenuto responsabile dei misfatti dei suoi parenti ghibellini, che a quel tempo avevano fatto causa comune con Pietro de Vico ed invaso la Sabina rendendo così necessario che il papa avvertisse i cardinali che andavano ad incontrare Carlo d'Angiò a Ostia che si guardassero da un attacco[xci]. La lettera del 28 maggio 1265 pone il problema della posizione di Riccardo come rettore durante questo periodo. Egli certamente non era, come la lettera poteva far supporre, rettore del ducato di Spoleto e della Marca di Ancona, poiché abbiamo numerose lettere datate maggio ed agosto 1265 indirizzate al rettore di questi territori, Simone Paltanieri, cardinale prete di S. Martino[xcii]. E' inoltre stato provato che Riccardo non era più rettore di Campagna e Maritima dopo il 1252, ma probabilmente nel 1265 aveva assunto di nuovo l'incarico che aveva già avuto, perché il rettore, cardinale Giordano Pirunti, era malato e si dovette ritirare a Viterbo per ristabilirsi[xciii]; ma non si possono avere prove sicure. Prima dell'arrivo di Carlo di Angiò nel 1265, Riccardo era a capo della Curia Romana come era evidente dalle numerose decisioni prese da lui[xciv]; dopo il 1265 deteneva grandi poteri come delegato papale negli affari riguardanti il Regno di Sicilia. In questa veste egli nominò vescovo di Tivoli un certo Jacopo, che il papa confermò nel novembre del 1265[xcv]. L'8 giugno 1266, ricevette ordini di non permettere ulteriori molestie al Provinciale Agostiniano della Provincia di Pisa[xcvi] e un decreto papale del dicembre 1267 confermò la nuova forma di vita che egli e un altro cardinale avevano dato alla Militia Beatae Mariae Virginis, una specie di Terz’Ordine per nobili che abbracciava sia laici viventi nel mondo che coloro che conducevano una vita in comune. Questa società aveva come scopo la venerazione della Madonna e un piano di vita più alto. Il popolino però rideva della loro vita riservata e, a causa della loro regola morbida, li chiamò cavalieri gaudenti o frati gaudenti[xcvii]. L'influenza di Riccardo non dipese soltanto dalla sua forte personalità, dalla sua lunga esperienza e lealtà alla causa del papato, ma anche dalla grande ricchezza personale che aveva accumulato. Nel 1261 Urbano IV gli affidò a vita l'amministrazione dell’Ospedale Trinitario di S. Tommaso in Formis, a Roma, nella speranza che egli lo avrebbe generosamente fornito di mezzi[xcviii]. Prima della venuta di Carlo d'Angiò egli aveva ottenuto l'esclusivo possesso di Molara e aveva fatto di questo castello la sua residenza permanente[xcix]. Nelle sue immediate vicinanze egli possedeva Castel Gerusalemme, San Lorenzo, Montefrenello, Monte Compatri e Fusiniano[c]. Nel 1270 Campagnano si impegnò a divenire suo vassallo poiché nessuno era uguale a lui in potenza e autorità a causa della sua amicizia con Carlo d'Angiò[ci]; nel 1271 ottenne Rocca di Papa dai Frangipani, che l’avevano promessa come garanzia per un prestito di 6.500 libras[cii]. La maggior parte di questi luoghi erano cime di montagne fortificate o rocche importanti come punti strategici militari. Attorno alla alta torre di regola erano situati gli edifici della curia e accanto ad essi le case degli abitanti del villaggio, le cui fattorie e i cui orti formavano la proprietà feudale, e questi dovevano i tributi al signore ed in cambio ricevevano protezione dai nemici. Gli accordi o statuti delle città di Campagnano e Sermoneta, che si conservano ancora, mostrano Riccardo come signore gentile e generoso[ciii]. Sebbene tutta la giurisdizione fosse nelle sue mani, gli abitanti erano liberi di sposarsi con chi volevano, di andare e venire come desideravano, di vendere le loro proprietà e di trasferirsi altrove. Nessuna tassa era imposta su case e giardini, ma si esigeva un quarto di quanto era raccolto dai loro vigneti e un ottavo dalle loro fattorie. Gli uomini erano obbligati al servizio militare, ma dovevano pagare solo le provviste del primo giorno. Alcuni dei sopra menzionati luoghi non esistono più, ma al tempo di Riccardo erano floridi villaggi. Molara consumava quindici rubbia di sale[civ], più della vicina Frascati e, come Campagnano, contava almeno 300 abitanti. Nelle immediate vicinanze di Sermoneta, altri membri della famiglia Annibaldi possedevano San Donato, Bassiano e Ninfa, possedimenti che erano tra i più ricchi delle Paludi Pontine[cv]. Nel 1297 questi ultimi quattro posti menzionati furono venduti per 340.000 fiorini d'oro, e ottanta muli furono necessari per trasferire questa somma ed altro denaro da Anagni a Roma[cvi]. Non soddisfatto delle sue tenute feudali, il nostro cardinale usò i comuni metodi della nobiltà del periodo per incrementare la sua influenza. Nel 1270 successe alla carica di podestà a Velletri[cvii] e, contrariamente ai desideri della Chiesa, egli sembrò anche attivo nel collocare la sua famiglia a Terracina[cviii]. Membri della sua famiglia furono podestà ad Alatri, Todi, Viterbo ed altri luoghi. Con la venuta di Carlo d'Angiò il nostro cardinale dovette farsi carico di un prelievo finanziario pesante e fare sforzi eccezionali per raccogliere rilevanti obbligazioni in Francia e Inghilterra.[cix] Sternfeld ripetè l'accusa che i cardinali prolungassero il conclave del 1268 per tre anni per poter dividere tra loro gli introiti della Chiesa e che la disponibilità del denaro suddetto fosse senza dubbio possibile al cardinale Riccardo attraverso questa speciale entrata.
SOTTO GREGORIO X (1 settembre 1271 - 10 gennaio 1276)
Alla morte di Clemente IV, il 29 novembre 1266, il Sacro Collegio di cardinali era composto da 20 membri, divisi tra loro in gruppo angioino e gruppo imperiale[cx]. Il cardinale Riccardo si era unito al gruppo imperiale per le ragioni sopra menzionate e apertamente diresse le trattative con gli elettori tedeschi[cxi]. Dopo che il conclave si era protratto per più di due anni, il popolo di Viterbo, disgustato, trattenne i cardinali come prigionieri virtuali e con piacere scoperchéiò il tetto dell'edificio nel quale i cardinali soggiornavano così che lo Spirito Santo potesse avere la possibilità di illuminarli[cxii]. Tuttavia non fu questo trattamento offensivo che portò all'elezione del nuovo papa, ma i progressi fatti da Carlo d'Angiò nell'unificazione dell'Italia. Il metodo dell'elezione seguì la falsariga dei due conclavi precedenti. Furono scelti tre compromissarii da ciascuno dei due gruppi contrapposti con l'intesa che qualunque candidato avesse ricevuto cinque voti sarebbe stato eletto Papa. Riccardo e Gaetano, i leaders delle due fazioni, furono nuovamente tra i compromissarii e così nuovamente esclusi dal poter ottenere la tiara[cxiii]. La scelta cadde sul Cardinale Teobaldo Visconti di Piacenza che prese il nome di Gregorio X. E' stato affermato che il nuovo papa riteneva entrembi, Riccardo e Gaetano, responsabili del lungo ritardo nella conclusione del conclave e che ebbe perciò poco amore per i due principali cardinali romani[cxiv]. Salimbene, un cronista contemporaneo, asserì persino che Gregorio X privò Riccardo del cappello cardinalizio per tentata simonia[cxv] e Panvinio gli fa perdere lo stesso cardinalato e quindi per questo motivo morire di crepacuore[cxvi]. Nessuna di queste asserzioni può essere provata dai pochi registri di Gregorio X che sono stati conservati, anzi essi rivelano l'opposto. Gregorio X incaricò il cardinale Riccardo di provvedere alla sepoltura di Clemente IV nella chiesa Domenicana di Viterbo e alla erezione del suo monumento[cxvii]. Nel 1273 Riccardo e Gaetano ricevettero ordini di imprigionare Guido di Montford che aveva assassinato Enrico, figlio di Riccardo di Cornovaglia, nella Cattedrale di Viterbo davanti agli occhi atterriti dei cardinali riuniti[cxviii]. Il 25 marzo 1275 il papa confermò Riccardo come cardinale protettore degli Agostiniani con l’espressione della sua massima fiducia[cxix]. La costante influenza di Riccardo può inoltre essere ulteriormente confermata dalla politica filo-tedesca del papa, politica che era stata inaugurata da Riccardo durante il conclave. Questi documenti contraddicono chiaramente le affermazioni di Salimbene e questo storico vivace, ma qualche volta senza scrupoli, contraddice se stesso quando narra della mite resa di Gregorio X a Riccardo sulla questione concernente la soppressione dell'Ordine Agostiniano[cxx]. Nessun cardinale caduto in disgrazia avrebbe potuto esercitare una tale influenza. Se c'è qualche verità nell'asserzione che il Cardinale Riccardo non prese parte al Concilio Generale di Lione nel 1274 e che restò a Roma in assoluto ritiro per due anni[cxxi], questo non fu per lo sfavore papale, ma per le sofferenze del cardinale dovute alla vecchiaia che avanzava. A quel tempo infatti doveva avere ottanta anni o più. Nove anni prima (1265) quando S. Tommaso d’Aquino fu suo ospite a Molara e convertì due importanti ebrei, Riccardo era così sofferente di gotta da non poter camminare, tanto che dovette essere trasportato in chiesa per partecipare al canto del Te Deum[cxxii]. Malattia e vecchiaia furono anche probabilmente le ragioni principali per cui nel 1275 chiese che il capitolo generale dell'Ordine Agostiniano fosse celebrato nel suo castello di Molara. Fu l'ultimo capitolo che egli presiedette e come dono di commiato fondò ai piedi della sua residenza una casa dell'Ordine, che dedicò a S. Agostino[cxxiii]. Nel settembre 1276, quando il capitolo generale Italiano fu tenuto a Todi, il suo nome non è menzionato[cxxiv]. A quel tempo o seguiva il conclave per l'elezione di Adriano V o forse era già morto.
LA MORTE DEL CARDINALE RICCARDO
Un documento di Papa Giovanni XXI il 18 ottobre 1276 ci dice che il Cardinale Riccardo morì "poco fa"[cxxv], ma la parola nuper può significare pochi giorni o pochi mesi . E' discutibile se il cardinale Riccardo prese parte all'elezione di tutti e tre i papi scelti nel 1276, ma sicuramente prese parte all’elezione di Innocenzo V, che lasciò nelle sue mani la decisione concernente la contestata elezione circa il vescovato di Aversa[cxxvi]. Anche gli Annales Veronenses, sempre bene informati, danno la data della sua morte nel 1276, ma menzionano il suo nome dopo quello del Cardinale Uberto di Coconato, il che implicherebbe che il Cardinale Riccardo abbia preso parte non solo al conclave di settembre dove fu eletto Innocenzo V, ma anche al conclave di settembre in cui fu eletto Adriano V[cxxvii]. Il duro trattamento dei cardinali richiesto col decreto Ubi periculum di Gregorio X fu spietatamente eseguito da Carlo d'Angiò per ottenere un papa di sua scelta. Ciò portò alla morte di due papi prima che potessero essere incoronati e, senza dubbio, fu la ragione della morte del Cardinale Riccardo, probabilmente nel settembre del 1276. La semplice pietra sepolcrale del Cardinale Riccardo si trova sul muro della navata sinistra della Basilica del Laterano. L'iscrizione, fatta al tempo di Clemente VIII[cxxviii], dà una data falsa sia per la sua nomina al cardinalato che per la sua morte. Il ritratto in marmo, comunque, è originale[cxxix]. Nell’iscrizione si dice[cxxx]:
Memoriae Riccardi Hannibaldensis de Molaria
S. R. E. archidiaconi cardinalis Sancti Angeli,
qui a Gregorio Papa Nono creatus est anno 1240
obiit Lugduni in consilio generali anno Domini 1274.
[i] Questa data che fu riportata da OLDOINUS, Athen. Rom., 580, è corretta. Fu la quarta creazione di cardinali fatta da Gregorio IX ed ebbe luogo all’inizio del 1237. Cfr. J. FELTEN, Papst Gregor IX (Freiburg, 1888), 384. K. EUBEL, Hierarchia catholica medii aevi, 1 (2° ed. Münster, 1913), 6, è in errore quando accetta il 1239 come data della nomina di Riccardo, perchè quest’ultimo firmò la sua prima bolla papale il 30 agosto 1238: AUVRAY 4515.
[ii] Vedi la controversia tra Huyskens e Sägmüller in Historisches Jahrbuch der Görresgesellschaft XXVII (1906), 817. Persino la nomina di Riccardo ad Arciprete della Basilica di S. Pietro (vedi nota 53) non implicò necessariamente una sua promozione agli ordini sacri, perchè il Card. Gaetano Orsini, che seguì Riccardo in questa carica, ricevette una speciale dispensa papale, “ut ad susceptionem sacerdotalis ordinis minime tenearis”,affinchè non si sentisse costretto a ricevere gli Ordini, Collectio Bullarum SS.ae Basilicae Vaticanae, chiamata anche Bullarium Vaticanum, I (Roma 1747), 154.
[iii] “Innocentius Papa tertius avunculus tuus”, GUIRAUD, Reg. d’Urbain IV, 27. Alessandro IV parla di un Annibaldi, senatore di Roma nel 1262, come di un suo nipote, P 17826. Gregorio IX fu un membro della famiglia Conti, che era strettamente imparentata con gli Annibaldi.
[iv] Egli è menzionato per la prima volta in questa carica il 12 aprile 1239, AUVRAY 4830. Campagna si estendeva attraverso la vallata del fiume Aniene fino ai monti Lepini, la Maritima correva lungo la costa parallela alle stesse montagne e confinava a sud con il Regno di Napoli (FAWTIER, Les registres de Boniface VIII, index).
[v] G. FALCO, Il Comune di Velletri nel Medioevo, Archivio, XXXI (1913), 382; J.B. SÄGMÜLLER, Tätigkeit und Stellung der Kardinäle bis Bonifaz VIII (Paderborn, 1896), 110, afferma brevemente: “Verwaltung, Gerichtswesn Finanzen und Armee lagen in den Handen des Rektor”. BOUARD, Reg. Polit., 81.
[vi] AUVRAY 5254, 13 luglio 1240.
[vii] RODENBERG II, 168; BERGER 2043.
[viii] THEINER, Domin. temp. I, 116.
[ix] Il Papa Innocenzo IV comandò ai fedeli di Campania e Maritima: “Setinos armis cogant ut nobili viro G. de Trebis Castrum ab eis ereptum restituant”, THEINER, op. cit., I, 125 e 136. Non è certo, se questo è il castello di Trivigliano (Trebellianum) che il Card. Riccardo diede alla Chiesa Romana come punizione per un crimine: Archivio XLVII (1924), 186, dove troviamo anche una descrizione (p. 157) delle varie divisioni in classi ad Anagni e della loro lotta per la libertà. Pedites erano i liberi lavoratori, gli artigiani, i mercanti, gli industriali. Milites erano i piccoli feudatari, che volevano liberarsi dalla Chiesa: cioè dai Vescovi e dai Monasteri e dai nobili o dai grandi possidenti terrieri. I Massarii o Populares formavano il resto della popolazione. Di regola i Nobiles e i Milites erano uniti contro i Populares, ma i vari gruppi spesso si combattevano tra loro.
[x] A. CELLI, La malaria nella storia medievale di Roma, Archivio XLVII (1924), 32-33. Federico II morì della stessa malattia il 3 dicembre 1250 e con lui molti delle sue truppe: suo figlio Corradino fu abbattuto da questo morbo e Celli è dell’opinione che molti dei così detti errori tattici di Manfredi nel 1264-5 furono dovuti al timore della malaria.
[xi] K. HAMPE, Ein ungedruckter Brief über das Konclave fon 1241, Sitzungsberichte der Heidelberger Akdemie der Wissenschaften, 1913, I. O. JOELSON, Die Papstwahlen des 13. Jahrhunderts (Berlino, 1928), 27; Archivio XLVII, 31.
[xii] MATTEW PARIS, Chronica Maiora (ed. H. R. Louard, London 1872/82), IV, 172: “Et sub eodem tempore obiit unus cardinalium videlicet Ricardus Hannibaldi”. L’autore aveva probabilmente sentito della malattia di Riccardo di S. Angelo e l’aveva confuso con il Card. Riccardo Summercote.
[xiii] J. MAURBACH, Die Kardinäle und ihre Politik um die Mitte del 13. Jahrhunderts (Bonn, 1902), 56, è chiaramente in errore quando scrive: “Unbestimmt ist auch die Parteistellung bei...Richard Annibaldi”.
[xiv] M. PARIS, Chronica IV, 165, riporta Riccardo dalla parte di Romanus, colui che Federico II aveva accusato nel 1243, “quod fecerat dissidium inter papam iam defunctum et ipsum imperatorem”. H. HUILLARD-BRÈHOLLES, Historia diplomatica Friderici II (Paris, 1869), VI, 88. Vedi E. WESTENHOLZ, Kardinal Rainer von Viterbo (Heildelberg, 1912), 57.
[xv] GREGOROVIUS, Rome V, 642.
[xvi] “Nescitur quo spiritu ductus...cum tota domus cardinalis eiusdem nomen Gebellinitatis ab antiquo sortita Regi iam dicto (Manfredo) studeret sincera devotione placere”: MURATORI VIII, 807. Malaspina fu anche in errore nei riguardi della famiglia di Riccardo che, come la maggior parte delle famiglie Romane, era divisa nella devozione politica tra papa e imperatore. Intima convinzione e vantaggi materiali, piuttosto che la tradizione, determinavano la loro lealtà.
[xvii] “Post desolacionem ecclesiarum, altarium, post sacerdotum et clericorum ac religiosorum exterminium, post mulierum in dispendium adulteria, parvulorum concremacionis incendium, per ecclesiastice potestatis (abusum?) , divinum in derisum, summi pontificis et clavium Petri contemteum ingerendo se divinis misteriis, polluit celebriter, publici contaminat, et sollemniter divinum officium et quantum est in se crucifigit patris unigenitum et unicum matris filium, dum prophanat et prophanari facit dominici corporis sacramentum. Eius, pater sancte, astuciis occurrere vires servientes reprimere nichil aliud est, quam fidem, ne pereat, defendere et ecclesiam totam a rugiente preparato ad escam, a dracone, qui sathanas est et dyabolus ineffabili Domini munere liberare”: K. HAMPE, Papst Innozent IV und die sizilische Verschwörung, Sitzungsber, Heidelberg, 1923, n°8.
[xviii] MAUBACH, Kardinäle, 46, afferma che il Cardinale Riccardo fu incaricato di presiedere la Curia Romana fino al 1249. E. SÜTTERLIN, Die Politik Kaiser Friederichs II und die römischen Kardinäle (Heidelberg, 1929), 31, assegnò questo compito al Cardinale Stefano. La soluzione si potrebbe trovare in RODENBERG III, 319, dove si dice che nel 1245 entrambi furono chiamati “in Campania e Maritima papales vicarii”. Il lavoro amministrativo della Curia, perciò, poteva essere fatto da ambedue.
[xix] “remansit sine papae voluntate”, P II, p. 1286.
[xx]Quando HAMPE, Verschwörung, 12, scrive: “Seine eigenste Politik konnte er (Innocent IV) nur unter Mitarbeit seiner zuverlassingsten Anhanger unter den Kardinalen betriben und als streng geheim schwerlich dem Papier anvertraut werden. Hochstens allgemeine Andeutungen ohne griefbaren Inhalt darf man in dem Briefe erwarten”, egli dà a una ipotesi il peso di una prova. Gli studenti del professore Hampe considerarono la sua intepretazione come definitiva, come ad esempio SÜTTERLIN, Politik 100.
[xxi] RODENBERG II, 124. “Ut sicut olim laudabiliter sic et in posterum ipsos benignis fovetis favoribus” interpreta ipsos aggiungendo “id est fugitivos” e BERGER 1896 segue il suo esempio; ma un’altra lettera indica che il Papa ebbe il primo rapporto dai cardinali italiani e perciò esclude la sua partecipazione: RODENBERG II, 125.
[xxii] “Una bolla fu attaccata alla fronte di Theobaldo Francisco, il leader della cospirazione così che tutto il mondo potesse conoscere l’istigatore della trama omicida: Innocenzo IV”: E. KANTOROWICZ, Federico secondo 1194-1250 (traduzione E.O. LORIMER, London,1931), 635.
[xxiii] La richiesta di partecipare era datata 31 gennaio 1245: RODENBERG II, 63; SÜTTERLIN, Politik, 87.
[xxiv] G. TAMAGNA, Origini e prerogativi de’ Cardinali della Santa Romana Chiesa (Roma, 1790), I, 330.
[xxv] REH, Kardinal Peter Capocci (Heidelberg, 1934), 72. Spesso si è erroneamente affermato che Riccardo continuò nel suo compito di rettore di Campania e Maritima, ma questo incarico fu tenuto da Giordano Pirunti (morto nel 1269) che viene menzionato come rettore nel 1253, benchè egli fosse allora solo notaio papale, RODENBERG III, 186. Pirunti fu fatto cardinale nel 1262 ed è ancora menzionato come rettore nel 1264 (GUIRAUD 195) e nel 1268 (RODENBERG III, 406). Nel 1259 egli fu anche a capo della cancelleria papale (STERNFELD 34, 141). Nel 1264 si ammalò e lasciò la sua carica per almeno un anno (BATZER, Pofi 268).
[xxvi]“Er schob diese Männer, die doch unter den schwierigsten Verhältnissen die Interessen der Kirche in Italien verteidigt hatten, in rücksichtsloser Weise und unter nichtigen Entschuldigungsgründen zur Seite”: MAUBACH, Kardinäle 36 cf. SÜTTERLIN, Politik 117. La fondatezza e l’esattezza dell’azione del papa sembra non sia stata capita da alcuni storici.
[xxvii] “Nos itaque audito frequenter quod venire ad praesentiam (nostram) intendebas”: RODENBERG II, 491.
[xxviii]K. EUBEL, Series vicariorum urbis a. 1200-1558, Römische Quartalschrift VIII (1894), 493-9. F. SCHILLMANN, Die Formularsammlung des Marinus von Eboli (Rome, 1929) riporta tre lettere papali indirizzate a “R(iccardo) S. Angeli cardinali diacono vicario nostro in urbe” (n° 335, 782, 793). Il Dr. R. Schraml ha copiato da H. PONZETTI, Elenchus chronicus vicariorum urbis (Roma, 1797), 19: “(Innocentius IV) qui eidem Ricardo dirigit bullam anno 1252 datam: Dilecto filio s. Angeli c.d. vicario nostro in urbe, editam in Supplemento ad Bullarium Franciscanum p. 28. De hoc Ricardi vicariatu altum silentium apud omnes scriptores satis magno numero a nobis lecto”. Il Supplementum ad Bullarium Franciscanum fu edito da Flaminus Annibaldi da Latera OFM. (Roma, 1780). Cf. C. EUBEL, Bullarii Franciscani Epitome (Quaracchi, 1908), 251 e nota p. 28. Innocenzo IV raccomandò nella summenzionata bolla al Card. Riccardo il frate francescano Lorenzo il quale era stato mandato a Roma in missione speciale. BOUARD, Reg. polit., 70, pone in rilievo l’influenza politica del Vicarius de Urbe.
[xxix] “R(icardo) a S. Angelo et I(oanni) S. Nicolai in Carcere Tulliano diaconibus cardinalibus celebris quidem ecclesie membris de latere nostro missis, pacem discordibus nuntiavit...nullum sui fructum laboris preter pie intentionis meritum retulerunt”: RODENBERG III, 135. Questa nomina, spesso citata avrebbe dovuto almeno impedire alla signora JOELSON di fare la seguente infondata affermazione (Papstwahlen, 48): “...dass Gaetan Orsini und Richard Annibaldi in der letzten Zeit abseits standen... Mit Gewissheit lässt sich nur sagen, dass sie zur Opposition gehörten. Das beweist auch die Tatsache, dass Innocent IV sie zu keinem politische Geschäfte heranzog. Die beiden scheinen 1252 (April 20-Mai 27) nicht an der Kurie gewesen zu sein, da sie die Privilegien bei Potthast 14560 und 14606 nicht unterzeichnet haben” .
[xxx] Nella sua allocuzione ai cardinali il 21 aprile 1264, Papa Urbano IV disse: “...sed a Regno Sicilie nobis et vobis panditur omne malum: nam de eius divitiis magna pars mundi corrumpitur, ecclesie patrimonium laceratur...”: THEINER, Domin. Temp. I, 159.
[xxxi] STERNFELD 9.
[xxxii] I contatti di Riccardo con l’Inghilerra si possono far risalire all’anno 1243, quando Re Enrico III cercò il suo appoggio per suo zio Bonifacio di Savoia, candidato all’arcivescovato di Canterbury (Cal. Pat. R. 1232-47, p. 400). Bonifacio riuscì ad essere nominato (W. STUBBS, Registrum Sacrum Anglicanum, Oxford, 1897, p. 59). Al cappellano di Riccardo, Roffredo da Ferentino, su richiesta del cardinale fu dato un beneficio nella diocesi di York (BERGER 5473, 2 Settembre.1251) e il 21 luglio 1256 il Papa chiese al re d’Inghilterra di assegnare la chiesa di Stodentin, nella diocesi di Hereford, al Magister Stefano Annibaldi, canonico di Furnes e nipote del nostro cardinale (P 16479). Un Mattia (Matteo?) Annibaldi ottenne grandi favori dal re inglese “ob reverentiam Ricardi Dei gratia S. Angeli c.d.” (Close Rolls 1247-51, p. 566, e Pat. R. 1247-58, p. 414 ( A. D. 1255). Nel 1251 Re Enrico III ordinò che il nostro cardinale “al quale il Re da lungo tempo garantiva a vita 30 marchi all’anno dal Tesoro da pagarsi annualmente il giorno di S. Michele” (ibid., p. 101), ma queste ripetute promesse non furono sempre mantenute come è evidente dall’ordine del 1268 che i 300 marchi arretrati dovessero essere pagati (Pat. R. 1268-1272, p. 197). Nel 1259 il re scrisse a diversi cardinali e tra i quali a Riccardo, ringraziandoli per la promozione dei suoi interessi e chiese loro “se egli potesse fare qualcosa per contraccambiare” (Pat. R. 1258-66, p.52). L’ultimo contatto conosciuto di Riccardo con l’Inghilterra è una lettera molto vaga da parte di Walter Giffard arcivescovo di York del 23 mggio 1271 (Surtees Soc. Publications, 109 (1904), (244-5). Il Calendario dei Registri Papali, vol I, contiene un certo numero di richieste di benefici sia per i suoi chierici che per i suoi parenti, specialmente per Riccardo, figlio di Matteo (Mattia?) Annibaldi, pp. 202, 273, 301, 377, 417. Questo rapporto stretto degli Annibaldi con la chiesa d’Inghilterra continuò anche dopo la morte del cardinale. Suo nipote Stefano Surdus attingeva 40 marchi all’anno da un beneficio e ad un Aldobrandinus Annibaldi venne concessa una prebenda nel 1301. Op. cit. 492, 596 e nota 126 infra.
[xxxiii] Annibaldo, figlio di Trasmund Annibaldi, la cui famiglia era in maniera speciale cara al nostro cardinale, poichè era sempre dalla parte del papa, è menzionato come capo delle truppe papali nella Marca di Ancona nel 1256 e 1259, ma non nel 1254: J. VON PFLUGK-HARTTUNG, Iter Italicum (Stuttgart, 1883), 578. Egli sfruttò le circostanze favorevoli a suo vantaggio e questo causò un estenuante processo con la città di Fermo, che nel 1272 non era ancora terminato. (Documenti di storia patria Italiana, IV (Firenze, 1870), 415, 434-6, 443, 548). Nel luglio 1282 egli fu ambasciatore a Perugia (PFLUGK-HARTTUNG, l. c.) e nel 1283 egli è menzionato con altri nobili e Anibaldo de Militiis come amico di Pietro di Aragona (SALIMEI, Senatori 86). Nello stesso anno ricevette una tenuta feudale da Carlo d’Angiò (SAVIO, Annibaldi 357, 362).
[xxxiv] JOELSON, Papstwahlen 45.
[xxxv] “Vir satis benignus et bene religiosus, assiduus in orationibus, in abstinentia strenuus”. “Grossus”, cioè “corpulentus et crassus fuit et Deo devotus” P II, p. 1472.
[xxxvi] Cambridge Medieval History V, 178.
[xxxvii] Il cardinale Stefano morì l’8 dicembre 1254 (EUBEL, Hierarchia I, 4) dopo aver occupato la carica di arciprete per undici anni (Bull. Vat. I, 126). La prima bolla papale indirizzata direttamente al Cardinale Riccardo come arciprete è del 26 luglio 1263 (Bull. Vat. I, 143), ma ci sono altre quattro precedenti lettere indirizzate a “Dilectis filiis archipresbytero et capitulo”, la prima di queste scritta il 27 maggio 1256 (ibid. I, 134). Non c’è dubbio che Riccardo fu nominato poco tempo dopo la morte di Stefano.
[xxxviii] Comunicazione del professore S. Kuttner, Washington. Questa rivendicazione fu fatta da STOPPER, Papa Giovanni XI (Münster, 1898), 104, e accettata da STERNFELD 281. Seguendo i passi di Ciacconius, CARDELLA, Cardinali I, 2, 257, assegnò la dignità di cardinale arcidiacono a Riccardo, poichè egli incoronò Papa Clemente IV. Questo doveva essere un ufficio importante poichè includeva il governo della chiesa alla morte del papa (SÄGMÜLLER, Kardinäle 180), ma non esiste un solo documento in cui venga chiamato con questo titolo, e il titolo di arcidiacono non fu più usato dopo il XII secolo.
[xxxix] Si tratta dell’elenco dei possedimenti risultanti negli anni 1188, 1205 e 1228 (Bull. Vat. 1, 68, 83 e 113).
[xl] Hist. Jahrbuch XXVII, 267.
[xli] Bull. Vat. 1, 154 (Oct. 18, 1276).
[xlii] Ibid. 137 (27 maggio 1256); 139 (1259), 143, 147.
[xliii] M. BRÈQUIGNY, Table chronologique des diplômes, chartes, titres...concernant l’histoire de France (Paris, 1850), VI, 283 (7 aprile 1256) e 479 (7 maggio 1266), La differenza di date deriva dalla ripetizione del giuramento di John le Roux, che governò dal 1227 al 1286: POCQUET DU HAUT-JUSSE, Les papes et les ducs de Bretgne (Paris, 1928), 1, 135.
[xliv] RODENBERG III, 382, 387, 417 (23 gennaio, 1256 al 31 marzo, 1257). VAN MOÈ, Recherches 228, ristampò il documento di A. HÖHN, Chronologia Provinciae Rheno-Suevicae (Würzburg, 1744), 25. L’accordo speciale del vescovo e del suo capitolo con gli Agostiniani fu firmato da Guido Salanus il 13 maggio 1263: Monumenta Boica XXXVII (1864), n. 1093.
[xlv] T. HIRSCHFELD, Genuesicshe Dokumente zur Geschichte Roms im 13. Jahrhundert, Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken XVII (1924), 125.
[xlvi] RODENBERG III, 460, 11 ottobre 1259. Quando S. Alberto divenne vescovo di Ratisbona nel 1261, accettò gli agostiniani nella città. Se la sua amicizia col Card. Riccardo fu un fattore decisivo non si sa, poichè la maggior parte dei vecchi documenti del monastero furono distrutti quando i riformatori si impadronirono della città. E’ da sottolineare, comunque, che in un documento del 1267, col quale il consiglio comunale dette la famosa chiesa di S. Salvatore agli Agostiniani, il Cardinale Riccardo è espressamente menzionato sebbene non ci fosse evidente ragione per farlo. Documento in CRUSENIUS 1, 18. Alberto il Grande e il Cardinale Riccardo erano senza dubbio informati per mezzo della loro amicizia con S. Tommaso d’Aquino. S. Alberto era ad Anagni nel 1256, da dicembre del 1256 a maggio del 1257 probabilmente a Roma e nel 1258 con la Curia Papale a Viterbo: H. C. SCHEEBEN, Albert der Grosse. Zur Chronologie seines Lebens (Quellen und Forschungen zur Geschichte des Dominikaner Ordens in Deutschland XXVII, Vechta, 1931), pp. 43-47. Scheeben portò anche il testo dell’indulgenza che Alberto concesse agli Agostiniani in Wuerzburg (p. 73, 140, 28 giugno, 1263), ma non sembra conoscersi un documento simile per gli Agostiniani di Nuremberg (vedi appendice). S. Alberto benedisse inoltre l’altare degli Agostiniani in Mühlhausen: MOSSMANN, Cartulaire de Mulhouse (Strassburg, 1883), 1, n. 84.
[xlvii] Il 13 aprile 1255 egli risolse la disputa tra Dean Warric di Treves e Theoderic di Prum: RONCIERE 393. Nel 1256 egli risolse un caso nella diocesi di Rochester (Cal. Pap. Reg. 1, 329), e l’anno seguente un altro nella diocesi di Durham (ibid., 352). Quando il giudizio di Riccardo privò l’importante uomo inglese John Mansell di tutti i suoi benefici, Papa Urbano IV lo invalidò (ibid. 378, A. D. 1262). Questo è il solo caso da noi conosciuto in cui la decisione di Riccardo potrebbe essere stata influenzata dalla sua insoddisfazione per la dilatoria politica inglese, della quale Mansell fu rappresentante rilevante. Alessandro IV lo aveva nominato auditore nelle difficoltà che i Domenicani di Hereford (England) stavano avendo con il capitolo della cattedrale di quella città, ma dovettero nominare un altro cardinale “cum dictus cardinalis (Richardus) a Romana Curia discessisset” (Sua nobis del 21 ottobre 1261): W. CAPES, Charters and records of Hereford Cathedral (ibid., 1908),117. La partenza di Riccardo fu probabilmente connessa con la sua interferenza nella politica Romana. Vedi nota 87.
[xlviii] “Invitis Romae nobilibus et Hanebalensibus et omnibus aliis qui incarcerationem suam provocaverunt”: J. DE WALLINGFORD, Chronica, MGH-Script. XXVIII, 511; cf. F. TENCKHOFF, Papst Alexander IV (Paderborn, 1907), 76.
[xlix] “ et solis nobilibus maxime Hanebalensibus studuit complacere”: MGH XXVII, 377.
[l] “Liberatus (Brancaleone) igitur duos nepotes Ricardi Hanibalensis videlicet cardinalis suspendit”. J. WALLINGFORD, loc. cit. Lo stesso autore ci dice che il papa si spaventò e si spostò da Viterbo ad Assisi, da dove egli minacciò Brancaleone di scomunica.
[li] BOUARD, Règime politique, 23, n° 6.
[lii] “Die Unentschiedenheit der päpstlichen Politik nach aussen und ihr Mangel an Straffheit innerhalb der Kurie erlaubte es den englisch gesinnten Kardinälen den missglückten Versuch von 1259 zu erneuern um durch die Wahl Richard’s als Senator sein Eingreifen in Italien selbst gegen den Willen des Papstes zu erzwingen”: P. SCHMITTHENNER, Die Ansprüche des Adels und Volkes der Stadt Rom (Berlin, 1923), 40.
[liii] Questa dichiarazione molto discussa negli Annales S. Justinae, MGH Script. XIX, 181, dette un considerevole disturbo a STERNFELD (16, n. 1), che propose persino una lettura differente del testo per poter salvare la reputazione del suo eroe Gaetano e coinvolgere Riccardo Annibaldi. La sua proposta era senza fondamento e fuori luogo.
[liv] STERNFELD 22.
[lv] “Dominus Godefridus, natione Campanus, affinis Domini Richardi factus est St. Georgii ad velum aureum diaconus cardinalis”: EUBEL, Hierarchia 1, 8. Secondo CARDELLA (Cardinali 1, 302) incoronò Onorio IV e cadde vittima della pestilenzia del 1287. Egli firmò per la prima volta il 23 gennaio 1262: P 1822.
[lvi] “Hic (Urbanus IV) fecit unum cardinalem de Ordine Predicatorum, nepotem videlicet Domini Ricardi cardinalis, cui nomen frater Anibaldus, qui fuit magister in theologia, qui multa humilitate in dicta dignitate permansit et sancta vita quasi alter frater videbatur...quem frater Thomas (Aquinas) multum dilexit”: Die Annalen des Tholomeus von Lucca (ed. Schmeidler, 1930) MGH Script. n. s. e MURATORI XI, 1153. Le date della sua nomina sono molto incerte. GREGOROVIUS, Roma V, 605, dice 1257, il MURATORI XI, 1153, la pone nel 1261 e SCHMEIDLER nel maggio o giugno del 1262. AMAYDEN (Fam. Rom. 62), fa nominare tutti i quattordici cardinali nel 1263. A. WALZ, I cardinali domenicani (Roma, 1940), 16, segue Muratori. Il Cardinale Annibale Annibaldi firmò il suo primo documento il 13 novembre del 1263 (P 18713) e morì nel 1272.
[lvii] Saba Malaspina non lascia dubbi che furono il Cardinale Riccardo e i suoi Guelfi i responsabili di questa nomina: “Huius igitur cardinalis pars Guelfa Urbis sedulum... vel potius subdolum praesentiens studium...procuraverunt sagaciter et provide ordinarunt quod populus Urbis... praedictum Provinciae comitem eligerunt in Domunum et Senatorem Uris perpetuum vocaverunt”: MURATORI VIII, 807; SCHMITTHENNER, Ansprüche 48.
[lviii] L’11 agosto 1263 Urbano IV scrisse al Magister Alberto di Parma, suo rappresentante in Francia, che Carlo d’Angiò era stato eletto senatore, ma che non sapeva se a tempo determinato o a vita: P 18621.
[lix] “Sine nostro et Romane ecclesie gravissimo preiudicio nostreque discrimine libertatis tolerari non posse, quod comes... ad vitam vel ad longum tempus dictam obtineat dignitatem”: Lettera del 25 dicembre 1263; MARTÈNE-DURAND, Thesaurus novus anecdotorum (Paris, 1717), II, 30, e H. GRAUERT, Der Kardinal Johann von Toledo (München, 1901), 152.
[lx] “Mais toutes ces manoeuvres trouvèrent un adversaire habile et entreprenant en la personne du Cardinal Richard Annibaldi. Celui-ci avait depuis long-temps mis toute sa confiance pour l’Eglise et pour Rome dans une intervention ètrangère et à l’insu du pape, à l’insu de Charles d’Anjou lui-même avec autant de zèle que d’adresse il posa sous main la candidature du comte de Provence... Du moins aucun texte n’indique que Charles d’Anjou ait pris la moindre initiative”: E. JORDAN, Les origines de la domination Angevine en Italie (Paris, 1909), 458.
[lxi] “...exclusis pro maiore parte Nobilibus Ghibellinis ab Urbe, de quorum numero quidam ipsius cardinalis nepotes erant”: MURATORI VIII, 807; STERNFELD 134.
[lxii] “...quos quasi penitus ignoramus cum super hoc dictus karissimus frater noster nobiscum collationem minus plenam habuerit, immo ut verius dicamus, in tanto negocio quasi nullam”: A. MOLINIER, Correspondance administrative d’Alfonse de Poitiers (Paris, 1900), II, 553, n° 2035. La lettera di Riccardo sembra non sia più esistente; la risposta di Alfonso è datata 14 luglio 1264.
[lxiii] “...indefessae solicitudinis studio (Richardus vehementer instabat quod praedictus comes Provinciae negotium regni contra Regem eumdem mora qualibet aggrederetur abiecta, offerens magna de suo peculio pro expensis dicti Comitis mutuare”: MURATORI VIII, 807.
[lxiv] GREGOROVIUS, Roma V, 357.
[lxv] Nel 1264 Urbano IV chiamò Riccardo uomo maligno che contro Dio e la giustizia aveva occupato Ostia per più di due anni (GUIRAUD 754). Sternfeld erroneamente dà come data il 1263, per di più egli considera Riccardo un partigiano di Manfredi, probabilmente confondendolo con Riccardo, figlio di Mattia; BOUARD, Reg. Pol. 34, fa lo stesso errore. GREGOROVIUS, Roma V, 400, correttamente lo chiama un Guelfo; e SAVIO in Gli Annibaldi, 357, scrive: “che per il suo Guelfismo fu con feudi splendidamente remunerato da Carlo d’Angiò”. Riccardo fu podestà di Todi nel 1250 (PFLUGK-HARTTUNG, Iter Ital. 548), senatore di Roma nel 1258 (SALIMEI, Senatori, 79) e tenuto prigioniero da Enrico di Castilla nel 1266 (P 20165). Suo nipote dello stesso nome, un figlio di suo fratello Tebaldo, forzò Orso Orsini a dare le dimissioni da podestà di Viterbo nel 1280, si nominò decano del conclave, imprigionò due cardinali e si rese colpevole di molte altre offese; Matteo Orsini, cardinale vescovo di Porto, lo imprigionò fino a che non fu eletto il nuovo papa, il quale lo assolse ad una condizione, che egli visitasse le chiese principali di Roma scalzo e con una fune attorno al collo: H: MANN, Lives of the Popes in the Middle Ages, XVI, 8s, St. Louis 1931, 171, 391. Egli fu anche chiamato Riccardo de Rota: R. MORGHEN, Il cardinale Matteo Rosso Orsini, Archivio XLVI (1923), 309. Se egli è proprio quel Riccardo figlio di Teobaldo che offrì i suoi servizi a Giacomo II di Spagna per il suo “viaggio” in Sardegna, è ancora da vedersi: Acta Aragonensia, ed. H. Finke (Berlin, 1908), 90. Questi tre Riccardi sono spesso stati confusi l’un con l’altro. Su Riccardo, figlio di Mathias, chiamato anche Riccardello, vedi nota 95 infra.
[lxvi] STERNFELD 39. Il Cardinale Annibaldi dei Dodici Apostoli fu mandato a Narni, dove cercò “sedulis monitis et studiosis inductionibus” di persuadere i cittadini a venire in aiuto della Chiesa: GUIRAUD 1095; JORDAN, Origines, 500.
[lxvii] “In duos ex ipsis fratres qui magis contrari videbantur communiter extitit compromissum, qui compromisso accepto....statim effecti...unanimes et concordes, concorditer elegerunt...”. Questo è il resoconto di Papa Clemente nella sua lettera a Smaragdus, arcivescovo di Colocza: Neues Archv XXII (1897), 406; JOELSON, Papstwahlen 78.
[lxviii] J. HEIDEMANN, Papst Clemens IV (Münster, 1903), 3, corregge POTTHAST II, p. 1543, che aveva situato l’incoronazione a Viterbo.
[lxix] 19 maggio 1265, JORDAN 1462; MARTÈNE, Thesaurus II, 130.
[lxx] JORDAN, Origines, 500.
[lxxi] “A karissimo in Christo filio C(arolo) preces obnixas accepimus petentes ex affectu, ut tuam sibi concederemus praesentiam, hoc sibi tempore admodum necessariam: causam tamen huius necessitatis non expressit...quia tamen regium volumus explorare secretum tuae totum discretioni committemus”: lettera di Clemente IV a Riccardo del 12 ottobre 1265: MARTÈNE, Thesaurus II, 215.
[lxxii] Egli firmò solo poche bolle papali nel 1265, nessuna nel 1266 e 1267 e solo una nel 1268: POTTHAST II, p. 1649. La regola che tutti i cardinali presenti nella Curia dovessero firmare documenti importanti nacque sotto Innocenzo II: SÄGMÜLLER, Kardinäle 71. Vedi anche la nota 137 infra.
[lxxiii] “Nec enim omnibus communicare volumus quoniam non omnium unis est animus et defectuum publicatio posset parere detrimentum”: G. GIUDICE, Codice diplomatico del regno di Carlo (Napoli, 1863), I, 36.
[lxxiv] P 19217, 21 giugno 1265.
[lxxv] RODENBERG III, 639.
[lxxvi] GRAUERT, Johann v. Toledo 132. Il cardinale Annibale dei Dodici Apostoli è menzionato da MURATORI IIIb, 422. Il Papa rifiutò saggiamente di incoronare Carlo a meno che egli non fosse venuto a Perugia: BÖHMER, Acta Imperii 9617, 9621.
[lxxvii] Il Cardinale Riccardo perse due parenti in questa battaglia. Il nome di uno è sconosciuto (MURATORI VIII, 1125), l’altro era Teobaldo, figlio di Pietro Annibaldi, “luxta cadaver Manfredi compertum est corpus Theobaldi de Anniballis qui semper in pugna Manfredum e vestigio sequebatur”: MURATORI VIII, 80. Questo Teobaldo era stato proconsole di Roma e podestà di Alatri nel 1260: SAVIO, Anibaldi 363. La battaglia è importante per la storia degli Agostiniani poichè cambiò completamente la vita di Matteo di Thermes, consigliere e giudice supremo alla corte di Manfredi. Egli era fuggito inorridito in Sicilia alla vista dei soldati francesi infuriati che uccidevano a loro piacimento chiunque volessero. Là si ammalò e, avendo fatto voto di entrare in una comunità religiosa, se si fosse ristabilito, egli entrò nell’Ordine degli Eremiti Agostiniani sotto il nome di Agostino Novello: VFR. 458. La sua conoscenza giuridica fu di grande aiuto nella redazione finale delle Costituzioni dell’Ordine nel 1274, e durante il periodo che fu generale dal 1298-1300 Matteo di Thermes non è menzionato nell’elenco dei giudici di Manfredi in H. ARDT, Studien zur inneren Regierungsgeschichte Manfred’s (Heidelberg 1911). Il solo documento esistente sulla vita di Agostino Novello, prima della sua entrata nell’Ordine fu scoperto dai Bollandisti: ASS (Maggio 19), 615.
[lxxviii] Malaspina, MURATORI VIII, 807 e 820. Vedi le appendici di STERNFELD 317.
[lxxix] M. RICCIO, Alcuni fatti riguardanti Carlo II (Firenze, 1875), 21.
[lxxx] Riccardello, della fedele famiglia Ghibellina di Mattia Annibaldi, combattè col giovane Corradino a Tagliacozzo (23 agosto 1268). Mentre si ritirava col suo capo ad Austar, prese il castello di Lariano che era di grande importanza per il papato, poichè dominava l’intera Campagna (Archivio XXXI (1913), 388, 449; SAVIO, Anibaldi 357). Da questa fortezza egli attaccò i soldati di Carlo d’Angiò e uccise molti di loro nella foresta ai piedi della fortezza: MURATORI VIII, 468; GUIRAUD 229.
[lxxxi] “...Quod nos considerantes grata servicia que venerabilis pater Dominus Ricardus Dei gratia Sancti Angeli Cardinalis praecordialis amicus noster, maiestati nostre hactenus exhibuit...”: GIUDICE, Cod. dipl. III, 235 (15 nov. 1270).
[lxxxii] Archivio XXXI (1913), 454. Il documento è datato 14 agosto 1270.
[lxxxiii] Vedi note 125 e 126.
[lxxxiv] “Quodsi de vestro procedit assensu miramur plurimum et dolemus, simul si nostra sententia non requiritur vel contemnitur requisita. Stupemus utique et confundimur”: MARTÈNE, Thesaurus II, 163; MAUBACH, Kardinäle 118.
[lxxxv] STERNFELD 49. La lettera di Riccardo è andata perduta.
[lxxxvi] MARTÈNE, Thesaurus II, 138; P 19162 (28 maggio 1265).
[lxxxvii] MORGHEN, Matteo Orsini 290. Il Papa sospese ulteriori azioni contro Civita Castellana perchè Bertoldo Orsini aveva agito “male e in modo disonesto”.
[lxxxviii] “Precibus regis Sicilie inductus cardinali Sancte Marie in Porticu mandat ut solum factum Cornetorum prosequatur iuxta traditam ei formam; contra autem Ortanos quibus Tudertini auxilium miserunt, Narnienses et Spoletani obtulerunt ulterius non procedat”: JORDAN 909 (14 luglio 1265); MAUBACH, Kardinäle 121.
[lxxxix] P 19218 (21 giugno 1265). Il 27 giugno 1265, Clemente IV permise sia a Riccardo che a Gaetano di rimanere a Roma come cosiglieri di Carlo o di venire alla Curia a Perugia: JORDAN 899.
[xc] BATZER, Formelsammlung des Richard Pofi, 133, da una lettera papale a Riccardo, riguardante solo questioni locali, per esempio i problemi connessi con l’arrivo di Carlo d’Angiò: “Ad curiam reditu celeri veniatis vestra iam inchoata negotia que ni iuventur perire possunt”. Evidentemente la lettera di Pofi non è la finzione che Batzer suppone sia, ma la prima bozza di una lettera all’offeso cardinale. Le parole “negotia vestra” rafforzano l’evidenza che Roma considerava l’arrivo di Carlo opera di Riccardo.
[xci] JORDAN 844 (19 maggio 1265). Il Papa chiamò Pietro de Vico “publicus ipsius ecclesie hostis et proditor nequissimus”: RODENBERG III, 578. Dopo lo sbarco di Carlo, Pietro si sottomise subito: JORDAN 888, 21 maggio 1265.
[xcii] A. MAIN, Il cardinale de Monselice Simone Paltanieri nella storia del secolo XIII, Nuovo Archivio Veneto, n.s. 22 (1920), 98, 138.
[xciii] BATZER, Pofi 368-369.
[xciv] Il 2 febbraio 1263 Urbano IV chiese a Riccardo di difendere energicamente i diritti della Chiesa e di multare Velletri per 300 libre, denaro che doveva essere usato per la ricostruzione di Larriano: GUIRAUD 189. Il 20 aprile 1263 Riccardo risolse una disputa tra due monasteri: Ibid. 224, anche 1002 e 1010. Il 18 giugno, 1264 egli consacrò la chiesa di San Benedetto di Guarcino nella diocesi di Alatri: GUIRAUD 1191. Numerosi favori furono fatti ai suoi amici e cappellani: GUIRAUD 1517, 1725, 1752, 1899, 2198.
[xcv] “Jacobum a Ricardo s. Angeli card. legato in Tiburtinum episcopum confirmat”: P 19349, 5 nov. 1265; K.RUESS, Die rechtiliche Stellung der päpstlichen Delegaten bis Bonifaz VIII (Paderborn, 1912), 99-103.
[xcvi] EMPOLI 62; P 19678.
[xcvii] In accordo con H. HEFELE, Die Bettelorden und das religiöse Volksleben ober und Mittelitaliens (Feiburg, 1910), 74 l’unione era stata approvata nel 1261 e il decreto Solet annuere del 31 dicembre 1267 confermò il primo atto di riconoscimento P 20202. Il Cardinale Riccardo impose la regola di Sant’Agostino in aggiunta alle nuove costituzioni.
[xcviii] “Curam domus hospitalis S.ti Thomae in Formis de Urbe Ordinis Sanctae Trinitatis et captivorum... quam felicis recordationis Innocentius papa tertius, predecessor noster, avunculus tuus, de bonis ecclesie Romane fundavit, per tuam industriam circa spiritualia et temporalia Deo propitio, salutaria poterit suscipere incrementa, ipsius curam auctoritate presentium tibi plene ad vitam tuam solummodo duximus committendam... possis corrigere, ordinare, reformare... et etiam per tuam industriam et beneficio tuo liberalitatis, largitionis et donationis acquiret in vita tua et postmodum...”: GUIRAUD 27, 13 nov. 1261. Egli fu anche nominato supervisore delle vendite dell’ospedale di S. Spirito in Saxia de Urbe: GUIRAUD 2314, 13 dic. 1263.
[xcix] “Pater tamen ille magnificus Dominus Richardus sancti Angeli d. c. natione Romanus usque ad castrum Molariae, quod idem cardinalis proprio impenso peculio pro sua et suorum perpetua hereditate quaesierat, Regem conduxit...”: Malaspina, MURATORI VIII, 820.
[c] Archivio IX (1891), 404, e XLVI, 263 (15 luglio 1277); GREGOROVIUS, Roma V, 384.
[ci] “La cui potenza ed autorità difficilmente avevano l’eguale dopo il suo amico Carlo d’Angiò”: Archivio XIV (1896).
[cii] GAETANI, Domus Caetana, I (1), 122 e II, 13; GAETANI, Reg. Chart., I, 44 (15 luglio 1272).
[ciii] F. PASSERI, Lo statuto di Campagnano, Archivio XIV (1891), 5-85. Sermoneta più tardi divenne il principale possesso dei Gaetani; gli statuti conservati nei loro archivi, erano stati confermati dal Cardinale Riccardo il 27 dicembre 1271: GAETANI, Dom. Caetana, II, 13.
[civ] Nel XIII secolo la quantità di sale usato determinava l’ammontare delle tasse che dovevano essere pagate: Archivio IX, 385 e 396.
[cv] “Castrum Nymphae quood ditissimum castrum est et uberrimum in redditibus”: GAETANI, Dom. Caiet., I (2), 112; “vastissimo territorio”: ibid., I (1), 122; vedi anche I (2), 274-277.
[cvi] Ibid., I (1), 114.
[cvii] G. FALCO, I comuni della Campagna e della Maritima nel medio evo, Archivio XLVII (1924), 180. Il nipote di Riccardo, Tebaldo, figlio di Pietro, fu podestà di Alatri nel 1260 e gli seguì nel 1286 Goffredo di Alatri, cardinale e nipote di Riccardo. Ibid.
[cviii] Quando i cittadini di Terracina, adirati, distrussero la torre dei Frangipani, il rettore di Campagna e Maritima (probabilmente Riccardo) li multò di una grande somma di denaro. Innocenzo IV richiamò questo giudizio nel 1250, ma quattro anni dopo gli Annibaldi e i Frangipani reclamarono, sulla base di un patto firmato, che solo una delle loro famiglie potesse essere scelta come podestà di Terracina. Come il suo predecessore, Alessandro IV denunciò questa pretesa dal momento che Terracina era un feudo della Chiesa, ma i nobili ebbero la meglio fino a quando Papa Bonifacio VIII si autonominò podestà della città: A. CONTATORE, De historia Terracinensi (Roma, 1706), 188, 191, 193; Archivio XLVII, 145, 159.
[cix] Il Re Enrico III d’Inghilterra ordinò il 26 febbraio 1268 che i 300 marchi arretrati della tassa annuale di 30 marchi fossero pagati al Cardinale Riccardo: Cal. Pat. R. 1266-1272, p. 197. In Francia i soldi dovuti furono raccolti da mercanti fiorentini: H. SUDENDORFF, Urkundenbuch zur Geschichte der Herzöge von Braun schweig und Lüneburg und ihrer Lande (Hannover, 1876), VIII, 217. Il documento del 9 novembre 1267 sembra indicare che i possedimenti di Riccardo fossero molto grandi, a meno che le parole “von den Kirchen, Pfründen, Benefizien, die er in Frankreich besitzt”, non siano una semplice formula. Ibid., p 218, è una ricevuta rilasciata da Tommaso Spiliati, mercante di Firenze, a Hildebold, arcivescovo di Bremen, di più di 100 sterline che lui doveva al Cardinale Riccardo, datata 24 marzo 1268. Sebbene il cumulo di benefici nella mano di una sola persona fosse proibito dalla legge della chiesa, ciò veniva allora sanzionato ufficialmente da decreti papali caso per caso. In questo modo Riccardo ottenne per se stesso e per i suoi parenti le entrate di benefici in altri paesi. Sebbene suo nipote Stefano Surdus possedesse già il reddito di otto chiese, e tra queste un canonicato in Spagna, Riccardo fece sì che ottenesse diverse nuove prebende: BERGER 51113, GUIRAUD 1899. Attraverso gli sforzi di Riccardo fu inoltre assegnato un beneficio a suo nipote Guglielmo, figlio di Landolfo Ceccano: BERGER 7699, 4 aprile 1254.
[cx] “Eodem tempore maxima discordia erat inter cardinales Rome qui erant 17. Undecim ex ipsis, videlicet dominus Richardus de Annibaldis...fovebant partem imperii, alii scilicet dominus Johannes de Gaytanis... fovebant partem Karoli...”, Annales Placentini Ghibellini, MGH Script. XVIII, 533.
[cxi] “Eodem tempore comes Anrigetus de Sparroeria, cives Papie, ivit in alamaniam ad ortandum et adcellerandaum domni Frederici III regis Sicilie et Theutonicorum qui cotidie prestollantur. Et predicta omnia acta sunt et tractata per Marchionem Montisferati de voluntate Ricardi de Onibalibus (i. e. Anibaldibus)”. Ibid., 553.
[cxii] “...dominus Johannes (de Toledo) cardinalis dicebat ludendo ceteris cardinalibus: “Discooperiamus hanc domum, quia spiritus sanctus non potest ad nos per toto coopercula pertransire”...: Bernardi Guidonis, Vita Gregorii X” (MURATORI III, 597).
[cxiii] “Cum cardinales urbis Rome diu stetissent in magna divisione in electione summi pontificis per duos annos et plus, ad ultimim in concordia elegerunt sex ex eis; ex una parte primo dominum Ricardum de Anibaldis cardinalem... ex altera parte domnum Johannem Gaytanum... in quibus sex omnes in concordia compromiserunt, ut in quem quinque ex ipsis sex sese concordaverunt, esset papa...” : Annal. Plac. Ghib., 554.
[cxiv] STERNFELD 234, 248.
[cxv] “Capellum rubeum abstulit (Gregorius) domno Ricardo cardinali pro eo quod visum fuit sibi quod simoniacae quandam praebendam dedisset”: SALIMBENE, MGH Script. XXXII, 491. Holder-Egger, l’editore della Cronica di Salimbene e STERNFELD 198,240, considerano falsa questa dichiarazione. Holder è dell’opinione che, se c’è qualche verità nella storia di Salimbene, il Cardinale Riccardo non può essere stato privato del cappello rosso se non per breve tempo. La sola indicazione che Riccardo potesse essere accusato di corruzione si trova in un documento di DAVIDSSOHN, Forschungen zur Geschichte der Stadt Florenz (Berlin, 1908), II, 2, 128. Il 14 marzo 1276 il consiglio della città di Perugia, per liberarsi dall’interdizione, decise di corrompere sei cardinali. Questi erano Riccardo Anibaldi, Matteo Orsini, Ottobuono Fieschi (più tardi Papa Adriano V), Guglielmo e Giacobbe Savelli (più tardi Papa Onorio IV) e Oliviero Coconato. Questa decisione del concilio di Perugia, comunque, non aveva nulla a che fare con l’assegnazione di una prebenda, nè con la punizione di Gregorio X , che era morto due mesi prima, il 10 gennaio 1276.
[cxvi] “Il Panvinio senza recare alcuna prova, o autentico monumento o autorità di antichi scrittori, asserisce, che questo Porporato morì di dolore, per essere stato privato della cardinalizia dignità... e quella di Arcidiacono”: CARDELLA, Cardinali I, 2, 257. Sembra che la storia del Panvinio sia stata una ulteriore importante ragione per cui gli scrittori agostiniani abbiano trascurato di scavare nella vita del loro primo cardinale protettore. E’ anche ulteriore prova della tremenda conoscenza delle fonti medievali che Panvinio aveva acquisito nella sua breve vita.
[cxvii] POTTHAST 20876 (31 luglio 1274); 20934 (1 ottobre 1274); 21014 (1 aprile 1275).
[cxviii] GUIRAUD 326 (29 nov. 1273); P. 20767; DAVIDSSOHN, Forschungen IV, 206
[cxix] GUIRAUD 1067.
[cxx] Vedi il capitolo seguente.
[cxxi] Così P. RICHARD in Dict. d’hist. eccl., III, 388. Non riesco a trovare la fonte di questa affermazione.
[cxxii] A. WALZ, San Tommaso d’Aquino (Roma 1945), 127.
[cxxiii] “In loco novo in Castro Molarie tunc acepto”: AA. II, 225. Il monastero rimase nelle mani dell’Ordine fino al 1428: CRUSENIUS I, 299.
[cxxiv] AA. II, 224, 226.
[cxxv] “Qui nuper in eadem Basilica per obitum bone memorie Richardi S. Angeli c. d. archipresbyteri Basilicae supradictae vacavit”: Bull. Vat. I, 154: P. 21171.
[cxxvi] CADIER 47 (28 dic. 1276). Il documento dà un rendiconto di ciò che era accaduto.
[cxxvii] Innocenzo V fu eletto il 21 gennaio e morì il 22 giugno 1276. Adriano V fu eletto il 23 luglio e morì il 18 agosto 1276. Vedi N. SCHÖPP, Papst Hadrian V (Heidelberg, 1916), 222.
[cxxviii] “Quod sepulcrum a Clemente VIII summo pontifice memoriae causa instaurato hoc epitaphio...”: GRIMALDI, Catalogus, fol. 50v. AMAYDEN, Fam. Rom., 66-68, riproduce una decisione della Rota Romana del 12 giugno 1651, nella quale Tiberius de Anibalis de Molaria e Joseph de Anibalis de Zancato ricevettero il permesso di ripristinare l’iscrizione della tomba del cardinale che era stata distrutta dall’incuria di alcuni operai durante il restauro della Basilica voluto da Papa Innocenzo X.
[cxxix] GREGOROVIUS, Roma V, 642.
[cxxx] Patrologia Latina (ed. Migne), CLXXIII, c. 11049, n° 48.