Rudolph Arbesmann OSA
["A Legendary of early Augustinian Saints (1326-1342)"]
1966
11
DE BEATO AUGUSTINO DE TARANO
Un'altra Vita Latina, considerevolmente più lunga rispetto a quella scritta dal nostro Anonimo Fiorentino, fu composta da un frate agostiniano anch’esso anonimo, contemporaneo più giovane del Beato Agostino Novello. Nella ricerca di materiale agiografico nel monastero di S. Agostino in Siena nel 1661, i Bollandisti trovarono per caso due copie di questa Vita, la prima in una pergamena, l'altra in un manoscritto[iv]. Secondo una nota inserita in entrambe le copie esse erano state trascritte da un manoscritto appartenente al monastero agostiniano di Pisa. I Bollandisti pubblicarono il testo della Vita negli Acta Sanctorum[v], unitamente a materiale aggiuntivo riguardante Agostino Novello e il culto a lui tributato. Essi divisero la Vita in tre parti e ventiquattro capitoli. La prima parte (capitoli 2-10; il capitolo 1 contiene il prologo)[vi] ci informa circa la vita di Agostino prima che egli divenisse frate Agostiniano e circa il modo straordinario con cui egli fu chiamato nell'Ordine. Nella seconda parte (capitoli 11-18)[vii] ci viene detto come egli visse la sua vita ritirata di semplice fratello laico fino a che la sua identità fu scoperta; come poi fu chiamato alla Curia dell'Ordine a Roma, ordinato sacerdote, scelto dal Priore Generale Clemente di Osimo come suo collaboratore capo nella revisione delle Costituzioni dell'Ordine, nominato penintenziere alla corte papale e più tardi eletto Priore Generale; infine, come egli si dimise dall'ufficio prima della fine del suo termine per ritirarsi nell'eremo di S. Leonardo vicino a Siena dove morì in odore di santità. La terza parte (capitoli 19-24)[viii] contiene un elenco di miracoli fatti per sua intercessione dopo la sua morte. Nel suo Liber Vitasfratrum, completato verso il 1357, Giordano di Sassonia fece ampio uso di questa Vita, citando pressoché alla lettera i capitoli 4, 5, 6, 7, 11, 12, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20 e 21[ix]. Con tutta probabilità Giordano ne aveva trovata una copia durante i suoi viaggi in Italia. Forse non é troppo azzardato ipotizzare che questa copia fosse una delle due già menzionate e conservate nel Monastero di S. Agostino di Siena dove egli partecipò al capitolo generale dell'Ordine nel 1338. Comunque siano andate le cose, non c'é il minimo dubbio che egli trovò una copia della Vita, che se pure non la copiò completamente, certamente ne stralciò ampi passi che in seguito incorporò nel suo lavoro. Possiamo anche ragionevolmente desumere che da Siena andasse nel vicino eremo di S. Leonardo dove aveva vissuto il Beato Novello. Di suo, Giordano aggiunse alcuni dettagli sulla traslazione del corpo del santo frate da S. Leonardo alla chiesa degli Agostiniani a Siena, dove per l'iniziativa del vescovo locale, fu eretta una magnifica tomba e la ricorrenza annuale del santo fu festeggiata non solo dalla comunità agostiniana, ma da tutto il popolo di Siena[x]. Il suo corpo riposa ancora a Siena in S. Agostino, in un’urna finemente lavorata sotto l'altare di una cappella laterale (la cappella di Chigi). Quanto spontanea fosse la venerazione che gli veniva tributata, lo si può capire dal fatto che, subito dopo la sua morte, uno dei grandi maestri senesi del XIV sec., Simone Martini (1284-1344), adornò la chiesa di S. Agostino con scene tratte dalla "leggenda" del santo frate. La sezione centrale del trittico rappresenta il Beato Agostino Novello come un frate agostiniano di mezza età con l’aureola dei santi e un angelo che gli sussura all’orecchio[xi]. Le sezioni laterali rappresentano i seguenti episodi postumi. La sezione di sinistra, parte superiore: un bambino dilaniato da un cane, é riportato in vita per l'intercessione del Beato Novello; nella parte inferiore: salva un bambino caduto da una loggia. Sezione di destra, parte superiore: un cavaliere che invoca il santo frate mentre viene disarcionato dal suo cavallo, rimane illeso. La parte destra inferiore é formata da tre scene, ciascuna è la continuazione della precedente: essendosi rotto il cordone di un baldacchino, un bambino rimane ucciso dalla sua caduta; la madre del bambino invoca il Beato Agostino Novello che, rispondendo alla sua preghiera, riporta in vita il bambino; la madre porta il figlio alla chiesa di S. Agostino in processione solenne. Qui si potrebbe aggiungere un altro affresco rappresentante un episodio della sua vita dopo che si era dimesso dall'ufficio di priore generale. Mentre viveva in ritiro nell'eremo di S. Leonardo, egli rivolse la sua opera nell'ospedale di S. Maria della Scala nelle vicinanze di Siena. L'ospedale era stato affidato alla cura di una congragazione laica, i "Frati dello Spedale" che davano assistenza specialmente agli ammalati e ai pellegrini abbandonati. Agostino Novello stese le prime costituzioni di questa congregazione e diede ai suoi membri un abito religioso[xii]. Accanto al salone d’entrata dell'ospedale c'é una grande stanza per i malati chiamata "Il Pellegrinaio", affrescata da Domenico Di Bartolo (1440-1443) e da altri, che descrivono la storia dell'ospedale. In una delle scene, il rettore dell'ospedale, Dom Restauro, é raffigurato mentre riceve l'abito della congregazione di S. Maria della Scala dalle mani di Agostino Novello[xiii]. La Vita usata dai Bollandisti era evidentemente sconosciuta a Herrera (1.6ss) e Torelli (5.311-315). In effetti Torelli (5.311) chiama Giordano di Sassonia "il più antico scrittore della di lui (del Beato Agostino Novello) vita". Nel sec. XVII sorse una vivace controversia riguardante il luogo di nascita di Agostino Novello, come anche l’ambiente familiare in cui era nato[xiv]. Dopo il brillante studio di N. Concetti[xv], basato su una gran quantità di prove documentarie e un esame minuzioso della tradizione dei manoscritti, oggi possiamo quasi non aver dubbi sul fatto che Agostino Novello provenisse da Tarano, un piccolo paese in provincia di Rieti che ha fino ad oggi conservato le sue caratteristiche medievali con le sue mura e le sue torri. Alle testimonianze raccolte da Concetti, possiamo aggiungere quella del nostro Anonimo Fiorentino.
La tradizione che Agostino Novello avesse studiato legge nella famosa facoltà di Bologna e che si fosse fatto un nome come giurista alla corte di Re Manfredi, concorda con la sua carriera successiva, prima come primo aiutante e consigliere di Clemente da Osimo nella revisione delle Costituzioni dell'Ordine, e poi come penintenziere alla corte papale. Mentre non abbiamo ragione di dubitare dei fatti principali della tradizione appena citata, esprimiamo decise riserve su alcuni avvenimenti epici introdotti nella vita di Agostino Novello dai suoi primi biografi, per esempio la storia del modo straordinario con cui fu chiamato nell'Ordine degli Eremiti Agostiniani. Secondo il nostro Anonimo Fiorentino, Agostino Novello, la cui carriera mondana era stata bruscamente interrotta dalla sconfitta e morte di Re Manfredi a Benevento (22 febbraio 1266), aveva deciso di entrare nell'Ordine Domenicano. Mandò due dei suoi servi a chiamare un frate Domenicano, ma invece di un Domenicano, gli portarono tre eremiti Agostiniani. Riconoscendo in ciò un segno dall'alto, entrò nell'Ordine Agostiniano. L'anonimo autore della Vita negli Acta Sanctorum ha accresciuto l'effetto di questa storia. Secondo lui, Agostino Novello mandò i suoi servi tre volte con la precisa istruzione di chiamare alcuni frati domenicani, ma ogni volta -e in particolare la terza, "angelo duce"- gli portarono dei frati agostiniani[xvi]. Inoltre nella Vita più lunga viene raccontato un episodio che sembra rifarsi ad un fatto realmente accaduto nella vita di S. Agostino di Ippona, il patrono dell'Ordine Agostiniano. La madre di Agostino Novello, temendo per il figlio, nella lontana Bologna, tentò di dissuaderlo dall'andare all'Università di quella città, ma vedendo la fermezza del suo proposito lo seguì fino a Roma. Viene fatta un po' di luce sulla personalità di Agostino Novello da un brano del Tractatus de origine et progressu ordinis fratrum heremitarum di Enrico di Friemar. Enrico, il quale loda l'amore di Novello per la giustizia e la sua devozione all'Ordine, fornisce un esempio del suo zelo per la disciplina narrando un fatto di cui egli stesso fu testimone durante il capitolo generale di Napoli nel 1300. Egli racconta di come fra Giacomo da Viterbo, l'illustre teologo della prima scuola agostiniana, fu aspramente ripreso da Agostino Novello che come priore generale presiedeva il capitolo, per aver difeso un frate tedesco da alcune accuse, e di come Agostino fu profondamente colpito e si rappacificasse completamente per la risposta umile e rispettosa di fra Giacomo[xvii]. Dall'autore della Vita più lunga apprendiamo che Agostino Novello, dopo essersi dimesso dall'ufficio di priore generale nel 1300, si ritirò nell'eremo di S. Leonardo e morì là dopo "circa dieci anni" (AS, maggio 4.620). La sua morte deve dunque essere avvenuta nel 1309 o nel 1310. L'anno 1309 é la data comunemente accettata[xviii].
[i] Terano nel cod.
[ii] Sull'eremo di Rosia, vedi la breve Vita ‘De fratre Jacobo de Rosia’.
[iii] Sull’eremo di S. Leonardo al Lago, vedi F. SCHNEIDER, Regestum Senense. Regesten de Urkunden von Siena, vol. I (Regesta chartarum Italiae, n° 8), Roma 1911, pp. L-LI; ROTH, Augustiniana 3 (1953) 291ss; ELM, Italienische Eremitengemeinschaften, o. c., pp. 542-54.
[iv] La pergamena manoscritta usata dai Bollandisti, oggi nella Biblioteca Comunale di Siena, porta il contrassegno K. VII. 36. Il manoscritto contiene la "Vita B. Nicolai de Tolentino et Ystoria B. Augustini Novelli" (vedi anche B. VAN LUIJK, Sources italiennes pour l'histoire generale de l'Ordre des Augustins, in Augustiniana 4 (1954) 192). Il manoscritto cartaceo sembra essere stato perso. La Vita é anche conservata in un manoscritto cartaceo del XVI secolo della Biblioteca Angelica di Roma, ms. 423 (D. 4.11), fol. 1 - fol. 14. Vedi H. NARDUCCI, Catalogus codicum manuscriptorum praeter graecos et orientales in Bibliotheca Angelica olim coenobii Sancti Augustini de Urbe, Roma 1892, p. 200.
[v] AS, Maii 4.616-626; pp. 614-616: introduzione alla Vita dei Bollandisti; pp. 616-621: il testo della Vita; pp. 622-626: note relative alla venerazione del Beato Agostino Novello.
[vi] Ibid. pp. 616-619.
[vii] Ibid. pp. 619-621.
[viii] Ibid. p. 621.
[ix] Cf. Vfr. pp. 307 (4); 360ss (5); 114 (6); 361 (7); 115-117 (11-12); 117ss (14-16); 105 (16); 162 (17); 152ss (17-18); 153ss (l9-21). Giordano di Sassonia fu alternativamente la fonte del Panfilo (fol. 36v-fol. 40r).
[x] Vfr. p. 153. "Claruit autem iste venerabilis pater multis miraculis post mortem suam. Unde dominus episcopus Senarum venerandum corpus suum non permisit in terra sepeliri, sed potius in quadam tumba decente reponi ipsum fecit et in ecclesia fratrum honorifice collocari; ubi etiam singulis annis in die depositionis suae solemne festum fit per communitatem civitatis ad laudem Dei et iugem memoriam viri sancti". La celebrazione della festa annuale in onore del Beato Agostino Novello é anche menzionata nella Cronaca Senese, attribuita ad Agnolo di Tura del Grasso [ed. A. LISINI e F. IACOMETTI, RIS 15, Part 6 (Bologna 1934), p. 306]. Dopo aver riportato la morte del Beato Agostino, il cronista continua: "e frati di quella regola (i Frati Agostiniani) manifestoro la sua santa vita e mostrò Idio per lui molti miracoli et cominciossi per lui fare in Siena una grande festa per le compagnie di Siena e chiamavasi beato Austino Novello". Vedi anche TORELLI, 5.315: , "ogn'anno poi nel primo e secondo giorno di Pentecoste si celebra con solenne pompa la di lui festa... E quest'annua festa si fa con gran concorso di popolo". Secondo LANDUCCI, Sacra Ilicetana Sylva, o. c., p. 89, la traslazione del corpo del Beato Agostino dall'eremo di S. Leonardo a Siena fu dovuto alle ostilità belliche che disturbavano il territorio Senese a quel tempo: "... postea venerabile eius corpus translatum Senas..., ut immune redderetur crebrescente bello".
[xi] Lo stesso motivo -un angelo che sussurra all'oreccchio del Beato Novello- può anche essere visto in un affresco nell'ospedale di S. Maria della Scala (Spedale della Scala) a Siena, attribuito a un altro importante maestro senese dell’epoca, Pietro Lorenzetti (circa 1309-1348). Sembra che, per gli artisti di quell’epoca, fosse un motivo ricorrente rappresentare il Beato Agostino Novello, poiché esso fu usato anche in molti dipinti andati perduti. Nelle visite che fecero a S. Lucia di Rosia e S. Leonardo nel 1661, i Bollandisti videro in entrambi gli eremi Agostino Novello rappresentato in questo modo. Secondo loro, mentre i due affreschi in S. Leonardo (uno nella chiesa e l’altro nell'oratorio) erano ancora ben conservati, quello in S. Lucia era già molto deteriorato a causa dell’umidità del luogo (vedi AS, Maii 4.622). Un altro affresco rappresentante il Beato Novello nelle vesti di un frate agostiniano di mezza età, con una corta barba grigia, una raggiera luminosa intorno al capo e un libro in mano, é conservato nella sacrestia della chiesa di S. Agostino a Montefalco. L'affresco é opera della scuola Umbra del XIV secolo.
[xii] Devo le informazioni su questa attività di Agostino Novello a Padre M. B. Hackett (Clare Priory, Clare, Suffolk, England) che che mi ha rinviato alla nota di A. LISINI e F. IACOMETTI nella loro nuova edizione della Cronaca Senese, attribuita ad Agnolo di Tura del Grasso. Padre Hackett ha richiamato la mia attenzione anche su L. BIANCHI, Statuti volgari de lo spedale di S. Maria Vergine da Siena scritti l'anno MCCCV, Siena 1864. Riguardo alla congregazione di S. Maria della Scala in Siena ed al suo superiore al tempo di Agostino Novello, Dom Restauro, vedi anche AS, Maii 4,618.
[xiii] Riguardo all'iconografia del Beato Agostino Novello, vedi in special modo G. KAFTAL, Saints in Italian Art. Iconography of the Saints in Tuscany, Firenze 1952, pp. 118-122; Iconography of the Saints in Central and South Italian Schools of Painting, Firenze 1965, p. 146ss.
[xiv] Specialmente due città siciliane, Termini e Palermo, pretesero di essere la sua città natale (vedi TORELLI, 5.311ss; AS, Maii 4.615ss). L'ultimo difensore della teoria siciliana é stato A. CORRAO con tre opuscoli: La patria del Beato Agostino Novello Agostiniano secondo gli antichi documenti esaminati, Roma 1915 (fra i documenti pubblicati da Corrao vi é (pp. 57-62) il più breve profilo biografico di Agostino Novello in Fasti Senesi di Isidoro Ugurgieri, conservato in un manoscritto autografo del XVII secolo della Biblioteca Comunale di Siena, che porta il contrassegno A. IV. 25); Riassunto dell'opuscolo pubblicato in Roma sopra la patria del B. Agostino Novello, Terranova 1918; Sopra la patria del Beato Agostino Novello, III edizione interamente rifatta con due linotipie, Palermo 1922.
[xv] In Proprium Officiorum Ordinis Animadversiones, XIII: In Augustini Novelli Confessoris lectiones historicas, in. AA. 6.120-133.
[xvi] L'episodio fu rappresentato in un ciclo di affreschi, ora perduto, nell'oratorio dell'eremo di S. Leonardo dove poteva essere ancora visto nel 1661 (vedi AS Maii 4.622ss). A questo proposito, ci piace menzionare un dettaglio interessante nel racconto del nostro Anonimo fiorentino. Secondo lui, Agostino, profugo dopo la sconfitta di Benevento, non fuggì in Sicilia, come narra la Vita negli Acta Sanctorum, ma trovò salvezza in qualche città dell’Apulia. Questa versione ci sembra più credibile della storia della fuga di Agostino in Sicilia. Tanto più che l'autore della Vita negli Acta Sanctorum non aveva ovviamente un’idea chiara idea di cosa significasse il termine "regnum Siciliae". A questo punto mi pare giunto il momento di richiamare la corretta interpretazione del soprannome Novellus da parte di P. Concetti: "et post mortem agnominatus fuit Novellus, quatenus novus Christi Confessor, non quatenus ingenii ac doctrinae praestantia novus Augustinus. Nam Novellus non idem est ac parvus Augustinus, sed novus, recens, eo adamussim sensu, quo latine dicitur Novellus presbyter; quae vis vocabuli eorum excludit interpretationem, qua intelligunt ideo Augustinum de Tarano agnominatum Novellum, quasi esset Magni Augustini alterum exemplar, etsi valde diminutum contractumque" (AA 6.127).
[xvii] FRIEMAR, pp. 114-116; GIORDANO DI SASSONIA, Vfr. p. 96ss, racconta il medesimo episodio seguendo Enrico di Friemar.
[xviii] Vedi PANFILO, fol. 36r.; CRUSENIO, p. 145; HERRERA, 1.6; ROMAN, Chronica, fol. 61r.; Cronaca Senese, o. c., p. 306.