Un legendario dei primi santi agostiniani (1326-1342)
Rudolph Arbesmann OSA

Un legendario dei primi santi agostiniani (1326-1342)

["A Legendary of early Augustinian Saints (1326-1342)"]

1966
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DE FRATRE JACOBO DE ROSIA

 

DE FRATRE JACOBO DE ROSIA
(Fol. 47r) Fuit alius frater, Jacobus nomine. Hic a iuventute sua in loco, qui Rosia dicitur Senensis dio(e)cesis, in servitio domini omni caritate et continentia et sanctis institutionibus ornatus ad summa merita pervenit. De quo dicitur, quoniam caritate precipue ornabatur, quod in dicto loco de Rosia erat arbor pomi que uno anno valde de suis fructibus (h)abundabat, alio vero sterilis persistebat. Et quia poma predicte arboris pro infirmis pauperibus de contrata sepe querebantur et anno sterilitatis sue infirmis petentibus minime satisfieri poterat -quod servus dei frater Jacobus sepe considerans sepiusque compassione nimia inflammatus - quodam semel caritatis ardore accensus predicte arbori ex dei parte precepit ut, quod uno anno (h)abundabat, sequenti anno sterili participaret, ut et infirmi possent consolationem habere. Quod dei virtute et servi sui caritate sic evenit, scilicet, quod medietas dicte arboris alternatim in suis fructibus (h)abundabat usque ad multa tempora duratura. Narratur etiam de isto quod tante caritatis extiterit ut venientibus pauperibus eleemosynam (elemosinam cod.) acciperent. Quidam ex hiis caules petierunt; et contigit quod in dicto loco nisi unus trunc(h)us caulium, qui pro semine servabatur, remanserat. Sed quia carita(s) perfecta foras timorem mittit (mictit cod.), ipsum caulum (sic) frater Iacobus conlegit ac petentibus pauperibus tribuit. Quem sequentis diei mane, sicut antea fuerat, fratres et ipse reinvenerunt; quapropter de dicto caulo (sic) indigentibus fratribus et pauperibus ac pro semine sufficienter habitum est, quousque alia olera evenerunt. Aliud valde dignum et memorandum post eius mortem evenit. Crescente enim sue sanctitatis et virtutis fama, quoniam frequenter dominus pro suo servo mirabilia ostendebat, multi tam mares quam femine magna cum devotione locum fratrum et sancti corporis sepulcrum visitabant in tantum quod quies mentium et fratrum et sancti corporis sepulcrum visitabant in tantum quod quies mentium et fratrum tranquillitas (fol. 47v) nimium molestabatur. Quod prior loci, qui in domino fratres suos regebat, advertens, ad sepulcrum viri dei accessit et ei, ut viventi blande consueverat, precepit ne ulterius miracula faceret, ne anime fratrum ex advenientium strepitu amplius turbarentur. Cuius preceptum pro fratrum consolatione deus exaudivit, et servus dei in gloria constitutus, ut eidem priori esset subiectus, obedivit.

 

Mentre non esiste, a nostra conoscenza, nessun altro documento a proposito di fra Giacomo di Rosia, l'eremo di Rosia, dedicato ai Santi Lucia e Antonio è menzionato con onore nelle prime cronache dell'Ordine. Essendo uno tra i più rinomati e stabili insediamenti eremitici tra quelli che un tempo punteggiavano la campagna attorno a Siena, la sua storia era stata abbellita da leggende locali che molto ci dicono del fervore religioso e delle esperienze soprannaturali dei loro santi eremiti. Ci fu persino la storia che Rosia fosse stata una tra quelle mitiche comunità eremitiche sulle colline toscane, nelle quali S. Agostino si pensava avesse passato qualche tempo come organizzatore della vita eremitica in occidente. La memoria più importante dell'eremo è stata lasciata dal Beato Agostino Novello che, dopo una carriera insigne al servizio di Re Manfredi di Sicilia (+1266), era entrato nell'Ordine degli Eremiti Agostiniani e, per breve tempo, era stato anche membro della comunità di Rosia. Sconosciuto ai suoi confratelli in religione, egli aveva vissuto la vita di un umile fratello laico fino a che un imprevisto incidente aveva rivelato la sua vera identità. Vedendo i suoi confratelli grandemente turbati a causa di una disputa legale con la curia episcopale di Siena, che coinvolgeva il diritto su alcune proprietà possedute dall'eremo, egli chiese al procuratore della casa il necessario per scrivere e, in un documento scritto, difese i diritti dei suoi confratelli. L'avvocato della curia, accorgendosi subito che lo scritto poteva essere stato redatto solo da un dotto giurista, era andato a Rosia e, dopo aver riconosciuto nell'umile fratello laico il famoso giurista Matteo da Tarano, suo vecchio compagno di studi all'università di Bologna, dichiarò chiusa la disputa in favore dell'eremo[i]. L'eremo, che aveva un’ampia chiesa attaccata al chiostro, occupava un luogo pittoresco in una tortuosa gola di montagna sulla riva destra del fiume Rosia, a nove o dieci miglia a sud-ovest di Siena. Lo si può tuttora vedere, sebbene attualmente l'edificio, che una volta conteneva gli alloggi dei frati, sia stato ridotto a casa colonica di una tenuta agricola e possa dare solo una vaga idea di quello che doveva essere stato nei suoi giorni migliori. Il nostro autore descrive l'eremo come situato entro i confini della antica diocesi di Siena. Ciò è vero per quanto riguarda il vicino villaggio di Rosia, celebre per la sua antica chiesa parrocchiale fondata da Matilde, Contessa di Toscana. L'eremo tuttavia, come dimostrano i documenti esistenti di quel periodo[ii], era situato nel territorio dell’antica diocesi di Volterra. I documenti relativi a Rosia, che sono sopravvissuti alla soppressione delle case religiose nell’arciducato di Toscana e alla mal riuscita confisca e al mal organizzato mantenimento degli archivi nel temporaneo deposito di Firenze, sono ora conservati nel fondo S. Agostino del reparto diplomatico dell'Archivio di Stato a Siena28. Da questi documenti, i più antichi dei quali appartenenti agli inizi del tredicesimo secolo, e da alcune altre fonti, la storia dell'eremo può essere ricostruita almeno nei suoi tratti essenziali. Rosia, che sorse grazie al patronato generoso della nobile famiglia Senese degli Spannocchi, che avevano grandi possedimenti nel distretto, fu tra le case eremitiche che nel 1244 formarono la congregazione dei Frati Eremiti di S. Agostino di Toscana. Il nome di "F. Dominicus, Prior Rosiae", appare nell’elenco dei superiori locali in un documento redatto durante il capitolo generale della congregazione tenutosi nell'eremo di S. Salvatore di Cascina, vicino a Pisa, nel maggio 1250[iv]. Quando, dopo la Grande Unione del 1256, l'Ordine fu organizzato in province, Rosia divenne membro della provincia toscana di Siena ed è elencato tra le 21 case della provincia in un catalogo contenente i nomi dei monasteri dell'Ordine che esistevano al tempo in cui Girolamo Seripando (1539-1551)30 ebbe la carica di Priore Generale. Nel 1575 l’eremo fu ridotto a “grancia” del grande monastero di S. Agostino di Siena31. La sua storia terminò quando cadde vittima della soppressione di Leopoldo nel 1785.

 


[i] Il resoconto dell'episodio é stato trovato per la prima volta nella Vita beati Augustini Novelli 12 (AS, Maii 4.619), scritto da un frate anonimo Agostiniano, contemporaneo di Agostino Novello. Fu trascritto quasi parola per parola da Giordano di Sassonia nel suo Liber Vitasfratrum 2.9 (Vfr. p. 116ss). L'episodio è anche raccontato dal nostro Anonimo Fiorentino nella breve Vita del Beato Agostino Novello (vedi infra).

[ii] I documenti sono i registri degli esattori delle decime papali sopra citati. Vedi GIUSTI e GUIDI 3014 e l'apparato critico fino 3429, come pure la mappa, aggiunta dagli editori al loro volume, che indica l'esatta posizione dell'eremo.

28 Le carte d’archivio delle case religiose, che erano ritornate a Siena nel 1867 in un deplorevole stato di disordine, hanno sofferto pesanti danni. Se i danni fossero dovuti al modo negligente col quale le carte erano state tenute a Firenze, o se questi fossero dovuti ad eventi precedenti, non può più essere accertato. Informazioni generali riguardo la sorte di questi documenti possono essere trovate presso l’Archivio di Stato di Siena nell’Inventario-Guida (2 voll., Roma 1951) 1.22ss., 42ss., 54; 2.157, 159,165, 168, 169, 175, 189. Per i documenti fino al 1250, vedi A. LISINI, Inventario delle pergamene conservate nel Diplomatico dall'anno 736 all'anno 1250, Siena, Archivio di Stato, 1908. Un numero di documenti relativi a Rosia fu usato da HERRERA 1.567; 2.19,520; TORELLI 4.325ss., 353-355, 740; e specialmente da REPETTI, Dizionario, o. c., 2.74. Vedi anche K. ELM, Italienische Eremitengemeinschaften, o. c., p. 545.

[iv] Riguardo questo documento vedi nota 8.

30 Il catalogo che elenca i monasteri appartenenti alle rispettive province e congregazioni, è conservato nell’archivio dell'Ordine a Roma, cod. LI 4,  fol. LXIX - fol. XCIII. Le case della provincia di Siena sono elencate sul fol. LXXV. Il catalogo fu pubblicato da E. ESTEBAN in AA 6.15-23, 40-48,67-70,95-96. Una descrizione del manoscritto é data in ibid. p. 15ss. Per le case della provincia di Siena, vedi ibid. p. 20ss.

31 Tra i “conventini o grancie annessi al Convento di Siena” troviamo: "S. Lucia di Rosia, che nel 1575 fu annesso al convento di Siena dal P. Rev.mo Taddeo Perugino..." (Roma Arch. gen. O.S.A. Ii5, fol. 6r). Al loro arrivo a Rosia nel 1661, i Bollandisti trovarono l'eremo abitato da un sacerdote e da un fratello laico (AS, Maii 4.622).