Rudolph Arbesmann OSA
["A Legendary of early Augustinian Saints (1326-1342)"]
1966
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ET PRIMO DE FRATRE JOHANNE DE FLORENTIA
Sebbene questa narrazione abbondi in descrizioni di episodi incredibili, essa contiene almeno una informazione esatta che sembra essere basata sulla buona e antica tradizione ed é perfettamente credibile, vale a dire l'inizio dell'eremo di S. Lucia di Larniano e il nome del suo fondatore, fra Giovanni da Firenze. Secondo questa tradizione, fra Giovanni proveniva dal territorio Fiorentino ("oriundus de Florentino comitatu"); dopo la sua ordinazione sacerdotale decise di lasciare il mondo e di dedicarsi interamente al servizio di Dio; con questo proposito si ritirò in solitudine nella foresta attorno a Larniano e con l'aiuto dei contadini del luogo vi costruì una chiesa dedicata a S. Lucia martire; e qui morì, circondato da molti compagni che avevano la sua stessa vocazione. Il suo nome appare nel "Catalogus Sanctorum et Beatorum Ordinis Fratrum Eremitarum Sancti Augustini" del Panfilo[i]. Non sbaglieremmo di molto se attribuissimo la fondazione di S. Lucia di Larniano alla prima decade del sec. XIII. L'eremo era una delle numerose case eremitiche Toscane che nel 1244 furono unite in un unico corpo sotto la Regola di S. Agostino e con un unico priore generale, e i cui membri saranno da allora in poi conosciuti come "fratres heremitae ordinis S. Augustini de Tuscia"[ii]. Il nome di questo eremo é menzionato per la prima volta in un documento redatto nel capitolo generale di questa congregazione che si tenne nell'eremo di S. Salvatore di Cascina (nella vecchia diocesi di Pisa) il 3 maggio 1250 ed è firmato dal Priore Generale, fra Matteo; in esso i superiori locali aggiunsero il loro nome a quello delle loro case[iii]. Il superiore del nostro eremo era allora un certo fra Matteo, e l'eremo appare sotto due toponimi diversi: "F. Matteo de Lancarnio (sic), alias Guincanco (sic.) [iv]. Larniano e Guinzano, due piccoli villaggi vicini, situati su una collina a circa cinque miglia a ovest di San Gimignano, formavano fino al 1776 due comunità separate[v]. L'eremo era probabilmente situato tra i due villaggi e questo potrebbe spiegare perché nel documento del 1250 viene dato il nome di entrambi[vi]. Possiamo anche accettare che furono i contadini di questi due villaggi che aiutarono fra Giovanni nell’erezione dell'eremo. Alcuni documenti ufficiali, appartenenti rispettivamente agli anni 1274-1280 e 1295-1304[vii], forniscono una testimonianza della continuità temporale dell'eremo. I documenti consistono in registri tenuti dagli esattori papali e danno un resoconto dei contributi imposti ai monasteri, alle chiese e ad alcuni ecclesiastici della Toscana per il sessennio 1274-1280, e per i tre trienni 1295-1298, 1298-1301, 1301-1304. Queste decime (decimae) erano imposte “pro subsidio terrae sanctae” (1274-1280)[viii], “pro negotio regni Siciliae” (1295-1298; 1301-1304)[ix] e “pro quibusdam necessitatibus domini Papae et romanae ecclesiae” (1298-1301)[x]. A causa delle condizioni incomplete dei registri delle decime, il nome dell’eremo di S. Lucia di Larniano appare solo tre volte nei registri. Da questi frammenti conosciamo i contributi fatti dall’eremo per le raccolte del secondo e terzo anno (1275-1276; 1276-1277) delle decime del sessennio[xi], e l’ammontare della seconda rata del secondo anno (1302-1303) delle decime del terzo triennio[xii]. Un contributo significativo dell’eremo alla crescita dell’Ordine in Toscana, fu la fondazione del monastero di S. Agostino a Volterra. Il 9 settembre 1279 il Comune di Volterra aderì alla richiesta del priore dell’eremo di S. Lucia di Larniano e dei frati Angelo e Giovanni, che agivano con il permesso del priore provinciale fra Michele, di stabilirsi in città e di impegnarsi nella cura delle anime. Nello stesso tempo il Comune deliberò di sovvenzionare questa impresa contribuendo con una somma di denaro “in libris CCXXIII denariorum pisanorum nigrorum”[xiii]. Il giorno seguente lo stesso Comune decise di acquistare un’area fabbricabile per la fondazione del monastero[xiv]. Il 1 ottobre dello stesso anno vennero nominati due procuratori per acquistare per conto del Comune da Donnigia e Bionda, figlie del fu Galgano Tancredi di Volterra, alcune case con la terra adiacente[xv]. L’acquisto fu perfezionato poche settimane dopo, il 23 ottobre[xvi]. A Volterra i frati trovarono un terreno fertile per le loro opere. Essi stabilirono buone relazioni con tutte le classi del popolo, la cui simpatia e sostegno erano essenziali per la realizzazione della loro impresa. Testimonia ciò il gettito continuo di donazioni private che ricevettero per il loro monastero e per la chiesa[xvii]. Essi riuscirono inoltre ad assicurarsi l'ulteriore aiuto del comune[xviii]. Mentre la nuova fondazione godette di una rapida crescita, la casa madre, l'eremo di Larniano, condivise la sorte di molti degli eremi Toscani dopo la Grande Unione del 1256. Il nuovo compito apostolico che era stato assegnato all'Ordine estese l'attività dei suoi membri all’esterno dei loro monasteri. Pur mantenendo gli ideali della vita monastica, essi dovevano lavorare in diretto contatto con la società ed impegnarsi nell'apostolato tra i laici. Tale missione, comunque, non poteva ovviamente realizzarsi nelle aree poco popolate, dove di regola erano situati i vecchi eremi, ma doveva essere compiuta in centri abitati. Sebbene ad alcuni degli eremi fosse concesso di continuare la vecchia tradizione di devozione e auto-santificazione, gli sforzi maggiori dell'Ordine si diressero verso la fondazione di case nelle città. La storia degli eremi Toscani dopo il 1256 è un esempio paradigmatico del modo in cui l'Ordine cercò di affrontare la situazione che si era creata con questo passaggio da una vita quieta, lontano dal mondo, ad una vita attiva votata alla cura delle anime. Alcuni eremi nelle vicinanze delle città furono usati come trampolino di lancio per ottenere un punto di appoggio all'interno delle città stesse. Altri servirono allo scopo contribuendo, con il ricavato della vendita dei loro possedimenti, allo sviluppo delle fondazioni urbane, sebbene nel caso di alcuni eremi, probabilmente a causa della loro ubicazione in luoghi fuori mano, fu estremamente difficile disporre in modo soddisfacente delle loro proprietà. Il risultato fu che essi rimasero ancora per lungo tempo tra i possedimenti dell'Ordine come dipendenze (grangie) dei monasteri urbani, ed ebbero un’esistenza molto pacifica. Una indicazione che Larniano non godeva più dello status di una casa pienamente autosufficiente, lo si può trovare in un documento, datato 20 marzo 1303, nel quale fra Uguccio di Firenze non è più chiamato "prior" ma semplicemente "vicarius de Larniano"[xix]. Esisteva ancora nel 1317 come dipendenza del monastero di S. Agostino di Volterra. Il 4 agosto di quell'anno, Ferruccio di Corsino di Barone di Volterra permutò nell'interesse suo e di suo padre alcune proprietà fondiarie entro i confini di Sorbaiano e Buriano, due villaggi a ovest di Volterra, con alcuni apppezzamenti di terreno appartenenti a S. Lucia di Larniano [xx].
[i] PANPHILUS, fol. 134r.
[ii] Per la storia del movimento unionista tra gli Eremiti Toscani durante la prima metà del tredicesimo secolo, vedi Vfr. p. 449; F. ROTH, Il Cardinale Riccardo Annibaldi, primo Protettore dell'Ordine Agostiniano, 1243-1276, in Augustiniana 2 (1952) 112-121; ARBESMANN, The Three Earliest Vitae, pp. 33-37; K. ELM, Italienische Eremitengemeinschaften des 12. und 13. Jahrunderts, in L'eremitismo in Occidente nei secoli XI e XII (Atti della seconda Settimana internazionale di Studio, Mendola, 30 agosto-6 settembre 1962) pp. 535-549.
[iii] L. Torelli fu l'unico storico a pubblicare l'intero testo del documento (TORELLI 4. 453-455), che egli aveva trovato negli archivi pubblici della città di Siena (vedi ibid. 4. 453). Riguardo alla data del documento, vedi S. LOPEZ, AA 8.293 n. 1. Un'altra copia del documento si trova nel ms. 8435 della Biblioteca Nacional di Madrid, pp. 1116-1120 (il manoscritto autografo contiene una vasta raccolta di materiale relativo alla storia dell'Ordine fatta da Herrera; vedi la descrizione del manoscritto di G. DE SANTIAGO VELA, Ensayo de una Biblioteca Ibero-Americana de San Augustin 3 (Madrid 1917) 610-616). Esso era tra le copie di documenti mandati a Herrera da Egidio Consoni, procuratore generale dell'Ordine dal 1637 al 1645 (vedi la nota dello stesso Herrera a p. 1116 del manoscritto: “Copia instrumentorum ad me missorum a M. Aegidio Consonio Procuratore Generale Ord. Augustiniani”).
[iv] Nel documento autografo di Herrera (p. 1117) i nomi dei due luoghi sono compitati nello stesso modo del testo dato da Torelli, cioé, "de Lancarnio, alias Guincanco". Ma nel suo Alphabetum Augustinianum 1.494, Herrera scrive "Iancarnii" invece di "Lancarnii". Citando Herrera, S. LOPEZ, nel Chartularium Conventus Sancti Geminiani Ordinis S. Augustini (Romae 1929) p. 30, n. 2 erroneamente scrisse "Incarnii". Anche J. LANTERI, in Additamenta ad Crusenii Monasticon (Vallisoleti 1890) p. 239, ha "Eremitorium Incarnii", ma aggiunge "alias Lancarnii".
[v] Vedi E. REPETTI, Dizionario geografico, fisico, storico della Toscana (6 voll., Firenze 1833-46) 2.650.
[vi] Senza offrire una prova documentaria, M. BATTISTINI, La Chiesa di S. Agostino in Volterra (Estratto dal Bollettino Storico Agostiniano), Firenze 1936, p. 3, colloca l'eremo di S. Lucia di Larniano nei pressi di Montecatini di Val di Cecina. Il documento del 1250, secondo il quale l'eremo andava sotto il nome sia di Larniano che di Guinzano, sembra gli fosse sconosciuto. Possiamo aggiungere che in un documento, datato settembre 906, appare un luogo, chiamato "Larinianum" (Regestum Volaterranum. Regestern der Urkunden von Volterra (Regesta chartarum Italiae, n. 1), ed. F. SCHNEIDER, Roma 1907, p. 4, doc. 13); in un altro documento, datato 30 marzo 1256, viene menzionato un certo presbitero Buonoditto de Lardignano (ibid. p. 217ss, doc. 663). Nell'indice del volume (p.383), Schneider identifica sia Larinianum che Lardignanum con "Larniano di S. Gimignano".
[vii] P. GUIDI, Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. Tuscia I: La decima degli anni 1274-1280, Studi e Testi 58 - Città del Vaticano 1932; M. GIUSTI e P. GUIDI, Tuscia II: Le decime degli anni 1295-1304, Studi e Testi 98 - Città del Vaticano 1942.
[viii] Furono imposte dal Secondo Concilio di Lione allo scopo di raccogliere denaro per la conservazione della Terra Santa. Il decreto conciliare fu redatto per la prima volta da H. FINKE, Konzilienstudien zur Geschichte del 13. Jahrhunderts, Münster 1891, pp. 113-117.
[ix] Furono imposte da Bonifacio VIII; il denaro raccolto fu usato per pacificare il regno di Sicilia (chiamato "peculiaris terra Romanae Ecclesiae"), che era gravemente turbato dalle ostilità tra Angioini e Aragonesi (cf. GIUSTI e GUIDI p. XII).
[x] Oltre ad essere usata per la pacificazione del regno di Sicilia, questa tassa -essa pure imposta da Bonifacio VIII- servì anche a pagare le grosse spese sostenute dalla Santa Sede nella lotta contro la famiglia Colonna (cf. ibid. p. XIII). Per la raccolta del denaro del sessennio, come per quello delle decime dei tre trienni, furono stabilite delle regole generali. Come inizio dell’anno fiscale venne fissato il 24 giugno (Festa di S. Giovanni Battista). Le decime venivano raccolte due volte all'anno, di conseguenza l'anno fu diviso in due periodi di uguale lunghezza, il primo semestre finiva il 25 dicembre (Festa della Natività), il secondo il 24 giugno. Gli esattori diocesani dovevano dare all'esattore generale o al suo procuratore il resoconto dei risultati finali di ogni raccolta, un atto reso solenne dalla presenza di testimoni e autenticato da un notaio. A questo rigurdo i documenti menzionano i nomi di alcuni frati agostiniani. Il 2 novembre 1297, “frater Gregorius, Ordinis S. Augustini, vicarius ven(erabilis) patris d(omini) Renaldi [Malavolti], ep(iscopi) Senensis, absente ipso episcopo a civitate”, furono testimoni della relazione riguardante il secondo anno (1296-1297) delle decime del primo triennio, consegnate dagli esattori della diocesi di Siena al procuratore dell’esattore generale (GIUSTI e GUIDI p. 155). Similmente il 6 ottobre 1299, "frater Johannes, ordinis Heremitarum, vicarius ven(erabilis) patris d(omini) Orlandi (de Urgugeri), Massani ep(iscopi), absentis a civitate Massana", e "frater Andreas, ordinis Heremitarum", furono testimoni del resoconto del primo anno (1298-1299) della seconda decima triennale, che fu resa dagli esattori della diocesi di Massa Marittima al procuratore dell'esattore generale (GUIDI p. 149).
[xi] GUIDI 3070: "...solvit Lib. VII, Sol. V "; ibid. 3254: "... solvit Lib. V".
[xii] GIUSTI e GUIDI 3012; la tradizione del manoscritto qui cambia (vedi l'apparato critico), A e B riferiscono: "...Lib. II, Sol. X", e C: "...Lib. V".
[xiii] BATTISTINI, La Chiesa, o. c., p. 17 (Appendix, documento n.1).
[xiv] Ibid. p. 18 (App., doc. n. 2).
[xv] Ibid. p. 18 f. (App., doc. n. 3).
[xvi] Ibid. p. 19 f. (App., doc. n. 4).
[xvii] Battistini (ibid. pp. 4-12) elenca i principali benefattori del monastero.
[xviii] Il 21 Marzo 1290, per esempio, il comune nominò i frati agostiniani usufruttuari perpetui di una casa, un giardino ed alcune altre propietà immobili, adiacenti al loro monastero. Vedi ibid. p. 20ss. (App., doc. n. 5).
[xix] LOPEZ, Chartularium, o. c., p. 30, doc. n. XXVI.
[xx] LOPEZ, Chartularium, o. c., p. 30, doc. n. XXVI.