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La traslazione dall’Africa in Sardegna
A risolvere questo quesito ci viene incontro una annotazione del grande scrittore e santo, Beda il Venerabile, benedettino inglese, vissuto dal 675 al 735. In uno dei tanti libri da lui composti, esattamente nel "Chronicon de sex aetatibus mundi", all’anno VIIII Leonis (il IX anno dell’imperatore Leone Isaurico III (717-741), corrisponde al 724-725: Motzo, L’attività guerriera... pag. 87), così scrive tra l’altro: "Liutprandus audiens quod Sarraceni depopulata Sardinia etiam loca foedarent illa, ubi ossa Sancti Augustini episcopi propter vastationem barbarorum olim translata et honorifice fuerant condita, misit et dato pretio accepit et transtulit ea in Ticinis (= Pavia: n.d.r.) ibique cum debito tanto patri honore recondidit" (Ediz. Momnsen, in MGH, Scriptores antiquissimi XIII, III, pag. 321).
L’altro grande storico medioevale, Paolo Varnefrido, detto Paolo Diacono (Cividale del Friuli: visse dal 730 al 797) ripete quasi parola per parola quanto ha scritto il Beda (De Gestis Longobardorum, lib. VI, cap. XLVIII, PL. vol. XCV, col. 655).
Quello che per adesso ci interessa è la frase in cui si dice (traduco dal latino): "le ossa di S. Agostino tempo addietro (olim) furono trasferite in Sardegna a causa della devastazione operata dai barbari nell’Africa". A che tempo possiamo riferirci? A quale data? Chi sono questi barbari? Abbiamo escluso il tempo dell’esilio per i motivi critici e anche perché in quel periodo gli imperatori Vandali non compirono devastazioni: ma espulsero dall’Africa i vescovi e i monaci di cui abbiamo parlato e li richiamarono in Africa nei 523. E allora: chi sono i barbari che compiono le devastazioni? Non i vandali ma i Musulmani, risponde P. Agostino C. De Romanis (pag. 409, n. 5).
I "barbari", secondo l’espressione di S. Beda, non possono essere i vandali anche per un altro motivo. Il grande scrittore benedettino non chiama mai con questo appellativo i vandali e gli altri popoli invasori dell’impero. Nello stesso "Chronicon", da cui apprendiamo la notizia che ci interessa, li chiama "gens": gens Hunnorum, gens Halanorum, Gothorum, gentes Scithicae (pag. 289), gentes Scothorum et Pictorum (pag. 299) e, parlando dell’invasione dell’Africa e della devastazione di Ippona, proprio mentre moriva S. Agostino il 28 agosto del 430, chiama gli invasori "effera gens Vandalorum, Hulanorum et Gothorum (pag. 302). Ma non li chiama "barbari". E sempre lo stesso vocabolo di "gens" o "gentes" viene usato dal Beda quando parla dei popoli Sassoni, Angli e Longobardi (cfr. pag. 303-305, 307-309: De Romanis, pag. 405-406). Dunque i "barbari" sono da ricercarsi nei Musulmani. Sappiamo dalla storia che l’Islam sotto il comando di Utman (644-656) e sotto il 5° Califfo degli Umajj’di, Abdalmalik (685-705), devastarono l’Africa settentrionale e ne cancellarono ogni segno di vita cristiana (Moscati, Enc. Catt. VII, col. 262).
Nel 488 - come abbiamo detto in precedenza - si contavano, presenti ai Concilio di Cartagine convocato da Unnerico, ben 466 vescovi, tutti dell’Africa settentrionale occidentale. Ora c’è la devastazione, la persecuzione contro i cristiani. I Musulmani avevano imposto la legge della scimitarra: o ti converti all’Islam o avrai la morte sicura. Per Beda questi possono essere i barbari e non i vandali. Siamo alla fine del 600 e all’inizio del 700. E quanti poterono esularono portando seco le cose più care al cuore dei cristiani proprio quando l’impero bizantino, comprendente anche la Sardegna, si stava dissolvendo. Henri Leclercq, nell’articolo "Afrique" del dictionnaire d’archèologie chrètienne, Paris 1921, col. 591, scrive che moltri cristiani che non vollero convertirsi all’islamismo emigrarono in Italia, nelle Gallie e anche in Germania: "Beaucoup émigrant, s’en allererente en Italie, en Gaule... Germanie".
In questo periodo il Padre De Marinis, per le ragioni su esposte, pone la traslazione del corpo di S. Agostino in Sardegna. La prova non è di un’evidenza assoluta, ma le parole dello storico S. Beda devono pure evere un senso: le ossa di S. Agostino tempo addietro (olim) furono trasferite in Sardegna a causa della devastazione operata dai barbari in Africa". Questa espressione è ripetuta anche nel Martirologio scritto dallo stesso Beda. Al 28 agosto ricorda S. Agostino, "qui primo de sua civitate propter barbaros translatus, "nuper" a Liutprando rege Langobardorum Ticinis relatus et honorifice conditus est" (PL. XCIV, col. 1023).
La stessa frase è riportata anche nel Martirologio Romano, al 28 agosto: "Eius reliquiae, primo de sua civitate propter barbaros in Sardiniam advectae et postea a Rege Longobardorum Liutprando Papiam translatae, ibi honorifice conditae sunt".
Questi ‘barbari" non sono i vandali, ma i musulmani o Saraceni, i quali - invasa anche la Sardegna - richiamarono l’attenzione e l’intervento di Liutprando.
È degno di rilievo rilevare che Jacopo da Varazze ci ha tramandato questa tradizione quando scrive: "alcuni anni dopo la sua morte i barbari, che erano divenuti padroni della città, profanovano le chiese; allora i fedeli presero il corpo del santo e lo trasportarono in Sardegna: erano passati 280 anni dalla sua morte" (pag. 223, ultime righe). La morte avvenne nel 430 + 280 - 710. Anche se approssimativo, il racconto di Jacopo è molto interessante per quanto stiamo esponendo. Cfr. Leclercq, citato a pag. 15.
Ancora nella lettera di Oldradi, nella quale non tutto è bugia, c’è evidente un richiamo a S. Beda e dice "Barbarorum infinita multitudo Sardiniam expugnare est aggressa ecc." (pag.4). I barbari sono i saraceni di cui appunto parla S. Beda, che devastarono la Sardegna ("Sardinia depopulata").
La tesi esposta dal Padre De Romanis non è peregrina; ma ha a suo vantaggio i fatti storici e il testo di Beda. Tant’è vero che, parlando dei Saraceni, S. Beda dice che avevano "depopulata Sardinia", parola corrispondente a "vastatione" (devastazione) operata dai barbari nell’Africa. L’espressione è stata cambiata solamente per evitare una ripetizione cacofonica e inopportuna.
Quindi possiamo dire che con documenti alla mano (S. Beda) le reliquie di S. Agostino vennero trasferite dall’Africa in Sardegna; non sappiano nè la data precisa nè il nome di coloro che le trasportarono fra noi.