Stanislao Bellandi OESA
Libreria Editrice Fiorentina, Firenze
VI
Ricognizioni delle S. reliquie
Dai primi del secolo VIII, dall'epoca cioè nella quale fu trasportato a Pavia il corpo di S. Agostino, chiuso in una triplice cassa - di legno, d'argento, di marmo - fu assicurato nella confessione della Basilica di S. Pietro in Ciel d'oro, e fino al tramonto del sec. XVII, per quasi cioè 10 secoli le sacre reliquie furono lasciate in pace. Si sapeva di sicuro che erano là e ciò bastava. Tanto semplici fedeli, come principi, prelati, regnanti, Pontefici Sommi in tutto questo lasso di tempo non cessarono mai di avvicinarsi a quel venerando luogo, d'inginocchiarsi innanzi, d'invocare la protezione del Santo, di mantenervi innanzi lampade e ceri, ma nessuno ardì mai turbar la pace di tanto sepolcro. Fu solo, come abbiamo notato più sopra, per caso fortuito che venne aperto finalmente.
Abbiamo ancora ricordata la viva commozione che destò in tutti il fatto, il generale interessamento, i dubbi che interessatamente furono avanzati intorno all'autenticità delle medesime, gli studi, le dispute fatte in proposito, e finalmente il giudizio favorevole e solenne che ne pronunziò il Vescovo di Pavia a ciò incaricato dalla S. Sede, il 19 luglio 1728, giudizio confermato ben presto dallo stesso Sommo Pontefice Benedetto XIII il 22 settembre successivo. Fu proprio nella circostanza di questo fortuito ritrovamento che si procedè a varie successive ricognizioni del sacro corpo. La più antica ricognizione della quale si conosca memoria scritta é quella del 9 febbraio 1696, fatta alla presenza delle Autorità Ecclesiastiche coll'assistenza di vari medici Pavesi. E' giunta fino a noi, e riporta elencate le sacre ossa trovate con una sommaria descrizione.
Il 23 giugno dello stesso anno, presente Mons. Lorenzo Trotti, se ne fece un'altra; così pure il 15 maggio del 1698. Altre due nel 1728 sotto Mons. Pertusati Vescovo diocesano ed altre ancora negli anni successivi.
Nel 1733, convertita in Ospedale la Basilica di S. Pietro dai soldati Francesi, onde sottrarre il sacro corpo a qualche profanazione, fu provvisoriamente trasferito alla Cattedrale. Il 30 agosto dell'anno seguente fu riportato al suo posto.
Nell'aprile del 1736, per mostrare le sacre reliquie ad illustri personaggi, si riaprì la cassa, riconoscendosi prima la conservazione dei sigilli e minacciandosi la scomunica per chiunque avesse sottratta qualche reliquia.
Costretti nel 1785 gli Agostiniani a partire da Pavia per la legge di soppressione, ricevè in custodia il sacro deposito Mons. Olivotti Vescovo della Città, col patto esplicito di restituirlo al loro ritorno. Tornati di fatto i nostri l'anno dopo e preso stanza presso la Chiesa di Gesù, S. Pietro era stato consegnato ai PP. Domenicani, al Gesù furono traslocate le Reliquie del S. Padre. In tale occasione si riconobbero i sigilli del Pertusati e vi furono apposti quelli dell'Olivotti.
Con facoltà di Pio VI l'8 gennaio del 1787 si aprì di nuovo l'urna e fu estratta una reliquia, un osso del piede destro, per il Duca di Parma.
Esuli gli Agostiniani anche dal Gesù in forza di una nuova legge di soppressione, il I maggio del 1799 le reliquie del S. Padre furono di nuovo portate alla Cattedrale e riposte sotto l'altare maggiore, dove rimasero fino al 1832, nel quale anno si trasferirono nella cappella eretta nella Cattedrale stessa dalla pietà del Vescovo Mons. Tosi e furono riposte nell'Arca monumentale qui appositamente montata.
Un anno dopo, nel 1833, per concessione di Gregorio XVI si procedè ad una nuova ricognizione ed in questa circostanza le sacre reliquie furono accomodate in un'urna di bronzo dorato. Nel 1842, per concessione dello stesso Gregorio XVI, fu riaperta l'urna ed estratta l'ulna del braccio destro destinata a Mons. Dupuh primo Vescovo d'Algeri per portarla ad Ippona, l'antica Sede Vescovile d'Agostino (27).
Fino al 1880 le sacre reliquie furono lasciate in pace. In quest'anno furono trasferite nella Cappella dell'Episcopio dovendo il Duomo rimaner chiuso per restauri. Terminati questi nel 1884, prima di riportare al suo posto il corpo del S. Padre, col permesso di Leone XIII, si procedè ad una nuova ricognizione.
Data l'importanza della medesima crediamo far cosa grata ed utile al tempo stesso, riportar qui testualmente la relazione che ce ne ha lasciata lo stesso Mons. Riboldi, allora Vescovo di Pavia, che la compì.
"Agli 8 febbraio 1880 la Cattedrale di Pavia veniva chiusa, stante il pericolo di rovina minacciato dalla soffitta e dal tetto, e tutte le sacre reliquie deposte nel tempio, e con esse quelle di S. Agostino, erano trasportate nell'Episcopio. Parve a Noi che questa fosse occasione opportuna per fare del Venerato deposito una nuova recognizione, e per assicurarlo ai secoli futuri col silicato di potassa. Chiedemmo pertanto le necessarie facoltà al regnante Sommo Pontefice Leone XIII, il quale benevolmente ce le rimise con suo venerato rescritto in data del 17 Luglio 1880. Di queste facoltà usammo il 15 aprile 1884, quando, estratta l'urna di cristallo legata in bronzo dorato dalla antica cassa d'argento, ove essa sta d'ordinario riposta, e riconosciuti i sigilli postivi da Mons. Tosi il 13 ottobre 1842, l'aprimmo colle debite formalità. Era quella la nona volta che, dopo il solenne decreto di Benedetto XIII, si schiudeva il venerato sepolcro del vescovo d'Ippona. Noi che già avevamo toccate e numerate le ossa di Ambrogio, esultammo al baciare quelle preziose reliquie; ed in mezzo alle pene dalle quali pur troppo siamo stretti, sotto il grave peso dell'Ufficio a cui fummo inaspettatamente chiamati, Ci sentimmo in quel momento contenti di essere sposati a questa Chiesa Pavese, custode di S. Agostino. Abbiam trovato il sacro deposito in uno stato di notevole deperimento; onde, come già avevamo ideato, giudicammo di immergerlo nel silicato di potassa. Ciò facemmo per tre volte successivamente: l'operazione riuscì felicissima; sicché le sacre ossa sortirono la consistenza vitrea, che le conserverà, nello stato in cui sono, ai tardi nipoti. Esse sono le seguenti: 21 pezzi del capo, fra i quali l'osso petroso col meato uditorio; la mandibola inferiore per tre quarti circa, mancante di una parte alla destra, e portante due denti molari; 22 pezzi delle vertebre, la clavicola sinistra; due pezzi dello sterno; 13 pezzi delle scapole, 48 pezzi di coste, due soli dei quali sono di notevole grandezza; 14 pezzi del bacino fra i quali sono porzioni dell'osso sacro; l'omero destro,diviso in due pezzi, che furon congiunti poi col silicato di potassa; l'ulna sinistra, e l'estremità inferiore dell'ulna destra; i due radii, dei quali notammo essere il destro più corto del sinistro (dall'accurato esame fatto in questa recognizione delle ossa di S. Agostino dall'espertissimo prof. di anatomia il Sig. Mazzucchelli, restò comprovato che il S. Dottore aveva il braccio destro un po' più corto del sinistro), e questo diviso in due pezzi: il femore destro, porzione notevole del femore sinistro, e 13 altri pezzi dei femori stessi; 5 pezzi delle due tibie, cioè le due estremità inferiori, due pezzi notevoli della parte media, ed un pezzo piccolissimo; la fibula sinistra divisa in due parti, e porzione della fibula destra, la rotella sinistra; i due astragali ed uno scafoide dei piedi; due pezzi del carpo; 5 pezzi dei metacarpi; 3 falangi della mano; 60 porzioni di ossa indeterminabili; in tutto 225 pezzi di ossi. Nell'urna colle ossa abbiam rinvenuto un grosso involto di polvere in un panno verde e due ampolle, una piccolissima senza manico, e l'altra più grande col manico, ambedue di color verdastro" (27).
L'Ordine, meglio, tutta la Chiesa debbono perenne gratitudine alla pietà dell'indimenticabile Vescovo Pavese per aver provveduto alla conservazione di tanto tesoro. Non contento di ciò, a spese proprie e del Capitolo, fece fare vari ornamenti all'urna, e curò una migliore disposizione delle ossa e v'adattò intorno la ricca collana, con croce vescovile, legata al Santo da Mons. d'Allegre, intrecciata con due preziosi anelli, uno dono dello stesso Mons. d'Allegre, l'altro di Mons. Dupuh.
Fino al 5 ottobre del 1900 le reliquie del S. Padre non furono più toccate.
Restaurata la Basilica di S. Pietro in Ciel d'oro, richiamati colà, dopo oltre un secolo, i figli di tanto Padre per interessamento diretto della S. M. di Leone XIII, fu deciso che anche l'Arca monumentale di S. Agostino col suo prezioso tesoro tornasse nel tempio destinatogli dal pio Luitprando.
La data della traslazione era stata fissata per il 7 ottobre del 1900. Per questo, due giorni prima, con autorità del Pontefice si procedè ad una nuova ricognizione. Come a ricordo della dimora che le sacre reliquie avevano fatto nella Cattedrale Pavese, Leone XIII permise che in questa circostanza si estraesse dall'urna una costa del Santo da conservarsi appunto come preziosa reliquia nella Cattedrale.
La traslazione dalla Cattedrale a S. Pietro, fatta il 7 ottobre del 1900, e riescita oltre ogni dire solennissima, con l'intervento di una numerosa rappresentanza dell'Ordine, di molti Vescovi, fra i quali ben 5 Agostiniani e di un E.mo Cardinale, in ordine di tempo è stata l'ultima.
Dal 1900 le ossa del S. Padre riposano sotto l'altare centrale della splendida Basilica di Luitprando e sopra di esse si erge veramente monumentale, la preziosa Arca fatta costruire a questo scopo dalla pietà dei figli.
Voglia il Cielo che per secoli e secoli sì venerando sepolcro, sì sacre reliquie siano lasciate in pace, oggetto solo di viva, di ardente devozione. Voglia il Cielo che per secoli e secoli i figli di tanto Padre rimangano indisturbati alla gelosa ed amorosa custodia di tanto tesoro.