Le vicende del Corpo di Sant'Agostino attraverso 15 secoli - suo stato attuale
Stanislao Bellandi OESA

Le vicende del Corpo di Sant'Agostino attraverso 15 secoli - suo stato attuale

Libreria Editrice Fiorentina, Firenze
IV

Scoprimento del corpo di S. Agostino

 

Procedendosi nel 1695 a dei restauri nella cripta della nostra Basilica, nell'abbattere una parete che si inalzava tra l'altare e il pozzo sopra indicato, e proprio nel punto dove la tradizione affermava essere stato riposto il corpo del S. Dottore, si delineò improvvisamente una specie di cassone in laterizio. Tolto qualche mattone apparve una grande urna di marmo. Quattro chiavicole di ferro la chiudevano e sigillavano gli angoli. Sul davanti v'era rozzamente tracciato sulla calce un nome: Augustinus. Procedutosi, presenti i Superiori delle due Comunità che funzionavano la Basilica, dei Canonici Regolari cioè e degli Agostiniani, all'apertura dell'urna, e fu d'uopo spezzare il marmo agli angoli tanto erano fortemente incatenati, si osservò ch'essa conteneva una cassetta d'argento chiusa.

Sparsisi di un subito la voce di tale scoprimento, fu un grido generale di gioia. Prima di procedere oltre, tanto il Superiore dei Canonici Regolari come il Priore degli Agostiniani presentarono istanza alla Curia Vescovile per una giuridica ricognizione delle sacre reliquie. La Curia accolse l'istanza, portandosi alla Basilica il Vicario Generale col Cancelliere.

Si tolse dall'urna di marmo la cassetta d'argento, si osservò, si studiò, si notò tutto diligentemente, come apparisce dalla collezione originale degli atti già citati, ma l'invocata sentenza intorno all'autenticità del corpo del S. Dottore tardava a venire. Allora, sempre di comune accordo, tanto il Superiore dei Canonici Regolari, come il Priore degli Agostiniani, elessero il P. Michele Colli, Barnabita, a difensore della loro causa, e d'accordo procederono per ottenere l'intento (22).

Non posiamo indicarne la causa, certo però si è, che intorno al 1704 l'animo della Comunità dei Canonici Regolari si cambiò radicalmente. Non solo il loro Superiore si ritirò dalla causa promossa per aversi sentenza favorevole in riguardo dell'autenticità del corpo del comune Padre, ma si levarono addirittura contro avanzando vari dubbi.

Com'era da prevedersi, la cosa destò rumore non poco, gli animi si riscaldarono, e ben presto s'incominciò da ogni parte a scrivere opuscoli ed anche vere opere, parte in favore, parte contro l'autenticità. Lo stesso Muratori scese in campo, sposando, contro il Fontanini che aveva scritto in favore dell'autenticità delle Reliquie di S. Agostino, la causa sostenuta dai Canonici Regolati. Per quanto manchino documenti certi, crediamo di non andare lontano dal vero affermando che così facendo il Muratori non secondava un sentimento di amore per la verità, ma piuttosto cercava di prendere una rivincita sul Fontanini che non molto prima gli si era levato contro.

Non è nostro intento seguir qui tutte le fasi dell'aspra contesa, molto più che presto speriamo di poter pubblicare, ottenutone il necessario permesso dall'esimia e colta autrice, un importante lavoro in proposito. A noi basta aver accennato alla medesima. Evidentemente i sostenitori del dubbio, o dei dubbi, sull'autenticità del corpo del S. Dottore non avevano davvero ragioni attendibili, tante e così luminose, così inconfutabili erano le prove, gli argomenti in favore. Evidentemente la passione faceva un cattivo servizio ai patrocinatori del dubbio.

Fortunatamente per por fine a sì deplorevole stato di cose, intervenne la Santa Sede (23). Con apposito Breve Benedetto XIII commise al Vescovo di Pavia, Mons. Francesco Pertusati, di riprendere la causa e di definire la questione. Sei mesi durò l'esame di tutte le ragioni pro e contro presentate. Non contento di ciò, il Vescovo chiese il parere a insigni ed autorevoli personaggi e finalmente, in data 19 luglio 1728, emise la sentenza: essere quello il corpo di S. Agostino Dottore della Chiesa.

Il 22 settembre dello stesso anno il Pontefice ratificò tale sentenza.

Esposto ciò, credo opportuno riportare qualche particolare relativo alle due casse nelle quali fu ritrovato il corpo del S. Dottore ed allo stato di conservazione del medesimo.

La cassa, o urna di marmo, che ciascuno può visitare perché si trova esposta al Museo Civico di Pavia, misura in lunghezza a 1,87, in larghezza m. 0,64 ed in altezza m. 0,95. Chi ha presente la forma della cassa d'argento rileva subito che questa di marmo è stata costruita per contenere quella d'argento. Ai quattro angoli presenta ancora visibili i segni dello sforzo che dovè esser fatto per togliere le staffe di ferro.

Sul coperchio si conserva incisa un'immagine del S. Padre in abiti vescovili. Questa figura però é ritenuta lavoro del secolo XV. Di somma importanza per la autenticità delle sacre reliquie è invece una croce Longobardica, sfuggita per molto tempo all'osservazione degli studiosi, che si può distinguere alla metà del coperchio e che è proprio della medesima forma di quelle che si trovano sulla casetta d'argento. Ciò costituisce un indubbio argomento che anche questa cassa, come quella argentea, è del tempo di Luitprando ed ordinata a difendere e custodire meglio tanto tesoro.

Quella d'argento è rettangolare con coperchio a quattro spioventi. Ai quattro lati si osservano quattro crocette di argento fermate alla cassa ed ornate ciascuna con l'impressione della faccia del Salvatore. Si afferma che questo era un segno distintivo preso da Luitprando per protestare la sua fede contro i vaneggiamenti degli iconoclasti.