Stanislao Bellandi OESA
Libreria Editrice Fiorentina, Firenze
I
Dalla Sardegna a Pavia
È noto come fra la fine del sec. VII e i primi anni dell'VIII, i Saraceni penetrarono nella Sardegna, e circa il 720 s'impadronirono anche di Cagliari. Orribili furono le devastazioni alle quali si abbandonarono questi barbari e fanatici invasori. Il loro fanatismo li portava in modo speciale contro tutto ciò ch'era sacro. Era quindi legittimo anche il timore per le preziose reliquie del grande Dottore Africano. Un tale timore fu in breve condiviso da tutta la cristianità, tanta e così generale era la divozione per il gran Santo. Ne è prova di ciò indubbia ed eloquente la decisione nella quale venne il re dei Longobardi, per interessamento, a quanto sembra, del Vescovo di Pavia di quel tempo, di inviare a Cagliari dei legati, con la missione di riscattare le reliquie del Santo (7).
Non sono pervenuti fino a noi i particolari certi di tale riscatto, di sicuro sappiamo solo che la missione riescì nel suo intento (8).
Anche intorno all'anno preciso nel quale ciò si verificò non vi è concordanza. Ad ogni modo, considerato tutto, possiamo di sicuro affermare, che il riscatto delle reliquie del S. Dottore, ed il loro trasferimento a Pavia, avvenne intorno all'anno 722 (9).
Amarissima tornò ai pii Sardi la perdita di tanto tesoro. Un'antichissima tradizione, che si trova confermata da quasi tutti gli autori che si sono occupati di storia Sarda, afferma, che non potendo salvare il corpo del Santo, alcuni ardimentosi tentarono, e vi riescirono, stando a tale tradizione, di trafugare almeno le vesti sacre che lo ricoprivano, comprese le insigne episcopali mitra e baculo (10). Relativamente a queste due ultime reliquie, alla mitra, cioè, ed al baculo, vuole fa medesima tradizione, che vari religiosi addetti alla custodia del sepolcro del Santo, costretti dagli invasori a cercare altrove un asilo, si rifugiarono nella Spagna, portando seco le due reliquie. Dopo varie vicende, intorno alla metà del secolo XIII sarebbero venute in possesso degli Agostiniani di Valenza, che gelosamente le conservarono fino alla soppressione Spagnola dello scorso secolo. Quando nel 1835 furono i nostri Padri costretti dalla legge di soppressione ad abbandonare il monastero di Valenza, le reliquie, a quanto viene affermato, rimasero presso il Superiore del soppresso Convento. Venendo costui a morte, 1840, avrebbe disposto che le medesime fossero consegnate in deposito, al Capitolo della Cattedrale Valentina (11).
Le vesti sacre invece rimasero nell'isola. In primo tempo queste furono nascoste per sottrarle alle ricerche degli invasori. Sgombrata l'Isola dai Saraceni, furono rimesse in venerazione. Per molti secoli furono custodite in una specie di d'armadio posto presso l'altare maggiore dell'antica chiesa dei PP. Conventuali di Cagliari. Rovinata questa nel 1875, l'Arcivescovo Mons. Balma nulla lasciò d'intentato per salvare le nostre preziose reliquie nelle quali già vari speculatori avevano fermati i loro cupidi occhi (12).
Riescito nell'intento, d'accordo col Rev.mo Capitolo della Primaziale, il pio prelato ne curò la definitiva sistemazione nella meravigliosa cripta della Chiesa Primaziale e precisamente nella Cappella di S. Saturnino, proprio di fronte alle reliquie del S. Martire. Coincidenza degna di nota: fu proprio all'ombra dell'antichissima basilica dedicata a S. Saturnino che Fulgenzio, esule per la seconda volta dall'Africa, si raccolse con altri discepoli del S. Dottore per continuare quel genere di vita religiosa che Agostino aveva suscitato sul suolo africano. Tale basilica sussiste ancora e dovrebbe essere carissima ad ogni cuore Agostiniano.
Le sacre reliquie di cui sopra è cenno consistono: in una pianeta e due altre vesti sacre che si avvicinano nella forma alle nostre tonacelle. La pianeta, di forma antichissima, è di seta bianca leggera, foderata di lino. Sul davanti ha una croce formata con striscie di broccato d'argento a fiori rotondi azzurri su fondo di seta gialla. Così parimente sulle spalle.
Non è nostro compito di entrare qui a parlare dell'autenticità di queste vesti sacre. Ci basta aver fatto menzione della costante tradizione che afferma essere stato per un certo tempo rivestito delle medesime il corpo di S. Agostino - e in ciò nulla vedo di straordinario e di inverosimile, - e della grande venerazione che sempre ha. circondato le medesime.
Chiunque visita, anche al presente, quel venerando monumento dell'antica pietà Sarda che è la cripta della Primaziale, osservando la cappella di S. Saturnino, può osservare l'antica ed artistica cassetta di noce, sigillata da ogni parte, che contiene dette reliquie, e può leggere, sopra la base che sorregge tale cassetta, l'iscrizione appostavi a grandi lettere: Sacrae vestes S. August. Ep. Ecc. Dr.