Le vicende del Corpo di Sant'Agostino attraverso 15 secoli - suo stato attuale
Stanislao Bellandi OESA

Le vicende del Corpo di Sant'Agostino attraverso 15 secoli - suo stato attuale

Libreria Editrice Fiorentina, Firenze
Premessa

Premessa

 

Com'é noto S. Agostino morì nella sua Sede vescovile d'Ippona, in Africa, il 28 agosto del 430, proprio nel tempo che la città era stretta da ogni parte dai vandali invasori.

Sappiamo da Possidio, Vescovo di Calama, presente alla morte del Santo, che molti discepoli e Vescovi assistettero al suo felice passaggio e che insieme ne curarono la sepoltura, dopo avere offerto per il riposo dell'anima il sacrifizio dell'Altare (1).

Per luogo di sepoltura fu scelta la chiesa di S. Stefano, o basilica della pace, nella quale, come chiesa cattedrale, Agostino per tant'anni aveva compiuti i sacri misteri, e bandita con tanto successo la parola di Dio (2).

Per non molto tempo però quel sacro corpo doveva riposare colà dove l'avevano deposto i suoi figli, i suoi discepoli. L'assedio che stringeva Ippona alla morte di Agostino si prolungò ancora 11 mesi dopo la morte del Santo; vedendo però i barbari che, vaniriescivano tutti i loro sforzisi ritirarono alla fine, allontanandosi dalle sue mura inespugnabili e permettendo così ai cittadini di respirare alquanto.

Nella salvezza, sia pure temporanea, d'Ippona, non è difficile riconoscere una disposizione della Provvidenza onde salvare dalla profanazione le reliquie del grande Dottore e più il tesoro della biblioteca dell'episcopio nella quale, l'altro erano stati diligentemente raccolti gli scritti del Santo, come insistentemente Egli aveva raccomandato che si facesse (3).

Quando però i1 Conte Bonifazio, lo strenuo difensore d'Ippona, vide i barbari desistere dall'assedio e partire, quando vide riescir senza l'effetto sperato lo sforzo che tentò per distruggere il nemico con gli aiuti ricevuti da Roma e da Costantinopoli, abbandonò l'Africa alla sua sorte e sì portò a Roma.

Ciò avveniva due anni dopo la morte di S. Agostino, cioè nel 432.

Per quanto la notizia della partenza di Bonifazio fosse giunta ai barbari invasori, pure questi vuoi che ammaestrati dall'esperienza degl'inutili sforzi fatti poco prima per prendere la città d'Agostino non ardissero tentare di nuovo l'impresa, vuoi che in ciò si voglia vedere una disposizione della Provvidenza che vegliava sul sepolcro e sulle opere del grande dottore della graziasta di fatto, che per quanto di tempo in tempo i barbari si avvicinassero alle sue mura, pure non ardirono di assaltare la città se non quando la videro abbandonata dai suoi abitanti.

Partito Bonifazio, gl'Ipponesi, nella speranza di veder giungere o da Costantinopoli o da Roma i più volte promessi soccorsi, si mantennero per alcun tempo sulle difese. Non giungendo però questi, e facendosi le minaccie degli invasori più gravi, si venne alla fine dalla grande maggioranza dei cittadini nella dolorosa risoluzione di abbandonare volontariamente le patrie mura e di cercare altrove salvezza. Fu in questa circostanza che il nuovo Vescovo d'Ippona, confortato in ciò dal consiglio e dall'interessamento di altri Vescovi, di numerosi religiosi che professavano la regola Agostiniana e del clero d'Ippona, pensò bene di mettere in salvo le preziose reliquie del Santo e la sua biblioteca. Per asilo di tanto tesoro fu scelta l'isola sarda.

Non conosco nessun documento indubbio dal quale si possa ricavare con certezza assoluta l'anno di questa traslazione delle reliquie del Santo Dottore.

Possiamo solo dire, ch'essa avvenne intorno al 504. Gli esuli africani che seco le portavano a Cagliari - Sardegna - le deposero in una piccola chiesa situata fuori delle mura della marina. I Pisani più tardi chiamarono questa località Bagnariao Bagnia, gliAragonesi invece, che dopo i Pisani occuparono 1'isola, la denominarono Lappola,, la Pola (4).

Trovandosi l'isola, all'epoca nella quale vi fu trasportato il corpo di S. Agostino, sotto la denominazione Vandala, con ogni probabilità, nei primi tempi almeno, si curò di tener nascosto tanto tesoro nella cripta della chiesa. Migliorate le condizioni sotto la dominazione araba, che successe alla vandala, vivissima si accese e si divulgò la divozione al Santo, e le sue reliquie divennero oggetto di intenso culto e meta di divoti pellegrinaggi. Anche quando, come vedremo in seguito, il corpo di S. Agostino, riscattato da Luitprando, fu trasportato a Pavia, viva rimase nei Cagliaritani la divozione verso S. Agostino, e gelosamente custodirono e custodiscono sempre la cripta nella quale per oltre due secoli riposarono le sue reliquie. Anche quando al tempo di Filippo II, per ragioni di sicurezza, fu demolito il vecchio tempio di S. Agostino unitamente al Convento, la cripta fu risparmiata, anzi per ordine dello stesso Filippo II ben presto, per quanto in modeste proporzioni, sugli avanzi della medesima fu riedificata un'altra artistica chiesa, meta continua dei devoti del Santo. Purtroppo l'odio settario fece sì che nel 1887 fosse demolita. Sulla sua area sorge ora il palazzo Accardo. La cripta però fu provvidenzialmente risparmiata ed incorporata nella nuova fabbrica. All'esterno, una lunetta con affresco ne indica il luogo preciso.

La cappella é ben conservata (5). In fondo alla medesima vi é un altare di marmo con una nicchia nella quale é stata collocata una statua di marmo di S. Agostino. Nel paliotto, intarsiato di marmi di diverso colore, é un bassorilievo rappresentante il transito del S. Padre assistito da due angeli. Dietro l'altare si conserva una specie di loculo. Una costante tradizione vuole che proprio in quel vuoto fosse stato riposto e si conservasse il corpo del S. Dottore fine al giorno che i Saraceni, a prezzo d'oro, le venderono al re Longobardo. Da questo loculo scaturisce dell'acqua che viene spesso ricercata dagli infermi per divozione al Santo (6).