VII
La Madonna dell'Umiltà
Una immaggine diffusa nell'Ordine agostiniano
Gli Ordini Mendicanti sono i più strenui banditori di figurazioni della Vergine quanto mai commoventi e pregne di significato e di efficacia salvifica. Ma una rappresentazione mariale, in particolare, appare legata al contesto culturale dei Mendicanti tanto dottrinalmente quanto figurativamente. E' questa la Madonna dell'umiltà seduta a terra, immagine che costituisce una visualizzazione, un esempio figurativo quanto mai icastico della virtù della umiltà peculiare della regola mendicante. La dottrina mendicante considera, infatti, l'umiltà la prima e indispensabile virtù avente il potere di perfezionare ogni altra, la radice di tutte le virtù. Il modello per eccellenza di questa virtù, feconda di ogni bene e di ogni grazia, è connaturalmente Maria, la donna del Magnificat. Ecco rinvenuta l'immagine che meglio di ogni altra esprime lo spirito di umiltà, di obbedienza e di carità della famiglia mendicante, l'immagine nella quale tutti i suoi esponenti desiderano riconoscersi e che amano fare propria, l'icona avente il potere di placare gli interiori dissidi. Per quanto riguarda la genesi iconologica di queste immagini Bene Parronchi ha individuato che alla formazione della figura della Madonna in umiltà hanno contribuito gli scritti del dottore agostiniano Agostino Trionfo (Ancona 1243-Napoli 1328). Maria infatti lo ha dato alla luce "non adorna di corona regale, non su di un letto d'oro, ma indossando appena una tunica non per ornamento ma per coprire la nudità", quale si conveniva alla moglie di un povero falegname. Orbene, la Madonna in umiltà che allatta il Bambino al suo seno è rappresentazione oltremodo eloquente della direttiva perseguita dal Trionfo, ordinata a sottolineare la condizione di creaturalità della Madonna per meglio esaltare in lei la pienezza della grazia divina. Il trattato di Agostino Trionfo già nel 1326 toccava connaturalmente anche il tema della Immacolata Concezione, confermando, secondo la direttiva egidiana-tomista, la tesi maculista o della santificazione della Vergine nell'utero materno. Numerosi esponenti degli Eremitani si schierano così col nutrito gruppo francescano sostenitore e predicatore sistematico a largo raggio della dottrina immaculista propugnata dall'oxonense Duns Scoto.
Nelle Marche, sulla base delle nostre attuali conoscenze, sembrerebbe che i maggiori committenti dell'immagine siano stati gli Agostiniani. Ben tre delle immagini marchigiane della Vergine glorificata - di cui si conosce con certezza l'origine - provengono da chiese agostiniane: Ascoli Piceno, Corridonia e Montegiorgio. E' lecito supporre, quindi, che non solo l'Ordine agostiniano sia stato sul territorio il committente più alacre della raffigurazione immaculista, ma abbia anche svolto il ruolo di fervido predicatore della dottrina del cui significato l'immagine è portatrice. Sotto questo riguardo molto interessante ci appare la notizia che i fabrianesi Allegretto Nuzi e Francescuccio Ghissi - il più prolifico pittore di questa iconografia - siano contemporanei di due illustri predicatori agostiniani e uomini di cultura, anch'essi fabrianesi: i BB. Giovanni e Pietro della famiglia dei Becchetti. E particolarmente significativo ci appare il ragguaglio che, dei due, Giovanni ha studiato e ricevuto il magistero in teologia a Oxford, nell'ambiente, cioè, dove la dottrina dell'Immacolata Concezione proclamata dallo scotismo era tenuta grandemente in onore.
Questa informazione può essere assunta quale indizio che l'Ordine agostiniano locale era interessato alla formazione di predicatori i quali diffondessero nella regione la dottrina immaculista. Di conseguenza il contributo della famiglia agostiniana alla plasmazione della stessa si configura senza dubbio rimarchevole.