Introduzione
Chiamata in origine provincia della Terra del Lavoro, ebbe una grande espansione tra il 1517 e il 1620. Nel 1621 aveva 52 conventi e nel 1652 ne aveva già 71, malgrado che la riforma innocenziana privò la Provincia di 44 piccoli conventi. All’interno del suo territorio si trovavano due congregazioni d’osservanza, quella di San Giovanni a Carbonara e quella di Colorito. Durante il secolo XVII i conventi principali erano quelli di S. Agostino “alla Zecca” di Napoli e quello di Buccino. La provincia mantenne numerose controversie giuridiche sia interne che esterne alla stessa, che la obbligarono a forti sforzi per sostenere i loro diritti davanti ai tribunali. Di questa Provincia fu figlio il P. Fulgenzio Bellelli (1677-1742), priore generale dal 1726 al 1733, e grande teologo. Nel 1761 fu terminata la monumentale chiesa di S. Agostino di Napoli, opera dell’architetto agostiniano P. Giuseppe de Vita. Gli ultimi decenni del XVIII secolo provocarono la decadenza della provincia, dovuta soprattutto alle interferenze del potere civile napoletano. Gli eserciti francesi occuparono il Regno di Napoli nel 1806. Fu coronato re il fratello di Napoleone, Giuseppe Bonaparte, che decretò soppressioni parziali della vita religiosa. Trasferito il re Giuseppe come monarca di Spagna, Napoleone nominò Gioacchino Murat, uno dei suoi generali, nuovo sovrano di Napoli che, il 7 agosto del 1809, decretò la soppressione totale della vita religiosa nel territorio napoletano e la provincia di Napoli, che in questo momento aveva 21 case, fu soppressa. Nel 1818 venne firmato un concordato tra la Sante Sede e il Regno delle Due Sicilie che permetteva la restaurazione della vita religiosa. Frutto di questo accordo fu la riorganizzazione della provincia di Napoli che riunì a poco a poco alcuni conventi e frati delle province soppresse anteriormente nella zona peninsulare del regno. Nel 1820 vennero recuperati vari conventi, quello di S. Agostino di Napoli e quelli di Peduccio, Gravina, Buccino, Lacco Ameno (Ischia) e Giovinazzo. A questi si aggiunse quello di Bisceglie nel 1822., poco dopo quello del L’Aquila e, nel 1832, quello di Benevento. Anche se la prima intenzione fu quella di formare due province nella zona peninsulare del regno napoletano, nel 1825 si vide che solo era possibile sostenere quella di Napoli con le case recuperate. Per questo la provincia stabilì il noviziato a Giovinazzo e le case di studio di L’Aquila e Buccino. Con il processo dell’unificazione italiana, la vita religiosa in generale e l’Ordine di S. Agostino in particolare, soffrì un’altra ondata di soppressioni che colpirono le province mentre avanzavano le truppe di Vittorio Emanuele II. La vita riprese una certa normalità gli anni successivi e la provincia celebrò il suo primo capitolo provinciale nel 1886. Il secolo XX non fu facile per le province italiane. Bisogna tener presente le tese relazioni esistenti tra la Santa Sede e il Regno d’Italia, il fascismo e le due Guerre Mondiali. Poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, esattamente il 22 settembre del 1947, il priore generale P. Giuseppe A. Hickey (1946-1953), univa la Congregazione di S. Giovanni a Carbonara, formata allora da quattro conventi e 26 religiosi, alla provincia napoletana. Nel 1950 la provincia di Napoli contava dodici conventi e 70 religiosi, di questi 47 sacerdoti, 5 professi e 18 fratelli laici. Nel 1994 la provincia aveva otto comunità: il convento del Buon Consiglio di Napoli, che era la sede del priore provinciale, gli storici conventi di S. Agostino e S. Maria del Soccorso di Napoli e altri in Andria, Benevento, Cassano delle Murge, Cusano Mutri e Noicattaro e il numero dei religiosi scese a 37. Nel capitolo generale celebrato a Roma nel 1966, venne prese la decisione di creare la provincia d’Italia unificando le sette province esistenti, e tra di esse l’antica provincia di Napoli. Juan José Vallejo Penedo, OSA